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RACCONTI A SFONDO BIBLICO...

 
I CHERUBINI ALLA PORTA DELL'EDEN

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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LA PARABOLA DEL PARADISO TERRESTRE »

I CUSTODI DEL GIARDINO ED I PATRIARCHI
L'uomo comprende Dio solo nella misura in cui Lui si porta al suo livello e, nella categorie degli angeli, i Cherubini umanizzati sono proprio l’espressioni massima della potenza di Dio che l’uomo è riuscito a descrivere.
Peraltro, l'uomo per parlare di Dio non può che fare confronti ed istaurare paralleli con concetti che possono essere recepiti nella propria sfera e gli angeli, nel caso specifico, hanno scopi e funzioni analoghe a quelle che possono avere le guardie a custodia della reggia e le guardie del corpo che annunciano la presenza del re.
A tale proposito l’autore biblico, figlio del proprio tempo, attinse a piene mani dall’iconografia assiro-babilonese ed egiziana.
Tali potenze, che vengono poste al confine del giardino e Dio se ne serve per custodire l'albero della vita, sono prossime perciò alle acque che l’alimentano e che nell’immaginario dell’autore provengono dal cielo e, se la valle del Giordano è l’idea dell’antico Eden, si troveranno ai suoi guadi, vicino ai suoi affluenti, ai pozzi alimentati dalle sue falde; insomma attorno a quel fiume fino all’estremità dello spartiacque, fiume che, com’è visibile, fu interrotto orograficamente dalla depressione del Mar Morto, attribuita all’ira di Dio per il peccato degli uomini.
In base ai racconti e alle generalogie bibiche dei patriarchi, la Genesi segnala i primi incontri con angeli solo dopo la chiamata (Capitolo 15 del Genesi).
In tale occasione promette (Gen. 15,18-11) "alla tua discendenza io dò questo paese dal fiume Egitto al grande fiume il fiume Eufrate", cioè tutta la terra della descrizione dell'isola felice bagnata dall'acqua del fiume della terra dell'Eden (Vedi Gen. 2,8-14).
La prima volta che appare un angelo nei racconti del Genesi è ad Agar, serva di Sara moglie di Abramo, dalla quale, su suggerimento della stessa Sara vecchia e sterile, Abramo avrà il figlio Ismaele e questo incontro avviene ad una sorgente, Locai-Roi (Gen. 16,7).
Quattro anni dopo si verifica il noto incontro di Abramo con i tre uomini misteriosi alle querce di Mamre (Capitolo 18 del Genesi) che gli annunciano la nascita del figlio di Isacco.
Uno era il Signore stesso, che discute con Abramo come con un amico e gli altri due, come chiarisce il Gen. 19, sono angeli che andranno poi a salvare Lot ed a distruggere nella valle Sodoma e Gomorra.
Sono questi da collegare ai Cherubini che "pose ad oriente del giardino di Eden i Cherubini e la fiamma della spada folgorante, per custodire la via dell'albero della vita" (Gen. 3,24); il che confema l’idea per l’autore del Genesi (Vedi "Il Giardino dell’Eden") di dov’era il paradiso terrestre.
Si ricorda, infatti, che in precedenza Abramo e suo cugino Lot si erano separati e Lot per risiedere aveva scelto la valle del Giordano "che era un luogo irrigato da ogni parte; prima che il Signore distrugesse Sodoma e Gomorra era come il giardino del Signore" (Gen. 13,10).
Ne viene in chiaro l’idea che la cacciata dal giardino terrestre non è fisica, perché di fatto l'uomo (come gli abitanti di quelle città della valle) può anche risiederci, ma anche se tutto è come prima dello sprofondamento del Mar Morto, l'uomo non è lo stesso in quanto è ormai nell'inferno, perché è nel peccato, cioè non nota più la presenza di Dio, cioè è uscito dal paradiso e l’autore sottolinea: "Ora gli uomini di Sodoma erano perversi e peccavano molto contro il Signore" (Gen. 13,13).
Abramo e Lot, invece, hanno ritrovato il Signore e sono in paradiso, solo Lot, infatti, che seguiva la giustizia vide che quella terra era come quella del giardino dell'Eden; l'insegnamento che se ne trae è che non basta un paradiso esteriore, occorre avere un paradiso interiore.
Se ne ricava che il paradiso terrestre come luogo fisico non ha più senso, in quanto può anche essere distrutto e così avviene con Sodoma e Gomorra.
Abramo così dopo l'alleanza con Dio torna al paradiso interno e parla con Lui faccia a faccia come un uomo con un altro uomo (Gen. 18).
Gli Angeli stanno ora custodendo non il giardino fisico, che è una metafora d’una realtà spirituale, in quanto lì ci si può rientrare, ma l'accesso alla via all'albero della vita eterna e ne segnalano la presenza a chi s’avvicina al Signore per il ristabilimento del paradiso interiore.
La Bibbia con ciò cancella una visione solo terrena del disegno d’amore di Dio per l'uomo ed introduce la ricerca d’una terra promessa d’altro livello ed in questo senso il libro del Genesi è un "midrasch" (da "daresch" in ebraico "ricercare") cioè una "ricerca spirituale".
Abramo, pastore e vecchio, aveva due desideri, avere una terra ed una discendenza, ma Dio con la storia gli fece capire che la terra che prometteva era altro.
È la pedagogia dell'iniziazione, la stessa che adotterà per l’idolatrare del tanto desiderato figlio Isacco, tanto che Dio lo chiede ad Abramo in sacrificio sulla rupe del monte Moria (Gerusalemme già sotto il Santo dei Santi del Tempio, ora sotto la Moschea di Omar).
Abramo dopo un grande dramma interiore obbedisce, ma appare "l'angelo del Signore" gli ferma la mano e fa la promessa solenne: "ti benedirò di ogni benedizione e renderò molto numerosa la tua discendenza come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare. Saranno benedette per la tua discendenza tutte le nazioni della terra" (Gen. 23,17s).
Abramo così impara che i suoi desideri sono imperfetti e limitati e diviene padre nelle fede di Ebrei, Cristiani e Mussulmani, come da promessa, d’una impensabile moltitudine, certezza così anche d’una futura residenza impensabile.
Le tracce per arrivare alla via all'albero della vita continuano però anche per le attuali generazioni a passare fisicamente per quell’antica terra benedetta, santa per il monoteismo, residenza d’uomini santi, come allora Abramo e Lot che, quali angeli con la spada fiammeggiante dello Spirito, ammoniscono il peccato degli uomini, causa oggi di tanta violenza e morte proprio per quei luoghi santi.
Isacco, il figlio promesso dal Signore ad Abramo, visse come pastore nomade, sempre alla ricerca di fonti d'acqua, nel Negheb e non nella valle del Giordano.
Il figlio benedetto da Isacco, Giacobbe, quando parte da Bersabea per andare a nord a cercare moglie, a Carran in Siria come voleva il padre, appena entra per la prima volta sul limitare a sinistra della valle del Giordano, la valle dell’Eden, fa sosta sulle colline e fa un sogno.
Giacobbe era a 15 Km a nord da dove Abramo aveva incontrato il Signore (Mamre-Ebron), 45 Km a nord rispetto al punto in cui il padre Isacco stava per essere sacrificato (Moria-Gerusalemme) e sognò: "Una scala poggiava sulla terra mentre la sua cima raggiungeva il cielo: ed ecco gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa" (Gen. 28,12).
Tale sogno evidenzia come gli ebrei considerano sacra questa terra come loro paradiso terrestre; infatti, Giacobbe al risveglio disse: "Certo il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo. Ebbe timore e disse: quanto è terribile questo luogo! Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo" (Gen. 28,16.17), cioè la porta del paradiso.
C'è qui il collegamento tra cielo e terra, dove le acque dell’energia del Dio del cielo, danno la vita alle acque terrene e Giacobbe lo chiamò Betel, "Casa di Dio".
In Siria Giacobbe si sposò, fece fortuna e dopo 14 anni tornò fuggendo via da Labano, suo suocero, con figli, mogli e averi, servi e serve.
Al guado dello Iabbok, affluente di sinistra del Giordano, sulla sponda dell giardino dell’Eden originario (che occupava tutta la vasta depressione del Mar Morto) non molto lontano da Adamah, Giacobbe fa passare tutta la sua carovana e s’attarda da solo; puntuale appare un inviato del Signore che "lottò con lui fino allo spuntare dell'alba" poi questi "gli domandò come ti chiami? Rispose Giacobbe. Riprese non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele perché hai combattuto con Dio e con gli uomini e hai vinto" e lo benedisse (Gen. 22,26-29).
Giacobbe non era il primogenito, aveva estorto con astuzia la primogenitura al fratello Esaù e poi l'aveva carpita con l'inganno al padre, con l'aiuto della madre, e ora l'ottiene con la benedizione da Dio stesso.
Dopo varie vicende Giacobbe proprio a Betel, nel posto ove aveva sognato gli angeli che salivano e scendevano la scala, Dio in persona gli parlò di nuovo con la promessa dagli stessi contenuti di quella fatta ad Abramo e ad Isacco:

- un popolo e una assemblea di popoli;
- il paese.

Bene! Giacobbe ebbe 12 figli, non ebbe il paese.
La promessa è spirituale, il popolo è il popolo di Dio, i popoli le nazioni da evangelizzare, il paese non è ora più la valle del Giordano, ma dirà Gesù: "andate in tutto il mondo e predicate il vangelo" (Mc. 16,25).

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