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LETTERE EBRAICHE E CODICE BIBBIA...

 
TENSIONE DELL'EBRAISMO AD UNA BIBBIA SEGRETA

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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SVILUPPO DEL TESTO DEI LIBRI EBRAICI DELL'A.T. »

VICENDE DEI SEGNI EBRAICI
All'epoca del I Tempio, 950 a.C., i pochi testi esistenti, erano:

  • costituiti da una serie ininterrotta di segni;
  • senza vocali, inserite solo nel VI-VII sec. d.C. con segnature per la lettura delle consonanti;
  • senza individuazione di parole con separazioni;
  • mancavano le 5 lettere di forma particolare a fine parola:
  • = ;   = ;   = ;   = ;   = .
La serie di segni che costituiva il testo, ciascuno spaziato dall'altro, consentiva al lettore d'accoppiare o no il segno i vicini.
Ad esempio il versetto del Cantico dei Cantici di Salomone (X sec. a.C.): "Io sono un narciso di Saron, un giglio delle valli." (Ct. 2,1) non sarebbe stato scritto come è oggi:



Mancando allora le lettere maiuscole e le spaziature quel versetto (salvo la forma delle lettere) si sarebbe presentato:



("Salomone - per motivi politici - s'imparentò con il Faraone, re d'Egitto. Sposò la figlia del Faraone - Psusenna II ? - che introdusse nella città di Davide, ove rimase finché non terminò di costruire la propria casa, il tempio del Signore e le mura di cinta di Gerusalemme."
Salomone perciò era certo in grado di trasferire nella scrittura i criteri criptografici ed i pensieri egiziani. 1 Re 3,1)

Tornando alla storia, al tempo di Giosia, re di Giuda (640-609 a.C.), fu dato corso ad una seria riforma della religione sovvertita sotto Manasse ed Amon (687-640 a.C.) e del culto nel Tempio di Gerusalemme nonché all'imposizione di questo Tempio (nel 18° del regno - 622 a.C.) come unico santuario legittimo esaltando la Torah che fu (ri)codificata ed assunta come espressione globale della volontà di Dio.
La Bibbia ne fa menzione quando dice che il sacerdote Chelkia ritrovò il libro della Legge (2Re 22,8-10) lo diede allo scriba (mestiere per lo più svolto a corte 2 Sam. 20,25; 1 Re 4,3; 12,11; Sal. 45,2; Is. 33,18) e "Safàn portò il libro al re ..." (2 Cr. 34,16a) lo lesse e lo consegnò a Giosia.

I due brani - Re e Cronache - evidenziano che la cultura del libro era ormai arrivata al fondo e la sua "rilettura" fu una rivelazione.
A quel tempo la scrittura era ancora con la forma antica delle lettere, simili, a quelle dell'iscrizione del re Mesa:


Questi segni sono intermedi tra i sinaitici e quelli elaborati al tempo di Qumran (vedi: "Le 22 schede delle lettere ebraiche").
Quel versetto del Cantico dei Cantici sarebbe apparso così:


In pratica, l'originale non è in ebraico, ma "anche" in ebraico, ed il testo che si legge col raggruppamento dei segni originali con separazione delle parole per leggerle in lingua ebraica è una vera e propria decriptazione; cioè nella forma circoncisa in parole (un modo per dire "parola" in ebraico è "milah" , la cui radice è l'atto della circoncisione) è, dice la tradizione ebraica, "la Torah degli uomini", cioè un particolare progetto di versione, consolidato poi dalla "masorah" con le puntature del testo che ha dato luogo all'attuale Torah in ebraico.
Prima dell'esilio in Babilonia e della distruzione del primo Tempio, 587-586 a.C., si potevano perciò conoscere altre letture, rimaste nell'immaginario ebraico nei cui ricordi attinge la cabbalà.
Sàfan, scriba della generazione a cavallo dell'esilio babilonese, avrà letto il testo a Giosia e l'avrà iniziato all'eventuale testo nascosto.
La conservazione della Legge con la completa lettura - anche del sigillato, se ci fosse stata - che aveva posseduto Salomone e che fu riscoperto da Giosia, restò perciò nelle generazioni successive come eredità della famiglia di Davide.
L'evangelista Matteo nella genealogia di Gesù (Mt. 1,1-17) tra gli antenati pone anche questo Giosia, il restauratore della religione e possessore della ritrovata Torah: "Davide generò Salomone, ... generò ... Giosia, ... generò Ieconia e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia ... Ieconia generò ... Giacobbe ... generò Giuseppe, lo sposo di Maria dalla quale è nato Gesù chiamato il Cristo." (Mt. 1,6b -16); Gesù per i Vangeli è così discendente del re Davide e sotto questo aspetto erede che può certificare la perfetta conservazione della Legge, sia in linea divina che umana e la completa lettura, anche in criptato, se ci fosse stata, era perciò eredità della sua famiglia.
Viste perciò le origini della Torah e la cura del segno grafico della singola lettera, al quesito se sia possibile una lettura dei testi lettera per lettera, la risposta è che non si può escludere.
Nell'epoca post esilio al tempo di Esdra e Neemia furono introdotti i caratteri quadrati che secondo i rabbini, erano quelli originali (ma erano stati cambiati a "seguito del peccato" d'Israele - Sanhedrin 21b, 22a). C'è stato un cambiamento dei segni della scrittura ebraica, ci fu poi una migliore definizione della forma, poi stabilizzatasi nel rabbino quadrato, "ketàb merubà", scrittura d'apparato, fissata definitivamente nel II-I sec. a C. per assimilazione al meglio dalla scrittura aramaica, che era d'uso corrente come testimoniano i documenti del Mar Morto.
La scrittura rabbinica quadrata moderna, infatti, è uno sviluppo rispetto alla scrittura dei rotoli del periodo di Qumran; la grafica della lettera autografa di Simon bar Kokeba del 130-135 d.C. dimostra che pochi sono stati i successivi scostamenti.
I fatti a favore del permanere della traccia grafica sono:
  • la fedeltà alla tradizione iniziata con Esdra e Neemia che religiosamente misero mano a riordinare gli scritti biblici dopo l'esilio babilonese (coevo al regno Sabeo di Aksum);
  • la rigorosa conservazione della parola a cura dei sacerdoti e della Grande Congregazione (vedi: "Il giudaismo e la Torah orale");
  • la scrittura quadrata che è stata standardizzata dai Rabbini in segni sempre più precisi e non è più variata dal I sec. d.C.;
  • questa scrittura è nata che era nota la lettura dei geroglifici, conoscenza che si è persa dopo il IV sec. d.C.;
  • la paziente scrupolosità dei rabbini assicura che quanto trasmettibile nel segno è acquisito nelle lettere ebraiche.
Con il ritrovamento (1799) del testo trilingue della stele di Rosetta (greco - democrito - geroglifico) e con la riscoperta dei significati dei geroglifici grazie a Champollion, dal 1872 c'è la possibilità di riaccedere a quella fonte preziosa, ma sui geroglifici c'è stato buio per 1500 anni e gli studi e l'esegesi biblica hanno fatto a meno di tale strumento (salvo nel XVII sec. il gesuita Athanasius Kircher - 1602-1680 nato a Fulda in Germania - che s'interessò di sapere di più sull'egiziano antico, ma non vi riuscì mancando ancora la chiave di lettura dei geroglifici ); per contro, il disuso non l'ha ancora considerato necessario anche se la lettura dei geroglifici è ormai possibile ed i geroglifici col sinaitico ed il sabeo non sono stati avvicinati all'alfabeto Ebraico per cercarvi i disegni nascosti.
Il "Dizionario Unterman", nei riguardi dell'"alfabeto" tra l'altro riferisce: "Il carattere quadrato ora in uso è diverso dall'antica scrittura ebraica. Nel Talmud si ritiene che Esdra lo avesse adottato al ritorno dall'esilio babilonese, mentre l'antico carattere rotondo restò in uso presso i samaritani. Quest'opinione però non è accettata da tutti, dal momento che la forma corrente delle lettere è considerata sacra è quindi assunta come quell'originaria."
In conclusione, molti sono gli indizi che portano a guardare l'idea d'un testo nascosto rinvenibile per decriptazione delle lettere.
Il fatto che, nonostante tutte le lettere ebraiche siano solo consonanti, la Sacra Scrittura si è conservata per secoli senza vocalizzazione, lascia adito a pensare che gli antichi conoscessero o sapessero che c'era, anche una lettura di forma ideografica e non volevano esautorarne il potenziale con una sola lettura.
Dall'esilio babilonese (VI sec. a.C.) la lingua parlata dal popolo d'Israele non fu più l'ebraico biblico, ma l'aramaico, e per le riunioni sinagogali dal V sec. a.C. al lettore che proclamava il testo nell'originale ebraico era affiancato un traduttore, il targumista (da targum traduzione) che non operava una traduzione sic et sempliciter, ma una versione-parafrasi in aramaico.
I targumisti, non impacciati, perché erano stati alla scuola degli antichi utilizzatori, col tempo si diradarono e le traduzioni furono sempre più rigide fino all'ingessatura del testo che per semplicità assunse una lettura sempre più stereotipata, fino a cristallizzarsi nella sola decriptazione in ebraico.
Per la lettura furono inserite separazioni dei versetti staccati rispetto al testo esterno con una suddivisione fatta dagli scribi della "masorah" con criteri che apparentemente non sempre ne dimostrano la necessità, salvo che non avessero memoria d'un testo iniziatico nascosto all'interno noto ancora a qualche scriba.
Una regola, che sembra paralizzante per il targumista, era:
"Chi traduce letteralmente un versetto scritto è un mentitore e chi vi aggiunge un qualcosa è un bestemmiatore." (Kidduschin 49a) Come a dire, la traduzione del testo esterno rende falso il testo e fra ciò che era ammesso poteva esservi "l'al tikrei", cioè palesare il testo nascosto, che è una traduzione che non aggiunge, perché interna al testo.
Per la tradizione ebraica: "I primi maestri farisei della Torah erano chiamati Scribi perché erano i guardiani del testo biblico canonico di cui contavano le lettere". (Dizionario Unterman).
E si continua a parlare di sole lettere!
È poi da ricordare il detto di Gesù, riportato nel Vangelo di Matteo, che fa pensare ad una lettura dei testi dell'Antico Testamento anche lettera per lettera: "In verità vi dico: finché non sia passato il cielo e la terra, non passerà neppure uno iota (Iota = = segno) o segno della legge, senza che tutto sia compiuto." (Mt. 5,18).
C'è, infine, lo "... scrutate le Scritture... sono proprio esse che mi rendono testimonianza." (Gv. 5,39) detto da Gesù che fa intuire come attorno a queste Scritture a quei tempi l'attività non si limitava a semplice lettura, traduzione e/o meditazione, ma si estendeva anche ad altra investigazione, che 12 secoli dopo Nachmanide Mosès, mistico spagnolo ebreo, commentatore biblico, (1194-1270 d.C.) ricorda in forma mitica, ma della quale non dà che una semplice traccia con "Noi possediamo una tradizione autentica secondo cui la Torah è formata dai Nomi di Dio. Le parole che vi leggiamo possono essere infatti anche suddivise in modo completamente diverso, componendo Nomi ... L'affermazione della hagaddah per cui la Torah fu scritta in origine con fuoco nero su fuoco bianco, ci conferma nell'opinione che la sua stesura avvenne con un tratto continuo e senza suddivisioni in parole, cosa che permise di leggerla sia come una sequenza di Nomi, sia, nel modo tradizionale, come un resoconto storico ed un insieme di comandamenti divini. Ma Egli la ricevette anche, nello stesso tempo, sotto forma di trasmissione orale, come lettura di una sequenza di Nomi."
In definitiva la tesi di un testo nascosto non è inconsistente, ma il passaggio ai segni di vocalizzazione, avvenuto quando la generalità degli utilizzatori non aveva più cognizione del potenziale delle lettere, ha per secoli cancellato l'idea, ma non la memoria, di ulteriori approcci, come vedremo nelle ricerche ebraiche nel medioevo.
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