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DECRIPTAZIONE BIBBIA...

 
DALLO SHE'OL, INFERI O ADE,
AL REGNO DEI RISORTI

di Alessandro Conti Puorger
 

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INTRODUZIONE »
LA DOMANDA ESCATOLOGICA NEL MONDO PAGANO »
L'UOMO PER LA BIBBIA »
LA VITA OLTRE LA MORTE NELL'EBRAISMO »

LA VITA OLTRE LA MORTE NELLA CHIESA CATTOLICA
Quattro sono le realtà ultime definitive per l'uomo, dai precedenti Catechismi e dal Magistero indicate col termine di "novissimi" - morte, giudizio, inferno, paradiso - al riguardo, riporto quanto ricavabile da documenti qualificati.
Per introdurre il tema userò le parole di Papa Paolo VI:

"Una parola chiave per comprendere la dottrina generale del Concilio è quella che suona escatologia. Parola strana all'orecchio non iniziato al linguaggio biblico e teologico, per la sua etimologia greca, che si risolve in questo significato: scienza delle cose ultime: escatos, infatti vuole dire ultimo. E non solo questa parola (o più spesso il suo significato) è ricorrente in tanti passi dei documenti conciliari, ma domina tutta la concezione della vita cristiana, della storia, del tempo, dei destini umani oltre la morte (quelli che il catechismo e la predicazione chiamano i novissimi, cioè: morte, giudizio, inferno, paradiso), ma specialmente domina la concezione del disegno divino sull'umanità, sul mondo, sull'epilogo finale, glorioso ed eterno della missione di Cristo. Questa concezione ci richiama ad una Chiesa in cammino verso un'altra vita, non stabilita definitivamente in questa terra, ma provvisoria, e tesa in un messianismo che si colloca oltre il tempo. Questa visione dell'al di là è di somma importanza per ogni ordine di cose: vi è un al di là? quale sarà? come lo possiamo conoscere? quale influsso ha su l'al di qua la risposta a queste domande? la vita nostra finisce qui, sulla terra, o continua in qualche maniera, e quale, in un altro mondo? La stima dei valori umani e temporali, cioè la filosofia della vita, si capisce, dipende dall'esistenza affermata, o negata, o anche solo supposta (Cfr. Pascal) di una vita futura, dall'immortalità dell'anima e dalla sua responsabilità di fronte a un Dio giudicante. Per di più, la sorte di una singola esistenza umana non è estranea al disegno generale che riguarda l'umanità; e se questa è stata pensata da Dio nella intuizione d'un fine, il raggiungimento di questo fine, cioè la fine della scena umana nel tempo, diventa per la legittima e implacabile curiosità estremamente interessante. L'al di là, cioè la realtà escatologica, assume dunque un triplice significato, riferito il primo alla condizione del nostro essere personale dopo la morte; riferito il secondo nel senso più proprio al regno di Dio e di Cristo dopo la sua risurrezione e dopo la fine del mondo; e il terzo a tutta la realtà soprannaturale. Ecco dunque l'interesse dell'escatologia: la fine dell'uomo e del tempo che raggiunge il fine dell'umanità e della storia, prestabilito da Dio." (udienza 8 settembre 1971)

Il Catechismo della Chiesa Cattolica, frutto del Concilio Vaticano II, pubblicato e promulgato da Papa Giovanni Paolo II il 15 agosto 1997, nella parte I al Capitolo III art. 12 "Credo la vita eterna" ai punti 1020-1065 sviluppa quella parte del Credo sui novissimi e propone tale sintesi (1051-9): "Ogni uomo riceve nella sua anima immortale la propria retribuzione eterna fin dalla sua morte, in un giudizio particolare ad opera di Cristo, giudice dei vivi e dei morti. Noi crediamo che le anime di tutti coloro che muoiono nella grazia di Cristo ...costituiscono il popolo di Dio nell'al di là della morte, la quale sarà definitivamente sconfitta nel giorno della risurrezione, quando queste anime saranno riunite ai propri corpi. Noi crediamo che la moltitudine delle anime, che sono riunite attorno a Gesù e a Maria in paradiso, forma la Chiesa del cielo, dove esse nella beatitudine eterna vedono Dio così com'è e dove sono anche associate, in diversi gradi, con i santi angeli al governo divino esercitato da Cristo glorioso, intercedendo per noi e aiutando la nostra debolezza... Coloro che muoiono nella grazia e nell'amicizia di Dio, ma imperfettamente purificati, benché sicuri della loro salvezza eterna, vengono sottoposti, dopo la morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia di Dio. In virtù della comunione dei santi, la Chiesa raccomanda i defunti alla misericordia di Dio e per loro offre suffragi, in particolare il santo sacrificio eucaristico. Seguendo l'esempio di Cristo, la Chiesa avverte i fedeli della triste e penosa realtà della morte eterna, chiamata anche inferno. La pena principale dell'inferno consiste nella separazione eterna da Dio; in Dio soltanto l'uomo può avere la vita e la felicità per le quali è stato creato e alle quali aspira. La Chiesa prega perché nessuno si perda: "Signore... non permettere che sia mai separato da te". Se è vero che nessuno può salvarsi da se stesso, è anche vero che Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati (1 Tm. 2,4) e che per lui tutto è possibile (Mt. 19,26). La santissima Chiesa romana crede e confessa fermamente che nel ...giorno del giudizio tutti gli uomini compariranno col loro corpo davanti al tribunale di Cristo per rendere conto delle loro azioni. Alla fine dei tempi, il regno di Dio giungerà alla sua pienezza. Allora i giusti regneranno con Cristo per sempre, glorificati in corpo e anima, e lo stesso universo materiale sarà trasformato. Dio allora sarà tutto in tutti (1 Cor. 15,28), nella vita eterna."
Si parla di purificazione, si avverte sulla possibilità dell'inferno e non è più sottolineata l'antica idea del "limbo" per i bambini morti senza battesimo, pur se: "la Chiesa non può che affidarli alla misericordia di Dio, come appunto fa nel rito dei funerali per loro. Infatti, la grande misericordia di Dio, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati (1 Tm. 2,4), e la tenerezza di Gesù verso i bambini, che gli ha fatto dire: Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite (Mc. 10,14), ci consentono di sperare che vi sia una via di salvezza per i bambini morti senza Battesimo. Tanto più pressante è perciò l'invito della Chiesa a non impedire che i bambini vengano a Cristo mediante il dono del santo Battesimo." (1261)
Sul Purgatorio e sull'efficacia della preghiera per i morti, è solo ricordato che la relativa dottrina fu formulata da parte dei Concili di Firenze e di Trento.
Riguardando una realtà in assenza di ricongiunzione col corpo, non essendo intervenuta la risurrezione, il fuoco della Spirito Santo mitiga la sensazione d'oppressione ed esalta l'aspetto di purificazione.
Un punto del credo cristiano, ora poco ricordato, è la questione della "discesa agli inferi" del Cristo che come uomo a tutti gli effetti morì e prima della risurrezione la sua anima divina si recò là, ove dimora l'anima d'ogni persona che sia morta e di ciò riporto la sintesi catechetica: "Le frequenti affermazioni del N.T. secondo le quali Gesù è risuscitato dai morti (1 Cor. 15,20) presuppongono che, preliminarmente alla risurrezione, egli abbia dimorato nel soggiorno dei morti. È il senso primo che la predicazione apostolica ha dato alla discesa di Gesù agli inferi: Gesù ha conosciuto la morte come tutti gli uomini e li ha raggiunti con la sua anima nella dimora dei morti. Ma egli vi è disceso come Salvatore, proclamando la Buona Novella agli spiriti che vi si trovavano prigionieri. La Scrittura chiama inferi, Shéol il soggiorno dei morti dove Cristo morto è disceso, perché quelli che vi si trovano sono privati della visione di Dio. Tale infatti è, nell'attesa del Redentore, la sorte di tutti i morti, cattivi o giusti; il che non vuol dire che la loro sorte sia identica, come dimostra Gesù nella parabola del povero Lazzaro accolto nel seno di Abramo. Furono appunto le anime di questi giusti in attesa del Cristo a essere liberate da Gesù disceso all'inferno. Gesù non è disceso agli inferi per liberare i dannati né per distruggere l'inferno della dannazione, ma per liberare i giusti che l'avevano preceduto. La Buona Novella è stata annunciata anche ai morti... (1 Pt. 4,6). La discesa agli inferi è il pieno compimento dell'annunzio evangelico della salvezza. È la fase ultima della missione messianica di Gesù, fase condensata nel tempo ma immensamente ampia nel suo reale significato di estensione dell'opera redentrice a tutti gli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi, perché tutti coloro i quali sono salvati sono stati resi partecipi della redenzione. Cristo, dunque, è disceso nella profondità della morte affinché i morti udissero la voce del Figlio di Dio (Gv. 5,25) e, ascoltandola, vivessero. Gesù, l'Autore della vita, ha ridotto all'impotenza, mediante la morte, colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, liberando così tutti quelli che per timore della morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita (Eb. 2,14-15). Ormai Cristo risuscitato ha potere sopra la morte e sopra gli inferi (Ap. 1,18) e nel nome di Gesù ogni ginocchio si piega nei cieli, sulla terra e sotto terra (Fil. 2,10)." (632-5)
Il credo risponde così alla problematica di dare a tutti gli stessi vantaggi e le generazioni precedenti, grazie a tal discesa, hanno del pari conosciuto la buona notizia del Vangelo, cioè l'amore di Dio.
In definitiva (636-637) "con l'espressione Gesù discese agli inferi il Simbolo professa che Gesù è morto realmente e che, mediante la sua morte per noi, egli ha vinto la morte e il diavolo, che della morte ha il potere (Eb. 2,14). Cristo morto, con l'anima unita alla sua Persona divina, è disceso alla dimora dei morti. Egli ha aperto le porte del cielo ai giusti che l'avevano preceduto."
Chi è morto in tutti i tempi precedenti alla venuta del Cristo di fatto non poteva entrare in Dio, cioè n'era separato in modo assoluto ed era come se avesse reciso la sua origine e la preclusione non era legata al fatto d'essere giusto o ingiusto, ma al fatto che all'uomo era ormai impedito di collegarsi con Dio, sia che fosse giusto che ingiusto, non aveva cioè la natura divina.
Molti, infatti, fanno discendere la parola She'ol di inferi dal radicale che indica "richiedere, domandare", perciò in quel luogo sostano le anime che chiedono di poter accedere al cielo il regno dei viventi.
L'uomo buono o cattivo era schiavo, legato a questa terra, si che anche i giusti non potevano salire in cielo e le generazioni precedenti dovevano rimanere nell'ambito in cui l'uomo era stato relegato, cioè in un mondo spirituale "sospeso" separato da quello "celeste", perciò nel regno dei morti.
Con la prima venuta del Messia, di fatto, sono iniziati i tempi messianici con la prima risurrezione e con il primo giudizio, tanto che le anime dei giusti di tutti i tempi prima di Cristo e di tutti i giusti battezzati hanno da allora la via aperta per l'accesso nell'eternità beata.
Il paradiso celeste va distinto dal paradiso terrestre, l'Eden, di cui è il doppio eterno, e l'dea è che una parte del paradiso terrestre continuò ad esistere prima della venuta di Cristo in un angolo inaccessibile della terra privo di abitanti, con eccezione dei due giusti veterotestamentari, preservati dalla morte, Elia e Enoch e quant'altri Dio ha voluto inserirvi, portati poi a quello del cielo con tutti gli altri meritevoli (Mt. 27,51-53).
Premesso che la dimensione tempo è l'unica che conosciamo, essendo da andare in Dio, che fu, è e sarà e così il passato è presente col futuro, l'eternità è da considerare la realtà finale cui siamo chiamati.
Tale questione conserva a monte la domanda se le anime dopo la morte siano o meno ancora soggette al tempo o se il Giorno del Giudizio, che pure alla fine dei tempi avverrà, sia per loro contemporaneo con la stessa morte dal cui istante il tempo sarebbe ormai annullato.
Quel fuoco dello Spirito Santo perciò potrebbe essere anche un'illuminazione particolare che, implicando una intenso pentimento, comporti la grazia totale sempreché l'individuo non voglia comunque esplicitare l'opzione di non essere, il che lo relegherebbe nella non esistenza.
Le idee di limbo e purgatorio sono luoghi-dimensioni inevitabilmente legate al tempo, mentre l'unica idea che travalica questa dimensione è il paradiso dell'eternità di Dio e dello stare con Lui, in condizione "estatica".
Se Dio riconosce la propria somiglianza quell'anima ha parte nell'eternità e ne preseverà l'individualità, e se non la riconosce non farà parte dell'essere.
In questo Giorno del Giudizio la Chiesa ha potere d'intercedere per i defunti.
Chi è morto in qualsiasi tempo riceve comunque l'annuncio del Vangelo, e potrà essere accolto tramite Cristo da Dio Padre, perché Cristo ha detto: "non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori." (Mat. 9,13b)
Questa attività il Cristo con la discesa agli inferi, infatti, la rivolge nei riguardi dei morti di tutti i tempi che non hanno avuto l'incontro con Lui in questa vita.
Per chi vedrà il Creatore nel suo spendore difficile sarà rifiutare la grazia perché avrà prova del suo tenace amore, e il giudizio finale sarà d'accettare di essere o continuare a scegliere la via del volere non essere.
Sul ritorno di Cristo nella gloria e sulla lotta finale contro al male valgono, infatti, i seguenti punti essenziali: "Cristo Signore regna già attraverso la Chiesa, ma tutte le cose di questo mondo non gli sono ancora sottomesse. Il trionfo del regno di Cristo non avverrà senza un ultimo assalto delle potenze del male. Nel giorno del giudizio, alla fine del mondo, Cristo verrà nella gloria per dare compimento al trionfo definitivo del bene sul male che, come il grano e la zizzania, saranno cresciuti insieme nel corso della storia.Cristo glorioso, venendo alla fine dei tempi a giudicare i vivi e i morti, rivelerà la disposizione segreta dei cuori e renderà a ciascun uomo secondo le sue opere e secondo l'accoglienza o il rifiuto della grazia. In conclusione è da notare che c'è la tendenza d'eliminate le forti tinte fosche di precedenti predicazioni sul limbo, il purgatorio, e l'inferno." (680-2)
Il Catechismo, così ricorda la lotta finale contro il male, cioè la guerra conto Gog e Magog da Ezechiele 38-39, le potenze convocate da satana per lo scontro decisivo con Dio delle tradizioni ebraiche e dell'Apocalisse, che al Capitolo 20 parla del regno dei mille anni: "Vidi poi un angelo che scendeva dal cielo con la chiave dell'Abisso e una gran catena in mano. Afferrò il dragone, il serpente antico - cioè il diavolo, satana - e lo incatenò per mille anni; lo gettò nell'Abisso, ve lo rinchiuse... fino al compimento dei mille anni. Dopo questi dovrà essere sciolto per un pò di tempo. Poi vidi alcuni troni e a quelli che vi si sedettero fu dato il potere di giudicare. Vidi anche le anime dei decapitati a causa della testimonanza di Gesù e della parola di Dio, e quanti non avevano adorato la bestia e la sua statua... Essi ripresero vita e regnarono con Cristo per mille anni; gli altri morti invece non tornarono in vita fino al compimento dei mille anni. Questa è la prima risurrezione. Beati e santi coloro che prendon parte alla prima risurrezione. Su di loro non ha potere la seconda morte... Quando i mille anni saranno compiuti, satana verrà liberato dal suo carcere e uscirà per sedurre le nazioni ai quattro punti della terra, Gog e Magog, per adunarli per la guerra: il loro numero sarà come la sabbia del mare... Ma un fuoco scese dal cielo e li divorò. E il diavolo, che li aveva sedotti, fu gettato nello stagno di fuoco e zolfo, dove sono anche la bestia e il falso profeta: saranno tormentati giorno e notte per i secoli dei secoli. Vidi poi un grande trono bianco e Colui che sedeva su di esso. Dalla sua presenza erano scomparsi la terra e il cielo senza lasciar traccia di sé. Poi vidi i morti... ritti davanti al trono. Furono aperti dei libri e fu aperto anche un altro libro, quello della vita. I morti vennero giudicati... ciascuno secondo le sue opere... ciascuno venne giudicato secondo le sue opere. Poi la morte e gli inferi furono gettati nello stagno di fuoco. Questa è la seconda morte, lo stagno di fuoco. E chi non era scritto nel libro della vita fu gettato nello stagno di fuoco."
Questo millennio ha avuto varie interpretazioni, ma la Chiesa ha sempre respinto l'idea di un presunto regno di Cristo sulla terra della durata di mille anni, prima della fine del mondo, in compagnia dei martiri e dei giusti risorti.
Questo regnare ritengo non sia nella forma dei regni di questo mondo, e constato che, pur abbandonato il potere temporale, è innegabile l'aumentato potere della Chiesa che afferma con autorità il regno spirituale di Cristo.
La prima risurrezione di cui parla l'Apocalisse è interpretata come la vita nuova che, nel battesimo, ci assicura la stessa sorte del Cristo, la seconda morte è la dannazione eterna.
Dopo la disfatta di satana, si giunge all'ultimo atto del dramma escatologico: il giudizio finale che si conclude per satana e chi lo segue senza voler essere redento con la seconda morte, lo stagno di fuoco, lettura dello She'ol : "la distruzione ( = porterà al serpente " o "il fuoco l'Unigenito porterà al serpente "
"Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c'era più. Vidi anche la nuova Gerusalemme..." (Ap. 21,1,1s); in Dio, infatti, non vi può essere ombra e dopo la fine del tempo, eliminato il male, esisterà solo l'esistenza nell'eternità beata; stride infatti l'idea di un posto nei cieli fuori dal tempo con la sofferenza.
Al riguardo il teologo gesuita Hans Urs Von Balthasar (1905-1986), che indirettamente ebbe grande influenza con le sue idee sul Concilio Vaticano II, ebbe ha interrogarsi su un inferno potenzialmente vuoto e Papa Wojtyla nell'udienza del 28.07.1999 al proposito osservò: "La dannazione rimane una reale possibilità, ma non ci è dato di conoscere, senza speciale rivelazione divina, quali esseri umani vi siano effettivamente coinvolti."
Circa, infine, la reincarnazione, in "Problemi attuali di escatologia", la Commissione Teologica Internazionale, ben chiarisce che l'idee d'esistenze terrene individuali molteplici onde la nostra vita attuale non è né la prima né l'ultima esistenza corporale è modo per negare l'inferno; ciò è negazione della redenzione ed il ritenerla possibile contraddice in modo grave la rivelazione cristiana sulla risurrezione. Il pensiero che errori compiuti in una vita nel tempo debbono essere puniti nel tempo e tutti infine debbono e possono farcela da soli con i propri meriti in una delle prossime vite è contrario all'esperienza comune; infatti, nessuno è senza "peccati" e, sotto questo aspetto, vivere più volte non potrebbe che peggiorare le situazioni.
Nessuno è meritorio da solo della vita eterna!
Nessun merito umano nel tempo ti può regalare l'essenza divina.

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