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DECRIPTAZIONE BIBBIA...
DALLO SHE'OL, INFERI O ADE, AL REGNO DEI RISORTI
di Alessandro Conti Puorger
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INTRODUZIONE »
LA DOMANDA ESCATOLOGICA NEL MONDO PAGANO »
L'UOMO PER LA BIBBIA »
LA VITA OLTRE LA MORTE NELL'EBRAISMO »
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LA VITA OLTRE LA MORTE NELL'ISLAM »
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DECRIPTAZIONE DEL CAPITOLO 1,28 DI SAMUELE »
UN RACCONTO CHIARIFICATORE
Visto l'importante risultato, nacque spontaneo verificare nella Torah ove e come appaia la parola ebraica
She'ol e queste sono le presentazioni:
- Genesi 37,35: "Tutti i suoi figli e le sue figlie vennero a consolarlo, ma egli non volle essere consolato dicendo: No, io voglio scendere in lutto dal figlio mio nella tomba. E il padre suo lo pianse." Si riferisce a Giacobbe che ritiene Giuseppe morto dal racconto degli altri figli che l'avevano venduto ai Madianiti. È in effetti usato
she'olah e tradotto in "tomba".
- Genesi 42,38: "Ma egli rispose. Il mio figlio non verrà laggiù con voi, perché suo fratello è morto ed egli è rimasto solo. Se gli capitasse una disgrazia durante il viaggio che volete fare voi fareste scendere con dolore la mia canizia negli inferi." Si riferisce ai figli di Giacobbe che chiedono di portare il fratello Beniamino in Egitto. È usato
she'olah e tradotto in "inferi".
- Genesi 44,29-31; sempre in tema di Beniamino, ed è scritto
- Numeri 16,30-33: "Ma se il Signore fa una cosa meravigliosa, se la terra spalanca la bocca e li ingoia con quanto appartiene loro e se essi scendono vivi agli inferi, allora saprete che questi uomini hanno disprezzato il Signore. Come egli ebbe finito di pronunciare tutte queste parole, il suolo si profondò sotto i loro piedi, la terra spalancò la bocca e li inghiottì: essi e le loro famiglie, con tutta la gente che apparteneva a Core e tutta la loro roba. Scesero vivi agli inferi essi e quanto loro apparteneva; la terra li ricoprì ed essi scomparvero dall'assemblea."Trattasi del racconto della rivolta di Core, Datan e Abiram. È usato per due volte
she'olah e tradotto in "inferi".
- Deuteronomio 32,22: "Un fuoco si è acceso nella mia collera e brucerà fino nella profondità degli inferi
",
nell'ambito del Cantico di Mosè.
Per le attuali conoscenze sulla datazione dei libri della Torah, tra le citazioni surriportate, è da porre certamente al primo posto quella dei Numeri, poi quella del Duteronomio ed infine la Genesi.
È così da puntare l'attenzione sulla più antica pagina dei Numeri che legala parola ad un evento punitivo invocato da Mosè nei riguardi di quei rivoltosi.
Il racconto tratto dalla traduzione CEI dell'intero Capitolo 16 del libro dei Numeri, alla cui lettura rimando, è riportato in Appendice 2.
Questo racconto è così stereotipo d'una esemplare punizione solo di ribelli.
Un fuoco, dice il racconto, uscì dal Signore e bruciò i maledetti e questa è una lettura di She'ol
nella forma scritta nel racconto: un fuoco
da Dio
uscì
;
ciò fa concludere che così "brucerà
il maledetto
"
e ci sarà "la distruzione
(
=
)
del serpente
nel mondo
".
Il pensiero è lo stesso "la terra spalancò la bocca e li inghiottì" di quando ci fu la punizione contro il Faraone e del suo esercito: "Ha gettato in mare cavallo e cavaliere... sprofondarono come piombo nelle acque profonde... stendesti la destra: la terra li inghiottì" (Es. 15,1b; Es.10b; Es.12) il che palesa che il nemico è sempre lo stesso; il pensiero dell'autore è rivolto al serpente antico il primo di tutti i ribelli che ha portato il peccato e la ribellione nel mondo.
L'idea è che uno solo ha peccato e Dio è supplicato da Mosè di non colpire la comunità incolpevole: "Dio degli spiriti di ogni essere vivente! Un uomo solo ha peccato e ti vorresti adirare contro tutta la comunità?" (le parole esatte sono "Dio degli spiriti di tutte le carni... Un solo uomo ha peccato...")
Nello stesso libro dei Numeri v'è un episodio all'inizio dello stesso Capitolo 11 in cui divampa un fuoco portato dal Signore contro il popolo mormoratore e ribelle tanto si che bruciò una parte dell'accampamento a Tabera.
In questo racconto poi è narrata la rivolta del popolo raccogliticcio che voleva mangiare carne e questa parola è riportata 7 volte.
Si verificò allora il miracolo delle quaglie, ma poi ci fu una grande piaga punitiva da parte del Signore a Kibrot Taava (I sepocri di Taava).
Mosè pare ricordare questo episodio al Signore quando nel Capitolo 16, nella rivolta di Core, Gli si rivolge pregandolo di non colpire tutta la comunità.
Il richiamo al peccato d'un solo uomo porta a pensare al primo peccato ed a cercare altri brani in cui la parola carne è richiamata ripetutamente.
Ciò sorprendentemente si verifica nel libro del Genesi al momento del racconto della creazione della donna dal costato di Adamo, che al successivo Capitolo 3 sarà la prima tentata dal serpente.
"Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull'uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e rinchiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all'uomo, una donna e la condusse all'uomo. Allora l'uomo disse: "Questa volta essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa. La si chiamerà donna perché dall'uomo è stata tolta. Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne." (Gen. 2,21-24)
Altro brano in cui la parola carne è più volte richiamata è nel Capitolo 6 dello stesso Genesi nell'ambito dei preparativi al diluvio e quindi al Capitolo 17 al momento dell'alleanza di Dio con Abramo e se v'è un'alleanza v'è una guerra ed un nemico; tutto è da riportare a questa tematica che in definitiva è alla base della Berit, cioè del patto tra Dio e i figli di Abramo.
Giobbe, che rappresenta nella Bibbia l'uomo giusto che s'interroga sul perché della sofferenza e della morte, impersona la questione di tanti benpensanti che si ritengono giusti e forse lo sono veramente, e che perciò sentono come obbligatoria una ricompensa ed un occhio di riguardo.
La risposta però è che come la pioggia cade sui buoni e sui cattivi così è per la sofferenza che non ha rispetto per nessuno.
In definitiva la salvezza dalla sofferenza e tanto più dalla morte non è nelle mani dell'uomo e ne hanno bisogno giusti ed ingiusti.
A Giobbe, infatti, Dio stesso risponde (Gb. 38,4.17): Dov'eri tu quand'io imponevo le fondamenta della terra? Dillo se hai tanta intelligenza! ...Ti sono state indicate le porte della morte e hai visto le porte dell'ombra funerea?
È chiaro che il discorso è relativo alle porte degli inferi, ma questi non vengono nominati e sono sostituiti da una circonlocuzione con due volte la parola "porta"
e due volte "morte"
;
in effetti la Bibbia dei Settanta personalizza le porte con i portieri e quindi ad esseri demoniaci.
In
,
infatti, oltre che di "porta", v'è anche l'idea di "orrido, cattivo" che si scrive al singolare con gli stessi segni, ed all'interno di questa parola vi sono le lettere di nemico
che unite alla lettera
conduce a pensare a "brucerà
il nemico
",
cioè quegli esseri demoniaci.
Passando a decriptare si ha:
"Con la resurrezione
il nemico
sarà
a morire
.
Gesù
(
=
)
i corpi
sarà
a risollevare
potenti
della morte
;
alla fine
si vedranno
()
uscirne
."
Un mondo negativo, rappresentante il non essere, contrario a Dio, è peraltro una necessità per rendere possibile l'esistenza d'entità diverse ed autonome rispetto a Dio, quale è nel disegno de libero arbitrio che implicitamente deve comportare una possibilità di scelta altrimenti impossibile.
In definitiva, per la necessità d'autolimitazione all'interno della divinità, onde un mondo finito e l'uomo possano avere esistenza separata e libera dalla divina, occorre che esista "un'altra parte", "sitra achra" (in aramaico) nome con cui sono definite le forze demoniache che intervenuta la definitiva libera scelta dell'uomo sono però destinate a sparire.
Queste forze hanno un potere limitato e controllato rispetto a Dio che in quella stessa pagina di Giobbe pare potersi evidenziare quando è detto:
"Chi ha chiuso tra due porte il mare, quando erompeva uscendo dal seno materno, quando lo circondavo di nubi per vesti e per fasce di caligine folta? Poi gli ho fissato un limite e gli ho messo chiavistello e porte e ho detto: Fin qui giungerai e non oltre e qui s'infrangerà l'orgoglio delle tue onde." (Gb. 38,8-11)
La decriptazione di questi versetti, peraltro, porta ai seguenti pensieri, che evidentemente sono inseriti in un racconto più ampio e che un giorno, decriptando l'intero libro di Giobbe, forse presenterò completo.
"Portato è in pienezza così a casa lo sbarramento al serpente completo. Gli esiste per la Madre. Sono i viventi in cammino per il forte annuncio. In vita un utero è sceso dell'Unico. Per la liberazione recare ai viventi è in azione inviato dagli apostoli il cuore. Da simili li portano ad agire. Ai corpi soffiano il vigore completo che i serpenti alla fine portano. E l'Unico risorge dentro i corpi. Dall'alto è portata la legge. È recata dell'Unigenito la risurrezione. La forza della vita dentro ai corpi riè per l'annuncio. Ripartoriti completamente sono dalla Madre. Ed inizia a vivere in un corpo l'eternità, dal Verbo uscita dalla croce, dentro portata nel corpo venuta in pienezza è col soffio portata al volto degli uomini, è tutta dentro al cammino originata, recata dagli apostoli, rivelata è con la rettitudine." (Decriptazione di Gb. 38,8-11)
Questo testo pare quasi voler rispondere alla domanda di Nicomede a Gesù: "Come può un uomo nascere quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?" (Gv. 3,4)
Nel Nuovo Testamento è chiaro che lo sbarramento posto al demonio nel mondo e quindi ai portieri degli inferi è la Chiesa del Crocifisso, ed al riguardo è chiarissima è la dichiarazione di Gesù con la famosa frase: " et ego dico tibi tu es Petrus, et super tuam petram filius Dei vivi aedificavit ecclesiam suam, et portae inferi non praevalebunt adversus eam", cioè "Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa". (Mat. 16,18s)
La surriportata decriptazione è del tutto coerente con quanto sopra.
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