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IL PROTOVANGELO DI MALACHIA

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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CHI È MALACHIA?
Il complesso dei libri definiti A.T. della Bibbia canonica cristiana termina con la profezia del profeta Malachia: "Ecco io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore..." (Malachia 3,23s)
L'autore del libro è anonimo e così lo considera anche la traduzione dei LXX.
Il nome Malachia significa "Mio messaggero" , appunto mala'aki e il nome dell'incognito profeta è stato desunto dai versetti "Oracolo. Parola del Signore a Israele per mezzo di Malachia (mio messaggero)." (Malachia 1,1) ed "Ecco, io manderò un mio messaggero (Malachia)..." (Malachia 3,1)
Da alcune indicazioni del testo questo scritto si può far risalire alla II metà del V secolo a.C., all'epoca della missione di Neemia (445), forse durante il regno dei persiani Serse (486-465) e Artaserse (465-424), perché il versetto 1,8 menziona un governatore, con probabilità persiano, e l'esistenza d'attività sacrificale nel Tempio, il che poté avvenire solo dopo la ricostruzione del Tempio (515).
Tenuto conto che il libro di Daniele nella Bibbia ebraica o masoretica è inserito tra gli Hagiographa, il libro di Malachia per l'ebraismo è l'ultimo dei 15 libri definiti dei "profeti posteriori" ed anche l'ultimo scritto, cioè il più recente, riconosciuto tra i libri "Canonici" dalla Bibbia ebraica, come ricorda in Contra Apionem 1,8-9 lo storico giudeo-romano Giuseppe Flavio (I Secolo d.C.), così:

"Abbiamo soltanto 22 libri illustranti la storia dell'intero periodo, libri ritenuti di origine divina. Cinque di questi appartengono a Mosè e contengono le sue leggi e le tradizioni, dalle origini del genere umano fino al tempo della morte di Mosè. Dopo di essa, fino al regno di Artaserse (quindi il libro di Malachia), i profeti che successero a Mosè scrissero la storia degli avventi che si verificarono nel loro tempo in 13 libri. I rimanenti 4 libri comprendono inni a Dio e precetti per la condotta nella vita dell'uomo. Dai tempi di Artaserse fino ai nostri giorni, ogni avvenimento è stato riportato, ma questi recenti documenti non sono stati reputati degni di credito uguale a quelli che li hanno preceduti, in quanto manca l'esatta successione dei profeti. La prova pratica dello spirito con il quale trattiamo le nostre Scritture sta nel fatto che, benché sia ora trascorso un così grande lasso di tempo, non un'anima si è avventurata ad aggiungere o togliere o alterare una sillaba, ed è nella natura di ogni Ebreo, dal giorno della sua nascita, di considerare queste Scritture come insegnamento di Dio e di osservarle e, se ne sorgesse la necessità, dare con gioia la sua vita per esse".

Per l'ebraismo lo spirito dei profeti conclude con quel "Ecco io invierò il profeta Elia"; sancisce così un'attesa, accolta poi dalla letteratura apocalittica, d'un vicino prossimo "giorno grande e terribile del Signore", che nel cristianesimo si muta nella buona notizia dei Vangeli.
Il libro detto del profeta Malachia è, infatti, inserito quale 12° profeta minore nel canone cristiano e 15° dei profeti posteriori in quello ebraico.

(L'ultimo scritto del canone ebraico della Bibbia è però quello di Daniele, che come detto, la Bibbia ebraica considera tra gli Hagiographa, anche se, per trattazione esterna, è profetico apocalittico. L'ambientazione nel VI secolo a.C., tempi del re di Babilonia Nabucodonosor e successori, trova imprecisioni storiche dai critici, come fosse stato scritto in epoca successiva con interesse più del racconto che della verità storica. I tre capitoli finali - 10, 11 e 12 - in visione profetica raccontano eventi successivi fino i tempi dei Maccabei, quindi al II secolo a.C.. Dal testo si ricavano dati storici e per ultima la chiara indicazione sulla persecuzione d'Antioco Epifane. La mancanza dell'indicazione della morte di costui e del seguito della rivolta dei Maccabei fanno collocare la redazione del libro. subito dopo la persecuzione d'Antioco Epifane 167-164 a.C., su cui si dilunga alquanto, ma prima dei libri dei Maccabei.)

Nel testo del libro di Malachia, suddiviso in tre capitoli per complessivi 55 versetti (14+17+24), si possono considerare queste otto parti.

  • introduzione (1,1);
  • 1° oracolo contro Edom-Esaù (1,2-5);
  • 2° oracolo contro i sacerdoti che non insegnano la Torah (1,6-2,9);
  • contro i materiali misti e il ripudio (2,10-16);
  • Israele ha stancato Dio che verrà a giudicare (2,17-3,5);
  • chiamata a pentimento a non frodare Dio e a portare le decime (3,6-12);
  • 3° oracolo sul giorno rovente come un forno (3,13-21);
  • profezia sul ritorno di Elia (3,22-24).
In ebraico mal'ak è "messaggero, ambasciatore, nunzio", ma anche angelo e Malachia è parola formata dalle quattro lettere centrali delle 22 lettere dell'alfabeto ebraico .
Queste si possono definire le lettere del Re in quanto è "Re o Regno", mentre la lettera è quella dell'Essere, la prima di Yahwèh.
In quelle quattro lettera al centro è incastonata la lettera dell'Unità, dell'origine del Dio Unico. (Vedi "Alfabeto ebraico, trono di zaffiro del Messia")
Dal Regno dell'Unico perciò viene un inviato, effettivamente, un angelo.
La lettera = (a fine parola) è dal punto di vista del messaggio grafico (Vedi "scheda della lettera n° 11") rappresenta un vaso e nel contempo il palmo liscio di una mano e in senso figurato retto e rettitudine, da cui leggendo le singole lettere di si ha:
  • "la parola () dell'Unico nel vaso sta ", vaso inteso come involucro che contiene il messaggio, perciò un messaggero con "la parola () dell'Unico retta è ";
  • "la pienezza nel vaso sta ", cioè un messaggero che "pieno di rettitudine è ".
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