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ATTESA DEL MESSIA...

 
GERUSALEMME LA CITTÀ DEL GRAN RE

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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SINTESI STORICA SU GERUSALEMME »
AI TEMPI DI ABRAMO »
GENESI 18,1-15 - TESTO E DECRIPTATO »

AI TEMPI DI GIOSUÈ
Nel libro dei Numeri, al Capitolo 13 c'è il racconto, ricordato anche in Deuteronomio 1,20-29, di Mosè che invia esploratori, uno per tribù, nella terra promessa, il paese di Canaan e fra questi spicca Osea figlio di Nun della tribù di Efraim a cui Mosè cambiò il nome: "Mosè diede ad Osea, figlio di Nun, il nome di Giosuè ." (Num. 13,8)
Il nome Osea con il metodo dei segni si può spezzare "in campo aperto si porterà a rivolgere lo sguardo ()" che implica la funzione di esploratore, nome che Mosè profeticamente trasforma in Giosuè ." "Iahwèh salva".
A quei tempi le zone delle montagne erano territorio dei figli di Anak di statura gigantesca e dei Gebusei le montagne.
I giganti erano considerati dalla tradizione ebraica come provenienti dall'epoca prediluviana; in Dizionario di usi e leggende ebraiche di Alan Unterman sotto la voce Arca di Noah tra l'altro si legge: "Oltre alla moglie di Noah, ai suoi tre figli e alle nuore l'arca portava anche il gigante Og, Re di Basan, che rimase attaccato all'esterno dell'arcadurante tutto il periodo del diluvio" ed Og re di Basan fu sconfitto da Mosè come vedremo.

Gli Anakiti vivevano nei dintorni di Ebron, mentre il territorio dov'è ubicata Gerusalemme era appunto sotto il dominio dei Gebusei.
I libri di Giosuè e dei Giudici sostengono che il nome antico era Iebus capitale appunto dei Gebusei (Giosuè 18,28 e Giudici 19,10).
È noto che per la mancanza di fede degli altri esploratori (escluso Caleb) e di tutto il popolo, Israele fu pellegrino nella penisola del Sinai per 40 anni e, solo dopo morti Mosè con tutta la precedente generazione, Giosuè nuovo condottiero, introdusse il popolo di Dio nella Terra Promessa.
Il racconto è sviluppato nel libro di Giosuè.
Molte parti di quel libro hanno redattore deuteronomistico vissuto al tempo dell'esilio (597-538 a.C.) e del post esilio (538-450 a.C.) e la figura di Giosuè come quella di Mosè è stata certamente idealizzata.

Si nota una grande affinità tra il redattore finale del libro di Giosuè e gli autori del Genesi, come risulta da questi versetti:

"Giosuè radunò tutte le tribù d'Israele in Sichem e convocò gli anziani d'Israele, i capi, i giudici e gli scribi del popolo, che si presentarono davanti a Dio. Giosuè disse a tutto il popolo: Dice il Signore, Dio d'Israele: I vostri padri, come Terach padre di Abramo e padre di Nacor, abitarono dai tempi antichi oltre il fiume e servirono altri dei. Io presi il padre vostro Abramo da oltre il fiume e gli feci percorrere tutto il paese di Cànaan; moltiplicai la sua discendenza e gli diedi Isacco. Ad Isacco diedi Giacobbe ed Esaù e assegnai ad Esaù il possesso delle montagne di Seir; Giacobbe e i suoi figli scesero in Egitto. Poi mandai Mosè e Aronne e colpii l'Egitto con i prodigi che feci in mezzo ad esso; dopo vi feci uscire." (Giosuè 24,1-5)

È chiaro, infatti, un desiderio di raccordo tra i vari racconti e quindi la presenza di una mente redazionale avente funzione coordinativa.
Non deve sorprendere perciò che viene portato avanti lo stesso filone di fondo con le sottili parallele tematiche.
Il tema teologico di fondo di tutto si può riassumere nella conclusione che la conquista della terra di Canaan si è verificata per dono gratuito di Dio e non per le capacità guerresche; è cioè un premio alla fede: "Il Signore diede dunque a Israele tutto il paese che aveva giurato ai padri di dar loro, e gli Israeliti ne presero possesso e vi si stabilirono. Il Signore diede loro tranquillità intorno, come aveva giurato ai loro padri; nessuno di tutti i loro nemici poté resistere loro; il Signore mise in loro potere tutti quei nemici. Di tutte le belle promesse che il Signore aveva fatte alla casa d'Israele, non una andò a vuoto: tutto giunse a compimento." (Gios. 21,43-45)

Il racconto si sviluppa così:

  • attraversato miracolosamente il Giordano (Gios. 3),
  • conquistate le città di Gerico (Gios. 6) ed Ai (Gios. 8),
  • dopo un trattato di alleanza estorto con l'inganno dagli abitanti Evei ed Amorrei di Gabaon (Gios 9) che era situata a 9 km a nord ovest di Gerusalemme,
  • l'attenzione di Giosuè si rivolse a Gerusalemme.
Vi sono quindi in Giosuè tre capitoli, 10 - 11 - 12, che paiono un inserimento e differiscono da altri capitoli descrittivi di una lenta conquista a settori compiuta dalle varie tribù in più tempi, perché invece suggerisce un'organizzata ed organica offensiva.
Si vede così che nell'ambito del libro di Giosuè vi è stata una rivisitazione tanto che in quei capitoli quella città che all'epoca non si chiamava Gerusalemme è così chiamata dal redattore che in pratica rievoca la tematica trattata nel Capitolo 14 del Genesi della famosa coalizione dei re della valle prima dell'incontro di Abramo con Melchisedek.

Il Capitolo 10 di Giosuè, infatti, inizia così:
"Quando Adoni-Zedek, re di Gerusalemme, venne a sapere che Giosuè aveva preso Ai e l'aveva votata allo sterminio, e che, come aveva fatto a Gerico e al suo re, aveva fatto ad Ai e al suo re e che gli abitanti di Gàbaon avevano fatto pace con gli Israeliti e si trovavano ormai in mezzo a loro, ebbe grande paura, perché Gàbaon, una delle città regali, era più grande di Ai e tutti i suoi uomini erano valorosi. Allora Adoni-Zedek, re di Gerusalemme, mandò a dire: a Oam, re di Ebron, a Piream, re di Iarmut, a Iafia, re di Lachis e a Debir, re di Eglon.
Venite da me, aiutatemi e assaltiamo Gàbaon, perché ha fatto pace con Giosuè e con gli Israeliti.
Quelli si unirono e i cinque re amorrèi, il re di Gerusalemme, il re di Ebron, il re di Iarmut, il re di Lachis ed il re di Eglon, vennero con tutte le loro truppe, si accamparono contro Gàbaon e le diedero battaglia." (Giosuè 10,1-5)

L'accostamento Genesi 14 e Giosuè 10, anche se non è certo quali dei due abbia avuto redazione anteriore, è evidentemente volontario.
Gli episodi dei re Melchisedek e Adoni Zedek entrambi re di Gerusalemme a V secoli di distanza non sono certo un caso come pure la nuova coalizione dei 5 re non può non essere voluta.
Il Signore tramite il suo condottiero riconquista e dona agli Israeliti finalmente il territorio della terra promessa.

Il racconto della vittoria su quella coalizione prosegue così:

"Allora gli uomini di Gàbaon mandarono a dire a Giosuè, all'accampamento di Gàlgala: Non privare del tuo aiuto i tuoi servi. Vieni presto da noi; salvaci e aiutaci, perché si sono alleati contro di noi tutti i re degli Amorrèi, che abitano sulle montagna.
Giosuè partì da Gàlgala con tutta la gente di guerra e tutti i prodi guerrieri. Allora il Signore disse a Giosuè: Non aver paura di loro, perché li metto in tuo potere; nessuno di loro resisterà davanti a te. Giosuè piombò su di loro d'improvviso: tutta la notte aveva marciato, partendo da Gàlgala. Il Signore mise lo scompiglio in mezzo a loro dinanzi ad Israele, che inflisse loro in Gàbaon una grande disfatta, li inseguì verso la salita di Bet-Coron e li batté fino ad Azekà e fino a Makkeda. Mentre essi fuggivano dinanzi ad Israele ed erano alla discesa di Bet-Coron, il Signore lanciò dal cielo su di essi come grosse pietre fino ad Azekà e molti morirono. Coloro che morirono per le pietre della grandine furono più di quanti ne uccidessero gli Israeliti con la spada. Allora, quando il Signore mise gli Amorrèi nelle mani degli Israeliti, Giosuè disse al Signore sotto gli occhi di Israele: Sole, fermati in Gàbaon e tu, luna, sulla valle di Aialon. Si fermò il sole e la luna rimase immobile finché il popolo non si vendicò dei nemici. Non è forse scritto nel libro del Giusto: Stette fermo il sole in mezzo al cielo e non si affrettò a calare quasi un giorno intero.
Non ci fu giorno come quello, né prima né dopo, perché aveva ascoltato il Signore la voce d'un uomo, perché il Signore combatteva per Israele.
Poi Giosuè con tutto Israele ritornò all'accampamento di Gàlgala.
Quei cinque re erano fuggiti e si erano nascosti nella grotta in Makkeda. Fu portata a Giosuè la notizia: Sono stati trovati i cinque re, nascosti nella grotta in Makkeda.
Disse loro Giosuè: Rotolate grosse pietre contro l'entrata della grotta e fate restare presso di essa uomini per sorvegliarli. Voi però non fermatevi, inseguite i vostri nemici, attaccateli nella retroguardia e non permettete loro di entrare nelle loro città, perché il Signore Dio vostro li mette nelle vostre mani. Quando Giosuè e gli Israeliti ebbero terminato di infliggere loro una strage enorme così da finirli, e i superstiti furono loro sfuggiti ed entrati nelle fortezze, ritornò tutto il popolo all'accampamento presso Giosuè, in Makkeda, in pace. Nessuno mosse più la lingua contro gli Israeliti. Disse allora Giosuè: Aprite l'ingresso della grotta e fatemi uscire dalla grotta quei cinque re.
Così fecero e condussero a lui fuori dalla grotta quei cinque re, il re di Gerusalemme, il re di Ebron, il re di Iarmut, il re di Lachis e il re di Eglon. Quando quei cinque re furono fatti uscire dinanzi a Giosuè, egli convocò tutti gli Israeliti e disse ai capi dei guerrieri che avevano marciato con lui: Accostatevi e ponete i vostri piedi sul collo di questi re! Quelli s'accostarono e posero i piedi sul loro collo. Disse loro Giosuè: Non temete e non spaventatevi! Siate forti e coraggiosi, perché così farà il Signore a tutti i nemici, contro cui dovrete combattere. Dopo di ciò, Giosuè li colpì e li uccise e li fece impiccare a cinque alberi, ai quali rimasero appesi fino alla sera. All'ora del tramonto, per ordine di Giosuè, li calarono dagli alberi, li gettarono nella grotta dove si erano nascosti e posero grosse pietre all'ingresso della grotta: vi sono fino ad oggi. Giosuè in quel giorno si impadronì di Makkeda, la passò a fil di spada con il suo re, votò allo sterminio loro e ogni essere vivente che era in essa, non lasciò un superstite e trattò il re di Makkeda come aveva trattato il re di Gerico.
Giosuè poi, e con lui Israele, passò da Makkeda a Libna e mosse guerra contro Libna.
Il Signore mise anch'essa e il suo re in potere di Israele, che la passò a fil di spada con ogni essere vivente che era in essa; non vi lasciò alcun superstite e trattò il suo re come aveva trattato il re di Gerico. Poi Giosuè, e con lui tutto Israele, passò da Libna a Lachis e si accampò contro di essa e le mosse guerra. Il Signore mise Lachis in potere di Israele, che la prese il secondo giorno e la passò a fil di spada con ogni essere vivente che era in essa, come aveva fatto a Libna. Allora, per venire in aiuto a Lachis, era partito Oam, re di Ghezer, e Giosuè batté lui e il suo popolo, fino a non lasciargli alcun superstite. Poi Giosuè, e con lui tutto Israele, passò da Lachis ad Eglon, si accamparono contro di essa e le mossero guerra. In quel giorno la presero e la passarono a fil di spada e votarono allo sterminio, in quel giorno, ogni essere vivente che era in essa, come aveva fatto a Lachis. Giosuè poi, e con lui tutto Israele, salì da Eglon ad Ebron e le mossero guerra. La presero e la passarono a fil di spada con il suo re, tutti i suoi villaggi e ogni essere vivente che era in essa; non lasciò alcun superstite; come aveva fatto ad Eglon, la votò allo sterminio con ogni essere vivente che era in essa. Poi Giosuè, e con lui tutto Israele, si rivolse a Debir e le mosse guerra.
La prese con il suo re e tutti i suoi villaggi; li passarono a fil di spada e votarono allo sterminio ogni essere vivente che era in essa; non lasciò alcun superstite. Trattò Debir e il suo re come aveva trattato Ebron e come aveva trattato Libna e il suo re.
Così Giosuè batté tutto il paese: le montagne, il Negheb, il bassopiano, le pendici e tutti i loro re. Non lasciò alcun superstite e votò allo sterminio ogni essere che respira, come aveva comandato il Signore, Dio di Israele. Giosuè li colpì da Kades-Barnea fino a Gaza e tutto il paese di Gosen fino a Gàbaon. Giosuè prese tutti questi re e il loro paese in una sola volta, perché il Signore, Dio di Israele, combatteva per Israele.
Poi Giosuè con tutto Israele tornò all'accampamento di Gàlgala." (Giosuè 10,6-42)

Il libro di Giosuè assega in quell'epoca, XII secolo a.C., alla tribù di Beniamino (Giosuè 19,28) il territorio di "Iebus, cioè Gerusalemme".

"Si fermò il sole e la luna rimase immobile" è da intendere, al di là del miracolo, che di fatto gli dèi degli Amorrei, sole e luna, rimasero fermi davanti al Dio d'Israele.

Il racconto però della conquista della città di Gerusalemme non parla, anzi al Capitolo 15 lo stesso libro di Giosuè afferma:

"Quanto ai Gebusei che abitavano in Gerusalemme, i figli di Giuda non riuscirono a scacciarli: così i Gebusei abitarono a Gerusalemme insieme con i figli di Giuda fino ad oggi." (Giosuè 15,63)

Se ne conclude che la conquista dei Capitoli 10 e 11 non è una verità storica assoluta, ma sono pagine profetiche criptate di una visione d'una realtà che si dovrà attuare.

Al Capitolo 12 quando viene fatta la ricapitolazione della campagna di conquista tra i re sconfitti enumera anche il re di Gerusalemme e sottolinea che tali re sono quelli di Gerico, Ai, Gerusalemme, Ebron, Iarmut, Lachis, Eglon, Ghezer, Debir, Gheder, Corma, Arad, Libna, Adullàm, Makkeda, Betel, Tappuach, Efer, Afek, Sarom, Madon, Simron-Meroon, Acsaf, Taanach, Meghiddo, Kades, Iokneam, Dor, Gàlgala e Tirza.
E sottolinea al versetto Giosuè 12,24b "In tutto trentun re".

Questo è il testo C.E.I. del Capitolo 12 del Genesi:

"Questi sono i re del paese, che gli Israeliti sconfissero e del cui territorio entrarono in possesso, oltre il Giordano, ad oriente, dal fiume Arnon al monte Ermon, con tutta l'Araba orientale. Sicon, re degli Amorrèi che abitavano in Chesbòn; il suo dominio cominciava da Aroer, situata sul margine della valle del torrente Arnon, incluso il centro del torrente, e comprendeva la metà di Gàlaad fino al torrente Iabbok, lungo il confine dei figli di Ammon e inoltre l'Araba fino alla riva orientale del mare di Kinarot e fino alla riva orientale dell'Araba, cioè il Mar Morto, in direzione di Bet-Iesimot e più a sud, fin sotto le pendici del Pisga. Inoltre Og, re di Basan, proveniente da un residuo di Refaim, che abitava in Astarot e in Edrei, dominava le montagne dell'Ermon e Salca e tutto Basan sino al confine dei Ghesuriti e dei Maacatiti, inoltre metà di Gàlaad sino al confine di Sicon re di Chesbòn. Mosè, servo del Signore, e gli Israeliti li avevano sconfitti e Mosè, servo del Signore, ne diede il possesso ai Rubeniti, ai Gaditi e a metà della tribù di Manàsse.
Questi sono i re del paese che Giosuè e gli Israeliti sconfissero, al di qua del Giordano ad occidente, da Baal-Gad nella valle del Libano fino al monte Calak, che sale verso Seir, e di cui Giosuè diede il possesso alle tribù di Israele secondo le loro divisioni, sulle montagne, nel bassopiano, nell'Araba, sulle pendici, nel deserto e nel Negheb: gli Hittiti, gli Amorrèi, i Cananei, i Perizziti, gli Evei e i Gebusei: il re di Gerico, uno; il re di Ai, che è presso Betel, uno; il re di Gerusalemme, uno; il re di Ebron, uno; il re di Iarmut, uno; il re di Lachis, uno; il re di Eglon, uno; il re di Ghezer, uno; il re di Debir, uno; il re di Gheder, uno; il re di Corma, uno; il re di Arad, uno; il re di Libna, uno; il re di Adullàm, uno; il re di Makkeda, uno; il re di Betel, uno; il re di Tappuach, uno; il re di Efer, uno; il re di Afek, uno; il re di Sarom, uno; il re di Madon, uno; il re di Cazor, uno; il re di Simron-Meroon, uno; il re di Acsaf, uno; il re di Taanach, uno; il re di Meghiddo, uno; il re di Kades, uno; il re di Iokneam del Carmelo, uno; il re di Dor, sulla collina di Dor, uno; il re delle genti di Gàlgala, uno; il re di Tirza, uno. In tutto trentun re." (Giosuè 12)


Quel numero 31 per chi scruta le scritture e per gli scribi del tempo - sofer in ebraico che vuol dire anche contare - era una evidente traccia.
Se si contano, infatti, le volte che è nominato Dio nel Capitolo 1 della Genesi fino al versetto 4 del Capitolo 2, in cui è riconosce la vera fine del Capitolo 1, si ha 31 volte.
Ogni lettera in ebraico è anche un numero.
Il 10 corrisponde alla lettera Iod e il numero 1 alla lettera .
Si ha che il 31 è pensabile come ( + + + ) e si può leggere con i segni:

l'Unico , colui che era , che è e che sarà ; tre esseri in uno .

È come una firma che gli autori del Genesi e di Giosuè della stessa scuola e casta sacerdotale hanno voluto porre ai loro scritti, cioè alla famosissima descrizione della creazione del mondo del Genesi ed alla conquista della terra promessa in Giosuè per dare maggior pathos agli scritti ed indicare agli scribi, che contavano le lettere, che trattatasi di scritti sacri.
L'Unico/il Primo, infatti, colui che era, che è e che sarà, equivale a dire Iahwèh.
È cioè il nome con cui Dio si presenta a Mosè la prima volta: "Dio disse a Mosè: Io sono colui che sono!" (Es. 3,14).
In pratica è anche il nome che viene detto per l'Agnello nell'Apocalisse (21,6) con l'aggiunta di una , perché tutto è compiuto, infatti:

"Ecco sono compiute! Io sono l'Alfa e l'Omega . Io sono il Principio e la Fine ( e )".

Riporto successivamente l'intera decriptazione, con i criteri di cui ho già detto dei tre Capitoli 10-11-12 del libro di Giosuè, che hanno le caratteristiche, come ho accennato di inserimento non coerente con il resto del libro.
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