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RICERCHE DI VERITÀ...

 
MANGIARE DELL'ALBERO DELLA VITA

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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IL RACCOLTO
Il racconto della Passione, riportato da tutti e quattro i Vangeli canonici, è sostanzialmente una buona notizia.
Per chi crede che quell'uomo in croce fosse nel contempo uomo e Figlio di Dio il racconto è un canto d'amore perché gli fa rendere conto del grande pazzo amore di Dio per il singolo uomo e per l'umanità tutta intera.
L'amore veramente divino traspare dalla mitezza e dalla determinazione con cui il Cristo s'è sottoposto a grandi vessazioni ed offese per salvare l'uomo.
La dimostrazione della eccezionale virulenza del peccato nel mondo e del grado di gravità di servitù in cui tiene l'uomo risulta evidente dalla constatazione di come sia stato ridotto un innocente, umiliato, tradito, abbandonato, fustigato, ferito e crocefisso con una tortura di ore.
I sinottici descrivono con la stessa sequenza l'evento del trasferimento dal Cenacolo al monte degli ulivi, dell'arresto ed del tradimento di Pietro con pressoché gli stessi particolari di Gesù del suo arresto al Getsemani.
Sull'uscita dal cenacolo i sinottici informano:

"È dopo aver cantato l'inno uscirono verso il monte degli ulivi." (Marco 14,26)

"Allora Gesù andò con loro in un podere chiamato Getsemani." (Matteo 26,36)

"Uscito se ne andò, come al solito, al monte degli ulivi." (Luca 22,39)

Dalle tre descrizioni si ricava che uscì con i discepoli dal cenacolo cantando l'inno alleluiatico previsto a conclusione dell'ordinamento - seder - pasquale e andò in un posto che gli era usuale, ai piedi del monte degli ulivi, in un podere chiamato Getsemani, probabilmente perchè c'era un frantoio per l'olio. Infatti la traduzione dall'ebraico di Get - semani porta a get = tino e seman = olio.
Il vangelo di Giovanni fornisce alcuni dettagli sull'uscita dal cenacolo che inducono ad altre considerazioni in linea con il nostro filone.

"Gesù uscì con i suoi discepoli e andò al di là del torrente Cedron, dove c'era un giardino nel quale entrò con i discepoli." (Giovanni 18,1)

Questa descrizione fornisce sostanzialmente la stessa notizia, ma siccome nulla è detto tanto per dire, serve a suggerire alla mente un altro giardino in cui Dio passeggiava, quello dell'Eden, in cui pure c'è un corso d'acqua e nel quale il Cristo farà rientrare la sua sposa, la Chiesa quella che nascerà dagli apostoli; cioè questo è il segno del nuovo Adamo e della nuova Eva.
In effetti, c'è un altro dettaglio, non scritto da Giovanni nel suo vangelo, ma che evidentemente era noto a tutti i lettori dell'epoca a cui il vangelo era destinato che ora si può ricavare dalla conoscenza della toponomastica della città di Gerusalemme.
In questa valle del Cedron c'è una sorgente particolarmente ricca d'acqua: la sorgente Ghicon.
Questa sorgente fu incanalata in una galleria sotterranea fatta scavare dal re Ezechia nel 701 a.C. e che immette acqua nella piscina di Siloe.
E, guarda un pò, questa sorgente ha lo stesso nome "Ghicon" di uno dei quattro fiumi alimentati dalle acque del fiume del giardino dell'Eden: "Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi. Il primo fiume si chiama Pison: esso scorre intorno a tutto il paese di Avìla, dove c'è l'oro e l'oro di quella terra è fine; qui c'è anche la resina odorosa e la pietra d'onice. Il secondo fiume si chiama Ghicon: esso scorre intorno tutto il paese d'Etiopia. Il terzo fiume si chiama Tigri: esso scorre ad oriente di Assur. Il quarto fiume è l'Eufrate." (Genesi 2,10-14)
La piscina di Siloe o dell'Inviato, inoltre, è il luogo ove Gesù mandò a lavarsi, il cieco nato, come racconta lo stesso Vangelo di Giovanni, (Giovanni 9,7).
È figura questo del battesimo, idea sempre evidente in Giovanni, che insiste con l'idea delle acque che escono dal Paradiso che aprono al ritorno per portarci al momento della raccolta del frutto dell'albero della Vita.
Questo arresto di Gesù è quindi proprio la raccolta del frutto, il Cristo, che avviene appunto in un posto che richiama volutamente quel giardino del Genesi.
Si tratta, infatti, di un frutto perfetto, di carne, quindi terrestre e non può che venire dal giardino dell'Eden.
Nel corso della sua passione Cristo viene flagellato con il flagrum, frusta con cinghie a molti capi con estremità plurime di elementi duri che provocano lacerazion ed è schernito con la corona di spine, e con un mantello rosso ed è tutto rosso per il sangue e la veste.
L'essere rosso richiama alla mente in ebraico Adamo (radicale "'adm" = essere rosso) in relazione al colore della terra lavorata - Adama' - ed al fatto che il neonato è rosso di sangue (dam).
Questo Gesù è il nuovo Adamo pronto per essere raccolto per il Paradiso e nel contempo è il frutto che se gli uomini mangeranno avranno la risurrezione e nel contempo aprirà la strada per andarvi.
Tanto che dopo la flagellazione il Vangelo di Giovanni sottolinea che Gesù è tutto rosso sia per il sangue che per il mantello rosso: "Gesù uscì portando la corona di spine ed il mantello di porpora. E Pilato disse loro: ECCO L'UOMO." (Giovanni 19,5), cioè profeticamente "Ecco l'uomo" che conclude in sé il progetto di Dio.
Nel profeta Isaia c'è una visione profetica del giudizio di Dio:

"Chi è costui che viene da Edom, da Bozra con le vesti tinte di rosso?
Costui, splendido nella sua veste, che avanza nella pienezza della sua forza? Io, che parlo con giustizia, sono grande nel socccorrere.
Perché rossa è la tua veste e i tuoi abiti come quelli di chi pigia nel tino?
Nel tino ho pigiato da solo e del mio popolo nessuno era con me.
Li ho pigiati con sdegno, li ho calpestati con ira.
Il loro sangue è sprizzato sulle mie vesti e mi sono macchiato tutti gli abiti.
Poiché il giorno della vendetta era nel mio cuore e l'anno del mio riscatto è giunto. Guardai: nessuno aiutava; osservai stupito; nessuno mi sosteneva.
Allora mi prestò soccorso il mio braccio, mi sostenne la mia ira.
Calpestai i popoli con sdegno, li stritolai con ira, feci scorrere per terra il loro sangue." (Isaia 63,1-6).

Ho sottolineato le ripetizioni:

  • sul tema del rosso edom, rosso, sangue che portano ad Adamo;
  • vesti, abito, in ebraico le cui consonanti formano anche la parola perfidia e tradimento;
  • tino, in ebraico get , che viene recepito dai Vangeli, come accennato, col Get-semani = tino di olio, prova ulteriore che l'accostamento era stato colto.
Quando in una citazione vi sono molte ripetizioni, queste ridondanze volute sono un segnale che il discorso è criptato.
Ciò, peraltro, è ben chiaro al profeta Isaia che in un suo passo dice:

"Per voi ogni visione sarà come le parole di un libro sigillato; si dà ad uno che sappia leggere dicendogli: Leggilo. Ma quegli risponde: Non posso perché è sigillato. Oppure si dà il libro a chi non sa leggerlo dicendogli: Leggilo, ma quegli risponde: Non so leggere." (Isaia 29,11.12)

che è in linea con quanto sostengo.
Ossia per Isaia c'è un I° ed un II° livello di lettura, uno normale, cioè il saper leggere usuale ed uno speciale, per leggere il sigillato, per il quale occorre avere una particolare iniziazione e, chi non sa leggere, non supera il I° livello e chi legge soltanto quanto ufficiale, non supera il II°.
Ho così decriptato quei versetti 63,1-6 d'Isaia rispettando rigidamente le regole del mio metodo "Parlano le lettere" "Parlano le lettere" in linea con le idee esposte in "Decriptare le lettere parlanti delle sacre scritture ebraiche" ed ai tanti altri articoli in questo mio sito "BibbiaWeb".

Isaia 63,1 - Tra i viventi questi entrerà in casa, dell'Unico la forza porterà ai viventi, nella prigione dell'oppressore tra la violenza sarà a vivere.
Da madre in una stalla, questi uscirà nel mondo; l'aiuto porta col corpo alla sposa. Dall'ignominia per condurla su agirà nel mondo.
Dentro alle moltitudini il vigore recherà.
Dall'Unico inviato sarà tra i lini il Figlio.
Al fango, alla polvere uscirà con un corpo a casa del serpente per soccorrere.

Isaia 63,2 - Tra i viventi per aiutare si recherà in azione in un Uomo il Potente.
Del serpente tra la vergogna la rettitudine si recherà.
Alla perfidia ci sarà così un retto per aiutare i fiacchi.
Lo spengerà dal cammino alla fine.

Isaia 63,3 - La Parola porterà in un corpo al mondo in giro la rettitudine.
Indicò che sarà dal serpente da solo.
Sarà portato da un seno in vita per stare tra i viventi.
Dall'Unico sarà inviato in un uomo l'Unigenito.
Completamente sarà a portarsi il magnifico.
Così in vita da casa l'ira sarà portata dall'Unico al verme.
La pienezza della vita dentro racchiuderà nell'uomo (in cui) sarà a portarsi.
Sarà in questi l'energia giù chiusa in vita, gli agirà nel cuore.
Il destino sarà a portare così al serpente.
I viventi del serpente dalla vergogna sarà l'Unigenito il redentore di tutta l'esistenza.

Isaia 63,4 - Così nell'esistenza sarà portata della vita l'energia.
Versata in un vivente dentro il cuore sarà portata alla luce.
L'invierà dalla croce in cammino.
L'Unico porterà al serpente la forza; da dentro l'Unigenito gli uscirà.

Isaia 63,5 - E del Padre sarà il Cuore recato dall'Unigenito.
Sarà inviato per aiutare.
Lo porterà da Donna scelta che porterà da madre.
Ai viventi porterà l'Unigenito che sarà inviato in pienezza.
Recherà la vita retta per portarla a tutti e sorgerà dall'alto la forza per colpire il male. Sarà a portare il veleno per finire dall'esistenza la perversità.
Dall'Unigenito. dal foro d'una piaga in croce. inviata sarà.

Isaia 63,6 - E il Padre porterà la pienezza ai popoli.
Un mare dentro d'ira sarà portata dall'Unigenito per bruciare con la rettitudine il verme.
Dentro il veleno dalla croce gli sarà portato.
L'Unico lo porterà in un corpo.
Sarà per sbarrare il serpente dell'Unigenito il corpo da amo giù col veleno.

È vero!
Dio nel giorno della sua ira ha lasciato far scorrere il sangue dell'uomo.
Quel sangue, però, fu una volta per tutti, d'un agnello sacrificale, dell'uomo in cui s'è incarnato il Cristo, suo Figlio, che ha accettato quel il calice.
In Gesù Cristo il giudizio di Dio per l'uomo è stato quindi: misericordia.

"Padre perdonali, perché non sanno quello che fanno." (Luca 23,24)

Luca, che la tradizione considera aver attinto con cura la testimonianza da Maria che stava sotto la croce ("Stabat Mater dolorosa iuxta Crucem lacrimosa dum pendebat filius..." - Iacopone da Todi), ricorda che il buon ladrone, che ruba all'ultimo istante anche il premio della vita eterna, si rivolge a Gesù dicendogli: "ricordati di me quando entrerai nel tuo regno" e che Gesù rispose: "In verità ti dico oggi sarai con me nel Paradiso." (Luca 23,42-43).
Paradiso, è un termine d'origine persiana, indica giardino custodito pieno di frutti squisiti, ed il frutto che dona la vita eterna, è Lui Gesù di Nazareth.
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