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DECRIPTAZIONE BIBBIA...

 
ABDIA,
LIBRO DEL SERVO DI IAHWÈH

di Alessandro Conti Puorger
 

SUL LIBRO DI ABDIA
Il libro di Abdia, 21 versetti in un unico capitolo, è il più breve di tutti i libri della Bibbia canonica ebraica o TaNaK.
Questo testo prende il nome dal primo versetto che in ebraico inizia con queste lettere: "Hazon o'badiah" ed è tradotto "Visione = "Hazon" di Abdia "O'badiah"..." (Abdia 1,1) ed è stato interpretato che sia il nome di un personaggio "Abdia", ritenuto ovviamente un profeta, che riferisce la visione; infatti, è inserito al VII posto dei 15 profeti posteriori e al IV dei così detti minori, dopo Amos e prima di Michea.
(Isaia, Geremia ed Ezechiele, sono infatti considerati profeti maggiori)

Abdia è un comune nome ebraico che si può scomporre in "'obed", cioè servo, e "Iah" , forma contratta di Iahwèh .
In definitiva: "servo di Iahwèh".

Un nome del genere era piuttosto comune e si trova per almeno 11 volte, per personaggi delle epoche più varie, sia di prima che dopo l'esilio, perché è ricordato in più occasioni nei sacri testi: 1 Re, nelle Cronache, e in Neemia, come:
  • Il sovrintendente del palazzo del re Acab; era molto timorato del Signore e trovò Elia durante la carestia 1Re 18,3-16.
  • I figli di un Abdia erano fra i figli di Anania nella genealogia dei re di Giuda 1Cronache 3,21.
  • Il figlio di Izraia e un capo della tribù di Issacar 1Cronache 7,3.
  • in Neemia 10,6; 12,25.
Dire "Servo di Iahwèh" era un modo di denominare persone che avevano:
  • Uno speciale spiritualità "Alleluia. Lodate servi del Signore, lodate il nome del Signore" (Salmi 113,1).
  • Servi, come Mosè (Numeri 12,7) o David (1Re 11,34).
Nel racconto della morte, Mosè è chiamato il "servo di Iahwèh", perché ha interceduto molte volte per il popolo ed ha preso su di sé i suoi peccati e la maledizione che spettava loro, pagando di persona purché ricevessero salvezza e benedizione.

Dice un Salmo (116,15) che "Preziosa agli occhi del Signore è la morte dei suoi fedeli" e così che va filtrato alla luce della considerazione del versetto di questo Salmo che "Mosè, servo del Signore, morì in quel luogo, nel paese di Moab, secondo l'ordine del Signore" (Deuteronomio 34,5).

Quel Salmo 116 poi prosegue: "Sì, io sono il tuo servo, Signore, io sono tuo servo, figlio della tua ancella; hai spezzato le mie catene." (Salmi 116,16)

Del pari su Davide ricordo il primo versetto del Salmo 18: "Al maestro del coro. Di Davide, servo del Signore, che rivolse al Signore le parole di questo canto, quando il Signore lo liberò dal potere di tutti i suoi nemici." (Salmi 18,1)

Su questi Salmi 18,113 e 18,116 tornerò più avanti perché importanti per il tema del "Servo di Iahwèh".

Il messianismo, l'attesa cioè di un liberatore, di un nuovo Mosè, ma molto di più, perché, in grado di portare nella terra promessa del cielo un popolo di liberati, pare essere idea elaborata soprattutto dal cristianesimo e, ma non è così, meno sentita dal contesto biblico antico almeno così come ci appare.
Eppure sono da ricordare i famosi quattro "canti del servo" in Isaia che preparano ad una figura ben nota a noi cristiani.

Quei quattro canti così nominati sono:
  • Primo Canto del Servo, Isaia 42,1-9, ove si cita il servo al versetto 42,1: "Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio. Ho posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni."
  • Secondo Canto del Servo, Isaia 49,1-7, ove si parla di un servo ai versetti 49,5.6.7: "Ora disse il Signore che mi ha plasmato suo servo dal seno materno per ricondurre a lui Giacobbe e a lui riunire Israele, - poiché ero stato stimato dal Signore e Dio era stato la mia forza - mi disse: Egrave; troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti di Israele. Ma io ti renderò luce delle nazioni perché porti la mia salvezza fino all'estremità della terra. Dice il Signore, il redentore di Israele, il suo Santo, a colui la cui vita è disprezzata, al reietto delle nazioni, al servo dei potenti: I re vedranno e si alzeranno in piedi, i principi vedranno e si prostreranno, a causa del Signore che è fedele, a causa del Santo di Israele che ti ha scelto."
  • Terzo Canto del Servo, Isaia 50,4-11, in cui al 50,10 c'è la parola servo: "Chi tra di voi teme il Signore, ascolti la voce del suo servo! Colui che cammina nelle tenebre, senza avere luce, speri nel nome del Signore, si appoggi al suo Dio."
  • Quarto Canto del Servo, Isaia 52,13-53,12 per l'inserimento di servo in 52,13. "Ecco, il mio servo avrà successo, sarà onorato esaltato e molto innalzato." E 53,11 "Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà la loro iniquità." (53,11)
Dico ciò per far comprendere che parlare di Servo di Iahwèh ha una valenza che si collega non solo ad un nome di persona, ma ad una figura attesa e di fatto presente nella coscienza antica anche se non sembra trapelare troppo dagli scritti sacri biblici del così detto Antico Testamento.
Ora, questo Abdia, ritenuto l'autore del libro, non si sa chi sia, non si conosce il nome del padre, dove abbia profetizzato, né altro.
Dice di lui San Girolamo: "Profeta piccolo per il numero dei versetti, non d'idee".
L'epoca di redazione è discussa; pare però scritto dopo la distruzione del 586 a.C. di Gerusalemme da parte babilonese.
Il testo di 21 versetti, definito appunto il libro di Abdia, riguarda il giudizio sulle nazioni a partire da Edom (Abdia 10 e 11) nazione vicina al regno di Giuda, che pur essendo dello stesso ceppo abramitico (Edomiti e Israeliti hanno come capostipiti i due fratelli, Giacobbe ed Esaù - Genesi 36) è stata felice della distruzione subita dai propri fratelli giudei ed ha addirittura aiutato i nemici nelle razzie e nei massacri.
Gli idumei, infatti, invece di aiutare i fuggitivi e i profughi, avevano approfittato per invadere la Giudea meridionale.
Il ricordo di questi eventi è nel testo ancora molto vivo e la profezia può far credere che è stata edita in Giudea prima del ritorno dall'esilio.
Come il profeta Ezechiele fu a consolare gli esuli in Babilonia, così alcuni critici ritengono abbia fatto Abdia tra i sopravvissuti in Giudea annunciando la restaurazione da parte del Messia.
Il popolo di Edom è detto "Esaù" (Abdia 6) come nei racconti della Genesi in 25,24-30 ove Edom-Esaù è fratello di Giacobbe e si stabilì nella regione appunto chiamata - Idumea o Edom - situata a sud della Giudea, regione montagnosa chiamata in Abdia i "monti di Esaù" (Abdia 8, 9, 10, 21) e "casa di Esaù" (Abdia 18).
La sua capitale è Petra, inaccessibile e sicura, "Tu che abiti nei crepacci rocciosi e delle alture fai la tua dimora, dicendo in cuor tuo: Chi potrà gettarmi a terra?" (Abdia 3) ma che Dio, roccia d'Israele, demolirà.

Petra

I ventuno versetti di Abdia si possono suddividere in quattro parti:
  • 1-9, profezia su Edom;
  • 10-14, peccati di Edom contro Giuda;
  • 15-18 restaurazione d'Israele, "il Signore ha parlato";
  • 19-21 giudizio delle nazioni.
Sotto questo aspetto questo piccolo libro fa presente la fine dei tempi ed è quindi da considerare apocalittico:
  • "Perché è vicino il giorno del Signore..." (Abdia 15a)
  • "...e il regno sarà del Signore." (Abdia 21b)
Su quando fu scritto, da chi, e se da più mani, è in discussione da parte dei critici.
I versetti 2-9, le maledizioni contro Edom, si trovano in forma simile in Geremia 49,7-22; Salmi 137,7; Lamentazioni 4,21-22; Ezechiele 25,12ss e 35,1ss e Michea 1,2.
Alcuni considerano perciò il testo antico, anche del IX secolo a.C. e solo gli ultimi due versetti inseriti in epoca post esilio.
Altri, i più, pensano quale tempo di redazione la fine del VI secolo a.C. con la distruzione di Gerusalemme da parte di Nabucodonosor.
Vi è anche chi lo riferisce a dopo l'esilio di Babilonia, cioè agli inizi del VI - fine del V secolo a.C.
I più antichi Martirologi non facevano menzione di Abdia.
Sul lato ovest del campanile del duomo di Firenze assieme a quelle di Geremia e di Abacuc c'è una statua di Nanni di Bartolo (operante tra il 1419 e 1451) che rappresenta il profeta Abdia come giovane robusto a capo scoperto, con un ricco mantello e tra le mani il suo libro.
Nel Martirologio Romano del XVI secolo approvato da papa Gregorio XIII nel 1586 Sant Abdia compare da festeggiare il 19 novembre.

Dopo questa panoramica, prima di entrare nel vivo dell'articolo riporto il testo del libro di Abdia secondo la traduzione del Consiglio Episcopale Italiano.
vai alla visualizzazione stampabile di tutto l'articolo

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