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ABRAMO, L'ARAMEO ERRANTE E I PASTORI DI BETLEMME
di Alessandro Conti Puorger

SCELTI TRA I PASTORI
Secondo i racconti biblici nel giardino dell'Eden, comunemente detto paradiso terrestre, Adamo era in comunicazione con Dio.
Gli si presentava e colloquiavano faccia a faccia.
Come narra il 3° capitolo del libro della Genesi, però, Adamo ed Eva, di fatto, scelsero di fare a meno del Creatore.
Usciti dal Paradiso, nacquero due figli Caino e Abele.
Evidentemente questi figli ebbero una educazione doppia.
Il senso dell'orgoglio con quello di aver compiuto un errore, il desiderio di volersi ingraziare il Signore, ma anche sentimenti buoni come quello di ringraziarlo della vita.
Fu così che "Caino offrì frutti del suolo in sacrificio al Signore; anche Abele offrì primogeniti del suo gregge e il loro grasso. Il Signore gradì Abele e la sua offerta." (Genesi 4,3-4)
Caino fu il primo agricoltore ed Abele fu il primo pastore.
Dio gradì le offerte di Abele, cioè ne apprezzò la fede: "Per fede Abele offrì a Dio un sacrificio migliore di quello di Caino e in base ad essa fu dichiarato giusto, attestando Dio stesso di gradire i suoi doni; per essa, benché morto, parla ancora." (Ebrei 11,4s)
Da tale fatto si comprende che c'era un'apertura da parte di Dio al perdono.
Dio evidentemente, invece, aveva valutato che ciò che muoveva Caino non era amore, ma era solo un'offerta di religiosità strumentale.
Il libro della Genesi sta suggerendo che il perdono per gli uomini verrà dal sacrificio di un pastore.
Il primo però che nel mondo morì, fu ucciso dal fratello.

Il discorso è anche allegorico introduttivo.
Caino prepara la figura degli egiziani oppressori e Abele degli oppressi.
Abele è figura del buon pastore che muore a causa e per amore dei fratelli.
Caino se ne andò ramingo lontano anche dai genitori ed Adamo ed Eva.
Dio gli impose in testa un segno perché non venisse ucciso. (vedi: "I primi vagiti delle lettere ebraiche nella Bibbia"
Adamo ed Eva ebbero un altro figlio che chiamarono Set che ebbe una discendenza che... doveva essere in grado di comprendere il segno che Caino aveva in testa.
Il Signore Dio si ritirò dalla loro presenza, però non si arrese.
Enoch, infatti, il bisnonno di Noè, il VI della catena di primogeniti di Adamo "camminò con Dio e non fu più perché Dio l'aveva preso." (Genesi 5,24)
Quando erano già morte sette generazioni decise poi di parlare a Noè il 9° della discendenza di Adamo (vedi: "Cosa nasconde il racconto di Noè e del diluvio?"
L'ottavo che sarebbe dovuto morire fu avvisato della venuta del diluvio e fu salvato lui con la sua famiglia.
Buona notizia foriera di novità nei rapporti uomo Dio.
Mentre tutti gli altri uomini, almeno spiritualmente perirono, ci fu come una nuova creazione del mondo con una alleanza "...ricorderò la mia alleanza che è tra me e voi e tra ogni essere che vive in ogni carne e non ci saranno più le acque per il diluvio, per distruggere ogni carne. L'arco sarà sulle nubi e io lo guarderò per ricordare l'alleanza eterna tra Dio e ogni essere che vive in ogni carne che è sulla terra." (Genesi 9,15-16)
Quelle lettere della parola arco nascondono un pensiero che è da comprendere, una promessa comunque di superamento delle vicende legate alla morte.
Le lettere ebraiche della parola arco si possono infatti leggere così: verserò la risurrezione per tutti . (vedi: "Parlano le lettere")
Ci fu così volontà di Dio il ricominciare una storia con l'uomo e questa decisione fu appunto un diluvio di grazia.
Le vicende sono note secondo il racconto contenuto nel libro della Genesi che ha in sé profondi messaggi.
L'autore sacro, ispirato da accorte meditazioni, infatti, vi ha trasferito in forma allegorico narrativa, quanto ha scorto delle tracce di Dio nelle grandi pennellate della storia dell'umanità e nel succo del sentire degli uomini dedotte dai miti fondativi raccontati dai popoli della propria area culturale, per quanto almeno gli erano noti e che erano entrati nel comune sentire.
Viene così narrato nel libro della Genesi che, al calare delle acque del diluvio, l'arca si fermò su monte Ararat (Genesi 8,4) il più alto (5165 m) monte della Turchia.
Da lì fu ripopolato il mondo.
Dal punto di vista dell'allegoria l'annuncio dell'amore di Dio e del perdono per tutti, che si ricava dal fatto che si sentirono salvati nella loro generazione, passò così dalla famiglia di Noè ai popoli, ma fu compreso ed accolto in modo assai diverso tanto che non si compresero più tra loro per la confusione delle lingue pur se era comune il sentire il desiderio di fare senza Dio (Torre di Babele).
L'Anatolia o Asia Minore certamente è stato il crogiolo di molte civiltà e popoli gli Hurriti, i Mitanni, gli Hittiti, i Frigi, i Traci, i Lidi, gli Armeni e di vari imperi.
Per le alte cime, che con il loro biancore perenne esprimono un anelito al cielo ed alla purezza, fanno presente ai popoli delle pianure l'aspetto trascendente della divinità.
In questa terra, che pare come promanare "purità", in ebraico "bar" , il libro della Genesi propone l'arenarsi dell'arca con gli otto sopravvissuti, Noè i figli Sem, Cam e Iafet e le relative 4 mogli che nel disegno di Dio saranno partecipi consenzienti per la creazione di un mondo nuovo.
Il monte su cui si fermò l'arca è Ararat (Genesi 8,4), nome le cui lettere ebraiche, portano a considerare che da sotto la maledizione trapela il cuore , cioè l'amore, perché l'ideogramma della lettera rappresenta un cuore. (vedi: "Parlano le lettere")
In questa nuova creazione, di cui in sintesi si interessa la Bibbia, avranno poi parte preponderante i figli di Sem e tra questi Eber nipote di Aram da cui Abram progenitore di molti popoli a cui si rivelerà e cambierà il nome in .
Abramo, il primo dei patriarchi biblici, per dichiarazione della Torah, era un Arameo errante.
Si sceglie un nomade perché Dio stesso intende farsi errante per riconquistare attraverso un uomo l'umanità tutta intera.
Ad Abramo il Signore promette una terra, ma in questa Abramo visse solo da straniero come sinteticamente propone la lettera agli Ebrei: "Per fede Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava. Per fede soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa. Egli aspettava infatti la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso." (Ebrei 11,8-10)
Dio per incontrare l'uomo poi non vorrà altro che una tenda, la tenda della testimonianza descritta nella Torah di Mosè.
Si spostava con lui e non volle risiedere in una casa fatta da mano d'uomo.
I principali interlocutori di Dio nella storia Biblica erano stati pastori come Abramo, Isacco, Giacobbe e poi:
  • Giuseppe "all'età di diciassette anni pascolava il gregge con i fratelli" (Genesi 37,2);
  • Mosè chiamato mentre "stava pascolando il gregge di Ietro" (Genesi 3,1);
  • Davide eletto re "il più piccolo che... sta a pascolare il gregge..." (1 Samuele 16,11).
Pastore in ebraico è "ro'oeh" , ed i segni hanno in sé già la capacità di evocare una storia, perché la terra di Ra è la terra d'Egitto, e è anche il male.
I pastori scelti da Dio in Egitto entreranno ed usciranno , ma soprattutto porteranno il popolo ad uscire dal male che è l'idolatria.
La lettera h , infatti, indica un recinto aperto e come ideogramma rappresenta entrare ed uscire. (vedi: "Parlano le lettere")
I pastori, peraltro, erano invisi agli egiziani come ricorda il libro della Genesi per bocca del vice faraone Giuseppe figlio di Giacobbe - Israele: "Allora Giuseppe disse ai fratelli e alla famiglia del padre: Vado ad informare il faraone e a dirgli: I miei fratelli e la famiglia di mio padre, che erano nel paese di Canaan, sono venuti da me. Ora questi uomini sono pastori di greggi, si occupano di bestiame, e hanno condotto i loro greggi, i loro armenti e tutti i loro averi. Quando dunque il faraone vi chiamerà e vi domanderà: Qual è il vostro mestiere? Voi risponderete: Gente dedita al bestiame sono stati i tuoi servi, dalla nostra fanciullezza fino ad ora, noi e i nostri padri. Questo perché possiate risiedere nel paese di Gosen. Perché tutti i pastori di greggi sono un abominio per gli Egiziani." (Genesi 46,31-34)
Questa ultima affermazione sarà oggetto di approfondimento nel prossimo paragrafo.

Il Figlio di Dio sarà il Figlio dell'Uomo, intravisto in Abele che "...era pastore di greggi" (Genesi 4,2).
È annunciato "Il mio diletto è per me e io per lui. Egli pascola il gregge fra i gigli..." (Cantico dei Cantici 2,16).

Lui è il pastore atteso:
  • Genesi 48,15 "E così benedisse Giuseppe: Il Dio, davanti al quale hanno camminato i miei padri Abramo e Isacco, il Dio che è stato il mio pastore da quando esisto fino ad oggi, l'angelo che mi ha liberato da ogni male, benedica questi giovinetti!"
  • Salmi 22,1-2 "Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa riposare ad acque tranquille mi conduce."
  • Genesi 49,24 "...per il nome del Pastore, Pietra d'Israele."
  • Salmi 80,2 "Tu, pastore d'Israele, ascolta, tu che guidi Giuseppe come un gregge. Assiso sui cherubini rifulgi davanti a Èfraim, Beniamino e Manasse."
  • Giovanni 10,11 "Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore."
  • Geremia 44,10-13 "Dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Ecco, io manderò a prendere Nabucodònosor re di Babilonia, mio servo; egli porrà il trono su queste pietre che hai sotterrate e stenderà il baldacchino sopra di esse. Verrà infatti e colpirà il paese d'Egitto, mandando a morte chi è destinato alla morte, alla schiavitù chi è destinato alla schiavitù e uccidendo di spada chi è destinato alla spada. Darà alle fiamme i templi degli dèi d'Egitto, li brucerà e porterà gli dèi in esilio; ripulirà il paese di Egitto come un pastore pulisce dai pidocchi il mantello; poi se ne andrà tranquillo. Frantumerà gli obelischi del tempio del sole nel paese d'Egitto e darà alle fiamme i templi degli dèi d'Egitto".
Questa ultima asserzione dovrebbe far meditare gli assertori che la religione ebraica e cristiana sono religioni solari.
Il Figlio di Dio non è un prodotto del Cristianesimo, che lo annuncia solo come buona notizia di un fatto adempiuto, ma è una idea antica che trapela:
  • da interpretazioni di profezie esplicite, cioè leggibili con lettura normale nel testo biblico canonico;
  • dalla tradizione ebraica dall'idea dell'Adam Kadmon;
  • dalla una decriptazione delle pagine di 2° livello di quei testi canonici ebraici scritti con sole consonanti senza segni di vocalizzazione con tutte le lettere separate e senza predefinizione di raggruppamenti in parole, come sto dimostrando col il complesso degli articoli del mio sito che in definitiva sono tasselli di una unica ricerca.
Certo è che sui primi scritti ebraici entrati nel canone furono poi la base per tutto il resto influirono le idee che circolavano nel mondo egizio sulla risurrezione e sui miti di Osiride.
Il tutto fu filtrato in modo monoteista come avvento di una integrale finalità della creazione tutta tesa solo a tale compimento dando alla ciclicità del tempo un inizio ed una fine.
Come Dio formò l'uomo dalla polvere preesistente l'uomo, e questa polvere forse era un semplice primate, così Dio che è Signore della storia, per annunciare la venuta della propria divinità nella carne si servì di profezie che si conformarono a miti esistenti, comprensibili quindi all'uomo.
Molti elementi di inculturazione egizia evidentemente sono passati, ma lo spirito è diverso ed i principali miti egizi divengono profezie ed attese di eventi da parte del Dio pastore d'Israele che gli ha permesso di uscire dal male dell'Egitto e che è quindi più potente di RA
Per i cristiani, il Messia atteso da Israele, nato da una vergine, viene alla luce in un posto di pastori, in una capanna, ma questa notizia è la sintesi del concretarsi anche di pensieri antichi.
I primi che lo vengono ad incontrarlo sono proprio dei pastori, nella città del pastorello Davide.
Betlemme, le lettere ebraiche del nome del posto, lette singolarmente come immagini come fossero geroglifici antichi, sono esplicite.
Lì, a Betlemme, in una casa-famiglia sarà stata scelta il Potente si chiuse in un vivente.

RE PASTORI IN EGITTO
Provo ora ad approfondire le cause di quella frase "tutti i pastori di greggi sono un abominio per gli Egiziani." (Genesi 46,34)

Nel Regno Medio, nel corso della XII dinastia, sotto il faraone Sesostris (Khakaurere Senwostre II) attorno al 1875 a. C. vi fu una grande espansione egizia verso oriente e la sottomissione di territori adiacenti al Sinai fino alla Tracia costituendone aree soggette a tributi, come risulta da notizie di Manetone, sacerdote egizio III secolo a.C. che produsse un documento con l'elencazione delle varie dinastie dei faraoni d'Egitto.
Quei territori, però, lentamente si organizzarono grazie a spunti della civilizzazione portata interpretata anche con idee ed esperienze provenienti dal polo delle civiltà orientali di cui di fatto erano snodo.
Tale situazione da parte di questi paesi, specie i confinanti, comportò rapporti sempre più intensi con l'Egitto.
In questi vassalli, però, era latente un progressivo pensiero di rivalsa.
All'inizio sembrò una pacifica ricerca di benessere da parte di popolazioni che avevano poca attitudine alla agricoltura estensiva, ma soprattutto alla pastorizia attirati dall'acqua e dalle pianure fertili del delta del Nilo.
Popolazioni nomadi e gruppi di pastori semiti, cananei, sempre alla ricerca di pascoli e di acqua, passavano dalla penisola del Sinai e si infiltrarono fino costituire una percentuale non irrilevante di popolazione fertili in tale pianure detto di Gosen e gradualmente si trasformavano in agricoltori e mano d'opera utile ai Faraoni.
Secondo il racconto biblico della Genesi in queste immigrazioni trova spazio anche il primo nucleo di Israeliti, cioè la famiglia fondatrice della stirpe, quella di Abramo che vi fece una capatina "Perché tutti i pastori di greggi sono un abominio per gli Egiziani." (Genesi 12) e poi molti anni dopo di Giacobbe (Genesi 46,31-24).
L'arrivo di questi nomadi inizialmente non fu vissuto dai faraoni come una minaccia, ma quando cominciarono a sentirne il peso era già troppo tardi.
Vi fu, infatti, un lento consolidarsi dei vari principi vassalli che evidentemente trovarono tra loro una intesa che minava il potere centrale con ribellioni locali e invasioni sempre più mirate che ovviamente trovavano appoggi in seno allo stesso Egitto per gli insediamenti di fatto.
Ciò provocò lo sfaldamento del potere centrale nelle successive dinastie di faraoni.
L'espansione di questi principi orientali durò circa 50 anni e poi ci fu l'azione finale.

Ecco così apparire la dominazione degli Hycsos.
La denominazione Hycsos è derivata dal termine "Heqa kasut" con cui in Egitto definivano i sei re della XV dinastia nominati i "sovrani stranieri", o sovrani dalle colline ovviamente orientali. Il segno sta infatti ad indicare colline.
Si trattava principalmente di Hurriti ed Amorrei che occuparono il paese verso il termine del Medio Regno a partire delta del Nilo, termine che poi per estensione passò anche a principi locali vassalli dei regni posteriori.
Gli Hyksos approfittarono del momento di fragilità del Paese per imporre la propria supremazia e dalla parte orientale del Delta, partendo da Avaris città da loro fondata, ove avevano costruita una imponente fortezza, avanzarono verso Menfi, la occuparono ed esercitarono un potere che non però non andò mai oltre il Medio Egitto e conservò però il meglio della già consolidata civiltà egizia.
Gli Hyksos introdussero in Egitto l'uso del cavallo come animale da traino, del carro da guerra, spade curve, elmo e corazze.
Ad Avaris fu trovata una stele dell'epoca di Ramses II che porta la data di fondazione del tempio del dio Seth edificato dagli Hyksos ad Avaris verso la fine del XVII secolo a.C. "all'anno 400, quarto giorno del quarto mese dell'inondazione, del re dell'Alto e del Basso Egitto Seth, grande di valore, il Figlio di Ra, il suo diletto, amato da Ra-Horakhty".
Gli Hyksos, infatti, per reazione agli egizi, oltre che adorare le divinità siro-palestinesi, Anat e Astante, avevano adottato come dio dinastico proprio il rivale di Osiride.
Nella seconda metà del XVIII secolo a.C. (1667 ?) occuparono Menfi e solo alla fine del XVI secolo d.C. (1590 ?) gli egiziani col faraone Ahmose I riuscirono a cacciare gli invasori.
Africano conferma descrivendo la XV dinastia di cui da notizia Manetone come consistente in sei stranieri della fenicia che occuparono Menfi.

Ciò detto è da far parlare a questo punto la storia biblica del vice faraone Giuseppe inserita nel libro della Genesi nei capitoli 37-50.
Sappiamo che l'entrata in Egitto dei fratelli di Giuseppe e poi del padre Giacobbe avvenne 430 anni prima dell'uscita dall'Egitto, il famoso esodo del 14 di Nisan - 1° Pasqua: "Il tempo durante il quale gli Israeliti abitarono in Egitto fu di quattrocento trenta anni. Al termine dei quattrocento trenta anni, proprio in quel giorno, tutte le schiere del Signore uscirono dal paese d'Egitto." (Esodo 12,40s)
Questa uscita si può porre ai tempi del faraone Merenptah, succeduto a Ramses II.
Nel libro dell'Esodo si parla, infatti, di un faraone regnante per lunghi anni che costrinse all'esilio Mosè che non può che essere Ramsete II, e che solo alla morte di questi ci fu il ritorno un Egitto del grande profeta e condottiero con gli eventi che prepararono l'esodo.
Si è verso il 1220 a.C., il che, tenuto conto di quei 430 anni, porta il periodo in cui fu vice Faraone Giuseppe, Ioseph ben Iacob, nel 1650 a.C. in pieno periodo Hycsos.
Presumibilmente perciò, la famiglia di Giuseppe giunse in Egitto al tempo degli Hyksos, questi "re pastori" che tennero assoggettato il paese per più di un secolo.
La famiglia di Giacobbe vi entrò però non tra i conquistatori, ma come emigrata.
È da segnalare che tra i nomi che si citano per questi re pastori, si trova dopo il primo un tale Salitis che regnò circa 20 anni, un certo Yaqub-har.
Sotto il suo regno nasce in contemporanea la XVII dinastia tebana, che sarà a porre fine al periodo Hyksos, e gli ultimi faraoni Hycsos furono Apophis I e II.
Pare significativo che proprio quando la Bibbia parla di Giuseppe in contemporanea si trova citato il nome... Yacub.
Il faraone di Tebe, Ahmose I riuscì a cacciare gli invasori e da questo momento inizia per l'Egitto il periodo di conquiste tanto che Thutmose III (1496-1442 a.C.) estese il potere egizio su tutta l'Asia Minore.
Il territorio del Sinai divenne un serbatoio di tribù in continuo movimento e sede di fuoriusciti che desideravano una rivalsa, in definitiva una spina nel fianco dei faraoni.
Poi ci fu l'evento del periodo particolare del regno del faraone "eretico" Achenaton e dei suoi figli in cui ebbero certo una influenza pensieri di uomini asiatici e anche i funzionari, fuoriusciti alla caduta di Amarna capitale del nuovo Regno, ingrossò il numero dei rifugiati cospiratori nel Sinai, ove poi si rifugiò Mosè per sfuggire a Ramsete II.

Essendo gli Hyksos, cioè questi sovrani stranieri, dei semiti, ovviamente si circondarono di funzionari sulla cui fedeltà potevano contare con maggiore sicurezza di quelli che ovviamente parteggiavano per gli egizi e preferirono scegliere persone capaci di altra provenienza.
Ciò calza col racconto della Bibbia circa l'accoglienza che ci fu da parte di un faraone Hycsos nei riguardi di Giuseppe che era un asiatico.
Con questa ricostruzione calzano anche i seguenti fatti:
  • Il faraone "...fece montare (Giuseppe) sul suo secondo carro..." (Genesi 41,43) il che porta ad un tempo in cui i carri di guerra introdotti dagli Hycsos erano in uso, segnalazione questa dei carri da guerra precisa e voluta come risulta anche dalla successiva citazione;
  • il racconto della carovana per il trasporto in Palestina del feretro di Giacobbe da parte degli Egizi comandati da Giuseppe "Andarono con lui anche i carri da guerra e la cavalleria, così da formare una carovana imponente" (Genesi 50,6) di cui al capitolo 50 di chiusura del libro della Genesi (vedi: "Le benedizioni di Giacobbe e di Mosè");
  • "Giuseppe poi morì e così tutti i suoi fratelli e tutta quella generazione. I figli d'Israele prolificarono e crebbero, divennero numerosi e molto potenti e il paese ne fu ripieno. Allora sorse sull'Egitto un nuovo re, che non aveva conosciuto Giuseppe. E disse al suo popolo: Ecco che il popolo dei figli d'Israele è più numeroso e più forte di noi. Prendiamo provvedimenti..." (Esodo 1,6-10) il che sancisce l'entrata di una nuova dinastia che non fece distinzione tra nemici e semplici emigrati e classificò gli ebrei tra gli amici degli Hycsos, mentre di fatto avevano altra origine da cercare in Anatolia.
Giacobbe fu seppellito ad Hebron nella grotta di Macpela (Genesi 50,13) acquistata da Abramo ad un Hittita per seppellire Sara (Genesi 23).
La tradizione ebraica dice che quella grotta era la porta del giardino dell'Eden e che vi sarebbero stati sepolti Adamo ed Eva e che vi si sentiva l'odore del Paradiso.
In questa grotta furono poi sepolti tutti i patriarchi e tutte le matriarche, esclusa Rachele che fu deposta in una tomba fu vicino a Betlemme.
Sul collegamento della mia ricerca con la cultura egizia ricordo i miei articoli:
CANAAN PRIMA DELL'ESODO
Così si legge nel libro del Deuteronomio "Quando sarai entrato nel paese che il Signore tuo Dio ti darà in eredità e lo possiederai e là ti sarai stabilito, prenderai le primizie di tutti i frutti del suolo da te raccolti nel paese che il Signore tuo Dio ti darà, le metterai in una cesta e andrai al luogo che il Signore tuo Dio avrà scelto per stabilirvi il suo nome. Ti presenterai al sacerdote in carica in quei giorni e gli dirai: ... Mio padre era un Arameo errante (Per Genesi 10,21 Aram è un figlio di Sem, zio di Eber); scese in Egitto, vi stette come un forestiero con poca gente e vi diventò una nazione grande, forte e numerosa." (Deuteronomio 26,1-5)
Abramo, che con le sue vicende occupa i capitoli 11-25 del libro della Genesi, apparteneva così ad una tribù seminomade del ramo semitico che si era allontanata dalle falde dell'Ararat per portarsi nella bassa Mesopotamia, a Ur dei Caldei.
Interessante sono le prime lettere del nome di Abram 'A B R che ricordano gli Habiri tribù semitiche nomadi in Siria, Fenicia e Canaan conosciuti appunto anche come "aramei erranti".
Terach, padre di Abramo, di Nacor e di Aran, morto questo ultimo, sentì la necessità di tornare in Anatolia nel paese di Naharina.
Si legge, infatti, che "Questa è la posterità di Terach: Terach generò Abram, Nacor e Aran: Aran generò Lot. Aran poi morì alla presenza di suo padre Terach nella sua terra natale, in Ur dei Caldei. Abram e Nacor si presero delle mogli; la moglie di Abram si chiamava Sarai e la moglie di Nacor Milca, ch'era figlia di Aran, padre di Milca e padre di Isca. Sarai era sterile e non aveva figli." (Genesi 11,27-30)
Terach allora spostò la famiglia a Carran, nel paese di Naharina oltre la confluenza del fiume Belih e l'Eufrate, infatti: "Poi Terach prese Abram, suo figlio, e Lot, figlio di Aran, figlio cioè del suo figlio, e Sarai sua nuora, moglie di Abram suo figlio, e uscì con loro da Ur dei Caldei per andare nel paese di Canaan. Arrivarono fino a Carran e vi si stabilirono." (Genesi 11,31s)
Successivamente nel racconto Sara è definita da Abram anche "sorella", perciò e da ritenere che anche lei fosse della famiglia, figlia di una sorella non nominata o di una seconda moglie del padre.
Il padre Terach morì a Carran (Genesi 11,32). A 75 anni Abram sentì la chiamata di Dio.
Con la sposa Sara e il nipote Lot, Abramo uscì dalla casa di suo padre.
Migrò verso ovest nella terra di Canaan dove già voleva andare suo padre.
Radunati averi, servi e bestiame se ne partì con Sara e Lot, figlio di Aran, mentre Nacor con la sua famiglia restò a Carran.
Quindi Abramo esce dalla casa del padre e Nacor resta in Naharina.
Questo oltre che essere il nome del figlio è anche il nome del padre di Terach: "Nacor aveva ventinove anni quando generò Terach; Nacor, dopo aver generato Terach, visse centodiciannove anni e generò figli e figlie. Terach aveva settant'anni quando generò Abram, Nacor e Aran." (Genesi 11,24-26)
Nel nome Nacor ci sono le lettere di Noè e, si può leggere "Noè porta alla mente ", o meglio "Noè porta nella mente ".
Da questa voluta insistenza sul nome di Nacor si ricava che perlomeno l'insegnamento di Noè era restato nella mente di Nacor, sia nel padre di Terach sia nell'omonimo figlio Nacor di Terach.
Terach ha nel suo nome le seguenti lettere che si può vedere come colui che porta in sé chiuso un qualcosa, ciò che definiscono le due lettere ; aveva cioè delle indicazioni nella mente/testa .
Quelle due lettere sono anche le prime della parola Torah .
Si può così pensare che Terach avesse in sé ricevuti dal padre Nacor e dall'antenato Noè i fondamentali della Torah che sarà poi da portare al mondo. Torah cioè indicazioni nella mente da portare al mondo .

Con ciò la Genesi asserisce esserci stata una trasmissione del sentire di Noè che aveva parlato con Dio, quindi una fede solida.
Quella famiglia era proprio la prosecuzione sia generazionale sia spirituale di Noè e quindi Terach aveva passata la propria fede anche ad Abramo.
Nacor resta nel paese e la lettera gli si apre e dalla sua energia viene la sua discendenza femminile dalla quale usciranno tutte le spose dei patriarchi che partoriranno () il popolo d'Israele.
Nacor come fonetica, infatti, è simile a Naharina e porta all'idea del paese da cui verranno le matriarche.
Dopo la chiamata di Dio si legge e "...Abram attraversò il paese fino alla località di Sichem, presso la Quercia di More. Nel paese si trovavano allora i Cananei." (Genesi 12,6)
Venne quindi da Carran , dalla terra dei Hur, centro della attività politica religiosa degli Hurriti, ricordata come terra di mercanti "Carran, Cannè, Eden, i mercanti di Saba, Assur, Kilmàd commerciavano con te." (Ezechiele 27,23) ed idolatra "Gli dèi delle nazioni che i miei padri hanno devastate hanno forse salvato quelli di Gozan, di Carran, di Rezef e la gente di Eden in Telassàr?" (Isaia 37,12 e 2Re 19,12)

La prima volta che si trovano le lettere che formano la parola Canaan nella Bibbia è attribuito dalla Genesi ad un personaggio inserito inopinatamente tra i nomi dei figli di Noè.
Si legge infatti: "I figli di Noè che uscirono dall'arca furono Sem, Cam e Iafet; Cam è il padre di Canaan. Questi tre sono i figli di Noè e da questi fu popolata tutta la terra." (Genesi 9,18s) e il testo subito dopo ricorda che Canaan fu maledetto da Noè.
Proseguendo nella lettura della Genesi si ricavano i seguenti concetti a conclusione di quanto l'autore vuole trasmettere:
  • c'è stretto legame tra Egitto e Canaan, come se avessero uno stesso padre;
  • tutti i figli di Cam sono nemici d'Israele.
Tali conclusioni si ricavano da: "I figli di Cam: Etiopia, Egitto, Put e Canaan... I figli di Etiopia... generò Nimrod... L'inizio del suo regno fu Babele, Uruch, Accad e Calne, nel paese di Sennaar. Da quella terra si portò ad Assur e costruì Ninive... Egitto generò quelli di Lud, Anam, Laab, Naftuch, Patros, Casluch e Caftor, da dove uscirono i Filistei. Canaan generò Sidone, suo primogenito, e Chet e il Gebuseo, l'Amorreo, il Gergeseo, l'Eveo, l'Archita e il Sineo, l'Arvadita, il Semarita e l'Amatita. In seguito si dispersero le famiglie dei Cananei. Il confine dei Cananei andava da Sidone in direzione di Gerar fino a Gaza, poi in direzione di Sòdoma, Gomorra, Adma e Zeboim, fino a Lesa. Questi furono i figli di Cam secondo le loro famiglie e le loro lingue, nei loro territori e nei loro popoli." (Genesi 10,7-20)
In definitiva Canaan è il nome antico del territorio che comprendeva l'attuale Libano, Palestina, Israele e parti di Siria e Giordania e costituiva un cuscinetto tra l'Egitto e l'impero Hittita e con gli imperi della Mesopotamia.
Israele fra gli imperi d'Egitto e la Mesopotamia fu come un'oliva tra le moli di un frantoio; ne uscì l'olio della Torah che unse il Messia, l'Unto, il Cristo.

Racconta il libro della Genesi che Abramo decise di separare la sua gente da quella del nipote Lot, e che per una carestia fu costretto a spostarsi per breve tempo in territorio egiziano.
Ciò indica che vi era a quel tempo, come abbiamo già visto, una forte influenza egizia sul territorio di Canaan e l'episodio del faraone che vuole sposare Sara anticipa eventi storici che si verificheranno con intensità quando al tempo del faraone Achenaton vi furono molti matrimoni combinati tra potenti egizi con principesse dei Mitanni.
Lo stesso faraone sposò Nefertiti, appunto una principessa Mitanna.
Il regno di Mitanni (Naharina nei testi egizi, Naharayim in ebraico) fu uno stato situato nel nord della Mesopotamia che si estese, dai monti Zagros, al lago di Van e ai confini con l'Assiria, abitato, principalmente da Hurriti.
Il potere dei Mitanni nel paese di Naharina fu, infatti, sostenuto dagli egiziani che lo consideravano stato cuscinetto tra potenza egiziana e hittita.
Gli Hittiti avevano una grande influenza in Canaan già dai tempi di Abramo che da un Hittita comprò il terreno con la caverna per la sepoltura dell moglie Sara.
I patriarchi biblici Isacco e Giacobbe presero così le loro mogli tra le discendenti nel paese dei due fiumi Naharayim, nella città di Nacor (Genesi 24,10 - Rebecca mogli edi Isacco e Lia e Rachele mogli di Giacobbe. Genesi 28.29).
Vi era chiara inimicizia tra gli Hittiti e i Mitanni: ciò è segnalato nel libro della Genesi, infatti, Rebecca, non vuole che il figlio Giacobbe sia tentato dallo sposare una Hittita: "Ebbene, figlio mio, obbedisci alla mia voce: su, fuggi a Carran da mio fratello Làbano. Rimarrai con lui qualche tempo, finché l'ira di tuo fratello si sarà` placata; finché si sarà placata contro di te la collera di tuo fratello e si sarà dimenticato di quello che gli hai fatto. Allora io manderò a prenderti di là. Perché dovrei venir privata di voi due in un sol giorno? Poi Rebecca disse a Isacco: Ho disgusto della mia vita a causa di queste donne hittite: se Giacobbe prende moglie tra le hittite come queste, tra le figlie del paese, a che mi giova la vita?" (Genesi 47,43-46)
Il Regno dei Mitanni, conquistato dagli Hittiti dopo Tutankhamon (1361-1352 a.C.), fu uno stato hurrita dell'alta Mesopotamia con massimo potere tra il 1500 e il 1350 circa a.C. che conquistò l'Assiria, sottraendola al controllo degli HIttiti, contro i quali stabilì un'alleanza con l'Egitto anche con una politica matrimoniale.
Infatti ben tre faraoni, infatti, sposarono principesse dei Mitanni.

Colpisce poi nel capitolo XIV del libro della Genesi il racconto dell'incontro in Palestina di Abramo con Melchisedek, re di Salem.
"Intanto Melchisedek, re di Salem, offrì pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo." (Genesi 14,18)
Il personaggio Melchisedek è ricordato nel Salmo 110.
Il libro del Genesi con quel racconto intende riferire un fatto che si sarebbe verificato a metà del XIX secolo a.C..
La lettera agli Ebrei (5-7) tratta questo personaggio prefigurando la figura di questo Re Sacerdote col Figlio di Dio. (vedi: "Melchisedek, personaggio enigmatico e il Messia - Prima Parte e Seconda Parte"
Re di Salem, pane LHM e vino IIN portano con Salem a Gerusalemme, con Pane a Betlemme "casa del pane" e con vino alla rocca di Sion.
Nel libro di Giosuè, che riferisce eventi che si sarebbero verificati alla fine del XII secolo a.C. durante l'occupazione della Palestina da parte degli ebrei usciti dall'Egitto, si trova una altro re con un nome simile "Quando Adoni-Zedek, re di Gerusalemme, venne a sapere che Giosuè..." (Giosuè 10,1)

Tra i discendenti di Cannan viene citato anche Chet che è evidentemente progenitore degli Hittiti citati per la prima volta in Genesi 15,20 che abitano la terra che viene promessa ad Abramo.
Se ne conclude che anche questi sono considerati tra i popoli nemici.

Grazie al ritrovamento di tavolette d'argilla (otre 350) con segni cuneiformi, in lingua accadica avvenuto in più fasi a partire dl 1887 e concluso nel 1891 con una campagna di scavi da parte di Flinders Patrie a Tell el-Amarna tra le rovine della città capitale d'Egitto ai tempi del faraone "eretico" Akhenton. (British Museum e Museo Egizio del Cairo)
Trattasi evidentemente di un deposito di vecchia corrispondenza nella lingua semitica di Babilonia ritenuta non più necessaria in quanto evidentemente tradotta a suo tempo in geroglifici riportati su papiri ormai perduti.
Da quelle lettere si hanno notizie di popoli e insediamenti in Palestina del XIV secolo a.C. ai tempi del Faraone "eretico" Akhenaton, quindi prima degli eventi narrati dalla Bibbia dopo l'esodo dall'Egitto degli ebrei.
Tra quelle, oltre lettere di invio di spose a faraoni o personaggi eminenti da parte di re dei Mitanni, vi sono anche varie lettere di personaggi autorevoli, re, principi e vassalli dei popoli cananei che abitavano la Palestina, prima dell'invasione ebrea narrata nel libro di Giosuè.
Tra queste lettere è da citare una lettera tra Akhenaton e il re di Uru-Shalim - fondazione del dio Shalem - divinità connessa con Shalom, pace.
Questa pare dare conferma di un insediamento antico che si ritiene essere la paleo Gerusalemme e confermerebbe almeno sotto questo aspetto il libro della Genesi che ricorda un re di Shalem che stabilisce un alleanza con Abramo sotto la protezione del Dio supremo "El Elyon".
La città si sviluppò intorno ad una sorgente, il Gihon, che è omonimo di uno dei fiumi citati dalla Genesi nel racconto del Paradiso Terrestre.
La regione, chiamata terra di Canaan fu più tardi, per estensione nominata Palestina o terra dei Filistei che abitarono la costa, soprattutto la striscia di Gaza, tra il XII e l'VIII secolo a.C., popolazione che non c'era ancora al tempo di Abramo XIX secolo a.C..
I faraoni della XVIII si erano liberati degli Hycsos e avevano resero sicuri i confini con spedizioni e insediamenti militari in Canaan nel XVI-XIV secolo a.C..
Successivamente però vi fu l'influenza Ittita che occupò molte aree del territorio.
Ezechiele nel capitolo 16 ricorda tale influenza "Così dice il Signore Dio a Gerusalemme: Tu sei, per origine e nascita, del paese dei Cananei; tuo padre era Amorreo e tua madre Hittita." (Genesi 16,3)
Monumenti Egizi menzionano il popolo degli Apiru, Habiru, Habiri.

In un monumento, databile al tempo di Titmosi III (1470 a.C.), scavata nella pietra delle pareti vi è una scena di uomini che pigiano uva con titolo "Estrazione del vino degli Apiru".
I riferimenti più antichi riguardanti gli Habiru provengono dai Sumeri proprio nel periodo storico della storia di Abramo nella Terza Dinastia di Ur a metà del XVIII secolo a.C.
I documenti sumeri riportano che gli Habiri nomadi erano attivi in diverse funzioni sociali, nello stesso modo che gli Israeliti lo erano in Egitto e poi anche nella corte di Nabucodonosor.
Negli scavi di Kultepe ed Alishar in Anatolia, regione vicina a Carran alla residenza della famiglia di Avraham fu trovata una lettera di un mercante Assiro che richiede il rilascio di certi Habiri detenuti nel palazzo di un certo Shalahshuwe.

Un regno Amorita dominava la Mesopotamia ai tempi di Avraham, da Babilonia a Carran fino al Mediterraneo (le terre che Avraham percorse da Ur dei Caldei ad Haran e poi Canaan) età dell'oro della città di Mari e si sono trovate varie tavolette:
  • una riporta di Yapah Adad che costruì la città di Zallul sulle rive dell'Eufrate e, con 2000 soldati Habiri, vi si stabilì;
  • altra, Izinabu, un capo Yamubalita, aveva a carico 30 Habiru;
  • una parla di 3000 asini degli Habiri;
  • altre sugli Habiru che presero la città di Yamumam e saccheggiarono Luhaya.
Abramo entrerà in Egitto, come racconta la Genesi, nel periodo appena precedente a quello che si considera il tempo dell'influenza Icsos o Hycsos.
Questi per oltre 200 anni storicamente produssero due dinastie di faraoni detti dei re pastori di cui la principale fu la XV.
Un certo collegamento tra gli Hycsos e gli Apirù non è un'utopia.

È da notare che tra le tribù d'Israele entrarono anche quelle dei due figli di Giuseppe Manasse ed Efraim che erano del tutto egiziani, anche se furono educati sulle ginocchia di Isacco, infatti "...nacquero a Giuseppe due figli, prima che venisse l'anno della carestia; glieli partorì Asenat, figlia di Potifera, sacerdote di On. Giuseppe chiamò il primogenito Manasse, perché - disse - Dio mi ha fatto dimenticare ogni affanno e tutta la casa di mio padre. E il secondo lo chiamò Efraim, perché - disse - Dio mi ha reso fecondo nel paese della mia afflizione." (Genesi 41,50-52)

Il nome Efraim ha le lettere che ricordano il nome APIRI, infatti, A = ; P = ; R = ; I = .
Gli studiosi avvicinarono la parola "Apiru", ma soprattutto Habiri e Habiru con "Ebrei".
Dice il libro della Genesi "Anche a Sem, padre di tutti i figli di Eber, fratello maggiore di Jafet, nacque una discendenza." (Genesi 10,21)
Strano citare subito Eber che verrà 5 generazioni dopo, ma alla luce di quanto detto la citazione mostra il voler mettere in evidenza l'importanza di Eber padre di tutti gli Apirù, Abirù, Habirù, "padre di molte nazioni" di Habiri, ove sono da comprendere poi gli Ebrei e in particolare la famiglia dei nati da Abramo e nella linea dei primogeniti poi gli Israeliti.
In conclusione, Abramo era Habiri ed è il progenitore degli Ebrei - Israeliti.
Le Tribù Ebraiche erano collegabili per ascendenti tra gli Habiru, ma non tutti gli Habiri erano Ebrei.
Gli Israeliti vennero da quel popolo e poi acquisirono il nome "'Ibri".
Abramo è designato appunto con l'appellativo di Ebreo 'ibri. (Genesi 14,13)
Il nome per fonetica ha appunto analogia con questi Habiru-'Apiru.
Con ogni probabilità i patriarchi ebrei e i loro discendenti furono designati dagli stranieri come 'ibrim, cioè appartenenti alla categoria degli 'Apiru.
Gli Israeliti chiameranno sé stessi Ebrei solo nei rapporti con gli stranieri (Genesi 39, 14,17; 40,15; 41,12; 43,32; Esodo 1,16-19; 2,6; Deuteronomio 15,12; Geremia 34, 9).

Nel XII secolo a.C., dopo l'occupazione di Giosuè, gran parte della Palestina è sotto il controllo ebraico, tranne Gerusalemme capitale dei Gebusei, infatti: "Quanto ai Gebusei che abitavano in Gerusalemme, i figli di Giuda non riuscirono a scacciarli; così i Gebusei abitano a Gerusalemme insieme con i figli di Giuda fino ad oggi." (Giosuè 15,63)
Il centro religioso e amministrativo del primo insediamento degli Israeliti era Silo circa 33 Km a nord di Gerusalemme, a 14 chilometri a nord di Betel.
Dopo l'entrata in Canaan sotto Giosuè, a Silo fu portata la tenda di convegno e fu diviso il paese. (Giosuè 18,1-10; 19,51; 21,2; 22,9-12)
"Quando gli Israeliti ebbero finito di ripartire il paese secondo i suoi confini, diedero a Giosuè, figlio di Nun, una proprietà in mezzo a loro. Secondo l'ordine del Signore, gli diedero la città che egli chiese: Timnat-Serach (a 18 km a sud-ovest di Silo), sulle montagne di Efraim. Egli costruì la città e vi stabilì la dimora." (Giosuè 19,49s)
Nel periodo dei giudici Silo fu il santuario principale degli Israeliti. (Giudici 18,31)
C'era una festa annuale a Silo, che diede ai Beniaminiti l'opportunità di rapire delle mogli. (Giudici 21,12-21)
Il tempio di Silo fu abbandonato quando il tabernacolo fu trasferito a Gerusalemme. (Salmi 78,60; Geremia 7,12-14; 26,6-9)
Nell'anno 1000 avanti Cristo, infatti il re David, conquistò ed occupò la città dei Gebusei e la capitale del Regno della Giudea è trasferita da Hebron a Gerusalemme.

BETLEMME
Betlemme è menzionata la prima volta in una lettera di Amarna inviata al faraone Akhenaton, quando un solerte funzionario di frontiera si lamentava che la cittadina di "Bit Lahmu", letteralmente: "casa del dio della guerra", Betlemme, era passata agli "Apiru".
L'insediamento è chiamato anche Efrata, la fertile o fruttifera e ricorda il nome di Efraim ed anche gli Apiru.
Se doveva nascere un frutto "perì" seminato da Dio doveva essere in un posto come Efrata : l'Unico che vi farà frutto () indica al mondo .
Questo pensiero si ricava dal Salmo: "Ti lodino i popoli, Dio, ti lodino i popoli tutti. La terra ha dato il suo frutto. Ci benedica Dio, il nostro Dio, ci benedica Dio e lo temano tutti i confini della terra." (Salmi 67,6-8)

La città è adagiata su due colline lungo la strada che congiunge la città santa con Hebron.
Nella zona di Betlemme prima di Giosuè forse poteva esserci esservi stato un santuario, "bayt", di una divinità siriaca Lehem; tra l'altro nei geroglifici HM è anche una sacra immagine.
Betlemme è una città della Cisgiordania palestinese, a 10 km a sud di Gerusalemme, ad un altezza di 765 metri sul livello del mare ed il nome "Bayt Lehem" significa "casa del pane" dall'ebraico, ove "Lehem" è "pane", ma con le stesse lettere LHM si ha la parola guerra, quindi anche "casa della guerra".
(In arabo "Lahem" è "Carne")

Nel Papyrus Leiden, del regno di Ramesse II, anno 1250 a. C. si trova scritto: "Distribuire grano agli uomini dell'esercito e agli Apiru che trainano la pietra per il grande pilone di Ramses II", che porta alla mente la schiavitù ebrei in Egitto.
Una tavoletta di Er-heba, governatore Egizio in Gerusalemme dice: "Guardate l'impresa che Milkilu e Shuwardata hanno compiuto nella terre del re, mio signore! Hanno truppe di Gezer, truppe di Gath e truppe di Qeila. Hanno sequestrato la terra di Rubute. La terra del re è caduta [in mano] agli Habiri. E ora, anche una città del distretto di Gerusalemme, chiamata Bit-nin'ib, una città del re, è caduta [in mano del] popolo di Qeila. Il re ascolti Er-Heba, tuo servo e invi un esercito di arceri che possa restituire la terra del re al re. Se non c'è un esercito di arcieri la terra del re cadrà (in mano) degli Habiri."
Che Bit-nin'ib fosse il nome Egizio di Betlemme?
Quel nin'ib porta il pensiero ad una manifestazione del dio egiziano Nun il promanatore di tutti gli dei minori.
Forze in quella località Bit-nin'ib vi fu una battaglia con esito favorevole per gli egizi e trasformarono un preesistente santuario in un santuario alla propria divinità superiore che si era manifestata a loro favorevole.
Si verifica poi che in ebraico nin è anche figlio , perciò l'idea porta alla venuta di un figlio particolare.

Chi farà entrare Israele nella terra di Canaan sarà Giosuè il cui padre aveva il nome di NUN, chiaramente egiziano, nome che evoca la divinità dell'origine "Così il Signore parlava con Mosè faccia a faccia, come un uomo parla con un altro. Poi questi tornava nell'accampamento, mentre il suo inserviente, il giovane Giosuè figlio di Nun, non si allontanava dall'interno della tenda." (Esodo 33,11)
Questo Giosuè ebbe il nome cambiato "Mosè diede ad Osea, figlio di Nun, il nome di Giosuè." (Numeri 3,16)
E' da notare che Giosuè visse 110 anni.proprio come Giuseppe il vicerè d'Egitto figlio di Israele.
"Dopo queste cose, Giosuè, figlio di Nun, servo del Signore, morì all'età di 110 anni, e lo seppellirono nel territorio di sua proprietà a Timnat-Sera, che è nella regione montuosa di Efraim, a nord della montagna di Gaas." (Giosuè 24,29s)
Visse 110 anni proprio come Giuseppe il vicerè d'Egitto figlio di Israele.
"Ora Giuseppe con la famiglia di suo padre abitò in Egitto; Giuseppe visse 110 anni. Così Giuseppe vide i figli di Efraim fino alla terza generazione e anche i figli di Machir, figlio di Manasse, nacquero sulle ginocchia di Giuseppe. Poi Giuseppe disse ai fratelli: Io sto per morire, ma Dio verrà certo a visitarvi e vi farà uscire da questo paese verso il paese che egli ha promesso con giuramento ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe. Giuseppe fece giurare ai figli di Israele così: Dio verrà certo a visitarvi e allora voi porterete via di qui le mie ossa. Poi Giuseppe morì all'età di 110 anni; lo imbalsamarono e fu posto in un sarcofago in Egitto." (Genesi 50,22-26)
Il libro dell'Esodo conferma che a ciò fu adempiuto da Mosè quando partirono dall'Egitto "Mosè prese con sé le ossa di Giuseppe, perché questi aveva fatto giurare solennemente gli Israeliti: Dio, certo, verrà a visitarvi; voi allora vi porterete via le mie ossa." (Esodo 13,19)
Sarà poi Giosué a far seppellire Giuseppe; si legge, infatti, nel libro di Giosuè stesso: "Le ossa di Giuseppe, che gli Israeliti avevano portate dall'Egitto, le seppellirono a Sichem, nella parte della montagna che Giacobbe aveva acquistata dai figli di Camor, padre di Sichem, per cento pezzi d'argento e che i figli di Giuseppe avevano ricevuta in eredità." (Giosuè 24,32)
L'episodio di Giacobbe che compra il terreno è in Genesi 33,19s.
L'età di 110 anni era la lunghezza ideale di vita auspicata dagli Egizi per una condotta integerrima di vita e perché erano divenuti saggi.
Vi sono vari esempi tra cui Djedi, il sapiente mago da cui Cheope voleva sapere il numero segreto delle stanze del santuario di Thoth.
Vi sono stati vari accostamenti della figura del Giuseppe del libro della Genesi con Imhotep "Colui che procede in pace" che fu visir ed un architetto vissuto durante il regno di Djoser, nel corso della III dinastia oltre 1000 anni prima dell'epoca del Giuseppe biblico.
La sua tomba che fu localizzata nella necropoli di Sakkara è risultata vuota.
L'egittologo C. E. Wilbour nel 1889 presso la piccola isola del Nilo, chiamata Sehel, a nord di Assuan, trovò una stele con iscrizione con segni geroglifici redatta nel II secolo a.C. dai sacerdoti del dio Khnum, che sostengono copia di un documento del faraone Zoser nel 18° del suo regno.
La stele racconta che il re Zoser fu rattristato per un sogno: l'Egitto sarebbe stato colpito da sette anni di carestia e il saggio Imhotep provvide a un sapiente rimedio.
Christian Jacq informa che sono esistiti libri di massime di Imhotep, ma che sono andati totalmente perduti.
Esiste però una raccolta attribuita a un certo Ptah-hotep, e Imhotep era chiamato dal re Zoser "figlio di Ptah".
Il saggio Ptah-hotep, è vissuto 110 anni.

BETLEMME NELLA TORAH
Ho raccolto sinteticamente nei precedenti paragrafi quanto di storico e documentale che ho ritenuto significativo ho rintracciato della cultura del vicino Egitto che pare proprio associabile ai territori detti di Canaan ed in particolare all'insediamento di Betlemme e Gerusalemme ante XIII secolo a.C..
Mi calo ora nel testo biblico alla ricerca delle citazioni di Betlemme.
Betlemme è conosciuta come la patria di Re Davide e luogo della storia di Ruth, splendido esempio di donna biblica, antenata di Gesù, perché dal suo matrimonio con Booz, nasce Obed, il nonno di Davide.
A Betlemme è legato l'oracolo del profeta Michea: "E tu, Betlemme di Efrata così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda, da te mi uscirà colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall'antichità, dai giorni più remoti." (Michea 5,1).
Complessivamente nel testo canonico della Bibbia ebraica Betlemme come città è ricordata per 40 volte mentre in tre versetti del 1Cronache - 2,54; 4,4; 4,22 è ricordato un personaggio di nome Betlemme.
Le 40 citazioni del nome della città sono distribuite come segue:
  • Nel libro della Genesi e ricordata 2 volte, in 35,16.19 e 47,8;
    "Rachele... ebbe un parto difficile... Or avvenne che, mentre la sua anima si partiva pose (al figlio) nome Benoni, ma suo padre lo chiamò Beniamino. Rachele dunque morì e fu sepolta sulla strada di Efrata, cioè Betlemme."
    "Così Rachele morì e fu sepolta lungo la strada verso Èfrata, cioè Betlemme."
    "Quanto a me, mentre giungevo da Paddan, Rachele, tua madre, mi morì nel paese di Canaan durante il viaggio, quando mancava un tratto di cammino per arrivare a Efrata, e l'ho sepolta là lungo la strada di Efrata, cioè Betlemme."
  • Nel libro di Giosuè è elencata 2 volte tra le città conquistate 18,58 e 19,15.
  • Nel libro dei Giudici è nominata complessivamente per 8 volte:
    2 volte nel capitolo 12 ove parla di un giudice di Betlemme (non si sa se si tratta di Betlemme di Giuda o Betlemme di Zabulon Giosuè 19,15 - vicino a Nazaret) "Dopo di lui fu giudice d'Israele Ibsan di Betlemme. Egli ebbe trenta figli, maritò trenta figlie e fece venire da fuori trenta fanciulle per i suoi figli. Fu giudice d'Israele per sette anni. Poi Ibsan morì e fu sepolto a Betlemme." (Giudici 12,8.10)
    3 volte nel capitolo 17 (7-9) "Ora c'era un giovane di Betlemme di Giuda, della tribù di Giuda, il quale era un levita e abitava in quel luogo come forestiero. Questo uomo era partito dalla città di Betlemme di Giuda, per cercare una dimora dovunque la trovasse. Cammino facendo era giunto sulle montagne di Efraim, alla casa di Mica. Mica gli domandò: Da dove vieni? Gli rispose: Sono un levita di Betlemme di Giuda e vado a cercare una dimora dove la troverò."
    Del capitolo 17 dei Giudici presento nel prossimo paragrafo la completa decriptazione.
    3 volte nel capitolo19, versetti 1 e 2 "In quel tempo, quando non c'era un re in Israele, un levita, il quale dimorava all'interno delle montagne di Efraim, si prese per concubina una donna di Betlemme di Giuda. Ma la concubina in un momento di collera lo abbandonò, tornando a casa del padre a Betlemme di Giuda e vi rimase per quattro mesi." e nel versetto 18 "Quegli rispose: Andiamo da Betlemme di Giuda fino all'estremità delle montagne di Efraim. Io sono di là ed ero andato a Betlemme di Giuda; ora mi reco alla casa del Signore, ma nessuno mi accoglie sotto il suo tetto."
  • Nel libro di Rut 6 volte:
    4 volte nel capitolo 1.
    "Al tempo in cui governavano i giudici, ci fu nel paese una carestia e un uomo di Betlemme di Giuda emigrò nella campagna di Moab, con la moglie e i suoi due figli. Quest'uomo si chiamava Elimèlech, sua moglie Noemi e i suoi due figli Maclon e Chilion; erano Efratei di Betlemme di Giuda. Giunti nella campagna di Moab, vi si stabilirono." (Rut 1,1-2)
    "Così fecero il viaggio insieme fino a Betlemme. Quando giunsero a Betlemme, tutta la città s'interessò di loro. Le donne dicevano: E' proprio Noemi!" (Rut 1,19)
    "Così Noemi tornò con Rut, la Moabita, sua nuora, venuta dalle campagne di Moab. Aarrivarono a Betlemme quando si cominciava a mietere l'orzo." (Rut 1,22)
    2 volte negli altri capitoli.
    "Ed ecco Booz arrivò da Betlemme e disse ai mietitori: Il Signore sia con voi! Quelli gli risposero: Il Signore ti benedica!" (Rut 2,4)
    "Tutto il popolo che si trovava alla porta rispose: Ne siamo testimoni. Gli anziani aggiunsero: Il Signore renda la donna, che entra in casa tua, come Rachele e Lia, le due donne che fondarono la casa d'Israele. Procurati ricchezze in Efrata, fatti un nome in Betlemme!" (Rut 4,11)
  • Nei libri di Samuele Betlemme è citata complessivamente 12 volte nella storia di David per 6 volte nel 1° libro - 4,22; 16,4; 17,12; 17,15; 20,6; 20,28 e 6 volte nel 2° - 2,32; 21,19; 24,14.15.16; 23,24.
  • Nei libri delle Cronache, sempre per la storia di Davide, Betlemme è citata complessivamente 6 volte, di cui 5 nel 1° libro - 2,51; 11,16.17.18; 11,26 e 1 volta nel 2° in 11,6.
    A Betlemme nacquero anche i tre nipoti di David: Ioab, l'eroico soldato e generale; Abisai, l'amico caro al cuore del re; Asrael, il valoroso che morì combattendo. Indubbiamente Betlemme era madre di eroi: vide nascere anche Elcana, l'uccisore di Gob, il gigante filisteo fratello di Golia.
  • Il libro di Esdra in 2,21 la ricorda Betlemme tra le città ricostruite.
  • Il libro di Neemia in 7,26 ne ricorda gli esuli reduci.
  • In Geremia 41,17 Betlemme è citata 1 volta.
  • Nel libro del profeta Michea in 5,1 c'è infine la nota profezia già citata.
Questa profezia si completa con quelle di Isaia: "Ecco la giovane (la vergine, almah) concepisce e partorisce un figlio che chiamerà Emmanuele" (Isaia 7,14); "Un rampollo spunterà dal tronco di lesse un virgulto germoglierà dalle sue radici" (Isaia 11,1); "Avverrà in quel giorno che la radice di lesse si ergerà a segnale per i popoli, ad essa si rivolgeranno ansiose le genti, e gloriosa sarà la sua sede." (Isaia 11,10).
I Vangeli raccolgono e danno per compiute tali profezie, in quanto, alla pienezza dei tempi, dal seme di David e da Betlemme di Giuda... (Matteo 2, 1) nasce un uomo in cui c'è la natura umana e divina.

GIUDICI - TESTO E DECRIPTAZIONE
In linea col discorso che si e' venuto a delineare per Efraim, profezia del primo frutto atteso da parte di Dio, il capitolo 17 del libro dei Giudici pare proprio in sintonia. perché dal nome di Efraim che ricorda Giuseppe coglie il modo di introdurre un testo di secondo livello che riguarda la venuta della divinità tra gli uomini.
Il primo versetto inizia proprio ricordando in qualche modo Efraim.
"C'era un uomo sulle montagne di Efraim, che si chiamava Mica." (Giudici 17,1)
La sua decriptazione fornisce:

Giudici 17,1 - Per portarsi a stare nel mondo fu un uomo una madre a partorire. Il primo frutto alla madre portò il Nome e in un vivente ci fu la rettitudine di Iahwèh.

Dal nome di Efraim che ricorda Giuseppe l'autore coglie il modo di introdurre un testo di secondo livello che riguarda la venuta della divinità tra gli uomini.
Come si legge poi nel testo decriptato del capitolo il padre umano di questo primo, primogenito, frutto di Dio che verrà in terra da una donna, che si trova la moglie incinta ha dubbi, ma viene tutto chiarito da una illuminazione di Dio attraverso un angelo.
Ciò richiama i racconti della natività del Vangelo di Matteo e il sogno in cui il giusto Giuseppe di Betlemme, quindi di Efrata, ha da parte dell'angelo del Signore l'annuncio che da Maria, sua promessa sposa vergine nascerà Gesù, il Cristo.
Così il cerchio si chiude il primo frutto di Dio sarà ritenuto figlio di Giuseppe.

Riporto l'intero testo della traduzione C.E.I. di questo capitolo, la dimostrazione della decriptazione dei primi due versetti, e poi la decriptazione tutta di seguito.

Giudici 17,1 - C'era un uomo sulle montagne di Efraim, che si chiamava Mica.

Giudici 17,2 - Egli disse alla madre: Quei millecento sicli di argento che ti hanno rubato e per i quali hai pronunziato una maledizione e l'hai pronunziata alla mia presenza, ecco, li ho io; quel denaro l'avevo preso io. Ora te lo restituisco. La madre disse: Benedetto sia mio figlio dal Signore!

Giudici 17,3 - Egli restituì alla madre i millecento sicli d'argento e la madre disse: Io consacro con la mia mano questo denaro al Signore, in favore di mio figlio, per farne una statua scolpita e una statua di getto.

Giudici 17,4 - Quando egli ebbe restituito il denaro alla madre, questa prese duecento sicli e li diede al fonditore, il quale ne fece una statua scolpita e una statua di getto, che furono collocate nella casa di Mica.

Giudici 17,5 - Questo uomo, Mica, ebbe un santuario; fece un "efod" e i "terafim" e diede l'investitura a uno dei figli, che gli fece da sacerdote.

Giudici 17,6 - In quel tempo non c'era un re in Israele; ognuno faceva quello che gli pareva meglio.

Giudici 17,7 - Ora c'era un giovane di Betlemme di Giuda, della tribù di Giuda, il quale era un levita e abitava in quel luogo come forestiero.

Giudici 17,8 - Questo uomo era partito dalla città di Betlemme di Giuda, per cercare una dimora dovunque la trovasse. Cammin facendo era giunto sulle montagne di Efraim, alla casa di Mica.

Giudici 17,9 - Mica gli domandò: Da dove vieni? Gli rispose: Sono un levita di Betlemme di Giuda e vado a cercare una dimora dove la troverò.

Giudici 17,10 - Mica gli disse: Rimani con me e sii per me padre e sacerdote; ti darò dieci sicli d'argento all'anno, un corredo e vitto. Il levita entrò.

Giudici 17,11 - Il levita dunque acconsentì a stare con quel uomo, che trattò il giovane come un figlio.

Giudici 17,12 - Mica diede l'investitura al levita; il giovane gli fece da sacerdote e si stabilì in casa di lui.

Giudici 17,13 - Mica disse: Ora so che il Signore mi farà del bene, perché ho ottenuto questo levita come mio sacerdote.

Giudici 17,1-2 - C'era un uomo sulle montagne di Efraim, che si chiamava Mica. Egli disse alla madre: Quei millecento sicli di argento che ti hanno rubato e per i quali hai pronunziato una maledizione e l'hai pronunziata alla mia presenza, ecco, li ho io; quel denaro l'avevo preso io. Ora te lo restituisco. La madre disse: Benedetto sia mio figlio dal Signore!






Giudici 17,1-2 - Per portarsi a stare nel mondo fu un uomo una madre a partorire (). Il primo frutto alla madre portò il Nome e in un vivente ci fu la rettitudine di Iahwèh (). Iniziò a vivere in un corpo la potenza dell'Unico che ai viventi portava la divinità . Il Verbo si portò in un vivente , in un primogenito entrò , uscì dal trono (). Parlò alla donna () che nel corpo la potenza avrebbe versato , che a chiudere la potenza della rettitudine avrebbe recato . Venne () a starle la divinità che al sia della prescelta si portò . A scorrere nella madre iniziò la vita nel corpo . Da arca () nel primogenito di questa l'energia fu ad entrare . Inviato nel mondo uscì dal trono () il Verbo che nel primogenito scelse di stare . A scontrarsi () sarà col serpente che rovescerà strappandolo via () dall'esistenza e porterà alla fine l'origine dell'essere ribelle (). Iniziò nella madre a stare il Benedetto . Nel figlio stava il potente Iahwèh .

Giudici 17,1 - Per portarsi a stare nel mondo fu un uomo una madre a partorire. Il primo frutto alla madre portò il Nome e in un vivente ci fu la rettitudine di Iahwèh.

Giudici 17,2 - Iniziò a vivere in un corpo la potenza dell'Unico che ai viventi portava la divinità. Il Verbo si portò in un vivente, in un primogenito entrò, uscì dal trono. Parlò alla donna che nel corpo la potenza avrebbe versato, che a chiudere la potenza della rettitudine avrebbe recato. Venne a starle la divinità che al sia della prescelta si portò. A scorrere nella madre iniziò la vita nel corpo. Da arca nel primogenito di questa l'energia fu ad entrare. Inviato nel mondo uscì dal trono il Verbo che nel primogenito scelse di stare. A scontrarsi sarà col serpente che rovescerà strappandolo via dall'esistenza e porterà alla fine l'origine dell'essere ribelle. Iniziò nella madre a stare il Benedetto. Nel figlio stava il potente Iahwèh.

Giudici 17,3 - A portarsi fu a stare in esilio. Venne la divinità il Verbo a recare in un primo vivente nel mondo. Entrò la pienezza del Verbo che la potenza in un primo vivente recò. Si recò nella scelta a cui parlò. L'Unico in un vivente portò ad entrare la santità. Entrò il Santo nella scelta. Fu a venire così a far perire il serpente. Il Signore in un vivente fu per aiutare. Fu il Potente in un figlio a stare. Del Potente si vide una luce portata da indicazione che dal Verbo in giro ad accompagnare i viventi in una capanna portava. Nel tempo del mondo in una donna fu dentro. Un angelo si portò in cammino.

Giudici 17,4 - A portarsi fu per illuminare in casa sul primogenito che dalla prescelta usciva. Al retto (il marito della donna) della pienezza parlò che rifiuto alla matrice avrebbe portato. Si portò ad indicare che aveva versato nel nascosto l'Unico la vita per portarsi dai viventi. (Spiegò) Venne a stare dalla matrice del retto la pienezza per il Verbo che si portava. Della scelta alla prescelta un angelo nel mondo si portò. La potenza giù le porterà nel corpo il Verbo. Portato il sia dalla vista chi l'illuminava uscì ed il Verbo la riempì. Il Potente portò nella madre la pienezza della rettitudine ad entrare portò. Fu al mondo a stare dentro in un casa che era stata prescelta. Nella madre ci fù così Iahwèh.

Giudici 17,5 - Portato al mondo il primogenito fu alla luce. In un vivente fu così ad entrare il Potente. Portò da Tempio della divinità nel mondo ad essere un vivente e fu visto alla luce dell'Unico il volto. Si portò per l'essere impuro portare a finire. Per guarire s'è dai viventi portato. Ci fu in un vivente la Potenza dell'Unico a venire per essere d'aiuto, in un primo si chiuse nel sangue; dentro l'energia fu recata e fu nel mondo a stare. La Potenza portò per la potenza spengere dell'angelo.

Giudici 17,6 - Dentro nei giorni tra i viventi entrò del mondo. Nei viventi per annullare la vita del serpente che a spengere fu la luce nei corpi della divinità. In un uomo ad entrare fu la risurrezione dei corpi. Dentro la sorgente fu a portare. Lo spazzerà bruciandolo nel mondo.

Giudici 17,7 - A portarsi fu nel mondo per stare dall'angelo nemico a vivere. Dentro sarà a finire la guerra il Signore, lo sbarrerà nel mondo. I viventi salverà. Dal Verbo strappato via sarà; lo splendore a rientrare riporterà. Per la perversità che all'origine il serpente portò sarà a portare Lui a scappare dai corpi risorgendo i viventi.

Giudici 17,8 - Portò a stare la potenza della rettitudine nel mondo in un uomo tra i viventi. Ad uscire alla vista fu col corpo dalla madre a Betlemme di Giuda. Il Potente a soggiornare in una casa da una donna dal corpo fu tra i viventi a scendere da primogenito portato. Fu in una famiglia quale primo partorito, primo frutto della madre. L'Eterno in una famiglia che era stata scelta per vivervi essendo di retti entrò. Dal Potente si vide una luce portarsi da segno per chi per via si portava.

Giudici 17,9 - A portarsi fu l'Unico a vivere nel corpo per il serpente che si portò nei viventi ad essere spento. Nei viventi l'annullerà. La fine in casa di portare desidera a chi essendo origine di amarezza maledetto fu. Porta al serpente il bastone. Sarà ad incontrarlo con la rettitudine che sta in un vivente che dentro sarà a finire il vigore nei viventi. Sarà lo splendore ad entrare. L'Unico ad uccidere sarà nel mondo il serpente in tutti. A scappare lo porterà dalle moltitudini l'Unico con la risurrezione dei corpi, forza delle origini.

Giudici 17,10 - A portare sarà quel primo a vivere nei corpi la potenza portando ai viventi la forza della rettitudine che aprirà la risurrezione dentro al mondo. Ai popoli aiuto sarà a portare nell'esistenza. Al serpente sarà un no dentro a portargli nel cammino. Uscirà il rifiuto all'angelo (ribelle) con la rettitudine che sarà a venire. Da energia potente la rettitudine agirà risorgendo i corpi. L'oppressione farà perire il serpente nei giorni; la vita porterà del nemico a spengere. La fortuna ci risarà per i viventi a cui riporterà la vita. Dalle tombe sarà tutti la rettitudine a riportare; sarà la potenza per lo spegnimento del serpente portato nell'esistenza.

Giudici 17,11 - E sarà a portali da Dio! Dal mondo ad accompagnarli sarà dal Potente di sabato. Verranno gli uomini portati a stare nell'esistenza degli angeli. A vedere col corpo il Potente condurrà retti. Dall'Uno a vivere da figli saranno portati.

Giudici 17,12 - Riportata sarà la pienezza ai viventi essendo la rettitudine rientrata. Quel primo alla fine sarà per mano dal mondo dal Potente a condurli a stare. Portati saranno ad entrare in chi sarà ad accompagnarli dagli angeli alla vista. Col corpo potente il sacerdote li porterà in cui saranno ad entrare. Dai giorni così usciranno.

Giudici 17,13 - Portato che sarà chi originò nei viventi il verme ad essere spento, dal tempo usciranno. Saranno stati aiutati per l'azione che a segnarli ci sarà stata. Della rettitudine la forza sarà stata dal cuore ove stava dentro al Signore ad uscire. Il serpente sarà stato per le bruciature ad uscire dall'esistenza. Entrata che la potenza sarà, al Potente portati saranno. Camminando entreranno tra gli angeli.

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