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DECRIPTAZIONE BIBBIA...

 
L'EPOPEA DELL'ARCA DEL PATTO
TESTI NASCOSTI

di Alessandro Conti Puorger
 

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CENNI DEL PENSIERO ESOTERICO E DELLA QABBALAH SULL'ARCA
L'Arca da un punto di vista esoterico è interpretata come il contenitore del sapere superiore, lo scrigno della conoscenza, il vaso della parola perduta, perciò chi la ritrovasse si impossesserebbe di tale prezioso patrimonio.
Per alcuni l'Arca è anche una macchina dotata d'energia frutto d'una tecnologia antica che ritengono gli egizi conoscessero e che Mosè avesse recepito od addirittura trafugato al faraone... e qui la fantasia si sbizzarrisce...dalla grande piramide di Cheope.
Abbiamo visto che l'Arca era una cassa di legno d'acacia rivestita d'oro con un coperchio tutto d'oro con due cherubini con le ali ripiegate quasi a toccarsi.


In questa immagine egizia si vede il cielo - la striscia nera superiore a modo di coperchio - che scarica energia tramite le dee Iside e la sorella Nefti sul segno Zed, su cui troneggia l'albero di vita.

È da ricordare che la Tenda del convegno o Tabernacolo di cui parla il Pentateuco, rappresentava la presenza di Dio tra la comunità.
Questa con tutti gli arredi, fu fatta produrre da Mosè nel deserto con segni terreni a modello del santuario celeste che rappresentava la creazione, la storia del cieli e della terra, quindi anche del futuro messianico che era da venire e da attendersi.
Prendendo coscienza della provenienza egizia di Mosè, è da presumere che quei "cherubini" sull'Arca fossero un modo d'esplicitare con idee egizie un oggetto atto ad ingenerare l'ispirazione a divinità alate.
Divinità del genere erano, infatti, comuni nell'immaginario dell'antico Egitto, ed erano comprensibili da parte dei fuoriusciti da quel paese.
I due cherubini potevano in molti evocare la dea Iside con la figura speculare della sorella Nefti che in quel mito piangevano la morte di Osiride e ne volevano provocare la resurrezione alchemica.
Riferiscono gli scritti, attribuiti dalla tradizione a Mosè, che il Signore gli ordinò di produrre l'Arca e ne diede la descrizione indicando forma, materiali e dettagli che vennero filtrati da un personaggio egiziano-ebreo e tradotti in manufatto assai simile a un prodotto dell'artigianato egizio capace di suscitare l'idea del sacro nella comprensione immediata di tutti quei fuoriusciti dall'Egitto, di cui molti "raccogliticci".
I due cherubini, così, erano a raffigurare creature superiori che con le loro ali proteggevano il contenuto dell'Arca in cui c'era una fonte di vita.

Nei racconti biblici l'Arca, peraltro, pare avere poteri tali da provocare sciagure anche tra gli Israeliti.
Chiunque, infatti, voleva avvicinarsi all'Arca lo doveva fare con cautela seguendo precise regole rituali e poteva essere toccata solo attraverso le stanghe portate da persone scelte.
Lo stesso Aronne poteva essere in pericolo: "Il Signore disse a Mosè: Parla ad Aronne, tuo fratello, e digli di non entrare in qualunque tempo nel santuario, oltre il velo, davanti al coperchio che è sull'arca; altrimenti potrebbe morire, quando io apparirò nella nuvola sul coperchio. Aronne entrerà nel santuario in questo modo..." (Esodo 16,2s)
Mosè, inoltre, udiva una voce provenire dall'Arca: "Quando Mosè entrava nella tenda del convegno per parlare con il Signore, udiva la voce che gli parlava dall'alto del coperchio che è sull'arca della testimonianza fra i due cherubini; il Signore gli parlava." (Numeri 7,39)
L'arca poi, in particolari momenti, pare s'illuminasse e fosse in grado di scatenare una potenza sconosciuta capace di produrre la morte.
Un sacerdote, che veniva trasportata in modo non corretto, su un carro, quando toccò l'arca che si stava inclinando, tanto che pareva cadere: "L'ira del Signore si accese contro Uzzà; Dio lo percosse per la sua colpa ed egli morì sul posto, presso l'arca di Dio." (2 Samuele 6,7)
Questi fatti hanno portato alcuni a vedere nell'Arca un potente condensatore che poteva caricarsi di cariche elettrostatiche in grado poi di produrre energia al contatto di chi le metteva a terra.
Altri poi l'hanno anche immaginata come una rudimentale radio ante litteram per parlare e ricevere da distanza.
Su questi pensieri e sul tema di una scienza nascosta è stata proposta l'idea che un'energia sconosciuta, quella elettrica, fosse nota ed usata dagli antichi Egizi ed è stata portata ad argomentazione di sostegno l'interpretazione delle immagini delle cosiddette "Lampade di Dendera".
Queste, così chiamate, sono scolpite su una parete nella cripta del tempio della Dea Hathor che, appunto, si trova nella località che oggi in arabo è chiamata Dendera, sita nell'Alto Egitto nell'antica città di Iunet del VI nomos.
La scena riguarda due egizi che sorreggono oggetti simili a grandi lampade unite, con un qualcosa che pare un cavo elettrico, ad una scatola, interpretata dai più arditi come un generatore, un qualcosa insomma che si caricava di energia statica proveniente da uno Zed pilastro sacro portatore di vita.
L'archeologia ufficiale resta scettica di fronte a tale interpretazione, non crede infatti, che siano rappresentati oggetti tecnologici, ma attribuisce la scena ad un rituale sacro, data l'importanza degli oggetti raffigurati tra cui appare lo Zed.
Lo Zed in quella cultura era tra tutti i simboli ritenuto il più sacro.
Il suo significato era quello di "potenza", che però è interpretata da alcuni in potenza fisica emessa in forma di elettricità, mentre era forse l'idea di una potenza alchemica.
L'Arca, tra l'altro, certe volte pareva illuminarsi.
I sostenitori laici di questa tesi ipotizzano che ciò si verificava quando la carica statica diveniva così alta da rompeva il dielettrico tra le punta molto vicina delle ali dei cherubini.
Considerando la morte pressoché per folgorazione del sacerdote Uzzà, è stata ventilata l'ipotesi di una scarica anche di 700 volt. (vedi Robert Charroux)
Le stesse lettere dell'Arca del Patto "'aron ha berit" lette singolarmente (Vedi metodo e significati in: "Parlano le lettere") possono asserire "Una luce ( = ) che porta energia esce da dentro al corpo ; è un segno !"

Nella visione della Qabbalah l'Arca, essendo costituita da due elementi separati, l'inferiore la cassa e la superiore il coperchio, è vista come una figurazione della terra e del cielo, non solo fisici, ma anche spirituali dell'uomo.
Ciò che viene da Dio è simbolicamente rappresentato dall'oro.
Sotto l'aspetto alchemico, l'oro porta all'idea dalla pietra filosofale.
Il coperchio, che sta sopra, è solo proveniente da Dio e provoca il soffio primigenio spirituale nell'uomo.
L'esterno della cassa, il mondo, il terreno, la parte fisica, viene anche esso da Dio, ma questa verità in generale non è riconosciuta dall'uomo e così il rivestimento esterno d'oro, che viene da Dio è coperto da cose che nascono sulla terra, cioè di tavole di legno l'acacia che rappresenta ciò che è umano e viene dalla terra, e che è la sola cosa che comprende l'uomo se non si inoltra nella conoscenza dello spirituale, perché ha la necessità d'essere e di una ulteriore evoluzione.
Dio così manda la sua parola scritta nella materia delle Tavole perché provochi la trasformazione, la conversione.
Questa trasformazione implica una visione non più del tempo come una serie di cicli, ma un tempo rettilineo, che porta al compimento di uno scopo alla fine e così a situazioni diverse da quelle di partenza in cui in qualche modo la volontà umana dà contributo.
Esiste così implicito il concetto di progresso e di evoluzione.
Le Tavole della Legge che vendono da Dio, man mano operano nella storia e nella vita dell'umanità e del singolo uomo.
Figurativamente fanno si che rivestono l'interno della cassa di legno nuovamente d'oro e il legno dell'acacia, cioè la parte terrena non emerge più ma costituisce un necessario supporto a una nuova creazione che incorpora nel modo migliore l'aspetto del vissuto.
Il rivestimento d'oro interno, infatti, non ci sarebbe se non ci fossero le Tavole della Parola di Dio e le tavole di acacia che vengono dalla terra.
Il cielo mette così in comunicazione i due rivestimenti l'esterno, l'anima pensata da Dio e l'interno di legno della cassa, ove opera la volontà dell'uomo.
Appare così come una nuova anima creata dalla Parola e si ha una nuova nascita o rinascita che ci collega nuovamente al cielo da cui si era come separati dal legno d'acacia; in definitiva una risurrezione segno di quella finale.
I Cherubini, che secondo la tradizione ebraica avevano volti infantili maschili e femminili, rappresentano purezza, semplicità, sincerità, fiducia e nel contempo giusta comprensione delle digfferenze fino al matrimonio mistico, uniti dal coperchio, lo "hyeros gamos".
I due cherubini con le ali che quasi si toccano formano un portale, che fa venire alla mente: "È questa la porta del Signore, per essa entrano i giusti" (Salmo 118,20), vale a dire la cinquantesima la porta, della sapienza.

Dicono i qabbalisti che il volume interno del recipiente d'acacia dell'Arca corrisponderebbe a 756 "tefachim", misura al cubo della lunghezza di un pugno chiuso, un po' meno di 10 cm, forse 9,9 cm.
Nel trattato di "Succah" del Talmud è detto che l'altezza minima della capanna (appunto, "Succah") che ciascuna famiglia deve da costruire per la Festa delle Capanne, deve essere almeno di 10 "tefachim" (10 palmi chiusi, circa 1 metro) pari alle dimensioni dell'"Aron ha-Berit" - l'Arca del Patto che conteneva, fra l'altro, le Tavole della Legge) tenuto conto del coperchio con i cherubini.
Se n'arguisce che i Cherubini sul coperchio erano alti globalmente circa 20 cm.

9,9cm x 10 - 52,5m x 1,5 (un cubito e mezzo) = 20cm.

Il volume di 756 "tefachim" corrisponde al valore numerico gemiatrico della parola "Sefirot", il nome delle dieci emanazioni principali disposte ad Albero della Vita, il che starebbe a voler sostenere che nell'Arca era contenuto, appunto attraverso le lettere ebraiche sulle Tavole, l'essenziale per produrre la vita vera, vale a dire c'era l'estratto dell'Albero della Vita.
È noto, infatti, che nel pensiero qabbalistico le 22 lettere dell'alfabeto ebraico, assieme alle 10 Sefirot, costituiscono le 32 vie sapienziali per pervenire alla Vita creata da Dio con la Parola di cui noi abbiamo cognizione parziale.
"Lodino tutti il nome del Signore, perché egli disse e furono creati." (Salmi 148,5)
Come riprova sostengono che sommando i valori delle cifre di 756 si ha il numero 18, il numero della vita HaY (10 + 8).
Riducendolo ulteriormente il 18 si perviene a 9, il numero della lettera che rappresenta il cuore, l'utero di misericordia di Dio secondo la mia lettura delle lettere (Vedi: schede delle lettere nella colonna destra delle pagine di "Bibbiaweb.net").
Procedendo in modo radicale nel pensiero della creazione con la parola pronunciata da Dio alcuni qabbalisti hanno aperto anche ad una visione magica di creazione per combinazione delle lettere ebraiche.
Da ciò a pervenire all'idee di formule magiche il passo è breve.
Si narra, infatti, che alcuni qabbalisti addentrati nell'alchimia cercarono addirittura di fabbricare dei "golem", in pratica dei robot, tramite terreno plasmato a forma d'uomo, salmoniando formule di combinazioni di lettere ebraiche e con le lettere del Tetragramma sacro su un foglietto inserito al posto della bocca tentavano d'animarli.

Passiamo ora alla simbologia del legno, di acacia.
"Faranno dunque un'Arca di legno di acacia ." (Esodo 25,10)
La parola acacia nella Bibbia si trova in 28 versetti di cui 27 tutti nel Pentateuco e l'ultimo in Isaia 41,19.
In effetti l'acacia (mimosa nilotica) è albero spinoso, con infiorescenze che ha massima espansione nell'area subsahariana e nel Senegal, quindi nei territori dell'Alto Egizio, ma attecchisce anche nell'area palestinese.
Incidendone la corteccia si ottiene la gomma arabica, del tutto edibile.
È un antidiarroico ed è usato per la cura di alcuni disturbi come dissenteria ed enteriti e come crema per la pelle.
Il libro dell'Esodo riferisce che con tale legno furono realizzati:
  • l'Arca dell'Alleanza e le stanghe, il tutto rivestito d'oro (Esodo 37,1.4);
  • la tavola delle offerte e le stanghe, il tutto rivestito d'oro (Esodo 37,10-15);
  • l'altare per bruciare incenso e le stanghe, il tutto rivestito d'oro (Esodo 37,10-15);
  • l'altare per gli olocausti e le stanghe, ma il tutto rivestito di rame (Esodo 38,1-6);
  • le assi per il sostegno dei teli della Dimora (Esodo 36,20-34).
L'indicazione simbolica che ci vuol fornire la descrizione dell'Arca è chiara:
  • l'acacia è stata utilizzata per le sue qualità di legno non putrescibile, traducibile col concetto di vittoria sulla morte e di simbolo dell'esistenza della vita per il suo fogliame verde, che spicca evidente nei paesaggi stepposi e subdesertici, rivelando vita là dove sembra che poca ce ne sia, quindi quasi ponte tra il visibile e l'invisibile;
  • il rivestimento d'oro indica che addirittura ciò che è terreno e umano pur se imputrescibile non è eterno, ma lo diventerà perché è rivestito d'oro (2 Cor 5, 4s "In realtà quanti siamo in questo corpo, sospiriamo come sotto un peso, non volendo venire spogliati ma sopravvestiti, perché ciò che è mortale venga assorbito dalla vita. È Dio che ci ha fatti per questo e ci ha dato la caparra dello Spirito.);
  • ciò che non sarà eterno (vedi: altare per gli olocausti) ed è destinato a finire non è rivestito d'oro, ma di rame, metallo rossastro che vuole imitare l'oro, ma non ci riesce, infatti, rame in ebraico ha le lettere che vogliono dire anche serpente, perciò chi deve finire è il serpente, immagine del male che produce morte, corruzione e la putredine.
La stessa Dimora ha travi d'acacia durevoli, ma non eterne, perché verrà rinnovata nel I, II e III Tempio ed è solo immagine di quella del cielo.
Pper l'ebraismo il III Tempio verrà al tempo del Messia, mentre per i cristiani è venuto col corpo di Cristo.
Nella tradizione cristiana la corona di spine di Cristo sarebbe stata intrecciata, con rami di quella pianta.
Nella parola acacia "shittim" si trovano assieme i segni:
  • della lettera , che indica un utero, un cuore, e quindi, con riferimento al sacro, le viscere di misericordia di Dio;
  • della lettera del fuoco e, con riferimento al sacro, della risurrezione.
La Massoneria, che dice di sé di risalire addirittura all'epoca di Salomone e del costruttore del Primo Tempio, architetto Hiram, tiene in grande considerazione l'acacia come simbolo di iniziazione e di immortalità, in quanto un rametto di tale albero secondo il mito sarebbe nato sulla tomba di Hiram dopo la sua uccisione avvenuta in modo proditorio.
La lettura dei segni ebraici delle parole "Arca di legno di acacia" fornisce l'idea:
  • Arca , "inizierà nel corpo a portarsi energia";
  • legno , "si vedrà rialzarsi";
  • acacia , "risorto, nel cuore ci risarà la vita".
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