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TAMAR SI TRAVESTE PER ESSERE ANTENATA DI GIUSEPPE
di Alessandro Conti Puorger

ANTENATI DEL MESSIA
Tutto ha avuto spunto da una considerazione che non m'è parsa irrilevante.
Com'è noto la prima volta che nella Bibbia si trova il nome di Giuseppe è nel libro della Genesi quando è detto del primo figlio nato dal patriarca Giacobbe - Israele e dalla moglie Rachele.
Altrettanto noto è che Giuseppe della tribù di Giuda, sposo di Maria madre di Gesù, ha lo stesso nome del figlio del patriarca Giacobbe - Israele che secondo la narrazione del libro della Genesi fu vicerè d'Egitto.
La constatazione però che mi ha incuriosito è che anche il padre di Giuseppe il carpentiere che era nella linea di discendenza di Davide, secondo la genealogia al capitolo 1 di Matteo, si chiamava Giacobbe.
"Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo". (Matteo 1,16)
Il patriarca Giacobbe, omonimo del nonno "legale" di Gesù, però nella genealogia di Gesù è ricordato per aver generato Giuda e non Giuseppe, perché è lì indicata la discendenza, appunto, secondo quella tribù e non di quelli che fanno capo alle tribù provenienti da Giuseppe (Matteo 1,2): "Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli."
Mi sono domandato perché uno della tribù di Giuda, nella linea dei primogeniti, discendente da Davide e da Salomone, il padre del nostro padre putativo di Gesù, ha messo al figlio il nome Giuseppe quando il proprio capostipite era Giuda che, peraltro, aveva fatto vendere il fratello Giuseppe, divenuto antipatico per come si proponeva, ma soprattutto perché con i fratelli avevano compreso che il padre era propenso a considerarlo futuro leader?
Perché questo più recente Giacobbe voler esaltare con quel nome Giuseppe associato al proprio il ricordo di quella storia?
Forse non voleva esaltare, ma solo velare qualcosa.
Voleva forse far pensare che non era della tribù di Giuda?
E mi sono allora fatto la domanda: perché il Giacobbe il nonno "legale" di Gesù non chiamò Giuda il figlio e lo chiamò Giuseppe?
Era questi della famiglia di Davide il casato più nobile dei giudei!
Ed ancora, perché allora non chiamare il figlio Davide?
Forse era bene per questo Giacobbe del I secolo a.C. non far pensare, anche col solo primo nome del figlio, di essere della tribù di Giuda e tanto meno un davidico!
Il chiamare un figlio Giuseppe evocava di fatto tutta la storia di quegli antichi personaggi, sia di Giuda fondatore della tribù, sia di Giuseppe.
In effetti, Giuseppe figlio dell'antico Giacobbe e di Rachele, fu una pietra di inciampo per Giuda il progenitore della tribù figlio di Giacobbe e di Lia, e quello non era certo un episodio bello da ricordare, perché segnò l'inizio della decadenza morale di Giuda che suggerì di vendere il fratello Giuseppe, come si legge al capitolo 37 del libro della Genesi.
Forse anche Giacobbe si sentiva in una estrema decadenza perlomeno dal punto di vista delle attese della casata.
Anche loro i dividici erano stati come venduti schiavi dei romani ed ora erano costretti a vivere nascosti sotto Erode un usurpatore del regno, già dei loro padri, vale a dire di Davide e Salomone.
Rivela forse la speranza di questo Giacobbe del realizzarsi di una aspettativa per una rivincita della casata che doveva invece stare nascosta stante i tempi dispotici di Erode che temeva che i dividici rialzassero la testa e quindi doveva stare in subordine come Giuseppe del faraone.
Forse alla venuta di Erode, il Giacobbe padre del nostro Giuseppe, nella linea dei primogeniti, era dovuto andar via da Betlemme lontano dal ceppo familiare, da Betlemme a Nazaret, e dai fratelli di Betlemme, e quel nome dato al figlio era l'augurio di una rivincita nella storia, di una risalita dal buio in cui era costretto a nascondersi.
Era conscio che Giuda il progenitore della tribù si riebbe da quella triste storia e il Signore con i suoi disegni provvide a far sì che dal male venisse il bene con la scelta di Tamar.
Tutto ciò si legge nei capitoli 37 e 38 della Genesi.
Sono quelli passi importanti dell'Antico Testamento che preparano la venuta del Messia.
D'altronde la donna che incontrò Giuda sul suo cammino, Tamar che scelse come moglie per il figlio Er fu veramente una palma, come dice il suo nome, e già solo avvicinarsi alla sua frescura aveva contribuito a ridare il vigore a Giuda per una discendenza ormai pressoché spenta ed insperata, poi defunta e ripresa per i capelli.
Lei in definitiva contribuì a far finire l'amarezza di Giuda come d'altronde era implicito profeticamente in quel nome "finisce l'amarezza ".
In quella genealogia di Gesù, dedotta dalle antiche genealogie riportate nella Bibbia, peraltro, la prima donna che si trova è Tamar e l'ultima è Maria e il nostro Giuseppe dei Vangeli scelse Maria come sposa.
Maria, in ebraico "Miriam" comportava anche essa una grande dose di amarezza , un mare , eppure Giuseppe non si fermò davanti a nessun ostacolo sentiva che era volontà di Dio.
In sostanza le Sacre Scritture ci dicono che:
  • Giuda trovò incinta la vedova nuora Tamar e la voleva far bruciare, eppure era incinta di lui, ma lui non lo sapeva e siccome voleva essere giusto quando comprese se la tenne;
  • Giuseppe trovò incinta Maria e la voleva ripudiare e quando comprese di chi era incinta, anche lui, essendo giusto cambiò idea.
Questo è lo spunto dei pensieri di questo articolo.
Proverò ora a prospettare la questione con ordine.

IL MESSIA ATTESO NELL'EBRAISMO
Guardando negli scritti e nelle tradizioni ebraiche si trova che nel medioevo i loro pensatori nel contatto-contrasto col cristianesimo e l'islam furono spinti a sintetizzare gli articoli di fede dell'ebraismo o "ikkarim".
La formulazione più completa e riconosciuta fu quella del XII secolo di Maimonide Mosès (1136-1204).
Trattasi di 13 articoli sui seguenti punti:
  • 1, 2, 3, 4, 5 - Dio è il creatore, unico, incorporeo, eterno, unico oggetto di culto.
  • 6 - Le profezie bibliche sono vere.
  • 7 - Mosè fu il sommo dei profeti.
  • 8, 9 - La Torah fu data a Mosè e non potrà essere modificata.
  • 10, 11 - Dio conosce le azioni degli uomini.
  • 12 - Verrà il Messia.
  • 13 - Ci sarà vita dopo la morte.
In particolare il penultimo articolo è quello sul Messia.
"Ogni Ebreo deve credere che il Messia arriverà a restaurare il regno di re Davide nella sua condizione originaria di autorità, a ricostruire il Santo Tempio di Gerusalemme, a radunare i dispersi di Israele; nei suoi giorni tutte le regole della Torah saranno riportate all'importanza e all'osservanza che avevano in passato." (Maimonide, Hilkhòt Melakhìm 11,1)
L'idolatria, l'ingiustizia, la guerra e le malattie cesseranno nell'era Messianica, periodo di mille anni di pace e prosperità e tutti gli uomini serviranno il Dio Unico secondo la profezia di Isaia: "Verranno molti popoli e diranno: Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci indichi le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri. Poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore. Egli sarà giudice fra le genti e sarà arbitro fra molti popoli. Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell'arte della guerra." (Isaia 2,3-4)
Messia è parola che deriva dall'Ebraico "Mashiach" che vuol dire unto, Cristo in Greco, in relazione all'olio della consacrazione usato per re, profeti, e Sommi Sacerdoti.
Negli ultimi secoli prima dell'era cristiana il termine indicò il liberatore del popolo d'Israele suscitato da Dio i cui i precursori in figura furono Mosè, che liberò Israele dalla schiavitù in Egitto, Giosuè che lo introdusse nella terra promessa e David che riunì le dodici tribù e formo un solido regno.
Il Messia atteso dall'ebraismo, così, è:
  • il liberatore che sconfiggerà tutti i nemici d'Israele e porterà la pace sulla terra;
  • un uomo, rappresentante di Dio, ma non un'incarnazione o creatura angelica;
  • sconfiggerà gli empi in una grande battaglia. (Ezechiele 38 e 39; Zaccaria 14);
  • un discendente del re David, appartenente alla tribù di Giuda.
"Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici." (Isaia 11,1)

"In quel giorno la radice di Iesse si leverà a vessillo per i popoli, le genti la cercheranno con ansia, la sua dimora sarà gloriosa." (Isaia 11,10)

"Il mio servo Davide sarà su di loro e non vi sarà che un unico pastore per tutti; seguiranno i miei comandamenti, osserveranno le mie leggi e le metteranno in pratica." (Ezechiele 37,24)

La connessione dinastica tra Giuda figlio di Giacobbe/Israele e Lia, Iesse e Davide si coglie dalla genealogia che si legge in 1Cronache 2:

"Questi sono i figli di Israele: Ruben, Simeone, Levi, Giuda, Ìssacar, Zàbulon, Dan, Giuseppe, Beniamino, Nèftali, Gad e Aser. Figli di Giuda: Er, Onan, Sela; i tre gli nacquero dalla figlia di Sua la Cananea. Er, primogenito di Giuda, era malvagio agli occhi del Signore, che perciò lo fece morire. Tamàr sua nuora gli partorì Perez e Zerach. Totale dei figli di Giuda: cinque. Figli di Perez: Chezròn e Camùl... Figli che nacquero a Chezròn: Ieracmèl, Ram e Chelubài. Ram generò Amminadàb; Amminadàb generò Nacsòn, capo dei figli di Giuda. Nacsòn generò Salmà; Salmà generò Booz. Booz generò Obed; Obed generò Iesse. Iesse generò Eliàb il primogenito, Abinadàb, secondo, Simèa, terzo, Netaneèl, quarto, Raddài, quinto, Ozem, sesto, Davide, settimo." (1Cronache 2,1-5)

Davide, che ha per bisnonno Booz, la cui storia si legge nel libro di Rut, è il settimo figlio di Iesse, ed appartiene alla 14a generazione a partire da Abramo nella linea Abramo, Isacco, Giacobbe, la 10a dopo Giuda.
Colpisce in quella genealogia che Giuda ebbe due figli Perez e Zerach dalla nuora Tamar e da Perez verrà Davide e quindi il Messia.
Perez in ebraico è dal radicale del verbo "rompere, irrompere".

IL MESSIA, IL CRISTO DEI CRISTIANI
Col mio modo di leggere le parole ebraiche dando valore alle immagini delle lettere ebraiche come icone messaggere di significati grafici intrinseci come è chiaro dal mio metodo in "Parlano le lettere" e dalle schede riportate in destra nelle pagine di questo mio sito, quel Perez ha nelle proprie lettere una lettura di una importante valenza cristologia: "Il Verbo in un corpo scenderà ."
Il Vangelo di Matteo riprende quella genealogia, esalta il ripetersi di 3 volte 14 generazioni (14 che per la gimatria è il numero che corrisponde alla somma dei valori delle lettere del nome Davide) e indica in Gesù il Cristo, il Messia che era atteso.
Su ciò ho gia presentato alcune mie considerazioni in "Numeri nei Vangeli e nell'Apocalisse, annunci del Messia".
Non vi sono dubbi per l'evangelista, Gesù figlio di Maria sposa di Giuseppe è il Messia, cioè il Cristo atteso da Davide e da Abramo.

"Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, Giuda generò Fares (il Perez di prima) e Zara da Tamar, Fares generò Esròm, Esròm generò Aram, Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmòn, Salmòn generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, Iesse generò il re Davide. Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Urìa, Salomone generò Roboamo... Ieconia e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia. Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconia generò... Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo." (Matteo 1,1-16)

La genealogia di Matteo fino a Davide ricalca quella di 1Cronache 2 salvo diversa vocalizzazione di alcuni nomi che è stata mutata con le traduzioni.
In questa genealogia appaiono anche alcune donne che hanno nomi con storie particolari nella Bibbia o nella tradizione ebraica e precisamente:
  • Tamar nuora di Giuda dalla quale ebbe due figli travestendosi da prostituta;
  • Racab che generò Booz da Salomon (per la tradizione era la prostituta di Gerico - Giosuè 2);
  • Rut sposò di Booz parente del marito morto e il libro di Rut narra che gli s'infilò sotto le coperte e lui poi la riscattò secondo la legge del levirato;
  • La moglie di Uria, che commise adulterio con Davide che poi sposò;
  • Maria la moglie di Giuseppe il carpentiere.
Esclusa Maria le altre quattro paiono essere tutte straniere.
Tamar una Cananea, Raab una Cananea, Ruth, una Moabita, la moglie di Uria una Hittita.
Tutte e quattro erano già precedentemente sposate.
Forse il testo ci vuol suggerire che Maria, di fatto, era già sposata da un altro?
Un voto di completa dedizione.
Il Vangelo poi preciserà... lo Spirito Santo: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo." (Matteo 1,20b)
Certo se l'evangelista voleva far fare una bella genealogia agli occhi dei moralisti doveva evitare di ricordare quei precedenti, invece, vuole proprio far notare che nel ceppo di Gesù sono riassunti Israele e popoli pagani, tutti comunque peccatori e di che tipo!
Perché?
Perché Dio viene a salvare i peccatori e s'incarna nella loro reale povera situazione morale; scende addirittura nella tomba per tirarlo fuori.
Il fatto che tutte quelle donne richiamate nella genealogia perché hanno voluto con pertinacia inserirsi per avere una discendenza legale da un ebreo fa riflettere sulla figura di Giuseppe sposo di Maria della Santa Famiglia di Nazaret.
Giuseppe è il padre legale di Gesù che lo collega alle profezie.
Anche Maria si inserisce in quella genealogia perché riceve dal marito Giuseppe la paternità legale del figlio che ha dal suo divino sposo.
Sia il Vangelo di Matteo sia quello di Luca dicono, infatti, della concezione verginale di Gesù. (Matteo 1,18-24; Luca 1,26-37; 2,1-20)
Agli occhi di un ebreo Gesù giuridicamente era figlio di Giuseppe, anche se non lo era biologicamente.
Giuseppe è un davidico e potrebbe ben vantarsi della propria genealogia, ma è costretto solo e conservarla gelosamente in silenzio nascosto come in esilio in un paese lontano dalla sua origine.
Da Nazaret Giuseppe e Maria debbono però andare a Betlemme perché Erode, facendosi forte dei romani, ha imposto un censimento.
Lo scopo occulto forse però di fatto è censire i davidici.
Infatti concomitante o poco dopo al censimento c'è il racconto dell'uccisione degli innocenti a Betlemme.
Giuseppe è un discendente dell'antico casato reale tenuto d'occhio.
Forse per questo s'era trasferito a Nazaret fuori portata di Erode.
Essendoci moti di liberazione, attendendosi così prossimo il Messia i discendenti del Re David erano infatti particolarmente sospetti.
Sotto questa angolazione ha senso il martirio degli innocenti perpetrato a Betlemme dei dividici sotto i due anni, cosicché Erode assume la veste di faraone che voleva uccidere tutti i neonati maschi ebrei.

Mi sono chiesto perché Matteo non chiama la moglie di Uria col suo nome di Betzabea.
Il nome di questa, peraltro, era noto perché messo ben evidenza nei libri del canone ebraico della Bibbia.
In 2 Samuele 11,3, infatti, si legge: "Davide mandò a informarsi chi fosse la donna. Gli fu detto: È Betsabea figlia di Eliàm, moglie di Uria l'Hittita".
La mia opinione è che il nome di Uria evoca con le lettere ebraiche significati profetici che all'autore del Vangelo interessavano più di quelle del nome Betsabea e perché voleva evocare a pieno i misfatti di Davide, adulterio e omicidio.
Aveva cioè interesse di far cogliere un elemento che direi Giovanneo, infatti: "Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo." (Giovanni 1,9)
Il nome di Uria, infatti, è cioè "Luce di Iah " che ci porta così alla luce che presentò Iah, cioè Iahwèh nel primo giorno della creazione.
Riferendo quelle lettere all'idea della incarnazione si ha "Un primogenito (sottinteso della moglie) recherà nel corpo il Signore/Iah ".

Per tutte queste donne esiste poi il comune destino di avere figli inseriti nella dinastia del Messia che però non sono non dal loro primo marito, infatti:
  • Tamar, già sposa di Er figlio di Giuda, premorto, ha il figlio Perez da Giuda;
  • Rahab per la tradizione fu già sposa di Giosuè ed ebbe Booz da Salmon;
  • Rut era già sposa di Maclon (Rut 4,10) figlio di Elimelech di Betlemme (Rut 1,1-4), morto il marito, ebbe figli da Booz;
  • Betzabea, appunto, era già moglie d'Uria, morto per disegno di Davide ebbe da questi il figlio Salomone;
  • Maria "...essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo." (Matteo 1,18)
Tenendo conto di tutto ciò, quelle cinque donne oltre ad avere in comune storie particolari che manifestano una propria specifica volontà di avere un figlio nella linea delle promesse dell'alleanza di Dio con Israele, in comune hanno anche che nel proprio nome tutte hanno una lettera .
Seguendo questa idea iniziata con Perez "Il Verbo in un corpo scenderà ", ne viene un ventaglio di avvisi tutti relativi al Verbo se quella lettera la riferiamo a Lui, appunto, il Verbo:
  • Tamar il Verbo "Indica che gli vivrà nel corpo ";
  • Rahab "dal corpo un grembo ()" del Verbo;
  • Rut "del corpo reca indicazione" del Verbo;
  • Moglie d'Uria "Un primogenito recherà nel corpo Iah ";
  • Maria il Verbo "le vivrà nel corpo ; sarà la Madre ".
D'altronde Tamar in ebraico vuol dire "La palma - tamar e: "Il giusto fiorirà come palma, crescerà come cedro del Libano." (Salmo 92,13)
E Giuseppe della sua discendenza lo sposo di Maria era "giusto" (Matteo 1,19)
E chi è il Giusto per antonomasia se non il Messia?
Provo, allora, ad approfondire la storia di Tamar.

GIUDA, GIUSEPPE E I FRATELLI
Giuda è un personaggio chiave delle vicende bibliche, perché secondo la carne da lui verrà Davide e poi da un figlio di Davide, il padre legale del Messia.
La tradizione cristiana, poi, ritiene anche Maria di quella famiglia.
Questo Giuda dopo Ruben è il secondogenito che Giacobbe ebbe dalla prima moglie Lia: "Concepì ancora e partorì un figlio e disse: Questa volta loderò il Signore. Per questo lo chiamò Giuda. Poi cessò di avere figli." (Genesi 29,35)
Giuda, "Iehudah" in ebraico, vuol dire appunto "lodato" ed ha formato il radicale "essere o divenire Giudeo".
Nel suo nome vi sono le 4 lettere del sacro ineffabile Tetragramma.
Da Giacobbe fu riconosciuto il suo primato sui fratelli.
Il libro della Genesi al capitolo 49 dice così su Giuda dedicandogli 5 versetti nelle benedizioni che Giacobbe fece sui figli sul letto di morte:

"Giuda, te loderanno i tuoi fratelli; la tua mano sarà sulla nuca dei tuoi nemici; davanti a te si prostreranno i figli di tuo padre. Un giovane leone è Giuda: dalla preda, figlio mio, sei tornato; si è sdraiato, si è accovacciato come un leone e come una leonessa; chi oserà farlo alzare? Non sarà tolto lo scettro da Giuda né il bastone del comando tra i suoi piedi, finché verrà colui al quale esso appartiene e a cui è dovuta l'obbedienza dei popoli. Egli lega alla vite il suo asinello e a scelta vite il figlio della sua asina, lava nel vino la veste e nel sangue dell'uva il manto; lucidi ha gli occhi per il vino e bianchi i denti per il latte." (Genesi 49,8-12)
(Vedi: "Le benedizioni di Giacobbe e di Mosè")

Nel prosieguo dei libri storici si legge "Figli di Ruben, primogenito di Israele. Egli era il primogenito, ma, poiché aveva profanato il letto del padre, la primogenitura fu assegnata ai figli di Giuseppe, figlio d'Israele. Ma nella registrazione non si tenne conto della primogenitura, perché Giuda ebbe il sopravvento sui fratelli, essendo il capo un suo discendente; tuttavia la primogenitura appartiene a Giuseppe." (1Cronache 5,1.2)

Eppure la storia di Giuda è segnata da vicenda negative tali che rischiano di fargli perdere la sua identità ebrea.
Tutto ha origine con l'invidia per un fratello.
Il fattaccio è narrato al capitolo 37 del libro della Genesi.
Da quel racconto emerge che Giuda, il capostipite della più importante tribù e poi di tutto il giudaismo, stava per perdere il senso della famiglia su cui si basa l'ebraismo, perché pare aver perso il timore di Dio e la veste di giustizia che deve essere la peculiarità in ogni vicenda umana di chi vuole rispettare l'alleanza con l'Eterno, in definitiva risulta come se si fosse fatto sopraffare dalla cupidigia.
Trattasi del tradimento di un fratello, unitamente agli altri fratelli che volevano uccidere Giuseppe, che poi vendettero schiavo agli Ismaeliti.
Giacobbe stesso mandò Giuseppe dai fratelli: "Gli disse: Va' a vedere come stanno i tuoi fratelli e come sta il bestiame, poi torna a riferirmi. Lo fece dunque partire dalla valle di Ebron ed egli arrivò a Sichem." (Genesi 37,14)
In tale occasione il testo chiama Giacobbe col nome della consapevolezza datogli da Dio, cioè Israele, come a dire Giacobbe in quella occasione era strumento della volontà di Dio.
I rabbini ebrei che scrutano ogni parola per amore della ricerca della verità vedono quel "dalla valle di Ebron" un errore geografico voluto dalla Torah.
Osserva, infatti, Rashì (1040-105), alias rabbì Salomon Ben Isaac, davidico, esegeta mediovale della Torah, che Ebron si trova su un'altura e non in una valle; infatti secondo Numeri 13,22 "Salirono attraverso il Negheb e andarono fino a Ebron".
Rashì propone allora di leggere "amok di Hevron" ossia "profondità di Ebron" anziche "emek Hevron" vale a dire "valle di Ebron" e quella profondità la indica nella caverna di Macpela, di fronte a Mamre in Ebron (Genesi 23) dove fu sepolto Abramo.
Da ciò conclude Rashi collegandosi a Genesi 15,13 quando "...il Signore disse ad Abram: Sappi che i tuoi discendenti saranno forestieri in un paese non loro; saranno fatti schiavi e saranno oppressi per quattrocento anni." (Rashì su Bereshit Rabbà e TB Sotà 11a) "Allora - devi intendere - in base al profondo disegno (che è stato rivelato) a quel giusto che è sepolto a Ebron, per mantenere quanto è stato detto ad Abram (in occasione del patto) tra le parti (degli animali che aveva diviso in due) ...poiché schiava sarà la tua discendenza..." (Genesi 15,13)
Collega cioè la profondità della caverna e la profondità del disegno divino rivelato ad Abram durante il patto.
Quella storia è gestita da Dio e il padre non può opporvisi anche se sapeva che gli altri figli avrebbero venduto il fratello, sapeva che tutto si sarebbe svolto nel piano divino e, giunta l'ora, da giusto vi si piegò e come Abramo fu pronto, sacrificherà il figlio che gli verrà restituito come viceré d'Egitto.
Essi, i fratelli, allora, compreso Giuda, videro arrivare Giuseppe "...da lontano e, prima che giungesse vicino a loro, complottarono di farlo morire." (Genesi 37,18).
Il fatto avvenne per vicende in cui trapela un disegno divinoe Giuda, che appunto inizialmente si comporta da fratricida, non commise l'omicidio solo per guadagno: "Allora Giuda disse ai fratelli: Che guadagno c'è ad uccidere il nostro fratello e a nasconderne il sangue? Su, vendiamolo agli Ismaeliti e la nostra mano non sia contro di lui, perché è nostro fratello e nostra carne. I suoi fratelli lo ascoltarono." (Genesi 37,26s)
Il racconto è noto, Giuseppe fu venduto per 20 monete d'argento.
Il testo non dice che erano sicli, anzi Rabbenu Bekhayè sostiene che corrispondevano ai 5 sicli rituali di riscatto dei primogeniti.
I fratelli poi mandarono la tunica intrisa di sangue al padre come se una bestia feroce l'avesse sbranato e questi ne rimase sconsolato.

GIUDA PERDE LA SUA IDENTITÀ
I racconti del capitolo 37 della Genesi e del successivo 38 di cui ora accennerò hanno senso solo se letti con la mente al pensiero che preparano alla venuta del Messia.
La vendita di Giuseppe in definitiva fu un modo per preparare quella venuta.
Il capitolo 38 della Genesi inizia con un fatto.
Giuda si separò dal padre e dai fratelli sposò una Cananea ed ebbe tre figli da questa:

"In quel tempo Giuda si separò dai suoi fratelli e si stabilì presso un uomo di Adullam, di nome Chira. Qui Giuda vide la figlia di un Cananeo chiamato Sua, la prese in moglie e si unì a lei. Essa concepì e partorì un figlio e lo chiamò Er. Poi concepì ancora e partorì un figlio e lo chiamò Onan. Ancora un'altra volta partorì un figlio e lo chiamò Sela. Essa si trovava in Chezib, quando lo partorì." (Genesi 38,1-5)

In effetti il testo nel dire che "Giuda si separò dai suoi fratelli" usa il verbo , cioè "scese via" come se fosse decaduto da un primato psicologico che aveva sui fratelli, come se questi, visto il dolore del padre, si fossero pentiti di aver accolto il consiglio di Giuda.
Lo accusavano forse che se per il suo potere psicologico gli avesse detto di restituire Giuseppe al padre lo avrebbero fatto.
Giuda evidentemente si sentiva in colpa, non resse più di stare alla presenza del padre ed evidentemente non c'era nemmeno più comunione con i fratelli.
La donna è una Cananea, la figlia di un certo "Shu'a" le cui lettere sono il radicale di "gridare" e anche di ricchezza.
Scelse una donna che richiamava per la sua ricchezza e Giuda era sensibile a ciò avendo venduto il fratello per 20 pezzi d'argento. (Genesi 37,28)
I nomi dei figli nati con questa cananea poi sono tutto un programma:
  • Er che pare stia per "sveglio", ma le cui lettere in ebraico sono le stesse di "nemico" e il radicale è di "essere scoperto, denudarsi";
  • Onan ove le lettere a seconda della vocalizzazione possono indicare forza, facoltà, ricchezza, ma anche vanità, menzogna, malvagità e miseria e forse lamento e dolore;
  • Sela il cui radicale è essere tranquillo, vivere in pace, ma questo fu partorito in Cazib e è il radicale di "mentire", cioè fu partorito nel paese dove si mentisce.
Giuda si è separato dalla sua casa.
Isacco e Rebecca i nonni paterni non volevano che i figli sposassero donne Ittite o Cananee (Genesi 27,46-28,1) ed avevano inviato Giacobbe in armenia a Paddan Aram dallo zio Labano, fratello di Rebecca, a cercare moglie, mentre Esaù, il fratello, il progenitore delle nazioni vicine, le nemiche per antonomasia, fece come gli pare.
È caduto l'ultimo baluardo, la tradizione familiare è stata rotta, "il moglie e buoi dei paesi tuoi" per le religioni abramitiche non è solo forma, è sostanza.
Chi educherà al patto la discendenza?
Tutto il bene inizia da una famiglia unita che basa la propria vita sul patto con l'Eterno, ma Giuda è caduto in basso, aspira alla ricchezza si unisce con i propri nemici e i figli sono divisi e si sentono grida di inimicizia e di menzogna già solo nei loro nomi.

Il testo non dice di più, passano anni e poi: "Giuda prese una moglie per il suo primogenito Er, la quale si chiamava Tamar. Ma Er, primogenito di Giuda, si rese odioso al Signore e il Signore lo fece morire." (Genesi 38,6-7)
C'è poco da fare il nome di Er esprimeva già il suo destino.
Di Tamar non si sa nulla, se ebrea o Cananea, perché è senza genealogia come d'altra parte tutte le quattro donne richiamate nella genealogia di Matteo prima di Maria.
Senza una genealogia che dimostrasse di discendere da almeno 7 generazioni di ebrei una donna, infatti, in Israele non avrebbe potuto sposare un sacerdote.
Solo Maria la madre di Gesù, che il Vangelo di Luca per bocca dell'angelo (Luca 1,36) riferisce parente di Elisabetta moglie del sacerdote Zaccaria avrebbe potuto ostentare una genealogia, infatti, vari Vangeli apocrifi dicono che fu allevata nel Tempio almeno fino ai 12 anni di età e la tradizione la considera anche lei una davidica.
Antica usanza sancita poi in Deuteronomio 25,5-10, praticata anche dagli arabi conosciuta come legge del levirato (dal latino "levir", cioè "cognato", in ebraico "jabam") onde se un uomo sposato moriva senza figli, il fratello o il parente più prossimo era tenuto a sposare la vedova, e il loro primogenito era legalmente figlio del defunto anche sotto l'aspetto patrimoniale.
Il motivo era per evitare la divisione e la perdita delle terre che altrimenti potevano andare a stranieri.
Accade così che morto Er: "...Giuda disse a Onan: Unisciti alla moglie del fratello, compi verso di lei il dovere di cognato e assicura così una posterità per il fratello. Ma Onan sapeva che la prole non sarebbe stata considerata come sua; ogni volta che si univa alla moglie del fratello, disperdeva per terra, per non dare una posterità al fratello. Ciò che egli faceva non fu gradito al Signore, il quale fece morire anche lui." (Genesi 38,8-10)
Pure in questo caso il nome celava il suo modo di essere, Onan, infatti, nell'intimo voleva ricevere lui le ricchezze del fratello ed usa malvagità e miseria e nel contempo falsità assoggettandosi soltanto formalmente, ma non sostanzialmente all'usanza sociale del "levirato".
Disperdere il seme era grave come un omicidio.
A questo punto Giuda ha paura... e "...disse alla nuora Tamar: Ritorna a casa da tuo padre come vedova fin quando il mio figlio Sela sarà cresciuto. Perché pensava: Che non muoia anche questo come i suoi fratelli! Così Tamar se ne andò e ritornò alla casa del padre". (Genesi 38,11)
Sela il terzo figlio era ancora troppo giovane per unirsi a Tamar, ed anche qui il nome che deriva da "essere tranquillo" riceve il suo soddisfacimento, ma il racconto fa capire che Giuda in cuor suo ha deciso che non consentirà che si unisca con Tamar, come se Tamar portasse sfortuna, il che rivela anche un cuore ormai idolatra.
Tra l'altro avevo notato che Sela fu partorito in Cazib nel paese dove le lettere dicevano che "si mentisce" ed ecco che appare la menzogna nel cuore di Giuda che non avrebbe mai dato Sela a Tamar.
Il racconto ha una ulteriore dissolvenza e "Passarono molti giorni e morì la figlia di Sua, moglie di Giuda. Quando Giuda ebbe finito il lutto, andò a Timna da quelli che tosavano il suo gregge e con lui vi era Chira, il suo amico di Adullam." (Genesi 38,12)
La storia era iniziata tanti anni prima e il testo al versetto 1 aveva segnalato che Giuda si era stabilito "presso un uomo di Adullam, di nome Chira".



Ora al versetto 12 lo ripete ed asserisce che quel uomo era suo amico "e con lui vi era Chira, il suo amico di Adullam."



Queste lettere, pensando alla situazione di Giuda dopo il suo peccato contro il fratello, e tutte quelle morti che si sono susseguite nella sua famiglia, la moglie e due figli, sono a descrivere una situazione.
Sanciscono che Giuda sta arrivato al fondo della sua kenosis e non potrà ora che restarvi definitivamente o risalire.
Lette col mio metodo dicono: "E lui si portava a nascondersi , gli era nel corpo entrato il male con la perversità , presso il serpente a vivere stava ."
Dal punto di vista geografico Adullam era una città a ovest del Giordano menzionata nel libro di Giosué 12,15 nell'elenco delle città sconfitte che poi fu inserita nel territorio della tribù di Giuda (Giosuè 15,35), Roboamo la fortificò 2Cronache 11,6-7 ed alcuni Giudei vi si stabilirono dopo l'esilio Neemia 11,30.
Giuda si divise dalla famiglia per andare ad Adullam e Davide poi si rifugiò nella spelonca di Adullam, dove molti si unirono a lui (1Samuele 22,1-2; 2Samuele 23,13; 1Cronache 11,15) e cominciò le sue gesta che portarono al regno.
Con Davide riunì là tutta la sua famiglia "Davide partì di là e si rifugiò nella grotta di Adullàm. Lo seppero i suoi fratelli e tutta la casa di suo padre e scesero là." (1Samuele 22,1); la città è ricordata in Michea 1,15.
Dio benedice le famiglie unite!
Tale riferimento alla storia di Davide riporta all'idea del Messia.
Guardando le lettere riportate del versetto 1 di Genesi 38 sul primo riferimento a Chira l'uomo di Adullam noto che vi si può leggere in trasparenza come ho indicato in rosso il nome di Gesù .
Pensando al Messia la decriptazione mi fornisce "All'eterno Unico , Gesù liberi () i viventi sarà a portare . I risorti viventi porterà dalla tomba . Saranno con i corpi ad uscire ."
Nasce il sospetto che vi sia un testo nascosto sul Messia.

GIUDA E TAMAR
La storia che evidentemente l'autore del Genesi riconosce come condotta da Dio ha una svolta.
"Fu portata a Tamar questa notizia: Ecco, tuo suocero va a Timna per la tosatura del suo gregge." (Genesi 38,13)
Probabilmente più località avevano il nome Timna; questa era sul confine del territorio della tribù di Giuda ove poi Sansone sposò una filistea Giudici 14,1-5.
Giuda, ora, dopo la morte della moglie è libero da legami.
Tamar ha compreso che non sarà mai sposa dal giovane Sela che ormai ha l'età per sposarsi, perché il suocero non manterrà la promessa, ma conosce bene il suocero e ha capito che non è uno stinco di santo, inoltre ormai e vedovo anche lui.
È da tenere presente che all'approssimarsi della vecchiaia per una donna l'essere senza figli era condanna grave.
La donna già contava poco, non aveva sicurezza per il futuro, nessuno si sarebbe preso cura di lei, e senza discendenti, il suo nome si sarebbe perduto per sempre.
Nella sua disperazione, Tamar ricorre allora ad uno stratagemma.
"Allora Tamar si tolse gli abiti vedovili, si coprì con il velo e se lo avvolse intorno, poi si pose a sedere all'ingresso di Enaim (sorgente - fonte), che è sulla strada verso Timna. Aveva visto infatti che Sela era ormai cresciuto, ma che lei non gli era stata data in moglie. Giuda la vide e la credette una prostituta, perché essa si era coperta la faccia." (Genesi 38,14-15)
Tamar si traveste!
È come una palma come significa il suo nome, vicino a una sorgente "Enaim".
È un'oasi a cui Giuda di fatto vuole bere.
È solo, vedovo e triste nell'intimo, ma euforico per la festa della tosatura che in genere si chiudeva con un banchetto e molto vino.
È indubbio la considerò una prostituta, non le vide in faccia perché velata, ma non gli interessava il viso.
Lui, Giuda, che non è cananeo la chiama "zonah", ma il suo amico cananeo poi la chiamerà sempre "qedeshah".
Quanto alla parola "prostituta" o "meretrice", nell'originale ebraico vi sono, infatti, due modi per esprimere il concetto:
  • "zonah" è la puttana comune senza scusanti;
  • "qedeshah" , indica la "prostituta sacra", o ierodula che stazionavano vicino a luoghi di culto di divinità cananee ove si praticava la prostituzione "sacra" o "ierodulia".
Aveva tosato, voleva festeggiare e non guarda per il sottile e si lascia andare.
Come il serpente entrò nel mondo per una tentazione non superata qui il tentatore è ripagato con la stessa moneta, con una tentazione non superata da che sarà occasione per una posterità da cui verrà il Messia.
Al riguardo la Torah dice: "Non vi sarà alcuna donna dedita alla prostituzione sacra tra le figlie d'Israele, né vi sarà alcun uomo dedito alla prostituzione sacra tra i figli d'Israele." (Deuteronomio 23,18)
Quella donna non era certamente un'Israelita, mentre tra le cananee vigeva la prostituzione sacra o ierodula.
Il racconto si fa sbrigativo si raggiunge un patto il prezzo un capretto: "Egli si diresse su quella strada verso di lei e disse: Lascia che io venga con te! Non sapeva infatti che quella fosse la sua nuora. Essa disse: Che mi darai per venire con me? Rispose: Io ti manderò un capretto del gregge. Essa riprese: Mi dai un pegno fin quando me lo avrai mandato? Egli disse: Qual è il pegno che ti devo dare? Rispose: Il tuo sigillo, il tuo cordone e il bastone che hai in mano. Allora glieli diede e le si unì. Essa concepì da lui. Poi si alzò e se ne andò; si tolse il velo e rivestì gli abiti vedovili." (Genesi 38,16-19)
Stiamo attenti anche qui ogni parola ed ogni lettera è dosata.
Nel linguaggio profetico la parola capretto "gedì" contiene le lettere della parola fortuna "gad" , destino favorevole e col capretto che Giuda le propone di fatto dice a Tamar "sarà la (tua) fortuna ", e non solo di lei.
"Capretto del gregge", quindi sarà la fortuna anche per il gregge di Dio.
Tamar è soddisfatta ha in mano i pegno per ricevere il capretto.
Un capretto fu ucciso per intridere di sangue la tunica di Giuseppe e farlo creder morto e un capretto sarà il prezzo del Messia, un capretto sarà ucciso a Pasqua segno della sua venuta a liberare dalla schiavitù dall'Egitto, segno dell'agnello che poi in Cristo verrà sacrificato per tutti.
Quei pegni li ha scelti lei, sono:
  • il sigillo che rappresenta la persona stessa e il suo potere;
  • il cordone che, dicono gli ebrei, serve per separare la testa dai genitali, che quando sono in gioco impediscono un giudizio giusto, indica che Giuda si era lasciato andare e aveva passato la discendenza;
  • il bastone , la verga segno della posterità della tribù, il suo vigore fisico e abbiamo visto la profezia di Giacobbe "Non sarà tolto lo scettro da Giuda né il bastone del comando tra i suoi piedi".
Se vediamo in senso profetico quelle lettere pensando alle vicende successive e al Verbo che discenderà da Tamar e Giuda si ha:
  • sigillo "racchiude il segno che vivrà ";
  • il cordone "il Verbo per scelta , sarà la potenza ";
  • il bastone " per i viventi dall'utero ad uscirle ."
"Racchiude il segno che vivrà il Verbo per scelta; sarà la potenza per i viventi dall'utero ad uscirle".
Lei non vuole denaro, certo il pegno vale più del capretto, ma Giuda è troppo preso e non discute... Tamar doveva avere un corpo molto piacente e il Signore aveva tessuto bene i suoi piani per il destino fortunato dell'umanità.
Ella concepisce da lui.
Il capretto di fatto è già nel suo grembo e le lettere come abbiamo visto ci avevano detto dicono "è la fortuna ".
Da quel capretto nascerà il Messia, "Fascia dei suoi lombi sarà la giustizia, cintura dei suoi fianchi la fedeltà." (Isaia 11,5)
Giuda cerca di recuperare i pegni e "mandò il capretto per mezzo del suo amico di Adullam, per riprendere il pegno dalle mani di quella donna, ma quegli non la trovò. Domandò agli uomini di quel luogo: Dov'è quella prostituta che stava in Enaim sulla strada? Ma risposero: Non c'è stata qui nessuna prostituta tornò da Giuda e disse: Non l'ho trovata; anche gli uomini di quel luogo dicevano: Non c'è stata qui nessuna prostituta . Allora Giuda disse: Se li tenga! Altrimenti ci esponiamo agli scherni. Vedi che le ho mandato questo capretto, ma tu non l'hai trovata." (Genesi 38,20-23)
Giuda si dimentica del fatto, ma la storia tessuta dal Santo d'Israele si sviluppa e tre mesi dopo risulta evidente, Tamar la nuora di Giuda, che viveva ormai lontano dalla casa di Giuda, è incinta... conclusione di tutti: era una donna sola e vedova, si è prostituita.
Lui, Giuda quando era andato a prostitute si era ritenuto senza colpa.
Ora invece per il solo sospetto la nuora, senza alcun giudizio, viene da lui giudicata: dovrà essere bruciata!
Il testo infatti è così lapidario: "Circa tre mesi dopo, fu portata a Giuda questa notizia: Tamar, la tua nuora, si è prostituita e anzi è incinta a causa della prostituzione. Giuda disse: Conducetela fuori e sia bruciata!" (Genesi 38,24)
Giuda non aveva più il senso della giustizia e della misericordia.
Troppo era l'orgoglio e l'affronto alla sua autorità anche se Tamar come dice il versetto Genesi 38,11b era accaduto che: "se ne andò e ritornò alla casa del padre".
Giuda evidentemente esercitava ancora un potere riconosciuto sulla nuora il che avvalora la tesi di Tamar che appunto non riteneva di poter vivere liberamente la propria vita e doveva agire per uscire da quella situazione.
"Essa veniva già condotta fuori, quando mandò a dire al suocero: Dell'uomo a cui appartengono questi oggetti io sono incinta. E aggiunse: Riscontra, dunque, di chi siano questo sigillo, questi cordoni e questo bastone. Giuda li riconobbe e disse: Essa è più giusta di me, perché io non l'ho data a mio figlio Sela. E non ebbe più rapporti con lei." (Genesi 38,25.26)
Giuda rivedendo i suoi pegni è come ritrovasse se stesso.
Fa finalmente in un attimo una profonda revisione, si risveglia, gli s'illuminano mente e cuore, gli insegnamenti di giustizia e santità dei patriarchi lo coprono nuovamente ed esclama "Essa è più giusta di me" "zadekà mimmenni" e questa "teshuvah" o pentimento fanno di Giuda e Tamar i progenitori di Re David e del Re Messia.
Come se avesse avuto un brivido e avesse concluso, ripescando tutta la santità perduta: "È meglio che provi vergogna in questo mondo che passa piuttosto che davanti ai miei padri nel mondo a venire..." (Targum Yonatan)
Tamar da parte sua lasciò a Giuda di decidere se riconoscere o meno il pegno.
È detto in Talmud Sotà 10b, molto probabilmente con riferimento a questo momento della storia di Tamar: "È meglio lasciarsi gettare in una fornace ardente piuttosto che causare al prossimo vergogna in pubblico".
Davanti a chi aveva udito il severo giudizio "sia bruciata!", Giuda ha il coraggio che viene dalla giustizia d'umiliarsi e riconoscere il pegno come proprio.
Anche se appare grave la sua colpa quando si capisce che il vero colpevole è lui, riconosce la paternità di quanto Tamar ha in grembo, e non esisteva il controllo del DNA per cui avrebbe potuto ancora pervicacemente negare, invece riconobbe che era lui che l'aveva messa incinta.
Tra l'altro, come si evince dal racconto, sapeva che s'era "prostituita" solo con lui e quella non era prostituzione, ma un diritto di cui lui voleva privarla.
Giuda dimostrò di essere un vero capo non scaricandosi delle proprie responsabilità.
"E non ebbe più rapporti con lei" non occorreva forse di più la storia della salvezza avrebbe fatto il suo corso, ma non sembra giusto sotto l'aspetto pratico di un giusto e sotto l'aspetto di una riconciliazione piena.
In effetti, era una necessità per entrambi e assurda pare quella conclusione che lascia Giuda e Tamar in una separazione di fatto.
In effetti il termine che usa "lo jassaf" è ambiguo, perché può voler dire sia non cessò che non continuò e il Talmud Sotà 10 traduce "non cessò di unirsi a lei".
"Quand'essa fu giunta al momento di partorire, ecco aveva nel grembo due gemelli. Durante il parto, uno di essi mise fuori una mano e la levatrice prese un filo scarlatto e lo legò attorno a quella mano, dicendo: Questi è uscito per primo. Ma, quando questi ritirò la mano, ecco uscì suo fratello. Allora essa disse: Come ti sei aperta una breccia? e lo si chiamò Perez. Poi uscì suo fratello, che aveva il filo scarlatto alla mano, e lo si chiamò Zerach." (Genesi 38,27-30)
Perez... irruppe così è il senso del suo nome e Zerach, splendente , brillante scintillante per quel filo rosso fu secondo.
La discendenza di Perez si legge nel libro di Rut 4,18-22: Perez, Chezron; Chezron, Ram, Amminadab, Nacson, Salmon, Booz, Obed, Iesse, Davide.
Nel libro di Rut si trova questa benedizione che gli anziani fecero a Booz al momento che riscattò Rut: "Il Signore renda la donna, che entra in casa tua, come Rachele e Lia, le due donne che fondarono la casa d'Israele. Procurati ricchezze in Efrata, fatti un nome in Betlemme! La tua casa sia come la casa di Perez, che Tamar partorì a Giuda, grazie alla posterità che il Signore ti darà da questa giovane!" (Rut 4,11.12)
La tribù di Giuda grazie a quel atto d'assumersi fino in fondo la sua responsabilità del suo fondatore e per merito dei suoi eredi si acquistò la leadership in Israele.
Di fatto l'atto temerario di Tamar ha per conseguenza la conservazione della tribù di Giuda.

Nel Talmud si legge al riguardo: "A te, Giuda, i tuoi fratelli renderanno omaggio" (Genesi 49,5). "I tuoi fratelli ti rendono omaggio, tua madre ti rende omaggio, io stesso ti rendo omaggio. Ha detto rabbì Shimon bar Jochai: [l'omaggio va inteso che] i tuoi fratelli saranno chiamati con il tuo nome, la gente non dirà: io sono reubenì, io sono shimonì, ma io sono jehudì. Ha detto rabbi Giuda bar Simon: come quel re che aveva dodici figli, e ce n'era lì uno che era a lui più caro di tutti gli altri; a lui dette una parte a se stante, e [inoltre] un'altra parte assieme ai suoi fratelli." (Bereshit Rabbà 98, 6)

Filone d'Alessandria (Filone, "Le Virtù", 221.) considera Tamar l'esempio della conversione di un proselito: "quando essa dalla profonda oscurità in cui si trovava, poté percepire un raggio di verità, a rischio della vita, passò nel campo della verità per servire e pregare la Causa Unica."
Forse come cananea era già stata sacerdotessa della dea Ishtar della fecondità e per questo si era poi travestita da "qadushah" cioè da prostituta sacra.
Nel Talmud ( Tosephta, 17) si trova questo commento di Rabbi Yudah: "quando Giuda dice: 'essa è giusta' lo Spirito santo si manifesta e dice: 'Tamar non è una prostituta e Giuda non ha voluto darsi alla fornicazione con lei; la cosa è accaduta a causa mia, perché si levi da Giuda il re Messia'".

UN RACCONTO NASCOSTO
Alla storia di Giuda e Tamar calzano perfettamente i seguenti due versetti del Salmo 146:

- il versetto 8 si può benissimo riferire integralmente a Giuda perché cieco era vide si rialzò e ambì e desiderò di ritornare ad essere giusto;

"il Signore ridona la vista ai ciechi,
il Signore rialza chi è caduto,
il Signore ama i giusti."

- il versetto 9 si può benissimo riferire i a Tamar, perché straniera e vedova e a Giuda stesso, perché con atto magistrale il Signore ha sconvolto le vie di Giuda quando operava da empio.

"il Signore protegge lo straniero,
egli sostiene l'orfano e la vedova,
ma sconvolge le vie degli empi."

La parola vedova e abiti vedovili si presentano nel racconto del capitolo 38 della Genesi ai versetti 11, 14 e 19, e tali parole sono illustrative della situazione.
Tamar vedova , alla lettera solo su "Dio conta " e Dio risponde nella storia dando addirittura una discendenza da cui verrà il Messia.

Tamar si cambia più volte gli abiti, dagli abiti di fanciulla si veste da sposa, poi da vedova, poi da sposa, indi ancora da vedova, quindi si traveste da prostituta per poi riprendere quelli vedovili e finalmente di madre.
Anche nel capitolo 37 della Genesi c'è un'avvisaglia che un abito farà credere qualcosa che non è; trattasi della tunica screziata di più colori che aveva Giuseppe e che fu presentata al padre macchiata di sangue e questi credé ciò che non era vero.
L'idea del mascherarsi ci porta alla festa di "Purim" e al racconto del libro di Ester ed è "Ester, un libro che... nasconde l'epopea del Messia" come ho evidenziato nell'omonimo articolo in pdf inserito nella rubrica "Attesa del Messia".
Il cambiare il vestito, come il bere vino, come il ripetere più volte la stessa parola sono infatti avvisi dell'autore dei testi biblici di un leggere doppio, vale a dire di una pagina di secondo livello, cioè mascherata sotto il testo che si legge con la usuale lettura.
Per un testo biblico in ebraico le possibilità di lettura sono veramente tante in quanto nei primi testi le parole senza vocali non erano definite e le lettere tutte e solo consonantiche erano tra loro egualmente spaziate senza indicazione di fine parola.
Per l'ebraismo odierno ogni brano della Bibbia, in effetti, anche se è ora scritto con la puntatura di vocalizzazione, è considerato ammissibile trattarlo come se avesse le sole consonanti, adottando la tecnica detta "al tikrei".
Questa, è: una tecnica esegetica - "al tikrei" non leggere - usata dai rabbini nel Talmud (che riportarono la tradizione orale del I secolo a.C. - I secolo d.C.) per dare al testo non vocalizzato della Bibbia una diversa vocalizzazione o una diversa forma ortografica rispetto alla forma usuale.
L'uso "al tikrei" non esclude in ogni caso la lettura originaria del testo, e perciò si può più correttamente definire come "non leggere questo passo solo in modo usuale, ma anche in altro modo."
Questo procedimento permette così una nuova interpretazione, perfino quando le leggi della grammatica e della sintassi rendono necessaria la sola lettura tradizionale.
L'uso di questa tecnica trae origine dal verso: "Dio ha detto questo una volta, ma io ho ascoltato questo due volte" (Salmo 62,12); cioè le parole della Bibbia si prestano a significati diversi di quello tradizionale." (Diz. Unterman)
Ogni parola, versetto ed anche tutto il testo può così avere più interpretazioni, diverse da quella convenzionale indicata dalla puntatura.
A ciò, se s'aggiunge che la lettera può anche leggersi a se stante, in base al disegno che reca, le possibilità di diversa traduzione aumentano ancora e da qui il mio metodo inserito in "Parlano le lettere" con i significati delle singole lettere come dalle schede riportate in destra nelle pagine di questo mio sito.

I Vangeli sinottici riportano varie discussioni di Gesù con i farisei e i sadducei ed una di queste riguarda proprio la legge del levirato che tanta importanza ha avuto nella storia di Giuda e Tamar.
Si trova in Matteo 22,23-32, Marco 12,18-27 e la forma più estesa in Luca 13,27-47 che riporto in cui alcuni sadducei nella discussione prendono l'occasione della legge del levirato per scalzare l'idea della risurrezione in cui non credevano.
Come si comprende dal brano Tamar c'entra perché subito dopo Gesù parla del Messia e interroga gli scribi su come può essere figlio di Davide.
Il fatto è che i sadducei non ammettevano che una lettura rigida del testo e non facevano evidentemente uso di scrutare la parola da cui il racconto messianico esce fuori con tutto il suo vigore.
Avevo notato che Tamar travestita vicino a Enaim è come una palma, così significa il suo nome, vicino a una sorgente "Enaim", è un'oasi a cui Giuda di fatto solo vuole bere.
L'incontro di Gesù con la samaritana in cui ricorda a lei che aveva sette mariti fa pensare a questo fatto.

Nell'articolo "La perla nascosta nel rotolo di Rut del canone ebraico" ho messo in evidenza come anche quel libro presenta una seconda faccia.
Proprio nella parte finale quando si parla di Perez inizia un brano con una lunga profezia messianica che si legge per decriptazione, mentre prima come si può verificare in quella decriptazione il testo si sviluppa con:
  • capitolo 1, miracolo del Mar Rosso;
  • capitolo 2, arrivano gli amaleciti, All'Horeb, incontro con Ietro, i primi esploratori, da Mosè a Giosuè;
  • capitolo 3, incontro con Racab, incontro di Giosuè con l'angelo, a Gerico;
  • capitolo 4, da Giosuè a Saul, Davide e Golia, Re Davide.
A questo punto non mi restava che decriptare quella pagina di Giuda e Tamar, ma ho pensato di iniziare da quando Giuda interviene per vendere il fratello.
Presento così la decriptazione, tutta di seguito col mio metodo dei capitoli 37 (36 versetti) e 38 (30 versetti) della Genesi.

GENESI 37 - DECRIPTAZIONE
Genesi 37,1
A recare fu la risurrezione dentro per spazzare il maledetto dalla terra (ove) vive l'orgoglio nei corpi.
Fu per il Padre ad essere portata dentro dall'Unigenito in un corpo; giù con la rettitudine degli angeli in azione l'inviò.

Genesi 37,2
Per il maledetto finire, a nascere si portò.
Ad indicarlo fu che si sarebbe visto versare nella casa di Giuseppe da figlio.
L'illuminazione dentro ascoltò, sentì un'illuminazione nella testa/mente entrare.
Un luminoso angelo uscirà nell'esistenza dalla compagna.
Verrà l'Unigenito a vivere portandosi nella (sua) casa.
Giù l'Unigenito abiterà da lui.
Dagli angeli per agire in un corpo figlio gli sarà.
Dentro la potenza entrerà in Lui.
L'indicazione dentro dell'angelo furono queste:
- il potente Verbo uscirà dalla moglie;
- sarà dal Padre ad essere portato e
- sarà in casa il primogenito di Giuseppe;
- verrà ad insinuarsi in modo puro nella compagna;
- di Dio il padre sarà, uscendo dalla matrice (di sua moglie).

Genesi 37,3
E fu il principe di Dio per amore a venire da Giuseppe a vivere.
Nella sposa da figlio fu a portarsi.
Rettamente fu dentro l'energia in questa versata.
Un angelo fu dalla matrice.
Fuori si portò da Dio e le portò a sentire l'illuminazione, che uscita dal Potente, portata rettamente, la segnerà l'energia completa del Verbo, che la riempirà; ne sarebbe stata la Madre.

Genesi 37,4
Ed era in un corpo a desiderare l'Unico che nella vita si portasse la rettitudine.
Fu l'Unigenito designato a recarla.
Per amore del Padre entrò nella Madre a vivere.
Alla sposa l'Unigenito la vita portò e l'essenza angelica desiderata dall'Unico completamente le recò, ma (così) il rifiuto fu con la rettitudine al serpente recato.
Ad insinuare in un corpo portò la potenza per salvare i viventi.

Genesi 37,5
Ed era stato a sognare Giuseppe che, l'ammalare portato dalla matrice, portatosi s'era per la gloria dell'Unico che in vita si portava.
Ed era stato a Giuseppe testimoniato per il cambiamento che iniziava con i segni a portarsi (nella moglie).

Genesi 37,6
E fu a dirgli che Dio era entrato nella matrice, che ad accenderle in seno aveva recato l'energia, che l'Unigenito racchiudeva.
Dal Potente si recava tra i viventi Questi; uscirà nel mondo dalla Donna nel corpo. Il sogno finito fu.

Genesi 37,7
E nel mondo l'energia entrò, l'Unico per inviare la grazia la portò in un vivente con la divinità; fu nella Madre Dio a vivere.
Fu in un vivente dentro completamente a recare la rettitudine.
Nel mondo al demonio una calamità inviò che entrata lo rovescerà dai viventi. Nel mondo Dio, in un uomo fu a portare in cammino in un vivente l'energia.
Scese dentro per la perversità dell'angelo (ribelle) nel mondo finire.
Riempito dentro fu con l'energia uscita da Dio un uomo.
La forza della rettitudine dalla morte lo risorgerà.
La fine ad annunciare sarà all'angelo (ribelle).
Il rifiuto al serpente da un uomo ci fu.

Genesi 37,8
E fu l'Unigenito per l'amarezza recata dal serpente a recarsi dai fratelli, fu a recare nel mondo in un vivente la potenza della rettitudine per finirlo.
Dominerà con la rettitudine l'Altissimo l'angelo (ribelle) che si recò all'origine nei viventi.
Che a salvarli si portava dal serpente l'indicò ai viventi con una luce potente sulla casa, che gli angeli recarono e, portandosi in circolo, il Verbo che si portava testimoniarono.
Alla luce, bello venne, e dall'alto il sogno finalmente fu a portarsi, e si vide nascere; dentro il corpo fu a portarsi.

Genesi 37,9
E fu (Giuseppe) in sogno a sentirsi portare un aiuto: (che disse) di nascondersi da un potente, portando la madre con il primogenito di nascosto.
Per le teste portare per essere contate (in quanto c'era un censimento) veniva a portarsi dal potente.
Dai fratelli (a Betlemme) era a portarsi.
E fu a dirgli d'uscire l'angelo, che gli uscì in sogno.
Ai confini fosse a nascondersi accompagnando la Madre.
Sentito il portato aiuto, si portò fuori.
Per l'angelo, uscì in campo aperto.
Per illuminarlo, per salvarlo gli recò fuori la luna e dai fratelli (non avvertì nessuno e partì di notte), per la conoscenza che gli illuminò la testa, alle stelle fu.
Con la Madre, salvato, ai confini si nascose.
A portarcisi fu per la parola che c'era stata.

Genesi 37,10
E s'era per il conteggio/censimento, iniziato da (quel) potente, il padre (Giuseppe) ad essersi portato, ma non dai fratelli s'era portato.
(Pare comprendersi che per paura d'Erode si portò a Betlemme senza andare dai parenti)
Ed afflizione il nemico della casa/famiglia (Erode), da cui si portava il padre, fu a recare.
E fu ai primogeniti amarezza il potente a portare (onde) dalla vita uscissero.
Uscito per il sogno fuori questi (Giuseppe) uscì.
Con il primogenito principe si nascose.
Per il potente morti uscirono nella casa, e ai primogeniti che gli inviati entrando incontrarono, furono a portare per primi la strage.
Per i fratelli fu con la sposa ad uscire prostrato, ma (la Sacra Famiglia) dai confini, camminando, dal paese uscì.

Genesi 37,11
E con obbedienza all'angelo che desiderava v'entrasse al nascondersi fu a portarsi.
E il padre fu a portarsi da custode per il venuto comando.

Genesi 37,12
E chi era in cammino (dove) l'Unigenito nascosto era, portò (la notizia) che per il potente cattivo si portò la fine.
Venne giù incontrato dal padre rifù a riuscire con la madre da dove abitavano per l'illuminazione che anelavano.

Genesi 37,13
A riportarsi fu per il dire in Israele.
Dio a Giuseppe fuori accompagnò con il primogenito (da dove) l'Unigenito nascosto era.
Il retto nella mente a sentire fu (dove) vivere con la casa /famiglia.
Vagò dal regno fuori portando la donna da (quei) potenti a nascondersi.
Così per Dio fu ad uscire vivo.
A portare fu l'Unigenito dalle amarezze accompagnandolo fuori; dagli angeli inviato fu.

Genesi 37,14
E fu a dire (agli angeli) d'accompagnarli il Potente.
Di Cana (in Galilea) alla vista vennero gli illuminati accompagnati a vivere.
E vennero liberi a portarli a vivere; fuori da pecore li portarono fuori dall'esilio.
La Parola portata fu libera a nascondersi dalla perversità per vivere tra il popolo.
Di versarsi per nascondersi dentro la mente gli (a Giuseppe) portarono gli angeli.
E fu la casa/famiglia dell'Unigenito illuminata così per vivere nel mondo.

Genesi 37,15
E fu a stare tra i viventi giù l'Unigenito nel mondo.
Ed in un uomo portò ad entrare l'energia.
Il mondo l'indicazione sentì uscire che a casa del demonio ad entrare porterà la forza della risurrezione.
Dio, dalla prigione porterà fuori gli uomini, che con il serpente alle origine per la ribellione entrarono.
Alla fine dentro vi rovescerà la risurrezione.

Genesi 37,16
E fu l'Unigenito per vivere nel corpo a venire d'un fratello che era un primogenito che ucciso sarà dai viventi, (ma) dentro versò la risurrezione nel mondo.
Un angelo di Dio era.
Dell'Unico era il Verbo.
Nel mondo uscì la Madre che a pascolare fu i viventi.

Genesi 37,17
E fu a dire al mondo che un primo era stato risorto.
Da vessillo in vista portava ai viventi questi nel mondo.
La rettitudine fu a risorgerlo.
Dal seno il Crocifisso fu ad originare Maria che con gli apostoli in cammino uscirono.
La legge divina furono gli apostoli nel mondo a portare che erano per il serpente bruciature ed erano a strapparlo via dai fratelli dei quali un corpo/Chiesa per l'Unigenito a vivere portarono.
E sono ai viventi, che nella sozzura vivono dentro d'aiuto, limitando l'angelo (ribelle).

Genesi 37,18
Ed è il corpo/Chiesa a desiderare che rivenga per riportare in vita i corpi dalle tombe.
Sperano che dentro la carità nel corpo dei viventi sia rovesciata, che la divinità sia ad entrare nei viventi e sia a finire l'angelo (ribelle) in tutti e venga portato il serpente fuori con il morire che reca.

Genesi 37,19
E sarà l'Unigenito in vita i corpi a riportare.
Gli uomini "Dei" fratelli saranno portati per l'entrata energia.
Entrando dentro, per l'azione potente uscirà l'ammalare con la morte entrata per il serpente, che in questi entrò dentro all'origine.

Genesi 37,20
Ad esistere sarà a portare il sogno che tutti erano a portare.
E dal tempo uscirà il serpente arso dalla portata energia.
Fuori dai corpi a scorrere la perversità porterà.
Dall'angelo (ribelle) libererà spengendolo.
E da dentro dai fratelli aiutati uscito, a mangiare lo porterà il Crocifisso e l'originaria amarezza dall'angelo portata nella vita, uscirà.
Il cattivo uscirà mangiato da tutti nel mondo, e porterà il fuoco l'Unigenito ad entrare nei viventi.
Ad esistere sarà a portare il sogno che tutti sono a portare.

Genesi 37,21
E sarà bruciato nei viventi il nemico dall'Unigenito che porterà dentro l'energia.
A salvare porterà i viventi che gli saranno simili e sarà dell'Unico a vivere nei corpi la potenza originaria.
Ucciderà la portata energia il superbo.

Genesi 37,22
Riportata sarà stata dall'Unigenito a vivere nei corpi la divinità che uscì per i viventi dal corpo, che dell'Unico li riporterà i figli.
La divinità, dalla croce sul monte calvo (Calvario) portò con il sangue al mondo per riscattarli.
Fu (infatti) la rettitudine a recare che viene a recare la divinità; uscì da dentro portandosi dal corpo fuori.
Dalla ferita/colpo uscì una Donna; alle moltitudini la Madre con la parola a portare fu in aiuto.
Che la divinità del Crocifisso li salverà annunciò, portandosi da casa e perché sentissero gli apostoli uscirono.
Giù furono da rifiuto (al serpente) dal Crocifisso portati d'aiuto con la parola per il ritorno; e da Dio Padre fu a portarsi.

Genesi 37,23
E fu nel mondo a stare la rettitudine per la Donna che alle moltitudini l'Unigenito fu a portare.
Con la pienezza della parola di Dio, fratelli è a portarli, recando la forza del soffio che dal Risorto fu dal cuore; e vengono aggiunti.
Vengono una tunica a portare e vengono con la rettitudine del Crocifisso inviati ai confini del mondo.
Parlando in giro sono i viventi la beatitudine dell'Altissimo a portare.

Genesi 37,24
Li portano all'obbedienza nelle assemblee.
Dalla perversità in cui si portavano sono liberati dalla rettitudine recata.
L'Unigenito Crocifisso portano nel mondo a mangiare.
Ad entrare nelle cisterne i corpi versano.
Dell'Unigenito è l'energia dentro a portare la Madre a stare nell'acqua.

Genesi 37,25
Ed è il Risorto dentro a recare la potenza.
Col mangiare del pane porta l'essenza.
L'Unigenito recò una sorgente di forza ad uscire con la Madre.
La portò ad esistere dal corpo l'Unigenito, e recò fuori gli apostoli nel mondo, che iniziarono un corpo/Chiesa nelle assemblee per il Crocifisso in forza dell'ascolto.
La divinità è nei viventi dentro dall'Unigenito ad entrare per la Madre, che a rivelare l'Eterno porta.
E nel cammino la parola è ad uscire ai viventi dagli apostoli sulla risurrezione dell'Unigenito che fu dai viventi ucciso.
L'Unigenito dalla croce portò giù un'irrigazione di potenza dal cuore; nel mondo portò nel cammino a stare la Madre (onde) al serpente nel mondo portasse un corpo/Chiesa che fosse a bloccarlo.
Per la contesa un corpo/Chiesa fu dalla Madre ad uscire.

Genesi 37,26
A portare fu ad iniziare a vivere un corpo/Chiesa del Signore per aiutare nel mondo.
La divinità ai fratelli è a recare ai viventi che v'entrano dentro.
Giù in azione con la rettitudine sono dagli apostoli rigenerati.
La superbia finisce nei fratelli che l'angelo (ribelle) fu a portare.
Portando la rettitudine, pieno è il rifiuto (per l'angelo ribelle) del Crocifisso nei simili recato.

Genesi 37,27
La potenza della rettitudine recata porta all'angelo piaghe.
Nel corpo/Chiesa abita la potenza per l'essenza in seno della divinità che è dalla Madre portato.
È con l'aiuto degli apostoli a portare che Dio nel Crocifisso il mondo fu ad abitare, e cosicché fu nostro fratello e nostra carne e che Lui ha portato la forza della risurrezione.
I viventi che a sentire si portano fratelli sono portati.

Genesi 37,28
E sono con l'ascolto dentro al corpo/Chiesa portati gli uomini.
Stando con la Madre i viventi a giudicare sono le tentazioni.
Chi si chiude nel corpo/Chiesa puro si porta.
Sono salvati dalla rettitudine recata che porta a spazzare il serpente e viene ad essere riportata la pienezza.
La parola di vita che dagli apostoli dentro portano a saziarli esce e sono alla vita dell'Agnello portati.
L'Unigenito in croce fu a portare dal foro il soffio potente che fu ad accendere nella madre.
In azione la divinità è nella Madre dentro ad agire per liberare.
Fu dalla piaga dal foro soffiata e fu dentro ad essere dall'Unigenito portata.
Dell'Unigenito crocifisso fu a portare in giro il soffio la Madre, (dalla quale) giù nel corpo/Chiesa è nei viventi ad entrare.

Genesi 37,29
E ad abitare nel corpo/Chiesa l'Unigenito si porta.
Del figlio la divinità entra dentro e dal corpo/Chiesa porta fuori l'angelo (ribelle) che esce annientato per la forza che porta per strapparlo via da dentro.
Dentro ai portatisi nel corpo/Chiesa si porta il Diletto, che ad agire viene dentro.
(A chi in) cammino l'aiuto è a recare.

Genesi 37,30
Ed è dal Risorto dentro la divinità nei fratelli ad essere portata ed è l'amarezza ad uscire.
È per il rinascere annullato l'angelo (ribelle) che portavano, riportando l'originaria energia che è l'Unigenito ad inviare.
Escono i primi frutti dell'Unigenito.

Genesi 37,31
E sono a versare l'annuncio che venne la rettitudine dal Crocifisso inviata a tutti.
Fu a portarla dal foro con il soffio.
Ne portò l'essenza dal chiuso del cuore.
Gesù fu per il male colpire la forza alla Madre a recare.
Fu dal cuore da dentro al serpente a recarla.
Venne la rettitudine del Crocifisso inviata.
Tutti dentro aiuta i viventi.

Genesi 37,32
A portare è del Risorto il vigore, e viene il drago a finire nel mondo.
La parola che in giro è la Madre a recare, è dentro una forza che (fa) desiderare Dio per Padre.
È nel mondo ai viventi a recare con forza i detti che portò a questa l'Unigenito.
Tutti i viventi da gregge porta ad entrare dentro al corpo/Chiesa. La bellezza della rettitudine il drago finisce.
Dentro a perire lo porta l'Unigenito per ricominciare la pienezza.

Genesi 37,33
E fu la rettitudine a lanciare; portata fu dall'Unigenito ai viventi fiacchi dalla croce.
Da casa gli apostoli furono a vivere nel mondo da pastori.
Per l'Unigenito una sposa dai confini del mondo portano.
Dal cuore per guarire i cuori nel diventare fiacco fu a portare dal foro il soffio.

Genesi 37,34
E fu per rovesciare il cattivo, per spazzarlo, rovesciandolo da casa, che risorse.
La vita del potente nel Crocifisso fu riportata.
E fu a riaccesa la vita.
La risurrezione si riversò dentro.
Nel morto l'energia fu riportata.
A riportare fu al Crocifisso il Padre la potenza.
Agendo nel cuore l'energia lo riportò nei giorni a vivere.
Nel corpo dentro rifù la vita.

Genesi 37,35
E fu a riversarsi la vita, (in quanto) portava la rettitudine.
Potente a casa dagli apostoli fu a portarsi.
E la rettitudine nel cuore ad inviare il Crocifisso fu.
Gli portò la potenza per guidare i viventi e la recò a stare nella Madre per scontrarsi con il serpente.
Nel mondo il Crocifisso da guida la Madre recò.
Dell'Unigenito Le vive nel corpo la rettitudine.
Un fiume per aiutare Le originò nel cuore con l'energia che è del Padre; al serpente la risurrezione da maledizione recò, gli fu in casa per affliggerlo.
Il Crocefisso, che si portò dal Padre, sarà a riportarsi.

Genesi 37,36
Si riporterà nel mondo tra i viventi.
Giudicato sarà nei viventi per le piaghe che al corpo gli portò; verrà a portare il maledetto dai viventi a scendere dai corpi.
Sarà dai viventi il serpente che il soffio portò nei cuori con forza separato.
Nei corpi ci sarà la pienezza del soffio che per il cattivo uscì.
Risorgeranno i corpi.
Rientrerà nei cuori dentro la vita nei viventi.

GENESI 38 - DECRIPTAZIONE
Genesi 38,1
A portarli sarà fuori.
Saranno da dentro il tempo ad uscire con Lui.
E scenderanno nel Signore.
Aiuterà ad entrare le centinaia tutte.
I fratelli sarà a condurre.
Sarà a portarli nel cuore all'Eterno.
All'Unico, Gesù liberi i viventi sarà a portare.
I risorti i viventi porterà dalla tomba.
Saranno con i corpi ad uscire.

Genesi 38,2
E staranno nel corpo dell'Unigenito risorto i viventi che sarà fuori a portarli con (il proprio) aiuto dal mondo.
Da dentro al Crocefisso gli uomini così gli angeli a vedere inviati saranno che li porterà con la risurrezione a vivere da simili per il peccare che sarà stato rovesciato.
Dalle tombe fuori li porterà per stare a casa con l'Unico per la divinità che sarà entrata.

Genesi 38,3
Si porteranno dal Crocifisso ad entrargli nel corpo, sul colle s'insinueranno.
Abiteranno nel diletto che per primo venne risorto che vivo si riporterà alla vista col corpo.

Genesi 38,4
Portato a finire nel mondo il cattivo che ha recato l'essere impuri il Crocifisso la rinascita a figli a portato, tutti ha convocato.
Verranno i risorti a vivere portati dall'Unico e tra gli angeli l'invierà.

Genesi 38,5
Avrà portato il Crocifisso la pienezza.
Il soffio del peccare dell'essere impuro ha finito del serpente che s'insinuò.
L'angelo (ribelle) avrà portato a finire che si versò nei corpi all'origine.
Verrà dalla risurrezione strappato via.
Del serpente la perversità sarà ad uscire.
Dentro la rettitudine in questi risarà nell'intimo.
Dal Potente, per la legge divina rientrata, verranno portati.

Genesi 38,6
A portare sarà stato a versare nelle tombe il Signore l'aiuto.
Uscirà dal primo risorto fuori la potenza che agirà sui corpi.
Dentro la rettitudine riporterà nei corpi.
Li porterà a risorgere in vita, riusciranno tutti per rivivere nei corpi.

Genesi 38,7
Portate che risaranno ad uscire, saranno a vederlo le moltitudini che rette si riporranno con i corpi.
Saranno nello splendore per l'uscita del male.
Dentro la sorgente saranno del Signore a recarsi.
Saranno gli uomini del mondo a portarsi nel Signore.

Genesi 38,8
Ma sarà il primo ribelle per la perversità dalla porta fuori rifiutato e dagli angeli li invierà a casa dell'Unico Dio.
Dell'Unico alla luce il Crocifisso i fratelli sarà così a portare, saranno dentro per vivere a venire e dal mondo ve li verserà vivi.
Questi, il male avendo rifiutato, vi vivranno tra i retti.

Genesi 38,9
Recati saranno a conoscere l'Unico, ma l'angelo (ribelle) ucciso sarà stato.
Il serpente maledetto avrà portato a stare fuori dall'esistenza per l'entrata nel mondo di questi nei corpi.
Per il peccare che ci fu nel mondo all'origine per i viventi iniziò una maledizione. Da moglie il Crocifisso dall'Unico a vivere porterà condurrà i risorti, li strapperà via dalla terra.
Gli entreranno nel cuore.
Al Potente tutti sarà a donarli.
(Anche) gli stranieri innalzerà; da fratello sarà a portarli.

Genesi 38,10
Portati saranno dal male, da dentro le rovine che per l'angelo (ribelle) ci sono.
Col Signore beati a vedere la luce dal mondo li porterà.
Saranno dai morti a scappare, all'Unico tutti condurrà.

Genesi 38,11
Riportata sarà l'originaria vita nei corpi che c'era splendida.
Per l'uscita del serpente integri i corpi di tutti.
Il Crocifisso avrà portato la risurrezione. Dentro ci risarà di Dio la vita degli angeli.
Rientrata dentro sarà in tutti del Padre la forza della rettitudine.
L'eternità ci sarà con la gloria della risurrezione.
Potenti usciranno, figli saranno, da retti saranno a ricominciare a vivere guariti dall'angelo (ribelle).
Saranno dalla morte scappati i viventi per Lui che la rettitudine dell'origine nella vita avrà riportato.
Riporterà tutti a camminare da innocenti.
Con i corpi riporterà tutti dallo stare in esilio.
A casa saranno col Crocifisso; dal Padre saranno ad entrare.

Genesi 38,12
E saranno le moltitudini portate fuori dai giorni per la morte degli uomini dentro finita con la risurrezione portata.
Vedranno il primo risorto dalla croce il Signore che li aiutò fuori a portarli.
Sarà stato a guidarli vivi a stare nello splendore.
Dal mondo li avrà portati in alto.
Con l'agire il serpente ha tosato che era lo sterco che l'angelo (ribelle) aveva portato nel mondo, ma quel primogenito ha riportato la vita nei corpi onde uscì il male con la perversità.
Dal mondo nell'eternità del Potente a vivere staranno innocenti; tra gli angeli tutti entreranno.

Genesi 38,13
Recati saranno alla gloria tutti i viventi coi corpi per l'entrata energia.
Usciti dalle tombe i viventi saranno tra i retti innalzati tutti per vivere tra gli angeli.
Il Crocifisso dal mondo al Potente il tosato gregge condurrà.

Genesi 38,14
Porterà tutte nei gironi le moltitudini nella fortuna a stare di Dio per vivere nei pascoli.
Dal Crocifisso usciranno dal seno, dal Potente saranno così portati dall'oppressione a vivere.
Abitando su vedranno che è il Verbo che li ha condotti, il Crocifisso che in croce innalzarono (era) il Verbo che li portò.
Finito lo stare in esilio dentro al Verbo tutte a chiudersi nella sorgente furono i viventi alla felicità in alto le generazione tra i retti tutti vivranno, tra gli angeli del Crocifisso entreranno.
Così staranno nella gloria liberati dalla perversità portati Dio ad incontrare.
Il Crocifisso con gli angeli entrerà accompagnando dal Potente la moglie.

Genesi 38,15
A portarsi fu nel corpo di un primogenito nel mondo il Signore per sbarrare la perversità.
Fu nella prigione a stare in esilio nel mondo per il serpente colpire.
Si portò dagli angeli nel mondo.
Con la rettitudine in pienezza scelse d'entrare, in persona per stare nel mondo.

Genesi 38,16
A portargli fu nel cuore la divinità, fu nel mondo Dio ad entrare.
Per aiutare in un corpo la rettitudine portò.
Fu l'Unico dall'essere ribelle ad entrare.
In una casa entrò un angelo dell'Unico.
Il Padre portava nel primogenito la divinità a stare con la rettitudine che con bruciature al serpente da calamità agirà.
Così fu che ad una sposa l'indicazione portò.
Nel mondo avrebbe portato l'Unigenito ed alla prescelta disse che madre uscirà.
Dalla prescelta alla indicazione dell'angelo del Potente fu così il sia.
Nella prescelta dentro si portò nel primogenito la divinità a stare.

Genesi 38,17
Si portò a stare nel primogenito a vivere nel corpo "io sono".
Nella donna il vigore scorse quanto basta per agire in questa una forza di vita, nella madre l'energia entrò.
Scendeva per incontrare per finire l'origine dell'essere ribelle che all'inizio negli uomini un drago nemico dentro portò.
L'energia dell'Eterno ne brucerà il vigore con la rettitudine.

Genesi 38,18
E fu ad iniziare a vivere nel corpo della madre nel mondo.
Nel mondo del nemico in casa portò l'energia in una donna nel corpo.
Venne per finirlo con la rettitudine.
Portava la prescelta il primogenito che viveva nel corpo racchiuso per finire (quella) piaga.
Portava il Verbo che al termine sarà in cammino.
Portava la madre nell'utero la rettitudine.
Da una donna dal corpo dentro sarà da fiacco a portarsi a stare dal drago, (ma) dal serpente nel mondo si portava a stargli dentro un primogenito in cui la divinità stava per la perversità finire.
Nel mondo in un corpo la potenza recava.

Genesi 38,19
Porterà alla fine a rovesciare la morte al serpente con la rettitudine che reca.
La porterà da crocifisso da un foro del corpo.
Scendere si vedrà una forza dal Verbo.
Uscirà dal seno la potenza.
Dal Signore crocefisso dal cuore alla luce da dentro scorrerà quanto basta di divinità nei viventi.
L'energia porterà dalla croce nel mondo.

Genesi 38,20
A recare sarà della risurrezione il vigore il Signore.
Con l'aiuto che entrerà riverrà la fortuna nell'esistenza, entrerà in azione a colpire chi è nei viventi ad abitare, sarà a battere il cattivo per la perversità, l'azione libererà i viventi, sarà il serpente a rovesciare, strapperà via il nemico, dentro si riporterà l'energia, la vita sarà per l'aiuto a rientrare delle origini. Brucerà la perversità del serpente, la forza di prima rientrerà.

Genesi 38,21
Portata che sarà la risurrezione la divinità verrà negli uomini che saranno dalla putredine vivi a riuscire.
Rifiutato l'essere ribelle i guai usciranno, rientrerà la santità.
Da Lui da dentro la sorgente che sta in seno la potenza uscirà, le generazioni rette si riporteranno, sarà la primitiva vita nei corpi a riportarsi potente, originerà dall'apertura che fu nel Crocifisso aperta.
Da dentro di questa uscirà la santità.

Genesi 38,22
Porterà nell'esistenza a sorgere dentro la divinità il Signore per sbarrare la perversità che ci fu all'origine per l'essere ribelle.
Dai viventi lo sterco finirà, saranno nel mondo a riportarsi in cammino vivi gli uomini che erano entrati nella putredine e le centinaia vive sazie di potenza nell'Unigenito entreranno a stare.
Tutti entreranno dentro di questi.
Dal mondo nel Santuario entreranno.

Genesi 38,23
Portato che sarà il primo ribelle ad uscire per il portato aiuto dal mondo finirà di rovesciare l'ammalarsi nelle persone.
L'energia dell'Essere nei cuori si riporterà.
In questi per l'uscita dell'angelo (ribelle) per l'entrata risurrezione il vigore in tutti ci sarà.
Rientrerà la fortuna che era uscita da questi.
Di Lui in tutti entrerà la potenza, la forza riverrà.

Genesi 38,24
Portata sarà a rientrare nell'esistenza la rettitudine nei viventi.
Nel terzo (giorno della loro creazione) nelle tombe l'aiuto della risurrezione ci sarà che in vita li riporterà.
Saranno gloriosi, saranno splendenti per la rientrata potenza che originariamente viveva nei corpi.
Il Signore per aiutarli nel mondo entrò si portò giù fu in un primogenito lo portarono in croce, la risurrezione la guarì.

Genesi 38,25
A rientrare si portò in quel primogenito la vita e si rialzò, venne a portarsi fuori, fu il primo che risorse.
Il vigore gli rientrò per la divinità.
Dalla tomba vivo fu ad uscire potente.
Nell'Unigenito rivisse nel corpo la potenza.
Tra gli uomini un primo risorto si vide.
Dal Potente dal mondo accompagnerà ad incontrarlo i retti che saranno partoriti porterà alla fine.
Da quel primo con l'acqua dal corpo uscì la rettitudine.
Dal corpo invierà la divinità ai viventi che sono nel mondo.
Dalle tombe tutti i morti si riporteranno fuori.
Dal Verbo in croce in cui c'è la potenza sarà ai viventi a portarla uscirà la vita dal cuore dall'apertura uscirà la divinità nel mondo.

Genesi 38,26
A portarsi sarà da agnello il Signore, in aiuto del mondo si porterà, sarà da prima dall'essere impuro giù da debole ad entrare in un vivente ove viva l'energia ci sarà della rettitudine per spazzare il serpente.
Della rettitudine l'energia rifiuterà l'angelo (ribelle) completamente, alla fine sarà ad uscire per la potenza di una infuocata fiamma che l'energia sarà a recare.
Il rifiuto sarà a far perire chi pecca, libererà l'aiuto dal tempo del mondo.

Genesi 38,27
A portare fu nel mondo ad esistere dentro il tempo per il serpente sbarrare, lo scelse per (onde) la perversità dell'angelo uscisse al termine, desiderando fossero a vivere (mentre) fosse dal vivere dall'intimo dei cuori l'angelo ad uscire.

Genesi 38,28
A portarsi fu nel mondo, fu a casa del serpente, la legge divina nel mondo recò, fu dal drago ove sarà a sbarrarlo, lo porterà a finire, rovescerà le prigioni che aprirà ai viventi che saranno a rinascere tutti.
Porterà alla fine a rovesciare nel fuoco il cattivo serpente che fu impuro.
La risurrezione che invierà sarà da rifiuto per l'essere ribelle.
Questo uscirà, spunterà dai corpi.
L'Unico brucerà l'angelo (ribelle) del mondo.

Genesi 38,29
Portò a stare nel mondo la forza della rettitudine ai viventi in dono. Sarà dentro la forza che l'essere impuro porterà fuori.
L'angelo uscirà che fu a scendere all'origine che nel primo vivente si portò e segnò la prima ribellione.
Per far frutto scese alla fine l'Altissimo con la forza della rettitudine.
Il Verbo in un corpo scese, si portò a rovesciarsi alla vista il Nome, si portò col volto in un corpo giù.

Genesi 38,30
Si portò l'Unico in una grotta, fu a scendere in un primogenito, in un fratello fu a portarsi.
Una donna dal corpo per l'Altissimo aiutare lo portò al mondo.
Una seconda volta sarà a portarsi il diletto.
Il colpevole si porterà a colpire nei corpi nascosto.

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