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GLI ANIMALI, CANTICO PEREQ SHIRAH E IL PECCATO D'ADAMO
di Alessandro Conti Puorger

UOMINI E ANIMALI
Per l'uomo che vede la propria ed altrui traiettoria di vita - infanzia, adolescenza, maturità, vecchiaia - è ineluttabile la constatazione che l'esistenza dei singoli individui della propria razza, concepita nell'esperienza del sensibile, è destinata a terminare.
L'essere umano è spettatore, infatti, in sé e negli altri dei segni di un progressivo cambiamento fisico e comprende che è costretto a subire l'inesorabile processo evolutivo del proprio corpo che, nella migliore delle ipotesi, cesserà di agire morendo di vecchiaia di durata non certa, inevitabile e non superabile ultima "malattia" d'esito sempre infausto.
Per chi è scampato a precedenti incidenti, malattie ecc. la vecchiaia è percepita quale attentato finale alla permanenza nel mondo sensibile col graduale abbattimento del residuo baluardo di forza fisica prima della dissoluzione in polvere del proprio corpo.
L'uomo si rende così conto d'essere il soggetto di una caducità intrinseca.
Su questa tematica l'autore del libro della Genesi, il primo dei libri delle Sacre Scritture della Tenak ebraica e della Bibbia cristiana, coi racconti della "creazione" - capitoli 1, 2 e 3 - prospetta la propria opinione sulla motivazione di tale caducità ed entrambe le tradizioni la considerano ispirata come del resto tutta la Torah.
Tali racconti saldano in un unico pensiero allegorico midrashico vicende antiche che si agitano nei miti dei popoli, ma che la profondità della meditazione dello spirito hanno distillato in un testo denso di profondi contenuti teologici - etici - esistenziali.
È da andare al primo capitolo ed ai sei giorni della creazione quando, procedendo per tappe che vanno di pienezza in pienezza, Dio creò l'uomo.
L'autore imposta i racconti ponendo come finalità ultima delle opere dei 6 giorni, appunto, l'uomo, collocato poi nel giardino dell'Eden che Dio stesso aveva piantato, perché la prima coppia vi crescesse libera e giusta.
(Vedi "Spirito creato in 7 tappe - Genesi codice egizio-ebraico" in "Ricerche di Verità".)
  • Primo giorno - Dio disse: "Sia la Luce", e questa fece distinguere le tenebre.
    "…Dio esisteva in sé perfettamente solo. Nulla esisteva che fosse partecipe della Sua eternità. Allora egli stabilì di creare il mondo. Come lo pensò, come lo volle e come lo descrisse con la sua parola così anche lo creò… Dio esisteva nella sua unicità e nulla c'era che fosse coeterno con Lui. Niente esisteva se non Dio. Egli era solo ma completo in tutto. In Lui si trovava intelligenza, sapienza potenza e consiglio. Quando volle, e nella misura in cui volle, egli, nel tempo da Lui prefissato ci rivelò il suo Verbo per mezzo del quale aveva creato tutte le cose… Pronunziando una prima parola, e generando luce da luce, presentò alla stessa creazione come Signore il suoi stesso Pensiero e rese visibile colui che egli solo conosceva e vedeva in se stesso e che prima era assolutamente invisibile per il mondo creato. Lo rivelò perché il mondo lo vedesse e così potesse essere salvato. Questi è la Sapienza che venendo nel mondo si rivelò Figlio di Dio. Tutto fu creato per mezzo di Lui, ma egli è l'unico che viene dal Padre." (Dal trattato "Contro Noeto" di Sant Ippolito, sacerdote.)
  • Secondo giorno - Divise le acque di sopra da quelle di sotto col firmamento o cielo.
  • Terzo giorno - Appare l'asciutto dal mare e si producono erba, alberi e frutti.
I primi tre giorni hanno come corrispondenti i successivi altri tre giorni:
  • Al Primo corrisponde il Quarto, con formazione dei lucernari ed appare giorno e notte;
  • al Secondo corrisponde il Quinto, con pesci nel mare, rettili e uccelli del cielo;
  • al Terzo corrisponde il Sesto, con animali che mangiano erba e l'uomo semi e frutti.
Ogni giorno della creazione ha in sé due elementi tra loro posti a contro altare, uno solare luminoso, pienezza di quel giorno, l'altro complemento minore.


Primo giorno: luce - tenebre.
Secondo giorno: acque di sopra, cielo - acque di sotto.
Terzo giorno: terra dal mare e su queste, semi e frutti, erbe.
Quarto giorno: giorno - notte.
Quinto giorno: uccelli - pesci e rettili.
Sesto giorno: uomo - animali.

Alla fine di quel processo, la Genesi dice che "In principio… Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e disse loro: Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra." (Genesi 1,1-27s)

Il primo dei precetti fu essere fecondi e moltiplicarsi secondo la propria specie e secondo ciò che la natura comporta per una corretta procreazione.
Il libro del Levitico poi sarà più esplicito: "Non avrai con maschio relazioni come si hanno con donna: è abominio. Non ti abbrutirai con alcuna bestia per contaminarti con essa; la donna non si abbrutirà con una bestia; è una perversione." (Levitico 18,22-23)
È, peraltro, vietato anche incrociare tra loro specie diverse di animali - "kilayim" - come pure mischiare nello stesso campo semi diversi e formare tessuti con fibre diverse: "Osserverete le mie leggi. Non accoppierai bestie di specie differenti; non seminerai il tuo campo con due sorta di seme, né porterai veste tessuta di due diverse materie." (Levitico 19,19)
Questa è la regola dello "shaatnez" e sta ad indicare che nella creazione di Dio ogni cosa ha il suo posto e tale ordine non deve essere cambiato dall'uomo.
In quei versetti la Genesi per il "dominare" usa il verbo ebraico ossia signoreggiare, vale a dire essere al disopra, ma non c'è la parola morte o morire il cui concetto apparirà per connesso all'albero della conoscenza del bene e del male e poi in bocca al serpente nel racconto di Genesi 3.
Tra l'altro le lettere di signoreggiare suggeriscono un pensiero ecologista totalizzante: lui, l'uomo, deve essere "la testa che li aiuterà nel mondo ".
Il cibarsi e il dominare, così, non comportava morire od uccidere chicchessia.
Quando si parla peraltro di cibo, infatti, "…Dio disse: Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo. A tutte le bestie selvatiche, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde. E così avvenne." (Genesi 1,29-30)
Esclude per l'uomo il mangiare animali e per gli animali il mangiare altri animali.
Intendo sottolineare i motivi di fondo che i racconti della creazione propongono a netta distinzione dell'uomo rispetto agli animali.

PRIMO "DISTINGUO" NEL GENESI TRA ANIMALI E UOMO
La prima distinzione fondamentale che c'è tra gli uomini e gli animali secondo l'autore del libro della Genesi è che "Dio disse: Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra." (Genesi 1,26)
Mi pare che basterebbe già questo "distinguo" per far comprendere che c'è nella mente dell'autore un vallo incolmabile, un salto di qualità totale, un avvicinamento particolare e speciale della creatura uomo al Creatore.
Nella tradizione ebraica o cabbalh è interpretato che il primo uomo fu creato a somiglianza dell'Adam Kadmon, essere di luce al principio del processo di emanazione, modello da cui fu tratto appunto l'Adamo terreno che sarebbe stato contemplato dal profeta Ezechiele sul carro di fuoco.
Per il cristianesimo Dio ha pensato se stesso come uomo nella persona del Figlio generato e non creato, consustanziale al Padre, l'Unigenito, che s'è rivelato come Figlio dell'Uomo nella storia della salvezza, incarnandosi nel figlio di Maria, Gesù della Santa Famiglia di Nazaret.
Nelle lettere di San Paolo si trova:
  • "...sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo disegno. Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo..." (Romani 8,28s)
  • "Egli è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura; poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili... Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui." (Colossesi 1,15s)
  • "In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo... per realizzare nella pienezza dei tempi: il disegno cioè di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra." (Efesini 1,4-10)
SECONDO "DISTINGUO" NEL GENESI TRA ANIMALI E UOMO
Il Genesi 1,28 "Dio li benedisse e disse loro: Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra" usa il termine "ogni essere vivente", in ebraico , ossia "tutto ciò che vive", e Genesi 1,30 precisa "nei quali è alito di vita", vale a dire ove c'è un respiro di vita .
Il termine è tradotto anche con anima, ma in effetti è alito, respiro, soffio; come di chi soffia sul fuoco "energia dalla bocca sul fuoco ".
L'idea di anima è trasmigrato nel pensiero teologico dal neoplatonismo che ha inculturato i proseliti dell'ebraismo.
Nel capitolo 2 al versetto 7, però, l'autore sente la necessità di precisare il particolare modo con cui fu creato l'uomo: "allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente ."
L'uomo diviene un essere vivente cioè ha un respiro come gli animali e a tutti gli effetti è come loro un respiro che vive.
Sembra così per il comune termine , "volgarizzato" in anima, esservi una stesso tipo di anima negli uomini e negli animali.
I termini usati nel versetto Genesi 2,7 per la creazione dell'uomo però sono particolari e meritano una grande attenzione:
  • plasmò è il termine che usa il vasaio " fu ad alzare un corpo ".
    La materia base da cui Dio lo forma è la polvere della terra e Dio è perciò come un vasaio che con la polvere della terra plasma il corpo dell'uomo.
    Dirà San Paolo che l'annuncio di Cristo risveglia un'anima nell'uomo "E Dio che disse: Rifulga la luce dalle tenebre, rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo. Però noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi." (2Corinzi 4,6s)
    Questo vaso di creta, il corpo visibile, il vestito di cellule ed atomi con la morte si rompe ed esce il contenuto, l'uomo nuovo, con una nuova "carne".
    San Paolo nella 1 lettera ai Corinzi aveva concluso: "Se c'è un corpo animale, vi è anche un corpo spirituale, poiché sta scritto che il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l'ultimo Adamo divenne spirito datore di vita. Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi lo spirituale. Il primo uomo tratto dalla terra è di terra, il secondo uomo viene dal cielo. Quale è l'uomo fatto di terra, così sono quelli di terra; ma quale il celeste, così anche i celesti. E come abbiamo portato l'immagine dell'uomo di terra, così porteremo l'immagine dell'uomo celeste. Questo vi dico, o fratelli: la carne e il sangue non possono ereditare il regno di Dio, né ciò che è corruttibile può ereditare l'incorruttibilità." (1 Corinzi 5,44-50)
  • polvere del suolo cioè con elementi già creati, non esclude l'evoluzione; con la lettura di quelle lettere si può avere: "Agì soffiando nei corpi la vita degli angeli che entrò nell'uomo nel mondo ."
  • soffiò nelle sue narici la lettera ebraica è una bocca e pare proprio vedersi le due bocche, quella dell'uomo su cui scaturisce il soffio dalla bocca di Dio.
  • un alito di vita "nishmat haiim ove nishmat" è altro modo per dire alito, soffio, e quindi tradotto anche in termini più tardivi con anima.
    È da notare che qui vita non è singolare, ma plurale, forse duale, "lo spirito delle due vite" e così è usato nel versetto Genesi 2,9 quando dice dell'albero della vita piantato nel giardino; in effetti, è l'albero delle due vite .
    È questo lo spirito datore di vita di cui parla San Paolo che grazie a Cristo "invia la risurrezione agli uomini/morti ".
  • essere vivente è lo stesso che per gli animali "un respiro vivente".
    L'uomo così per quanto riguarda questa è come un animale, perché anche lui è un respiro vivente, ma ha avuto una formazione particolare rispetto a loro in quanto, l'autore del Genesi volutamente lo evidenzia, ha proprio un soffio di alito di Dio, che si aggiunge allo atto creatore degli animali.
    È quel versetto Genesi 2,7 al momento della creazione dell'uomo l'unico dei tutta la Bibbia in cui sono usati assieme i termini di e .
    Se questi si traducono anima se ne ricava che l'uomo oltre "l'anima animale" ha una "anima" particolare la "nismat" un soffio specifico di Dio (Vedi "Adamo uomo tra due regni" in "Ricerche di Verità") ed è sicuramente questa preparata per la seconda vita.
    È perciò l'uomo un essere vivente particolare, perché non creato come gli animali con la sola (ebraico "nèfesh hachaiyàh"; latino "animam viventem"; greco "psychè ton zòion"), ma formato con precisa volontà con un alito soffio ("ruach", in greco "pnéuma" e in latino "spiritus") del suo Spirito (vedi Genesi 6,3).
Ciò era ben chiaro agli antichi come risulta nel libro di Giobbe che è ritenuto appunto un dei libri più datati:
  • "Egli (Dio) ha in mano l'anima di ogni vivente e il soffio di ogni carne umana." (Giobbe 12,10)
  • "Ma certo essa (la sapienza di Giobbe 32,7) è un soffio nell'uomo; l'ispirazione (l'alito) dell'Onnipotente lo fa intelligente." (Giobbe 32,8), quindi diverso dagli animali.
La base di partenza è la polvere della terra.
Gli evoluzionisti possono intendere ciò anche come un progresso dalla specie umana di tipo animale il quale però, avverte l'autore ispirato, di fatto è da considerare che l'ulteriore passo non è automatico, ma avviene con specifico intenzionale intervento creativo.
È soffiato da Dio nelle narici di ciò che ha plasmato per farne un uomo un particolare alito di vita, questo è il fatto nuovo.



"A portare è un soffio nel ventre () l'Unico . Il soffio la colomba () (figura dello spirito = è a recare l'energia ) accende nell'uomo la vita che sta nella madre ."

Si può avere la variante, ma il significato è identico.

"Il soffio è a recare l'energia del Nome segnando la vita che sta nella madre ."

Come se ad un certo momento Dio formò un particolare animale e gli soffiò il suo spirito (Colomba) e l'uomo non fu solo una creatura animale, ma un essere a Lui, l'Unico , simile () per il soffio del suo Nome.
L'uomo ha quindi in sé insite come due vite.
Ripete due volte il Salmo 49,13.21: "Ma l'uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono".
Il racconto del capitolo 3 del Genesi comporta che Adamo ed Eva, mangiando del frutto della conoscenza offerto dal serpente sono stati invasi dal suo spirito, invidioso dell'uomo e del disegno che aveva Dio su l'umanità.
Lo spirito ribelle dell'angelo superbo, che secondo la tradizione orale fu precipitato dal cielo, lo ricorda il profeta Isaia: "Come mai sei caduto dal cielo, Lucifero, figlio dell'aurora? Come mai sei stato steso a terra, signore di popoli? Eppure tu pensavi: Salirò in cielo, sulle stelle di Dio innalzerò il trono, dimorerò sul monte dell'assemblea, nelle parti più remote del settentrione." (Isaia 14,12.13)
Da allora nell'uomo vi sono come due spiriti che si combattono quello del "noefoesh" e del "nismat" , quello che la tradizione indica come quello dell'angelo cattivo e dell'angelo buono che entrambi consigliano l'uomo:
  • "l'angelo superbo " = ;
  • "L'angelo/energia che il Nome indica " = .
Il primo è destinato a finire "polvere tu sei e in polvere tornerai!" (Genesi 3,19b)

Su questo tema San Paolo nella lettera ai Romani riassume la situazione vedendo in sé come due leggi, con questa chiara espressione: "...acconsento nel mio intimo alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un'altra legge, che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra. Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte? Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore! Io dunque, con la mente, servo la legge di Dio, con la carne invece la legge del peccato." (Romani 7,22-25)

TERZO "DISTINGUO" NEL GENESI TRA ANIMALI E UOMO
Per l'autore del libro della Genesi altra differenza sostanziale dell'uomo nei riguardi gli animali è che, come propone nei versetti Genesi 1,29.30, all'uomo Dio dà in cibo i semi e i frutti mentre al bestiame l'erba.
Da ciò si evince che dei frutti degli alberi del giardino, tutti, compresi quelli dell'albero della vita, o delle due vite, e dell'albero della conoscenza del bene e del male, gli animali del giardino non potevano mangiare, perché a loro Dio aveva detto: "io do in cibo ogni erba verde".
Solo l'uomo ne poteva mangiare, anche se per i frutti dell'albero del bene e del male c'era stata proibizione che è da intendere, visto che l'albero c'era, che Dio stesso voleva dargliene in cibo, ma in Sua presenza e non voleva per il bene dell'uomo che ne mangiasse da solo.
La conoscenza, infatti, ha bisogno di un'iniziazione.
Il conseguirla senza un commento sapiente o addirittura con un didascalo subdolo, come avvenne secondo il racconto col serpente, è pericoloso e può comportare anche pericoli mortali.

In quei versetti c'è però un'insistenza nella parola seme che nel testo italiano sembra ripetuta due volte, mentre invero nel testo in ebraico le lettere di seme si presentano quattro volte perché per ciò che traducesi "produce seme" sono scritte ciascuna volta due volte con diversa vocalizzazione, che in origine non era riportata, e si legge "zore'a zoera'", come un "seminano seme".
Questa sottigliezza della voluta ripetizione, essendo il racconto allegorico, mette in guardia che all'uomo, col mangiare del seme è certamente riservata qualche specifica funzione.
Dalla lettura delle lettere con i significati grafici intriseci, spezzando la parola o con modalità mista, si ottiene:
  • questi da mente/testa agiranno ;
  • questi pastori ();
  • colpire ciò che è male ;
  • da straniero agire .
L'uomo ha perciò rispetto agli animali funzioni proprie che comportano anche un senso di guida e protezione e di evitare il male che in definitiva ha riflessi anche su di loro, alla stregua di come fa un pastore che protegge il suo gregge e tener conto che se pure in un paradiso terrestre non è quello il suo stato finale a cui è destinato.
L'uomo doveva ritenere di vivere come da passeggero, in una scuola di vita, cioè non sedersi, perché non è tutto lì l'essere, ma l'esistenza è un divenire eterno non statico, mentre l'uomo aspira ad una eterna stabilità.
Il creato è per l'uomo come palestra ove si deve considerare quale straniero, come i cristiani nel mondo secondo la Lettera a Diogneto (in greco d'autore ignoto del II° secolo sulla nuova fede cristiana) in V5: "Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera."
L'uomo è la mente del creato ed è chiamato a fare da gestore degli stessi animali, cioè essere pastori; inoltre, di specifico l'uomo ha una problematica che gli animali non hanno, agire evitando il male.
Da tutto ciò si arguisce che il signoreggiare non prevedeva la morte e l'uccidere di alcunché; anzi secondo quanto dice al capitolo successivo (2,15): "Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse."
L'idea quindi era quella della razza umana sopra a tutti.
Uomo, signore e pastore, non soggiogatore e sfruttatore.
Anche la parola frutti "perì" comporta una missione spirituale, cioè "far frutto () nella propria esistenza ".
Per l'ebreo a cui parla la Genesi ciò si consegue "con la Parola - ovviamente di Dio - quando nel corpo/mente starà ", perché produrrà l'uomo giusto che è il vero frutto atteso della terra.
Segnala il Salmo 67,7.8 questa aspirazione: "La terra ha dato il suo frutto. Ci benedica Dio, il nostro Dio, ci benedica Dio e lo temano tutti i confini della terra."
Questa è profezia del frutto della pienezza quando s'espliciterà appieno il senso di quelle lettere "Il Verbo in un corpo starà " il che per il cristianesimo s'è realizzato con la nascita di Gesù di Nazaret.

La prima volta che appare nel libro della Genesi il concetto di morte e di morire è dopo la descrizione del giardino dell'Eden, quando "Il Signore Dio diede questo comando all'uomo: Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti." (Genesi 2,15-17)
Questo è il secondo comando che Dio diede all'uomo, dopo il primo che fu di essere fecondo e di moltiplicarsi (Genesi 1,28).
Logica vuole che nell'uomo l'idea del morire già fosse stata data, altrimenti, come avrebbe potuto comprendere il comando ed il pericolo?
Ne consegue che si deve sottintendere che una spiegazione al riguardo ci fu oppure concludere che nell'uomo era già radicata l'idea dell'evento definito morte, che a lui non riguardava, visto che c'era la possibilità del non morire, implicito nel divieto di mangiare dell'albero della conoscenza del bene e del male e nel poter mangiare dei frutti dell'albero della vita.
Forse c'era già il patto implicito che lì l'uomo era solo pellegrino e forestiero.
Nella seconda eventualità, non essendo morto alcun uomo tale esperienza poteva essere maturata in lui solo dalle vicende degli animali che forse subivano un ciclo esistenziale da cui gli uomini ancora erano esenti.
L'idea prevalente però nella tradizione è che la morte sia entrata nel mondo col peccato di Adamo, perché ha mangiato "dell'albero della conoscenza del bene e del male".
Osserva, infatti, il libro della Sapienza: "la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo; e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono." (Sapienza 2,24)
Questo "mangiare" ha comportato la perdita di una condizione privilegiata che aveva e che era assicurata dalla disponibilità de "l'albero della vita in mezzo al giardino" (Genesi 2,9) da cui è stato allontanato onde "non stenda più la mano e non prenda anche dell'albero della vita, ne mangi e viva sempre!" (Genesi 3,22) altrimenti rivivrebbe una seconda volta e rimarrebbe per sempre nella trasgressione, quindi incancrenito nella propria intenzione di disubbidire a Dio e di pensare di poter chiamare vita una propria sopravvivenza autonoma senza di Lui con tutte le conseguenze di pene su pene mancandogli comunque per sempre la pienezza.

La morte fisica conseguente all'aver mangiato non fu immediata secondo il racconto del libro della Genesi.
Adamo ed Eva vissero ancora fisicamente, pur se cacciati dal giardino.
Adamo visse 930 anni e prima di lui mori il figlio Abele per mano di Caino suo fratello, entrambi figli di Eva.
Si arguisce che gli uomini non avendo potuto mangiare dell'albero della vita furono ingoiati dalla morte, eccezioni nelle antiche scritture ebraiche:
  • Enoch, Genesi 5,24 "Poi Enoch cammino con Dio e non fu più perché Dio l'aveva preso."
  • Elia, 2Re 2,11 "...salì nel turbine verso il cielo."
Evidente che il frutto dell'albero della vita produceva la risurrezione che l'Apocalisse indica in 20,5-6.
L'ultimo dei libri della Bibbia cristiana, quello dell'Apocalisse, per quattro volte cita "la seconda morte":
  • 2,11 "Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese: Il vincitore non sarà colpito dalla seconda morte."
  • 20,5-6 "...gli altri morti invece non tornarono in vita fino al compimento dei mille anni. Questa è la prima risurrezione. Beati e santi coloro che prendono parte alla prima risurrezione. Su di loro non ha potere la seconda morte, ma saranno sacerdoti di Dio e del Cristo e regneranno con lui per mille anni."
  • 20,14 "Poi la morte e gli inferi furono gettati nello stagno di fuoco. Questa è la seconda morte, lo stagno di fuoco."
  • 21,8 "Ma per i vili e gl'increduli, gli abietti e gli omicidi, gl'immorali, i fattucchieri, gli idolatri e per tutti i mentitori è riservato lo stagno ardente di fuoco e di zolfo. È questa la seconda morte."
La presumibile funzione dell'albero della vita era quella d'assicurare a chi ne mangiava con continuità i frutti di godere della risurrezione.
Evidentemente Adamo ed Eva non ne avevano ancora mangiato e il serpente, furbescamente li tentò al momento opportuno.
Per quanto riguarda "albero della vita" o "albero di vita" nella Bibbia trovo 11 citazioni nell'Antico Testamento, di cui 3 nel libro della Genesi (2,8; 3,22; 3,24) e 4 nel libro dei Proverbi (3,18; 11,30; 13,12; 15,4).
L'albero della vita nelle citazioni in ebraico è sempre come con albero al singolare e vita al plurale il che rafforza il pensiero sull'albero delle vite.

Nel Nuovo Testamento l'unico libro che lo cita (in greco) è l'Apocalisse in 4 occasioni, con le seguenti parole:
  • 2,7 "Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese: Al vincitore darò da mangiare dell'albero della vita, che sta nel paradiso di Dio."
  • 22,2 "In mezzo alla piazza della città e da una parte e dall'altra del fiume si trova un albero di vita, che dà dodici raccolti e produce frutti ogni mese; le foglie dell'albero servono a guarire le nazioni."
  • 22,14 "Beati coloro che lavano le loro vesti: avranno parte all'albero della vita, e potranno entrare per le porte nella città."
  • 22,19 "e chi toglierà qualche parola di questo libro profetico, Dio lo priverà dell'albero della vita, e della città santa, descritti in questo libro."
Nel libro del profeta Ezechiele si trova:
  • 33,11 "Com'è vero che io vivo - oracolo del Signore Dio - io non godo della morte dell'empio, ma che l'empio desista dalla sua condotta e viva. Convertitevi dalla vostra condotta perversa! Perché volete perire, o Israeliti?"
  • 18,32 "Io non godo della morte di chi muore. Parola del Signore Dio. Convertitevi e vivrete."
Vale a dire in senso allegorico... mangerete dell'albero della vita.
L'albero della conoscenza del bene e del male si trova solo nel libro della Genesi al capitolo 2 e non sarà più necessario nella nuova Gerusalemme e non se ne trova traccia nel libro dell'Apocalisse, mentre ci sarà l'albero della vita.

UNICA SORTE FISICA
Il profeta Isaia definisce la morte la condizione disonorevole: "Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre che copriva tutte le genti. Eliminerà la morte per sempre; il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto; la condizione disonorevole del suo popolo farà scomparire da tutto il paese, poiché il Signore ha parlato." (Isaia 25,7s)
Questa situazione di caducità è una cappa che coinvolge non solo l'uomo, ma tutti quelli che ne sono soggetti, vale a dire tutto ciò che è sotto la legge del tempo e dell'entropia, perciò anche bestie e gli astri del cielo, ossia tutta la creazione, almeno la nicchia in cui vive la nostra esistenza umana e animale, insomma lo stato fisico d'esistenza prima o poi verrà a terminare.
Ciò emerge in tutta la sua chiarezza nella lettera ai Romani nel passo in cui San Paolo coglie questa situazione e così la sintetizza: "La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio; essa, infatti, è stata sottomessa alla caducità - non per suo volere, ma per volere di colui che l'ha sottomessa - e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo." (Romani 8,19-23)
Il fatto che un intervento da parte di Dio era atteso per togliere l'ignominia della corruzione con un evento favorevole che avrebbe coinvolto non solo l'uomo, infatti, ad esempio il Salmo 36 attribuito a Davide considera: "Signore, la tua grazia è nel cielo, la tua fedeltà fino alle nubi; la tua giustizia è come i monti più alti, il tuo giudizio come il grande abisso: uomini e bestie tu salvi Signore." (Salmo 36,6s)
È certo che nel pensiero biblico uomini e bestie sono stati accomunati e subiscono le sorti dell'uomo e a causa dell'operare umano, come i sudditi subiscono la sorte avversa per le colpe del proprio re.
Al riguardo è esemplificativo: "Distruggerò uomini e bestie; sterminerò gli uccelli del cielo e i pesci del mare, abbatterò gli empi; sterminerò l'uomo dalla terra. Oracolo del Signore." (Sofonia 1,3)
Le parole uomini e bestie e uomini e animali si trovano accoppiate in 15 casi, a partire dalle piaghe di Egitto; ossia le bestie degli egiziani avevano le colpe degli egiziani!
Delle bestie poco sappiamo sul loro intimo sentire, ma comprendono o non comprendono secondo i canoni umani, è certo che in loro c'è un istinto di sopravvivenza che implica una paura della morte come risulta dai tanti ritorni che ci vengono dalla esperienza dei macelli pubblici ove le bestie ivi condotte per essere uccise sentono l'evento e di fatto lo temono.
Quindi il peccato passato nell'esistenza col bisogno di "mangiare" dell'uomo che ha portato alla prima negazione della volontà di Dio e poi ad uccidere è calato come effetto sugli animali.
Dal racconto della Genesi nel Paradiso terrestre all'uomo non restava che mangiare, semi, bacche, frutti e forse latte, uova, miele.
Il comandamento "non uccidere" come tutti gli altri della Torah era nell'aria, rispettato a priori per imprinting, considerato che quello era un posto speciale ove il Signore passeggiava nel giardino.
L'uomo era libero ed aveva chiara la condotta da tenere in piena libertà tanto che poteva anche mangiare di quanto sapeva proibito, ma il timore - amore di Dio era più forte del desiderio di conoscenza d'altro fuorché di Dio, finché cadde per un tentatore astuto.
La negazione dell'insegnamento diretto e il corso accelerato di conoscenza fatto senza Dio col mangiare dell'albero della conoscenza del bene e del male portò ad una conoscenza distorta sì che, appena cacciato dal giardino, perduto tutto quel ben di Dio, all'uomo non restò che scegliere il duro lavoro della terra col sudore della fronte o cacciare ed uccidere animali con rischi e pericoli aggiungendo sofferenze anche a loro.
Il meglio che si pensò a... discolpa o per ingraziarsi Dio fu in un modo religioso - superstizioso di prendere alcuni animali ed offrirglieli.
Dopo il diluvio, infatti, il più giusto uomo che c'era allora nel mondo, Noè, uscito dall'arca, per ringraziamento "...edificò un altare al Signore; prese ogni sorta di animali mondi e di uccelli mondi e offrì olocausti sull'altare." (Genesi 8,20)
Al buon Dio visto ciò... gli caddero le braccia... e non poté che concludere: "Non maledirò più il suolo a causa dell'uomo, perché l'istinto del cuore umano è incline al male fin dalla adolescenza; né colpirò più ogni essere vivente come ho fatto." (Genesi 8,21)
Nell'uomo c'era uno spirito contrario alla Sua volontà che lo portava al male.
Il cibarsi di carne fu perciò da Dio concesso solo dopo il Diluvio.
Dopo ciò infatti si legge: "Quanto si muove e ha vita vi servirà di cibo: vi do' tutto questo, come già le verdi erbe. Soltanto non mangerete la carne con la sua vita, cioè il suo sangue." (Genesi 9,3-4)
Come risulta dalla Torah, nel Levitico furono date regole sui cibi puri e impuri, per nutrirsi Kasher, cioè in modo perlomeno adatto (Vedi "Non date perle ai porci") a concessione delle debolezze umane.
Non restò che applicare la regola egoistica "mors tua vita mea", al massimo mitigata col cercare di evitare sofferenze inutili degli animali, nutrendoli prima di mangiarli ed uccidendoli con una macellazione rituale - "shechitah" - che consiste nel tagliare in modo rapido e netto con un coltello affilato trachea ed esofago, carotidi e vene iugulari.
Dissero che se a Dio non interessa come è ucciso l'animale, perché comunque viene ucciso, la "shechitah" cerca almeno di rendere l'uomo più "sensibile" alle sue sofferenze.
Vi sono, infatti, precetti per ridurre le loro sofferenze come il divieto di:
  • uccidere il piccolo e la madre nello stesso giorno (Levitico 22,28);
  • cuocere il capretto nel latte della madre (Esodo 23,19; 34,26; Deuteronomio 14,21);
  • prendere un uccellino che sta covando (Deuteronomio 22,6-7);
  • mettere la museruola al bue che trebbia (Deuteronomio 25,4);
  • togliere il piccolo alla madre nei primi 7 giorni (Levitico 22,26-27; Esodo 22,28-29).
Vi sono anche precetti in loro aiuto come:
  • il far godere agli animali domestici il riposo del sabato (Esodo 20,10; Deuteronomio 5,13-14);
  • il non gravarli di lavori impossibili che li sfianchino come aggiogare allo stesso aratro un bue e un asino (Deuteronomio 22,10) data la loro diversa resistenza;
  • il diritto ai prodotti spontanei dell'anno sabbatico (Esodo 23,11).
  • favorire gli animali del nemico (Esodo 23,4-5; Deuteronomio 22,1-3): "Quando incontrerai il bue del tuo nemico o il suo asino dispersi, glieli dovrai ricondurre. Quando vedrai l'asino del tuo nemico accasciarsi sotto il carico, non abbandonarlo a se stesso: mettiti con lui ad aiutarlo." (Levitico 23,4-5)
I profeti avevano compreso l'errore del sacrificare gli animali e annunciavano quanto lo spirito di Dio suggeriva loro, ma gli oracoli che pronunciavano in Suo nome non erano ascoltati, troppo grande e profondo ormai era il distorto sentire:
  • Geremia 6,20b "I vostri olocausti non mi sono graditi e non mi piacciono i vostri sacrifici";
  • Salmo 50,13-14 di Asaf "Mangerò forse la carne dei tori, berrò forse il sangue dei capri? Offri a Dio un sacrificio di lode e sciogli all'Altissimo i tuoi voti";
  • Salmo 51,18 "...non gradisci il sacrificio e, se offro olocausti, non li accetti";
  • Isaia 1,11 "Che m'importa dei vostri sacrifici senza numero? - dice il Signore - Sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di giovenchi; il sangue di tori e di agnelli e di capri io non lo gradisco."
L'uomo e l'animale hanno uno stesso tipo di soffio vitale.
Se non si considera lo specifico spirito soffiato da Dio l'uomo è un animale.
Solo grazie a quello spirito se si fa fruttificare si produce qualcosa di duraturo "Per l'uomo assennato la strada della vita è verso l'alto, per salvarlo dagli inferni che sono in basso." (Proverbi 15,24), ma l'altro spirito che hanno in comune uomini e animali porta entrambi alla morte.
Al riguardo dello spirito comune a uomini e bestie, il Qoelet o Ecclesiaste porta le seguenti considerazioni:
  • 3,18-21 "Riguardo ai figli dell'uomo mi sono detto: Dio vuol provarli e mostrare che essi di per sé sono come bestie. Infatti, la sorte degli uomini e quella delle bestie è la stessa; come muoiono queste muoiono quelli; c'è un solo soffio vitale per tutti. Non esiste superiorità dell'uomo rispetto alle bestie, perché tutto è vanità. Tutti sono diretti verso la medesima dimora: tutto è venuto dalla polvere e tutto ritorna nella polvere. Chi sa se il soffio vitale (spirito) dell'uomo salga in alto e se quello (lo spirito) della bestia scenda in basso nella terra?"
  • 12,1-7 "Ricordati del tuo creatore nei giorni della tua giovinezza prima che torni polvere alla terra, com'era prima e lo spirito torni a Dio che l'ha dato."

L'ARABA FENICE E LA MORTE DEGLI ANIMALI
Prima di proseguire il discorso sugli animali apro la parentesi su un animale fantastico e mitologico, la famosa Araba Fenice entrata nel gergo usuale per indicare un'utopia o una promessa che sembra non vera, comunque lontana e forse non avverabile come sottolinea il Metastasio (Demetrio, atto II, scena III): "Come l'araba Fenice, che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa."
Fenice è dal greco "phoinix" e dal latino "phoenice", cioè della Fenicia, che vuol dire "rosso" o "fuoco" per la leggenda della sua rinascita da fiamme purificatrici.
Era l'araba Fenice un uccello, pare un airone con piume d'oro con bagliori di fiamma che si racconta apparisse ogni 500 anni o 1000 anni.
In sintesi il mito dice che la Fenice, tornata, costruiva un nido su un albero utilizzando spezie come cannella, mirto, sandalo, incenso, intonava un canto e si lasciava incendiare dai raggi del sole, indi moriva inondando la zona del profumo delle spezie che bruciavano, ma dalla cenere emergeva un uovo da cui rinasceva l'araba fenice nell'arco di tre giorni che poi fuggiva.
La prima menzione della Fenice si trova in Esiodo VII-VIII secolo a.C., Erodoto nel secondo libro delle sue Storie dedicato all'Egitto fornisce una versione del mito e Ovidio nelle Metamorfosi (XV,392) la ricorda: "Esiste un uccello che da solo si rinnova e si riproduce: gli Assiri lo chiamano fenice; non vive di frutti né di erbe, ma di lacrime d'incenso e di succo di cardamomo."
Nell'antica Roma la Fenice fu simbolo su monete e mosaici dell'energia vitale dell'impero che riusciva a rinnovarsi.
Il regno dei 1000 anni di cui parla l'Apocalisse sarebbe allegoria del periodo tra la prima risurrezione di Gesù il Cristo e il ritorno del Risorto alla fine dei tempi.
I Padri della Chiesa la usavano come allegoria in riferimento all'anima immortale ed alla risurrezione di Gesù tre giorni dopo la morte.
Nella Divina Commedia (Inferno XXIV, 107-111) Dante Alighieri così la descrive:

che la fenice more e poi rinasce,
quando al cinquecentesimo appressa
erba né biada in sua vita non pasce,
ma sol d'incenso lacrima e d'amomo,
e nardo e mirra son l'ultime fasce."

La leggenda di questo uccello, invero, viene da mito egizio di Eliopoli, città del Basso Egitto, detta "Iunu" ove si era affermato e propagato il culto solare.
Là il re Akhenaton costruì ad Aton il tempio Wetjes Aten - elevazione del disco solare deificato, circa 100-150 anni prima dell'Esodo degli Israeliti dall'Egitto.
La città di Achenaton, che per il suo monoteismo fu definito eretico dai sacerdoti Egizi di Ammon di Karnak, in effetti, era Amarna.
Aton, il dio sole unico dio, Ra nella sua forma diurna, Osiride dio dell'oltretomba nella notturna e Horus, suo figlio da Iside, si incarnava nel faraone regnante.
Eliopoli era considerata l'ombellico e pilastro del mondo, il luogo sacro ove si manifestava l'energia di Ra, del dio sole che sorge e tramonta.
Il Bennu, era un uccello sacro - poi identificato dai greci con la Fenice - che rappresentava il Ba = l'anima del dio Ra il sole.
Era l'immagine della prima forma di vita che emerse dal caos sulla primigenia collina, ancora prima che sorgesse il primo sole, vita personificatasi poi nell'immagine del dio sole, rappresentata dall'Airone.
Questi, infatti, si posa sulle rocce affioranti al calare delle inondazioni del Nilo che con l'apparire pare portare l'annuncio di un periodo di fertilità e quindi di ricchezza, simbolo del rinnovamento spirituale e di rinascita.
L'uccello Fenice sorse per la prima volta dalle fiamme di un albero sacro, il sacro fuoco di Heliopolis, primo segno di forza vitale, che è la prima essenza sorta su una collina nel caos originale.
La prima forma creata, unica e insostituibile, sempre uguale a se stessa.
L'uccello bruciò al primo sole e il canto era meraviglioso sì che il dio Ra fermò, e ferma, ogni volta che lo sente, la barca solare per ascoltare.
La città di Achenaton, invero fu Amarna il cui geroglifico è "Lo splendore di Aton" che si dice scelse perché il sole sorgeva tra due colline come nel mito di Aton che emerse dal caos primigenio da una collina che usciva dalle acque.

il geroglifico raffigurante il Bennu era usato per rappresentare il dio sole, Osiride che risorgeva.



La lettera B è un piede, indica posto luogo e N è energia, c'è poi un triangolo, la punta di un obelisco o la collina primordiale emersa dalle acque, quindi "luogo dell'energia ripetuto due volte, ossia che riappare, dalla sommità".
È il luogo ove appare l'energia" e vi si immaginava appollaiato l'Airone.
L'energia era rappresentata dalla piena del Nilo; gli avvisatori della piena dicevano: "È arrivato Bannu".
I 500 o i 1000 anni sarebbero legati al giubileo regale.
Essendo annunciatore e spettatore della prima nascita assoluta del sole presiede alla risurrezione e s'associava alla prima stella che si vede uscire dalla notte, Venere, la stella del mattino.
L'anima del defunto faraone che partecipava all'anima di Ra si pensava essere il Bannu e sui testi funerari si trova che dice: "Sono Bennu, anima di Ra, guida degli Dei del Duat. Che possa entrare come un falco, che possa procedere come il Bennu, la Stella del Mattino".

Nel libro di Giobbe, che per l'ipotesi più condivisa ha il nucleo poetico dell'XI-X secolo a.C. e la definitiva redazione con prologo ed epilogo in prosa della metà del VI secolo a.C. è menzionata la stella del mattino: "Fai tu spuntare a suo tempo la stella del mattino o puoi guidare l'Orsa insieme con i suoi figli?" (Giobbe 38,32)
L'idea della stella del mattino è passata nel Nuovo Testamento per indicare allegoricamente la risurrezione e il Risorto: "...della parola dei profeti, alla quale fate bene a volgere l'attenzione, come a lampada che brilla in un luogo oscuro, finché non spunti il giorno e la stella del mattino si levi nei vostri cuori." (2Pietro 1,19)
Alla Chiesa di Tiatira "...con la stessa autorità che a me fu data dal Padre mio e darò a lui la stella del mattino." (Apocalisse 2,28)

Nell'immaginario ebraico, nel suo folklore e comunque tra i suoi midrash, che hanno sempre un contenuto di ricerca nel campo biblico, il mito della Fenice è stato incorporato e filtrato inserendolo, com'è "logico", nel quadro del racconto allegorico dei primi capitoli del libro della Genesi.
La fenice è chiamata Milcham e secondo il pensiero Egizio, e riapparirebbe ogni 1000 anni.
Mikhah Yosef Bin-Gorion (alias di Micha Josef Berdyczewski 1865/1921 di famiglia legata al fondatore del Chassidismo dedicò gli ultimi anni della sua vita ad una ricerca di leggende e racconti folk ebraici) riporta un midrash su tale mito. (J. Bin Gorion 1980 - Bibl. 24)
Il racconto che presenta è il seguente: "Allorché la madre primordiale, Eva, si rese colpevole di aver colto il frutto dell'albero della Conoscenza, fu presa da invidia per le creature rimaste pure, così da spingerle a cibarsi del frutto proibito. Solo l'uccello Milcham resisté alla tentazione ricevendo come ricompensa dall'Angelo della Morte di non provare mai l'esperienza del morire. Milcham allora si chiuse in una città sicura dove visse per un millennio senza timore della morte: "Mille anni è lunga la sua vita e quando questi sono passati, il nido prende fuoco e l'uccello brucia. Si salva un solo uovo, che diventa un pulcino che poi vivrà ancora per mille anni. Altri affermano che passato questo periodo, il suo corpo avvizzisce, perde le penne e le ali. Poi rinnova completamente le sue piume e vola verso l'alto come un'aquila, divenendo immortale".

Quel raccontino istruttivo in forma di parabola cerca di rispondere alle domande: come mai ora gli animali muoiono, non mangiano solo erba e si uccidono tra di loro?
La risposta di quel midrash segue la logica dei racconti della creazione del libro della Genesi, onde il morire non era ancora stato inaugurato, gli uomini mangiavano semi e frutti, non era lecito uccidere animali e nessuno di questi era ancora carnivoro perché mangiavano solo erba verde.
La risposta del midrash è: tutto ciò avviene per il peccato dell'uomo.

Il profeta Isaia nel profilare l'avvento dei tempi del Messia rievoca la situazione privilegiata e in pace dello stato di vita nel primitivo giardino terrestre:

"Il lupo dimorerà insieme con l'agnello,
la pantera si sdraierà accanto al capretto;
il vitello e il leoncello pascoleranno insieme
e un fanciullo li guiderà.
La vacca e l'orsa pascoleranno insieme;
si sdraieranno insieme i loro piccoli.
Il leone si ciberà di paglia, come il bue.
Il lattante si trastullerà sulla buca dell'aspide;
il bambino metterà la mano nel covo di serpenti velenosi." (Isaia 11,6-8)

In effetti, usciti dal paradiso il suolo non forniva più tutto ciò che occorreva spontaneamente e l'uomo fece di necessità virtù.
Segnala, infatti, il libro della Genesi che nella generazione di Caino ci fu un certo Lamech che si gloriava di "aver ucciso un uomo per una scalfittura ed un ragazzo per un livido" (Genesi 4,23) e un figlio di questi, Iabal "fu il padre di quanti abitano sotto le tende presso il bestiame" (Genesi 4,20) di certo per allevarlo, quindi, per mangiarne la carne.
Se il padre Lamech si comportava in quel modo con gli uomini, il testo lascia all'immaginazione di come, poteva agiva il figlio Iabal con gli animali.
Dopo il Diluvio, dalla generazione di Cam, il figlio "impertinente", è citata la figura di Nimrod-cacciatore re di Babele (Genesi 10,6-10).
Se si prende in modo radicale logica il discorso della Genesi anche gli animali dovettero operare secondo l'stinto di sopravvivenza per la situazione di precarietà ambientale causata in definitiva dall'uomo, e quindi in cascata anche, se senza colpa, dovettero uccidere.
Ii midrash di Milcham tira le somme e conclude che fu Eva a passare il frutto dell'albero della conoscenza agli animali, per questo muoiono.

ANIMALI PARLANTI - NUMERI 22 - DECRIPTAZIONE
Negli scritti della Bibbia ebraica gli unici animali che parlano sono entrambi nella Torah:
  • il serpente, in Genesi 3;
  • l'asina di Balaam, in Numeri 22.
Il primo era la bocca con cui parlava Satana il tentatore, colui che porta divisione per antonomasia e che mise alla prova, per verificare la tempra di Adamo che stava nella cappa di vetro nel giardino dell'Eden, da qui la "beata colpa" che provocò la caduta e fu causa dell'Incarnazione per poter consentire la ripresa della sua crescita.
Al serpente parlò il Signore, maledicendolo.
Anche all'asina parlò un angelo del Signore.
Il popolo d'Israele, uscito dall'Egitto sotto la guida di Mosè, dopo l'episodio delle acque di Meriba, il re di Edom non consentì loro il passaggio (Numeri 20).
Morto Aronne (Numeri 20), vinti a Corma nel Negheb i Cananei, ed aggirato il paese di Canaan, dopo l'episodio del serpente di rame (Numeri 21) Israele si accampò nelle steppe di Moab nei pressi di Gerico, ma oltre il Giordano sotto le pendici del monte Nebo.
Il re di Moab Balak ebbe paura di quel popolo e mandò a chiamare un indovino che abitava a Petor sull'Eufrate, che però non si sa come e perché credeva in Iahwèh (Numeri 22,18) per maledire quel popolo convinto che se fosse stato maledetto l'avrebbe potuto vincere.
L'indovino era Balaam, figlio di Beor.
Nella tradizione ebraica si dice che fosse nipote di Labano e che fu grande profeta medianità, come fu Mosè per gli Israeliti.
Dice un midrash di Balaam, Giobbe e Jetro, poi suocero di Mosè, essere stati consiglieri del faraone quando decise di far morire nel Nilo i neonati maschi degli ebrei, Jetro si oppose e lasciò l'Egitto, Giobbe stette muto, ma Baalam fu favorevole.
Riporto integralmente il racconto di Numeri 22 nel testo C.E.I. è il seguente:

Numeri 22,1 - Poi gli Israeliti partirono e si accamparono nelle steppe di Moab, oltre il Giordano verso Gèrico.

Numeri 22,2 - Or Balak, figlio di Zippor, vide quanto Israele aveva fatto agli Amorrei

Numeri 22,3 - e Moab ebbe grande paura di questo popolo, che era così numeroso; Moab fu preso da spavento di fronte agli Israeliti.

Numeri 22,4 - Quindi Moab disse agli anziani di Madian: Ora questa moltitudine divorerà quanto è intorno a noi, come il bue divora l'erba dei campi. Balak, figlio di Zippor, era in quel tempo re di Moab.

Numeri 22,5 - Egli mandò messaggeri a Balaam, figlio di Beor, a Petor che sta sul fiume, nel paese dei figli di Amau, per chiamarlo e dirgli: Ecco un popolo è uscito dall'Egitto; ricopre la terra e si è stabilito di fronte a me;

Numeri 22,6 - ora dunque, vieni e maledicimi questo popolo; poiché è troppo potente per me; forse così riusciremo a sconfiggerlo e potrò scacciarlo dal paese; so infatti che chi tu benedici è benedetto e chi tu maledici è maledetto.

Numeri 22,7 - Gli anziani di Moab e gli anziani di Madian partirono portando in mano il salario dell'indovino; arrivati da Balaam, gli riferirono le parole di Balak.

Numeri 22,8 - Balaam disse loro: Alloggiate qui stanotte e vi darò la risposta secondo quanto mi dirà il Signore. I capi di Moab si fermarono da Balaam.

Numeri 22,9 - Ora Dio venne a Balaam e gli disse: Chi sono questi uomini che stanno da te?

Numeri 22,10 - Balaam rispose a Dio: Balak, figlio di Zippor, re di Moab, mi ha mandato a dire:

Numeri 22,11 - Ecco, il popolo che è uscito dall'Egitto, ricopre la terra; ora vieni a maledirmelo; forse riuscirò così a batterlo e potrò scacciarlo.

Numeri 22,12 - Dio disse a Balaam: Tu non andrai con loro, non maledirai quel popolo, perché esso è benedetto.

Numeri 22,13 - Balaam si alzò la mattina e disse ai capi di Balak: Andatevene al vostro paese, perché il Signore si è rifiutato di lasciarmi venire con voi.

Numeri 22,14 - I capi di Moab si alzarono, tornarono da Balak e dissero: Balaam si è rifiutato di venire con noi.

Numeri 22,15 - Allora Balak mandò di nuovo i capi, in maggior numero e più influenti di quelli di prima.

Numeri 22,16 - Vennero da Balaam e gli dissero: Così dice Balak, figlio di Zippor: Nulla ti trattenga dal venire da me;

Numeri 22,17 - perché io ti colmerò di onori e farò quanto mi dirai; vieni dunque e maledicimi questo popolo".

Numeri 22,18 - Ma Balaam rispose e disse ai ministri di Balak: Quand'anche Balak mi desse la sua casa piena d'argento e oro, non potrei trasgredire l'ordine del Signore, mio Dio, per fare cosa piccola o grande.

Numeri 22,19 - Nondimeno, trattenetevi qui anche voi stanotte, perché io sappia ciò che il Signore mi dirà ancora.

Numeri 22,20 - Dio venne la notte a Balaam e gli disse: Se quegli uomini sono venuti a chiamarti, alzati e va' con loro; ma farai ciò che io ti dirò.

Numeri 22,21 - Balaam quindi si alzò la mattina, sellò l'asina e se ne andò con i capi di Moab.

Numeri 22,22 - Ma l'ira di Dio si accese perché egli era andato; l'angelo del Signore si pose sulla strada per ostacolarlo. Egli cavalcava l'asina e aveva con sé due servitori.

Numeri 22,23 - L'asina, vedendo l'angelo del Signore che stava sulla strada con la spada sguainata in mano, deviò dalla strada e cominciò ad andare per i campi. Balaam percosse l'asina per rimetterla sulla strada.

Numeri 22,24 - Allora l'angelo del Signore si fermò in un sentiero infossato tra le vigne, che aveva un muro di qua e un muro di là.

Numeri 22,25 - L'asina vide l'angelo del Signore, si serrò al muro e strinse il piede di Balaam contro il muro e Balaam la percosse di nuovo.

Numeri 22,26 - L'angelo del Signore passò di nuovo più avanti e si fermò in un luogo stretto, tanto stretto che non vi era modo di ritirarsi né a destra, né a sinistra.

Numeri 22,27 - L'asina vide l'angelo del Signore e si accovacciò sotto Balaam; l'ira di Balaam si accese ed egli percosse l'asina con il bastone.

Numeri 22,28 - Allora il Signore aprì la bocca all'asina ed essa disse a Balaam: Che ti ho fatto perché tu mi percuota già per la terza volta?

Numeri 22,29 - Balaam rispose all'asina: Perché ti sei beffata di me! Se avessi una spada in mano, ti ammazzerei subito.

Numeri 22,30 - L'asina disse a Balaam: Non sono io la tua asina sulla quale hai sempre cavalcato fino ad oggi? Sono forse abituata ad agire così? Ed egli rispose: No.

Numeri 22,31 - Allora il Signore aprì gli occhi a Balaam ed egli vide l'angelo del Signore, che stava sulla strada con la spada sguainata. Balaam si inginocchiò e si prostrò con la faccia a terra.

Numeri 22,32 - L'angelo del Signore gli disse: Perché hai percosso la tua asina già tre volte? Ecco io sono uscito a ostacolarti il cammino, perché il cammino davanti a me va in precipizio.

Numeri 22,33 - Tre volte l'asina mi ha visto ed è uscita di strada davanti a me; se non fosse uscita di strada davanti a me, certo io avrei già ucciso te e lasciato in vita lei.

Numeri 22,34 - Allora Balaam disse all'angelo del Signore: "Io ho peccato, perché non sapevo che tu ti fossi posto contro di me sul cammino; ora se questo ti dispiace, io tornerò indietro.

Numeri 22,35 - L'angelo del Signore disse a Balaam: Và pure con quegli uomini; ma dirai soltanto quello che io ti dirò. Balaam andò con i capi di Balak.

Numeri 22,36 - Quando Balak udì che Balaam arrivava, gli andò incontro a Ir-Moab che è sul confine dell'Arnon, all'estremità del confine.

Numeri 22,37 - Balak disse a Balaam: Non ti avevo forse mandato a chiamare con insistenza? Perché non sei venuto da me? Non sono forse in grado di farti onore?

Numeri 22,38 - Balaam rispose a Balak: Ecco, sono venuto da te; ma ora posso forse dire qualsiasi cosa? La parola che Dio mi metterà in bocca, quella dirò.

Numeri 22,39 - Balaam andò con Balak e giunsero a Kiriat-Cusot.

Numeri 22,40 - Balak immolò bestiame grosso e minuto e mandò parte della carne a Balaam e ai capi che erano con lui.

Numeri 22,41 - La mattina Balak prese Balaam e lo fece salire a Bamot-Baal, da dove si vedeva un'estremità dell'accampamento del popolo."

Appena Balaam con l'asina si avvicina al territorio di Moab alla piana del Giordano si presenta l'angelo del Signore con la spada sguainata in mano e "L'asina, vedendo l'angelo del Signore che stava sulla strada con la spada sguainata in mano, deviò dalla strada e cominciò ad andare per i campi. Balaam percosse l'asina per rimetterla sulla strada." (Numeri 22,23)
Il racconto ci dice che l'asina ascolta e comprende il Signore e parla a Balaam.
Balaam, il più grande degli indovini dei popoli stranieri, in definitiva ne sa meno di un asino; questa pare essere l'insegnamento che se ne deduce.
Il racconto però comporta anche un'altra nozione.
Gli animali sono in grado di parlare col Signore.
Il Signore non è in lite con gli animali tanto che al versetto 33 dice "Tre volte l'asina mi ha visto ed è uscita di strada davanti a me; se non fosse uscita di strada davanti a me, certo io avrei già ucciso te e lasciato in vita lei."
Nel caso specifico si può dedurre, e forse volutamente è per estrapolare:
  • ci fu un tempo in cui gli uomini s'intendevano con gli animali, ma ciò non è più;
  • l'animale è più amico dell'uomo di quanto l'uomo dell'animale;
  • l'animale sente con maggiore spontaneità dell'uomo il proprio Creatore.
Solo se ci si riavvicina alla condizione originaria del giardino dell'Eden tale situazione ritorneranno allo stato primigenio e ciò accadrà ai tempi del Messia.
Evidentemente Balaam sull'asina era arrivato ai confini della località ove l'autore del libro della Genesi aveva in mente vi fosse il Giardino dell'Eden da cui a Adamo ed Eva erano stati cacciati.
Al versetto 24 c'è, infatti, un riferimento al giardino, quando si parla di vigne: "Allora l'angelo del Signore si fermò in un sentiero infossato tra le vigne, che aveva un muro di qua e un muro di là" e quei muri indicano l'impedimento ad entrarvi.
Ora quando si chiuse il paradiso terrestre per l'uomo è detto "Scacciò l'uomo e pose ad oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada folgorante, per custodire la via all'albero della vita." (Genesi 3,24)
La piana del Giordano trasformata in parte nel Mar Morto secondo il racconto di Sodoma e Gomorra in Genesi 19 è per l'autore il luogo di quel Paradiso.
Si conferma quanto in "I cherubini alla porta dell'Eden" e in "Il giardino dell'Eden".
Una stessa situazione in quella zona si presenterà alcuni anni dopo a Giosuè "Mentre Giosuè era presso Gèrico, alzò gli occhi ed ecco, vide un uomo in piedi davanti a sé che aveva in mano una spada sguainata. Giosuè si diresse verso di lui e gli chiese: Tu sei per noi o per i nostri avversari? Rispose: No, io sono il capo dell'esercito del Signore." (Giosuè 5,13)
Nell'immaginario ebraico perciò gli animali nell'Eden parlavano tra loro, con il Signore e con l'uomo.
Ecco perché Salomone, il sapiente per antonomasia, che all'inizio del suo regno aveva appunto chiesto in dono al Signore (1 Re 3) la saggezza per governare, si dice conoscesse la lingua di tutti gli animali.
Alcuni rabbini medievali consideravano quel asino parlante come un sogno o una visione.
Il folklore ebraico considera quel asino lo stesso che portò la legna per il sacrificio d'Isacco e che porterà il Messia; infatti, la parola "'aton" ricorda il dio sole Aton di Achenaton e quindi il Messia cavalcherà le potenze dell'Universo.
Con i significati dei segni delle lettere la parola , con sottinteso il Messia, suggerisce "verrà () portandosi con gli angeli ".
Nel Talmud è detto che chi sogna un asino può aspettarsi la salvezza.

Col mio metodo di decriptazione in "Parlano le lettere", conseguente alle ricerche basate sulle considerazioni a cui rinvio in "Decriptare le lettere parlanti delle sacre scritture ebraiche" e in "I primi vagiti delle lettere ebraiche nella Bibbia", ho provato a verificare cosa può nascondere il nome dell'indovino era Balaam, figlio di Beor, a Petor.


"Dalla rovina che nei viventi abita con l'energia dentro del peccare () guarirà () la Torah

Ho provato poi a decriptare il versetto Numeri 22,23 di cui riporto il testo in ebraico ed il risultato giustificato.





"E per il Crocifisso un corpo/popolo iniziò nel mondo , venne () portato dagli apostoli che vennero () da ambasciatori del Signore inviati giù da casa dentro per aiutare . Nel corpo la rettitudine recano , assemblee a crescere () portano , il fuoco del Potente recano col soffio , dentro la forza dell'essere impuro () recano alla fine nei cuori , fuori viene () portata l'energia dai viventi dell'angelo , entra per l'aiuto nel corpo la rettitudine portata ai viventi , la potenza spenge () il demonio nel mondo ed è con la rettitudine la rovina dalla Madre a venirgli . Per l'Unigenito Crocifisso che portano gli apostoli il serpente esce dai cuori , del Crocifisso nel mondo entra nelle generazioni a rettitudine ."

Ho così provveduto alla decriptazione dei 41 versetti dell'intero capitolo 22 del libro dei Numeri che propongo tutta di seguito.
Si tratta di una pagina profetica sul Messia.

Numeri 22,1 - E fu pienamente alla vista a portarsi il Figlio che fu in Israele a recarsi e fu la grazia portata in una casa dagli Ebrei. E la purezza portò del Padre in seno dentro al corpo. Che il Potente era nel corpo per aiutare gli angeli lanciarono l'annuncio.

Numeri 22,2 - E fu nel corpo il Padre dal serpente a versare il figlio, giù il Verbo portò in vista il segno della rettitudine col rifiuto per bruciare il male alla luce del mondo uscì nell'esistenza per liberare dalla maledizione del serpente che dalle origini nei viventi nei corpi sta.

Numeri 22,3 - E fu nel corpo dai viventi portato dal Padre da Madre il Verbo. Inviato fu al mondo. In azione in un vivente a vivere per aiutare con la rettitudine fu. In un corpo dentro Lui la recò e fu a versarla giù in un vivente. Si portò l'Unigenito, dentro in persona fu il Figlio a stare in Israele.

Numeri 22,4 - E fu l'Unigenito per l'amarezza dei viventi portato dal Padre, Dio nei ceppi inviato fu in vita. Per punire nel tempo nel mondo fu il serpente, chiusa la rettitudine portò per abbattere dal mondo il serpente. Dell'Unico la perfezione in pienezza dentro fu in una casa, la fine è all'angelo a recare, della rettitudine il vigore lo spegnerà. Un fuoco portò nel corpo, venne a lanciarlo per abbattere dal mondo il demonio che con la perversità che consuma abbatterà. Dentro per l'angelo scenderà la sorte, con un vivente in cammino al serpente in vita la portò il Padre. Dentro al tempo entrò, nel mondo si portò l'Unigenito.

Numeri 22,5 - E fu mandato da messaggero, fu a vivere Dio a casa del serpente, in vista dei viventi in un figlio dentro la pelle. Il Verbo completamente si portò nel corpo nel mondo, da una donna dal corpo la maledizione uscì per l'angelo partorita, dell'Unico nel corpo scese il Figlio per spazzarlo per reciderlo. All'incontro col serpente si recò, il rifiuto per essere ribelle gli inviò, uscì in azione, dalla Madre spuntò in vita, nell'angustia fu a vivere. Uscì dagli angeli, uscì dal trono, venne a vedere l'opprimere in terra e nel mondo si portò in un uomo, ad abitare in un vivente la Parola fu.

Numeri 22,6 - E nel tempo entrò in cammino nel mondo l'energia dell'Unico. Con l'Unigenito in un corpo entrò, dal serpente fu a venire. Alla vista dei viventi uscì con questi nel mondo la rettitudine. Per consigliare nell'esistenza i viventi al mondo si portò. L'Unigenito visse in un vivente. I lamenti col corpo fu dell'Unico a recare così al serpente. Per ucciderlo a casa si portò. E l'Unico il germoglio ad abitare tra i viventi inviò nel mondo. In terra la rettitudine fu nell'esistenza. Per aiutare nel tempo fu. Venne da donna nel corpo finalmente il Benedetto per i viventi la benedizione reca con la felicità, in una bella forma fu a portarsi l'Unigenito nel corpo.

Numeri 22,7 - E sarà il serpente arso da Questi che versò l'energia ad esistere in un vivente. Per il Padre si porta a colpirlo, per abbattere l'angelo è con un vivente il giudizio a recargli. Riversò la pienezza della vita ad esistere in un vivente, dentro fu nel sangue a portarla e dentro desidera Dio la rovina nella vita a portargli. E fu per aiutare dentro il corpo a portare Dio la forza, recò per batterlo la purità che gli sarà da devastazione.

Numeri 22,8 - E fu l'Unigenito dei viventi alla vista, la maledizione fu ad uscire a vivere dal serpente, fu dagli angeli a portarsi il Verbo fuori. Uscì di notte, nel mondo si portò in campo, di sabato fu a venire la rettitudine in un vestito. La benedizione da Donna dal corpo fu per aiutare. Il cibo recò al mondo di Dio. Fu portata la forza per bruciare la vergogna dai corpi che c'è nei viventi, che recò alle origini dentro in azione nei viventi la distruzione della vita.

Numeri 22,9 - E fu ad abitare in un primogenito Dio nel mondo, fu dalla Madre la maledizione dentro per il serpente in azione da un vivente portata e fu il primo da cui l'essere ribelle dalla vita fu fuori. Un uomo fu dalla Madre al mondo, di Dio uscì alla vista dei viventi la rettitudine.

Numeri 22,10 - E fu alle origini a vivere nei corpi dentro il serpente. Agì nei viventi la il maledetto da Dio uscito. Fu per i viventi una desolazione. Dentro dell'angelo (ribelle) scese il soffio, un verme il serpente così nei viventi portò che iniziò dentro a bruciare il vigore di Dio che c'era.

Numeri 22,11 - Entrato l'angelo nel mondo, entrò per l'agire nei viventi del mondo a spuntare nella vita l'angustia. Fu nei viventi a recare la forza che la rettitudine piena delle origini sviò, l'opprimere in terra del tempo entrò, la potenza spense, un lupanare il mondo per il serpente fu a venire. E nel corpo fu l'Unigenito per riportare perfetto il mondo, il pane dentro recò. E il germoglio alla fine fu a recare.

Numeri 22,12 - E fu con l'Unigenito a vivere nel corpo Dio nel mondo. Rifù in un vivente delle origini nel cuore la potenza che agiva. In un vivente il rifiuto completo per il serpente così agì, in un vivente rientrò la pienezza. In croce l'Unigenito si vide, dal crocifisso uscì alla vista dalla piaga una forza, da dentro al corpo recò la rettitudine al mondo che portò alle origini.

Numeri 22,13 - E si rialzò, a casa potente lo rividero vivo. Dentro un mattino a riportarsi fu nell'Unigenito la vita nel corpo, da Dio risorto il corpo fu, dentro la potenza si rovesciò che in cammino lo riportò. La maledizione dell'Unico dal corpo scese con la rettitudine dalla piaga fu ai viventi dall'Unigenito inviata. Il Signore dal serpente in croce crocifisso fu per i potenti del mondo, guizzò la rettitudine alla vista dalla piaga con la Madre.

Numeri 22,14 - E fu la risurrezione a riportare risorto il corpo, gli fu la vita riportata dal Padre, e fu dentro all'Unigenito riportata di Dio dentro la potenza in cui confidava che c'era alle origini. La vita nel corpo si riportò. Vivo l'Unigenito gli apostoli a casa potente rividero con la Madre, uscì la potenza della rettitudine in azione. Ai viventi gli apostoli la portarono.

Numeri 22,15 - E fu i fori il Verbo alla vista portare delle mani. In casa potente versò il Risorto il vigore che ad accendere un corpo. Sarà di viventi una le moltitudini a starvi per la Madre che li porterà. E gli apostoli con la rettitudine dentro ad aiutare saranno la Madre da cui in vita Dio uscì.

Numeri 22,16 - E sarà dentro delle origini a riportare di Dio dentro la potenza tra i popoli e sarà per l'Unigenito a vivere un corpo affinché il serpente sia portato a spengere. Originerà la Madre una moltitudine, al Potente versò figli, giù il soffio portano nel corpo di Dio gli apostoli. Vennero numerosi i popoli ad entrare nel cammino che di Dio esiste.

Numeri 22,17 - Così furono a spengere con l'aiuto della originaria rettitudine da sola, anelata dall'Unigenito, l'essere impuro. Dalla prigione liberarono tutti. L'originaria amarezza originata dal serpente fu ad iniziare per l'operare a portarsi dal cammino fuori. Per gli apostoli iniziò dentro la Chiesa/convocazione e vennero i popoli del mondo per questi ad entrarvi.

Numeri 22,18 - E fu in azione all'angelo la rovina dalla Madre portata che a portare fu ad iniziare di viventi un corpo che Dio serve da cui è dentro la potenza a versare l'Unigenito. Per la Madre sarà per il drago la potenza ad essere di devastazione, ai viventi la potenza delle origini dentro sarà completamente riportata con la rettitudine che il distruggere porterà a questi, gli uscirà a casa il rifiuto dall'Unico recatogli. Della perfezione dell'aldilà viene il soffio a riesistere, del Signore la maledizione è per il serpente all'opera, il Crocefisso la versò dal cuore con gli apostoli che uscirono col desiderare che dal cammino l'essere impuro del serpente uscisse.

Numeri 22,19 - E rividero il Crocifisso rientrare risorto, a casa lo riportò dagli apostoli il Padre, questi riuscì in cammino vivo, venne dalla Madre ad entrare di notte. Da Lui la conoscenza uscì che vivo al mondo ristava con i fori. Con la bocca il Signore parlò, videro che vivo era.

Numeri 22,20 - E fu a casa l'Unigenito. Di Dio gli rientrò la forza della vita. Riiniziò nel cuore la potenza, alla vista della Madre di notte entrò e fu a dirle che l'accompagnava. L'Unigenito alla Madre la potenza versò per un corpo iniziare in cammino, da casa desiderò uscisse per incontrare con i doni i viventi. Del Risorto la potenza della rettitudine venne la Madre a recare ed iniziò così dell'Unigenito Crocifisso ad uscire con le parole, iniziò della risurrezione dei corpi per la prima volta a parlare: Dio era l'afflitto in croce portato e dalla croce si vide risorto nel mondo.

Numeri 22,21 - A casa la potenza per agire alla Madre dentro ad abitare versò, nel corpo le portò ad esistere racchiusa dentro, la risurrezione dell'Unigenito dalla croce venne con gli apostoli a recare. E fu in cammino ad agire la Madre che la risurrezione dei corpi fu ai viventi a recare, iniziò dentro a portarli a rialzare.

Numeri 22,22 - E fu nelle assemblee del corpo dell'Unigenito il soffio di Dio ad entrare con forza per la Madre con la rettitudine. Il Signore dal cammino la perversità desidera sia finita, la forza giù dentro i viventi del rifiuto al con la rettitudine fu al mondo a recare, entrò da sola per fiaccare il serpente bruciando nei cuori l'energia potente che aveva portato della perversità. Iniziò il corpo a spengerla con l'azione potente che venne dagli apostoli portata e sorsero figli con l'agire nel corpo furono condotti, i popoli portarono.

Numeri 22,23 - E per il Crocifisso un corpo/popolo iniziò nel mondo, venne portato dagli apostoli che vennero da ambasciatori del Signore inviati giù da casa dentro per aiutare. Nel corpo la rettitudine recano, assemblee a crescere portano, il fuoco del Potente recano col soffio, dentro la forza dell'essere impuro recano alla fine nei cuori, fuori viene portata l'energia dai viventi dell'angelo, entra per l'aiuto nel corpo la rettitudine portata ai viventi, la potenza spenge il demonio nel mondo ed è con la rettitudine la rovina dalla Madre a venirgli. Per l'Unigenito Crocifisso che portano gli apostoli il serpente esce dai cuori, del Crocifisso nel mondo entra nelle generazioni la rettitudine.

Numeri 22,24 - E sarà in azione nei viventi nel sangue la potenza delle origini per la rettitudine del Signore che dentro libera dal peccare che per il serpente entrò. La rettitudine nel corpo in vita è per la Madre, nel cammino nelle generazioni dei viventi da Questa entra e nel cammino l'aiuto il verme colpisce entrando.

Numeri 22,25 - E completo il corpo dell'Unigenito uscirà, verrà portata dagli apostoli l'originaria purezza, il rifiuto così fu per la perversità portato completamente, il vigore giù di Dio entrerà, a versarsi sarà nel corpo. E sarà a strappar via il serpente fuori la rettitudine del Crocifisso entrata.

Numeri 22,26 - E fu a recare per strappar via dai viventi il serpente l'originaria rettitudine il Signore, in azione dentro la portò in un corpo, fu per i popoli aiutare dentro i viventi. Dal Risorto scese il corpo di una donna alla vista che sarà l'impurità nei corpi di tutti dell'angelo a portare alla fine, dal cuore la portò il Crocifisso, dalla destra la portò, sorse con l'acqua un corpo.

Numeri 22,27 - E dal Crocifisso un corpo iniziò ad uscire, venne portato dagli apostoli, verrà la pienezza della rettitudine del Signore portata a tutte le moltitudini, giù sotto nella casa del serpente per l'agire della Madre viene portata la forza nelle assemblee del corpo/Chiesa dell'Unigenito il soffio che la rovina nei viventi (al serpente) reca. Sono retti a venire, inizia la fine a portarsi per l'angelo, dentro i viventi si ne abbatte la potenza.

Numeri 22,28 - E fu a liberare dalla forza della perversità delle origini il Crocifisso con il soffio che fu ad uscire, venne portato dagli apostoli. E dalla croce iniziò per l'essere ribelle una potente rovina per la Madre che con l'acqua uscì in azione ponendosi a stare in cammino, la rettitudine fu ad uscire, bruciature per il drago saranno per Questa ad uscire per il fuoco potente che con la risurrezione dei corpi a rivelare fu ai viventi.

Numeri 22,29 - Ed inizierà a vivere un corpo dentro cui la potenza agisce in pienezza del Crocifisso che porta per uccidere la forza nel mondo alla fine il maledetto serpente. Il Crocifisso dentro è ad accompagnarli con la forza della risurrezione, nelle assemblee le moltitudini dentro è ad aiutare, è così la (sua) forza nel tempo entra nel corpo, nel cammino tutti saranno retti.

Numeri 22,30 - E per il Crocifisso l'originaria amarezza uscirà, verrà riportata dagli apostoli delle origini nei cuori la potenza in azione, i viventi del mondo accompagnano l'Unigenito ad incontrare, la rettitudine è riiniziata, il drago affliggono, illuminano le menti/teste, fiaccano dentro con l'azione il serpente, è nei viventi il peccare sbarrato dalla rettitudine. Una comunità è portata dalla Madre nel mondo, questa esce apertamente fuori nella tana dell'angelo, uscirà per la pienezza della rettitudine degli apostoli, che per il Crocifisso sono potenti nell'operare portato a finire nel cammino. Con la rettitudine alla perversità sarà detto 'no'.

Numeri 22,31 - E sarà nel cammino la potenza del Signore a rivenire, si vedrà essere il frutto del Potente alla vista dalla Madre portato, sarà nel corpo dell'Unigenito a venire la pienezza. La rettitudine del Signore per gli apostoli giù dentro abita nelle generazioni, per il vigore la vergogna del serpente col soffio esce da dentro, è l'essere impuro portato ad ardere. Ed è con la risurrezione del Crocifisso che annunciano, per il serpente l'ira (del Signore) ad essere portata.

Numeri 22,32 - E fu alle origini per l'essere ribelle la maledizione ad essere portata, il rifiuto alla rettitudine fu con la perversità ad agire con potenza nei viventi entrando nel mondo, per la rettitudine fu la fine, venne l'Unigenito alla fine per ucciderlo. Questi uscì nel terzo (giorno dopo la creazione dell'uomo) con un corpo, a rivelarsi fu ai viventi del mondo. L'energia rientrò di 'Io sono' nell'esistenza, giù l'Unigenito crocifisso fu dai Potenti per satana, così fu all'esistenza un corpo dal cuore ad uscirgli, aiuterà il corpo con la rettitudine, del serpente l'impurità sbarrata sarà.

Numeri 22,33 - Ed il Crocifisso per un corpo iniziare l'energia fu ad uscire, vennero portati gli apostoli, li portò il Crocifisso dal cuore. Il potente soffio agli apostoli fu da Questi ad uscire, il terzo (giorno) col corpo a rivelarsi fu vivo, l'Unigenito portò del Potente la forza agli apostoli, dal cuore segnato uscì della vita il soffio, inviata fu la rettitudine a stare nel tempo del mondo. In cammino dalla Madre venne la rettitudine nel mondo, fuori un corpo tra gli stranieri fu a portare per l'Unigenito recandosi ai confini del mondo, uscì la vita che c'era nel Crocifisso nell'esistenza.

Numeri 22,34 - E fu l'Unigenito dai morti a casa potente visto vivo, Dio in pienezza per rettitudine era, al mondo si riportò, uscì dalla tomba, nel cuore gli rivenne la forza per la rettitudine che c'era, al serpente la calamità nel tempo fu a portargli, fu dall'Unigenito a vivere un corpo che dentro la potenza agiva della vita di Dio. Di ambasciatori del Signore iniziò a vivere un corpo, si vide dentro in azione, furono l'angelo con forza ad affliggere con la risurrezione a recargli lo spavento furono.

Numeri 22,35 - E fu ad iniziare a vivere un corpo di angeli/annunciatori del Signore che iniziarono con potenza a casa del serpente tra i popoli in cammino ad agire. Dalla Madre uomini furono alla vita portati per l'Unico, il soffio pieno venne con la parola dell'Unigenito risorto, un corpo con l'Unigenito che aiutava creò, il serpente fu ad affliggere, del Crocifisso portò a tutti la parola e fu per il serpente con la rettitudine una rovina. La Madre tra i popoli con la risurrezione dei corpi fu dentro il serpente ad abbattere.

Numeri 22,36 - E sarà la risurrezione tra i viventi ad agire nella casa del serpente abbattendolo con la rettitudine che è dentro ad iniziare, dentro del Potente in azione la Madre porta ad esistere giù la maledizione riversandola col corpo che viene a portare per Dio nelle città. Di viventi porta al Padre la donna un corpo, innalza al superbo il rifiuto, il corpo inviato dalla donna nelle moltitudini lo rovescia, su esce fuori nel cammino il frutto.

Numeri 22,37 - E fu ad iniziare a vivere un corpo a casa del serpente che la voce del Padre potente sentiva. Ai viventi esce del Potente dalla donna il vigore, la risurrezione il serpente strappa via dall'esistenza, Dio sono tutti ad incontrare in cammino perché la potenza dell'Unigenito entra nei cuori di tutti. In Dio è ad uscire la fede in pienezza col desiderare in tutti della rettitudine per acquistar gloria.

Numeri 22,38 - E fu ad iniziare per l'essere ribelle la rovina, per la Madre di Dio la devastazione uscirà dell'angelo dal mondo, dentro riverrà la forza di Dio nell'esistenza. La rettitudine nel tempo del mondo ad entrare fu nella prigione a portare la rettitudine per la rinascita dentro al corpo dei viventi, dell'Unigenito porta la vita ad entrare, esce la parola dell'Unigenito risorto che nel corpo rifù. Dono la Madre di Dio al mondo è per i viventi, dentro la bocca fu a venire, porta dell'Unigenito le parole.

Numeri 22,39 - E fu il Potente così la rovina con la Madre tra i popoli dentro la casa del serpente a versare. E fu dentro l'Unigenito a recare; nelle città indica nelle assemblee i precetti del Crocifisso.

Numeri 22,40 - A casa del serpente versò dentro per abbatterlo un corpo e su per l'Unigenito gli apostoli lo portarono con la forza della risurrezione che il vigore nei cuori del serpente con l'agire recide. Liberati sono dalla Madre dell'Unigenito, la risurrezione alla vista reca, portata è questa dentro le assemblee.

Numeri 22,41 - E sarà al mondo a ristare dentro un mattino, e rovesciate saranno le tombe, dentro la potenza rovescerà l'Unigenito in terra lo vedranno i viventi, si porterà per aiutare, fuori li porterà da dentro la morte. Da dentro a rialzarsi portati saranno con i corpi di prima i viventi risorti, dalla putredine su usciranno nel mondo i popoli.

PEREQ SHIRAH
Tra i libri di preghiera ebraici c'è una breve opera importante sotto l'aspetto storico, misteriosa e criptica intitolata "Pereq Shirah" (PS), ossia Capitolo di Canto, di autore ignoto, attribuito in modo immaginifico al Re David o, al figlio di lui, sapiente e grande scrittori di lodi: "Salomone pronunziò tremila proverbi; le sue poesie furono millecinque." (1Re 5,12) e si dice conoscesse la lingua di uccelli ed animali.
Le opere tutte del creato ed ogni tipo d'animale, compresi insetti ed uccelli tutti, cantano in lode a Dio ognuno con uno specifico versetto delle Sacre Scritture ebraiche della Bibbia, e vi sono anche citazioni di libri successivi agli scritti dei suddetti immaginati autori come pure del Talmud.
L'idea rientra nella corrente dei mistici del Talmud stesso, sapienti della Mishnah, studiosi di Akiva e Ishmael Ben Elkisha delle opere dette di Heikhalot o dei Palazzi del primo medioevo che con l'insegnamento "Maasech Mercabah" o Opera del Carro, con riferimento al carro di Ezechiele, quale pratica di speculazione cercavano l'elevazione a Dio per vedere il trono divino, opere che leggevano e meditavano tra digiuni e preghiere.
L'idea di fondo del "Pereq Shirah", è che secondo il "Maasech Mercabah" gli animali e la natura cantino inni di lode a Dio quando si svelano segreti mistici.

Rabbi Yeshayah, studente di Rabbi Chanina ben Dosa, digiunò per 85 giorni, poi sui cani per i quali è stato scritto "Ma tali cani avidi, che non sanno saziarsi" (Isaia 56,11a) si domandò dovrebbero meritare di cantare un canto?
Un Angelo gli rispose dal cielo e gli disse,Yeshayah fino a quando digiunerai per questo? C'è un giuramento dall'Unico, Benedetto Egli sia; dal giorno che Egli ha rivelato il Suo segreto a Abacuc il profeta, Egli non ha rivelato questa cosa a nessuno nel mondo. Ma poiché tu sei studente di un grande uomo, io sono stato inviato dal Cielo per assisterti. Essi dicono sui cani che hanno scritto: "Ma contro tutti gli Israeliti neppure un cane punterà la lingua, né contro uomini, né contro bestie, perché sappiate che il Signore fa distinzione tra l'Egitto e Israele." (Esodo 11,7)

In quella tradizione c'è pure che il grano alla raccolta canta nel mese di Nisan, come pure cantavano le vacche che portavano il carro con l'Arca del Patto.
Il "Pereq Shirah", è incorporato in alcuni libri di preghiera ed è diviso in 6 capitoli, uno per ogni giorno lavorativo della settimana e complessivamente presenta 94 citazioni, da parte di elementi del mondo naturale del cielo, della terra, piante, uccelli, animali e insetti.
Ciascuno di questi parla con un versetto per lo più dell'Antico Testamento.
La recitazione e meditazione contribuirebbe ad allontanare l'inclinazione malvagia, così ché dopo la morte può evitare la punizione e s'assicura un posto nell'"Olam Haba", vale a dire nel mondo a venire del Messia, come disse Rabbi Eliezier: "Chiunque coinvolge se stesso con "Pereq Shirah" in questo mondo merita ripeterlo nel Mondo Futuro, poiché è detto "Dopo Mosè vorrà cantare" e non dice "canta" ma "vorrà cantare" nel Mondo Futuro e chiunque coinvolge se stesso con "Pereq Shirah" in questo mondo - lo testimonio - che lui è destinato al Mondo Futuro, egli è salvato dalle inclinazioni demoniache, da un severo giudizio, da satana il distruttore, da tutti i tipi di nemici, dagli spasimi per la nascita del Messia e dal giudizio della Geenna; ed egli merita di apprendere e di insegnare, di adempiere ed osservare la Torah, e i suoi studi sono fondati in lui, i suoi giorni sono allungati e merita di vivere nel mondo futuro."

Tutta la natura coi versetti citati nel "Pereq Shirah" c'insegna, filosofia, etica e teologia.
La Torah ci semplifica l'insegnamento della natura, infatti, "Rabbi Yochanan disse: Se la Torah non ci fosse stata data avremmo dovuto imparare la modestia dal gatto, la proibizione del furto dalla formica, il divieto di relazioni proibite dalla colomba, e il metodo proprio delle relazioni coniugali dal pollame". (Talmud, Eruvin 100b)
Con la Torah Dio "...ci rende più istruiti delle bestie selvatiche, ci fa più saggi degli uccelli del cielo..." (Giobbe 35,11)
I Saggi d'Israele raccontano però che quando il re David completò il libro dei salmi divenne orgoglioso e davanti a Santo, Benedetto Egli sia, disse: C'è forse creatura che Tu hai creato nel Tuo mondo che ha più canti e lodi più di me?
In quello stesso istante una rana attraversò il suo sentiero e gli disse: David, non diventare orgoglioso! Io recito più canti e lodi di te. Inoltre ogni canto che io dico contiene 3000 lodi (come Salomone in 1Re 5,12). Inoltre sono occupata con una grande precetto (mitzvah). Precisamente c'è una creatura ai confini del mare il cui corpo sta interamente nell'acqua, quando è affamata mi prende e mi mangia (il Leviatano) così che io adempio ciò che si dice in Proverbi 25,21-22 "Se il tuo nemico ha fame, dagli pane da mangiare, se ha sete, dagli acqua da bere; perché così ammasserai carboni ardenti sul suo capo e il Signore ti ricompenserà", da non leggere "ti ricompenserà" ma "farà te completo in lui".
Riporto il testo della preghiera "Pereq Shirah" tradotta in italiano e riporto solo il nome degli elementi che parlano anche con le lettere ebraiche e con la loro traslitterazione così il lettore potrà fermare nella mente alcune parole.

CAPITOLI I-VI
Capitolo I
I cieli - "shamaim" - proclamano: "I cieli narrano la gloria di Dio, e l'opera delle sue mani annunzia il firmamento." (Salmo 19,2)

La terra - "'aeraes" - proclama: "Del Signore è la terra e quanto contiene, l'universo e i suoi abitanti."(Salmo 24,1) ed essa dice "Dagli angoli estremi della terra abbiamo udito il canto: Gloria al giusto". (Isaia 24,16a)

Il giardino dell'Eden - "gan 'Eden" - proclama: "Lèvati, aquilone, e tu, austro, vieni, soffia nel mio giardino si effondano i suoi aromi. Venga il mio diletto nel suo giardino e ne mangi i frutti squisiti." (Cantico dei Cantici 4,16)

La Geenna - "geihinnom" - proclama: "poiché saziò il desiderio dell'assetato, e l'affamato ricolmò di beni." (Salmo 107,9)

Il deserto - "midebbar" - proclami: "Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa." (Isaia 35,1)

I campi - "shadot" - proclamano "Il Signore ha fondato la terra con la sapienza, ha consolidato i cieli con intelligenza." (Proverbi 3,19)

Le acque - "maim" - proclamano: "Al rombo della sua voce rumoreggiano le acque nel cielo. Egli fa salire le nubi dall'estremità della terra, produce lampi per la pioggia e manda fuori il vento dalle sue riserve." (Geremia 51,16)

I mari - "iammim" - proclamano: "Ma più potente delle voci di grandi acque, più potente dei flutti del mare, potente nell'alto è il Signore." (Salmo 93,4)

I fiumi - "naharot" - proclamano: "I fiumi battano le mani, esultino insieme le montagne" (Salmo 98,8)

Le sorgenti - "m'aianot" - proclamano: "E danzando canteranno: Sono in te tutte le mie sorgenti". (Salmo 87,7)

Capitolo II
Il giorno - "iom" - proclama: "Il giorno al giorno ne affida il messaggio e la notte alla notte ne trasmette notizia." (Salmo 19,3)

La notte - "lailah" - proclama: "annunziare al mattino il tuo amore, la tua fedeltà lungo la notte." (Salmo 92,3)

Il sole - "shoemoesh" - proclama: "e la luna resta nella sua dimora, fuggono al bagliore delle tue saette, allo splendore folgorante della tua lancia." (Abacuc 3,11)

La luna - "ierach" - proclama: "Per segnare le stagioni hai fatto la luna e il sole che conosce il suo tramonto." (Salmo 104,19)

Le stelle - "kokabim" - proclamano: "Tu, tu solo sei il Signore, tu hai fatto i cieli, i cieli dei cieli e tutte le loro schiere, la terra e quanto sta su di essa, i mari e quanto è in essi; tu fai vivere tutte queste cose e l'esercito dei cieli ti adora." (Neemia 9,6)

Le folte nubi - "'abiim" - proclamano: "Si avvolgeva di tenebre come di velo, acque oscure e dense nubi lo coprivano." (Salmo 18,12)

Le leggere nubi - "'anenei" - proclamano: "Carica di umidità le nuvole e le nubi ne diffondono le folgori." (Giobbe 37,11)

Il vento - "ruach" - proclama: "Dirò al settentrione: Restituisci, e al mezzogiorno: Non trattenere; fa' tornare i miei figli da lontano e le mie figlie dall'estremità della terra." (Isaia 43,6)

Le luci della notte - "beraqim" - proclamano: "Fa salire le nubi dall'estremità della terra, produce le folgori per la pioggia, dalle sue riserve libera i venti." (Salmo 135,7)

La rugiada - "tal" - proclama: "Sarò come rugiada per Israele; esso fiorirà come un giglio e metterà radici come un albero del Libano." (Osea 14,6; un testo aggiunge "Lèvati, aquilone, e tu, austro, vieni, soffia nel mio giardino si effondano i suoi aromi. Venga il mio diletto nel suo giardino e ne mangi i frutti squisiti." Cantico dei Cantici 4,16)

Le piogge - "gashamim" - proclamano: "Pioggia abbondante riversavi, o Dio, rinvigorivi la tua eredità esausta." (Salmo 68,10)

Capitolo III
Gli alberi della foresta - "'ailanot shebbashadah" - - proclamano "Gridino di giubilo gli alberi della foresta di fronte al Signore, perché viene per giudicare la terra." (1 Cronaca 16,33)

La vite - "goefoen" - proclama: "Dice il Signore: Come quando si trova succo in un grappolo, si dice: Non distruggetelo, perché v'è qui una benedizione, così io farò per amore dei miei servi, per non distruggere ogni cosa." (Isaia 65,8)

Il fico - "te'enah" - proclama: "Il guardiano di un fico ne mangia i frutti, chi ha cura del suo padrone ne riceverà onori." (Proverbi 27,18)

Il melograno - "rimmon" - proclama: "Come un nastro di porpora le tue labbra e la tua bocca è soffusa di grazia; come spicchio di melagrana la tua gota attraverso il tuo velo." (Cantico dei Cantici 4,3)

La palma - "tamar" - proclama: "Il giusto fiorirà come palma, crescerà come cedro del Libano." (Salmo 92,13)

L'albero del melo - "tapuach" - proclama: "Come un melo tra gli alberi del bosco, il mio diletto fra i giovani. Alla sua ombra, cui anelavo, mi siedo e dolce è il suo frutto al mio palato." (Cantico dei Cantici 2,3)

I covoni di grano - "shibboloet chittim" - proclamano: "Canto delle ascensioni. Dal profondo a te grido, o Signore." (Salmo 130,1)

I covoni d'orzo - "shibboloet she'orim" - proclamano: "Preghiera di un afflitto che è stanco e sfoga dinanzi a Dio la sua angoscia." (Salmo 102,1)

Gli altri covoni - "she'ar hashibbalim" - proclamano "I prati si coprono di greggi, le valli si ammantano di grano; tutto canta e grida di gioia." (Salmo 65,14)

Le verdure dei campi - "ieraqot shebbashadoeh" - proclamano: "Ne irrighi i solchi, ne spiani le zolle, la bagni con le piogge e benedici i suoi germogli." (Salmo 65,11)

Le erbe - "deshai'im" - proclamano: "La gloria del Signore sia per sempre; gioisca il Signore delle sue opere." (Salmo 104,31)

Capitolo IV
Il gallo - "tarenegol" - proclama: "Quando il solo Santo, benedetto Egli sia, raggiunse il Giusto nel giardino dell'Eden, tutti gli alberi del giardino dell'Eden sparsero i loro aromi e gioirono e lodarono, e allora anche Lui, si alza e lodò." (Zohar, Voyakhel 195b)

Nella sua prima chiamata esso dice: "Sollevate, porte, i vostri frontali, alzatevi, porte antiche, ed entri il re della gloria. Chi è questo re della gloria? Il Signore forte e potente, il Signore potente in battaglia." (Salmo 24,7.8)

Nella sua seconda chiamata esso dice: "Sollevate, porte, i vostri frontali, alzatevi, porte antiche, ed entri il re della gloria. Chi è questo re della gloria? Il Signore degli eserciti è il re della gloria. Selah." (Salmo 24,9.10)

Nella sua terza chiamata esso dice: "Si alzi ogni giusto e occupi se stesso con la Torah, così che la ricompensa sarà doppia nel Mondo che viene."

Nella quarta chiamata esso dice "Io spero nella tua salvezza, Signore!" (Genesi 49,18)

Nella sua quinta chiamata esso proclama: "Fino a quando, pigro, te ne starai a dormire? Quando ti scuoterai dal sonno?" (Proverbi 6,9)

Nella sua sesta chiamata esso proclama: "Non amare il sonno per non diventare povero, tieni gli occhi aperti e avrai pane a sazietà." (Proverbi 20,13)

Nella sua settima chiamata esso proclama: " È tempo che tu agisca, Signore; hanno violato la tua legge." (Salmo 119,126)

La gallina - "tarenegoloet" - proclama: "Egli dà il cibo ad ogni vivente: perché eterna è la sua misericordia." (Salmo 136,25)

La colomba - "ionah" - proclama: "Come una rondine io pigolo, gemo come una colomba. Sono stanchi i miei occhi di guardare in alto. Signore, io sono oppresso; proteggimi." (Isaia 38,14) La colomba dice davanti al Solo Santo, benedetto Egli sia: "Signore del mondo! Possa il mio nutrimento essere così amaro come un oliva nella Tua Mano piuttosto che sia dolce come il miele attraverso carne e sangue." (Talmud, Eruvian 18b)

L'aquila - "noeshoer" - proclama: "Tu, Signore, Dio degli eserciti, Dio d'Israele, lèvati a punire tutte le genti; non avere pietà dei traditori." (Salmo 59,6)

La gru - "'agur" - proclama: "Lodate il Signore con la cetra, con l'arpa a dieci corde a lui cantate." (Salmo 33,2)

L'usignolo - "sepor" - proclama: "Anche il passero trova la casa, la rondine il nido, dove porre i suoi piccoli, presso i tuoi altari, Signore degli eserciti, mio re e mio Dio." (Salmo 84,4)

La rondine - "senunit" - proclama: "perché io possa cantare senza posa. Signore, mio Dio, ti loderò per sempre." (Salmo 30,13)

Il rondone - "sasiit" - proclama: "Il mio aiuto viene dal Signore, che ha fatto cielo e terra." (Salmo 121,2)

La minacciosa procellaria - "siiah" - proclama: "Una luce si è levata per il giusto, gioia per i retti di cuore." (Salmo 97,11)

Il pipistrello - "re'ipi" - proclama: "Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro Dio." (Isaia 40,1)

La cicogna - "chasidah" - proclama: "Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che è finita la sua schiavitù, è stata scontata la sua iniquità, perché ha ricevuto dalla mano del Signore doppio castigo per tutti i suoi peccati." (Isaia 40,2)

Il corvo - "'oreb" - proclama: "Chi prepara al corvo il suo pasto, quando i suoi nati gridano verso Dio e vagano qua e là per mancanza di cibo?" (Giobbe 38,41)

Lo storno - "zarzir" - proclama: "Sarà famosa tra i popoli la loro stirpe, i loro discendenti tra le nazioni. Coloro che li vedranno ne avranno stima, perché essi sono la stirpe che il Signore ha benedetto." (Isaia 61,9)

L'oca domestica - "'auaz shoebbabbait" - proclama: "Lodate il Signore e invocate il suo nome, proclamate tra i popoli le sue opere. Cantate a lui canti di gioia, meditate tutti i suoi prodigi." (Salmo 105,1.2)

L'oca selvatica - "'auaz habbar" - proclama: "Una voce grida: Nel deserto preparate la via al Signore, appianate nella steppa la strada per il nostro Dio." (Isaia 40,3) E sopra il suo cibo trovato nella boscaglia essa dice: "Maledetto l'uomo che confida nell'uomo, che pone nella carne il suo sostegno e il cui cuore si allontana dal Signore... Benedetto l'uomo che confida nel Signore e il Signore è sua fiducia." (Geremia 17,5.7)

L'anatra - "perogiiot" - proclama: "Confidate nel Signore sempre, perché il Signore è una roccia eterna." (Isaia 26,4)

Il passero mangiatore d'api - "rechamah" - proclama: "Con un fischio li chiamerò a raccolta quando li avrò riscattati e saranno numerosi come prima." (Zaccaria 10,8)

La cavalletta - "siporoet" - proclama: "Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l'aiuto?" (Salmo 121,1)

La locusta - "chasil" - proclama: "Signore, tu sei il mio Dio; voglio esaltarti e lodare il tuo nome, perché hai eseguito progetti meravigliosi, concepiti da lungo tempo, fedeli e veri." (Isaia 25,1)

Il ragno - "shemamit" - proclama: "Lodatelo con cembali sonori, lodatelo con cembali squillanti; ogni vivente dia lode al Signore." (Salmo 150,5)

La mosca - "zebub" - quando Israele non occupa se stesso con la Torah proclama: "Una voce dice: Grida e io rispondo: Che dovrò gridare? Ogni uomo è come l'erba e tutta la sua gloria è come un fiore del campo... Secca l'erba, appassisce il fiore, ma la parola del nostro Dio dura sempre. Veramente il popolo è come l'erba." (Isaia 40,6.8) "io pongo sulle labbra: Pace, pace ai lontani e ai vicini, dice il Signore, io li guarirò". (Isaia 57,19)

I mostri del mare - "taninim" - proclamano: "Lodate il Signore dalla terra, mostri marini e voi tutti abissi." (Salmo 148,7)

Il leviatan - "lewiatan" - proclama: "Lodate il Signore perché è buono: perché eterna è la sua misericordia." (Salmo 136,1)

I pesci - "dagiim" - proclamano: "Il Signore tuona sulle acque, il Dio della gloria scatena il tuono, il Signore, sull'immensità delle acque." (Salmo 29,3)

La rana - "separdah" - proclama: "Benedetto è il nome nella gloria del suo regno per tutta l'eternità." (Talmud Pesachim 56 a)

Capitolo V
La bestia - "behamah" - piccola debole (pecora) proclama: "Chi è come te fra gli dèi, Signore? Chi è come te, maestoso in santità, tremendo nelle imprese, operatore di prodigi?" (Esodo 15,11)

La bestia grossa pura (vacca) proclama: "Esultate in Dio, nostra forza, acclamate al Dio di Giacobbe." (Salmo 81,2)

La bestia debole impura (maiale) proclama: "La tua bontà, Signore, sia con i buoni e con i retti di cuore." (Salmo 125,4)

La bestia grossa impura (da soma) proclama: "Vivrai del lavoro delle tue mani, sarai felice e godrai d'ogni bene." (Salmo 128,2)

Il cammello - "gamal" - proclama: "Il Signore ruggisce dall'alto, dalla sua santa dimora fa udire il suo tuono; alza il suo ruggito contro la prateria, manda grida di giubilo come i pigiatori delle uve, contro tutti gli abitanti del paese." (Geremia 25,30)

Il cavallo - "sus" - proclama: "Ecco, come gli occhi dei servi alla mano dei loro padroni; come gli occhi della schiava, alla mano della sua padrona, così i nostri occhi sono rivolti al Signore nostro Dio, finché abbia pietà di noi." (Salmo 123,2)

Il mulo - "poerod" - proclama: "Ti loderanno, Signore, tutti i re della terra quando udranno le parole della tua bocca." (Salmo 138,4)

L'asino - "chamor" - proclama: "Tua, Signore, è la grandezza, la potenza, la gloria, lo splendore e la maestà, perché tutto, nei cieli e sulla terra, è tuo. Signore, tuo è il regno; tu ti innalzi sovrano su ogni cosa." (1Cronache 29,11)

Il bue - "shur" - proclama: "Allora Mosè e gli Israeliti cantarono questo canto al Signore e dissero: Voglio cantare in onore del Signore: perché ha mirabilmente trionfato, ha gettato in mare cavallo e cavaliere." (Esodo 15,1)

Gli animali selvatici - "chaiot hashadoeh" - - proclamano: "Benedetto è il Solo Colui che è buono e elargisce il cibo." (Talmud, Berachos 48b)

La gazzella - "sebi" - proclama: "Ma io canterò la tua potenza, al mattino esalterò la tua grazia perché sei stato mia difesa, mio rifugio nel giorno del pericolo." (Salmo 59,17)

L'elefante - "gil" - proclama: "Come sono grandi le tue opere, Signore, quanto profondi i tuoi pensieri!" (Salmo 92,6)

Il leone - "'areie" - proclama: "Il Signore avanza come un prode, come un guerriero eccita il suo ardore; grida, lancia urla di guerra, si mostra forte contro i suoi nemici." (Isaia 42,13)

L'orso - "dob" - proclama: "Esulti il deserto con le sue città, esultino i villaggi dove abitano quelli di Kedàr; acclamino gli abitanti di Sela, dalla cima dei monti alzino grida. Diano gloria al Signore e il suo onore divulghino nelle isole." (Isaia 42,11-12)

Il lupo - "zeb" - proclama: "Qualunque sia l'oggetto di una frode, si tratti di un bue, di un asino, di un montone, di una veste, di qualunque oggetto perduto, di cui uno dice: È questo! la causa delle due parti andrà fino a Dio: colui che Dio dichiarerà colpevole restituirà il doppio al suo prossimo." (Esodo 22,8)

La volpe - "shu'al" - proclama: "Guai a chi costruisce la casa senza giustizia e il piano di sopra senza equità, che fa lavorare il suo prossimo per nulla, senza dargli la paga." (Geremia 22,13)

Il segugio - "zarzir" - proclama: "Esultate, giusti, nel Signore; ai retti si addice la lode." (Salmo 33,1)

Il gatto - "chatul" - proclama: "Anche se t'innalzassi come un'aquila e collocassi il tuo nido fra le stelle, di lassù ti farei precipitare, dice il Signore." (Obdia 1,4)

Il topo - "'abebbar" - proclama: "Ti esalterò, Signore, perché mi hai liberato e su di me non hai lasciato esultare i nemici." (Salmo 30,2)

E quando il gatto lo cattura, il gatto dice: "Ho inseguito i miei nemici e li ho raggiunti, non sono tornato senza averli annientati." (Salmo 18,38)

E il topo dice: "Tu sei stato giusto in tutto quello che ci è avvenuto, poiché tu hai agito fedelmente, mentre noi ci siamo comportati con empietà." (Neemia 9,33)

Capitolo VI
Le creature che si arrampicano - "sher'aim" - dicono: "Gioisca Israele nel suo Creatore, esultino nel loro Re i figli di Sion." (Salmo 149,2) oppure "La gloria del Signore sia per sempre; gioisca il Signore delle sue opere." (Salmo 104,31)

Le creature prolifiche che si arrampicano - "'elim shoebbashera'im" - dicono: "La tua sposa come vite feconda nell'intimità della tua casa; i tuoi figli come virgulti d'ulivo intorno alla tua mensa." (Salmo 128,3)

Il serpente - "nachas" - proclama: "Il Signore sostiene quelli che vacillano e rialza chiunque è caduto." (Salmo 145,14)

Lo scorpione - "'aqrab" - proclama: "Buono è il Signore verso tutti, la sua tenerezza si espande su tutte le creature." (Salmo 145,9)

La chiocciola - "shabelul" - proclama: "Passino come lumaca che si discioglie, come aborto di donna che non vede il sole." (Salmo 58,9)

La formica - "namalah" - proclama "Và dalla formica, o pigro, guarda le sue abitudini e diventa saggio." (Proverbi 6,6)

Il ratto - "chuledda" - proclama: "ogni vivente dia lode al Signore. Alleluia." (Salmo 150,5b)

Il cane - "kalebim" - proclama: "Venite, prostrati adoriamo, in ginocchio davanti al Signore che ci ha creati." (Salmo 95,6)

Dio è benedetto per sempre, Amen Amen.
Benedetto è Dio da Sion che abita in Gerusalemme, loda a Dio! Benedetto, Signore, Signore d'Israele, l'unico operatore di meraviglie. E benedetto il Nome della sua Gloria e la Sua Gloria ricolma tutta la terra. Amen Amen.

PENSIERI
In definitiva nel Pereq Sirah c'è lo spirito che in embrione si trova nel libro del profeta Daniele nel brano deuterocanonico della Bibbia in greco del "Cantico delle Creature" ove anche gli animali sono chiamati a lodare il Signore:

"Benedite, mostri marini e quanto si muove nell'acqua, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, uccelli tutti dell'aria, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, animali tutti, selvaggi e domestici, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli." (Daniele 3,79-81)

Questo è da ritenere l'embrione dell'idea del Pereq Sirah.

Ho notato che nel Pereq Sirah mancano riferimenti alle bestie del deserto come struzzi e sciacalli.
Questi si trovano spesso assieme come in Giobbe 30,29; Isaia 13,21.22; 34,13; 43,20; Geremia 50,39; Lamentazioni 4,3 e Michea 1,8.
Anche questi animali glorificheranno il Signore come precisa il profeta Isaia "Mi glorificheranno le bestie selvatiche, sciacalli e struzzi, perché avrò fornito acqua al deserto, fiumi alla steppa per dissetare il mio popolo, il mio eletto. Il popolo che io ho plasmato per me celebrerà le mie lodi." (Isaia 43,20-21)
Il dire bestie selvatiche "hashshadoeh" porta a pensare ad uno stato di soggezione al demonio ; questi perciò sono animali come soggetti a schiavitù e non sono in grado di poter esprimere libere lodi al Signore; quindi non sono nel Pereq Sirah.
Ciò si verificherà nei tempi Messianici in cui saranno liberati.

Un cenno agli animali che pregano si trova anche nel trattato "Orazione" di Tertulliano sacerdote Cartagine II secolo d.C. "Animali domestici e feroci pregano e piegano le ginocchia e, uscendo dalle stalle o dalle tane, guardano il cielo non a fauci chiuse, ma facendo vibrare l'aria di grida nel modo che a loro è proprio. Anche gli uccelli quando si destano, si levano verso il cielo, e al posto delle mani aprono le ali in forma di croce e cinguettano qualcosa che può sembrare una preghiera."

È da notare nel capitolo IV del Pereq Sirah il particolare ruolo del gallo, il "tarenegol" le cui lettere dicono "indica col canto che in cammino si porta il Potente "; infatti, questi per il PS canta quando il Dio si porta nel Giardino dell'Eden ed incontra il Giusto.
Fa pensare alle citazioni dei Vangeli sul canto del gallo, al giardino del getzemani ed al tradimento di Pietro.
Il gallo, infatti, in quel canto del Pereq Sirah è collegato al Messia, perché nella sua terza chiamata dice: "Si alzi ogni giusto e occupi se stesso con la Torah, così che la ricompensa sarà doppia nel Mondo che viene" e nella quarta chiamata esso dice "Io spero nella tua salvezza, Signore!" (Genesi 49,18) e la salvezza è il Signore Gesù.

Dio ha un occhio di riguardo per tutte le sue creature:
  • le ama perché altrimenti non le avrebbe create, infatti, tra l'altro nel 5° e nel 6° giorno in cui creò gli animali ebbe a concludere "...vide che era cosa buona";
  • dopo il diluvio, "Dio si ricordò di Noè, di tutte le fiere e di tutti gli animali domestici che erano nell'arca" (Genesi 8,1) e fece alleanza non solo con Noè, ma "con ogni essere vivente che è con voi, uccelli, bestiame e bestie selvatiche" (Genesi 9,10);
  • nel libro del profeta Giona quando a Ninive il re impone penitenza a "uomini e animali, grandi e piccoli" (Giona 3,7-8), Dio risparmia la città anche perché in essa vi è "una grande quantità di animali" (Giona 4,11).
Vi dovrebbe essere un tacito patto di solidarietà tra tutte le creature e l'uomo che in definitiva è il loro custode.

Il rispetto e la cura degli animali è da intendere quale estensione dell'amore per il prossimo.
Tra gli animali si trovano qualità che l'uomo ha riconosciuto nobilissime la nobiltà come capacità di controllo della forza del leone, la forza del toro, l'acutezza e l'agilità dell'aquila.
Queste doti, unite alla saggezza dell'uomo nel pensiero antico del profeta Ezechiele 1,10 le troviamo quando descrive il carro - "merkabah" - del Signore e sono riprese dall'Apocalisse attorno al trono dell'Altissimo.

"Davanti al trono vi era come un mare trasparente simile a cristallo. In mezzo al trono e intorno al trono vi erano quattro esseri viventi pieni d'occhi davanti e di dietro. Il primo vivente era simile a un leone, il secondo essere vivente aveva l'aspetto di un vitello, il terzo vivente aveva l'aspetto d'uomo, il quarto vivente era simile a un'aquila mentre vola. I quattro esseri viventi hanno ciascuno sei ali, intorno e dentro sono costellati di occhi; giorno e notte non cessano di ripetere:

Santo, santo, santo
il Signore Dio, l'Onnipotente,
Colui che era, che è e che viene!"
(Apocalisse 4,6-8)

È poi da ricordare che la stessa Apocalisse conferma che tutte le creature loderanno il Signore:

"Tutte le creature nel cielo e sulla terra, sotto terra e nel mare, e tutti gli esseri che vi si trovavano, udii che dicevano:

A Colui che siede sul trono e all'Agnello
lode, onore, gloria e potenza,
nei secoli dei secoli."
(Apocalisse 5,13)

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