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LETTERE EBRAICHE E CODICE BIBBIA...

 
"SCRUTATIO" CRISTIANA
DEL TESTO MASORETICO DELLA BIBBIA

di Alessandro Conti Puorger
 

    parti precedenti:

I PARTE - LA MIA ESPERIENZA, LA "SCRUTATIO" - COM'È NATA L'IDEA »
COSA FECI? »
VOCABOLARIO A TAPPETO »
LE LETTERE DELLA MIA "SCRUTATIO" »
ALCUNE PAROLE DA ESEMPIO »
LE REGOLE PER LA "SCRUTATIO" »
UN VERSETTO COMPLETO »
COSA HO CONSEGUITO »
UN "VAI PURE AVANTI!" »
UN DISCORSO COLLATERALE E CONCLUSIONE »
II PARTE - ALCUNI SUPPORTI AL MIO SCRUTARE - COSA CONSIGLIO »
PER LA TRADIZIONE EBRAICA »
PERCHÉ LE LETTERE AVREBBERO TALE PROPRIETÀ »
LA TRADUZIONE IN GRECO DEI 70 »
IL CRISTO, IL MESSIA »
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PIÙ LETTURE DI UNO STESSO VERSETTO
Per l'ebraismo ogni brano della Bibbia pur se scritto con i segni per le vocali è ammissibile leggerlo con la tecnica esegetica "al tikrei" come se avesse solo consonanti, cioè "al tikrei" "non leggere", ossia leggere in altro modo, con diversa vocalizzazione o forma ortografica rispetto alla usuale.
L'uso "al tikrei" non esclude in ogni caso la lettura originaria del testo, e perciò si può più correttamente definire come "non leggere questo passo solo in modo usuale, ma anche in altro modo" e il procedimento permette una nuova interpretazione, perfino quando le leggi della grammatica e della sintassi rendono necessaria la sola lettura tradizionale.
L'uso di questa tecnica trae origine dal verso: "Dio ha detto questo una volta, ma io ho ascoltato questo due volte." (paragrafo 62,12) e cioè che le parole della Bibbia si prestano a significati diversi di quello tradizionale." (Diz. Unterman) e se poi ogni lettera può anche leggersi a se stante, in base al disegno che reca, le possibilità di diversa traduzione aumentano ancora.
Nella tradizione ebraica, così, il testo biblico è suscettibile di più interpretazioni tanto che si parla delle bibliche 70 facce: al riguardo, ricordo:

  • "Un maestro della scuola di Rabbì Ismael ha insegnato: Non è forse così la mia parola: come il fuoco, oracolo del Signore, e come un martello che frantuma la roccia (Geremia. 23,29) Come questo martello sprigiona molte scintille, così pure un solo passo scritturistico dà luogo a sensi molteplici." (Sanhedrin 34)
  • "Rabbì Jochanan dice: Che cosa significa ciò che sta scritto: Il Signore ha dato una parola, annunci per un'armata numerosa (Salmi 68,12)? Ogni parola che usciva dalla bocca della Potenza sul monte Sinai si divideva in 70 lingue. È stato insegnato nella scuola di Rabbì Ishmael: Non è forse così la mia parola: come il fuoco, oracolo del Signore, e come un martello che frantuma la roccia (Geremia 23,29) Come questo martello sprigiona molte scintille, così pure ogni parola che usciva dalla bocca della Potenza si divideva in 70 lingue." (Shabbat 88b)
  • il mistico della cabbalah del XIII secolo d.C. (1194-1270 d.C.), Nachmanide Mosès spagnolo ebreo commentatore biblico diceva: "Noi possediamo una tradizione autentica secondo cui la Torah è formata dai Nomi di Dio. Le parole che vi leggiamo possono essere infatti anche suddivise in modo completamente diverso, componendo Nomi... L'affermazione per cui la Torah fu scritta in origine con fuoco nero su fuoco bianco, ci conferma nell'opinione che la sua stesura avvenne con tratto continuo e senza suddivisioni in parole, cosa che permise di leggerla sia come una sequenza di Nomi, sia, nel modo tradizionale, come un resoconto storico ed un insieme di comandamenti divini. Ma Egli la ricevette anche, nello stesso tempo, sotto forma di trasmissione orale, come lettura di una sequenza di Nomi.", ammettendo così che la Torah orale ricevuta da Mosè è anche un testo interno alla Torah scritta. (Vedi G. Scoolem, "Il nome di Dio e la teoria cabbalistica del linguaggio")
  • "Una tradizione sostiene che Mosè scrisse tutta la Torah dalla prima all'ultima riga senza alcuna parola compiuta, come un susseguirsi ininterrotto di lettere. Ciò viene chiamata Torah hashem, la Torah di Dio. È come una sorta di nome unico di Dio... È come una scrittura prima delle parole, senza interruzione, punteggiatura, senza ritmo, senza il minimo spazio bianco. La scrittura fluisce senza interruzioni dalla bet, prima lettera della Torah, fino alla lamed, l'ultima lettera. È un in-finito non-senso." (Marc-Alain Ouaknin "Le Dieci Parole")
Questo non-senso con la "scrutatio" che s'ottiene col metodo dei segni si apre in una continua profezia sul Messia.
In definitiva tutte le lettere di seguito della Torah costituiscono la password o chiave di accesso per mettersi in comunicazione con Dio ed anche una sola lettera eliminata può non dar luogo alla corretta comunicazione.

C'è poi un discorso d'Isaia (29,11.12) ove parla chiaro, c'è un I ed un II livello di lettura: "Per voi ogni visione sarà come le Parole di un libro sigillato; si dà ad uno che sappia leggere dicendogli: Leggilo. Ma quegli risponde: Non posso perché è sigillato. Oppure si dà il libro a chi non sa leggerlo dicendogli: Leggilo, ma quegli risponde: Non so leggere."
  • il primo, normale, cioè il saper leggere usuale;
  • il secondo, speciale, per leggere il sigillato, per il quale occorre avere una particolare iniziazione e, chi non sa leggere, non supera il I livello, e chi legge soltanto quanto ufficiale, non supera il II.
Un discorso sul vino nuovo (Vedi "Chi legge doppio è brillo" di "Decriptare le lettere parlanti delle sacre scritture ebraiche").

Nel midrash Numeri Rabbah XIII15, si legge: "Come il valore del vino è settanta, così la Torah ha settanta volti.", ed associa la Torah al vino.
Secondo la gimateya o gimatria - regola omiletica parole o frasi che hanno lo stesso valore numerico, cioè che hanno eguale somma dei valori delle lettere a ciascuna delle quali è associato anche un numero, sono permeati di una qualche analoga particolarità o proprietà da sondare.

Per far comprendere tornno al Nome , per la Gimatria il suo valore è ( = 5) + ( = 6) + ( = 5) + ( = 10) = 26 e corrisponde come valore a "Unico amore" ove la loro somma è 26, infatti:

Unico = ( = 4) + ( = 8) + ( = 1) = 13 e amore = ( = 5) + ( = 2) + ( = 5) + ( = 1) = 13

Il Vangelo di Giovanni ci dà un nome nuovo per Dio: "Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto; questi sanno che tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l'amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro". (Giovanni 17,25s)
Ne discende che il Nome è "Dio, Padre mio"
Si ottiene egualmente 26, infatti = 1+2+10 = 12+1.

Per la gimatria vino e Torah hanno una proprietà comune.
In effetti si ha che il vino è pari a 70: = ( = 10) + ( = 10) + ( = 50) = 70
C'è da domandarsi perché quel detto citi il vino in rapporto alla Torah.
Sarà per il fatto che il vino, come è noto, fa vedere doppio?
Ora un antico gioco ebraico (b'Eruvin 65a) evocato da una frase talmudica dice: "Quando entra il vino esce il segreto."
Tale frase, che al primo impatto sembra solo un proverbio sensato, perché a chi beve si scioglie la lingua, intende di più, in quanto sottende che come il "vino" per la gimatria equivale a 70 anche la parola "segreto" equivale a 70:

= ( = 4) + ( = 6) + ( = 60) = 70

Avvicinando tra loro questi due detti,
come il valore del vino è settanta, così la Torah ha settanta volti
quando entra il vino esce il segreto per la proprietà transitiva ne consegue che quei dotti parlavano di una faccia nascosta che fornisce una Torah segreta e che quando si parla di vino s'evoca anche questo concetto.

Questa Torah segreta potrebbe essere parte di quella che è detta Torah orale.
Dire 70 sottende così in questo campo una lettura segreta sempre riferita al Messia, esito cui mira tutta la storia della salvezza oggetto della Torah; cioè quando la Torah è letta - usando il vino cioè il metodo per cui si perviene alla lettura doppia - ne viene una illuminazione, esce il segreto, ne esce una luce, e la Luce per antonomasia è il Cristo, il Messia e la risurrezione che reca. "Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo." (Giovanni 1,9)

E c'è un altro detto ebraico: quando entra la luce esce il mistero.
Si verifica che luce e mistero hanno, infatti, lo stesso valore gimatrico:

= ( = 200) + ( = 6) + ( = 1) = 207
= ( = 7) + ( = 200) = 207

Il numero 70 ricorda il midrash sulla traduzione chiamata dei settanta che in sostanza assicura che il segreto = 70 fu mantenuto; tant'é che il messaggio del 70 ha prevalso sul fatto che i traduttori invero erano 72 - Elasar gli mandò 72 anziani, sei per ogni tribù.
Ora, com'è noto, il vino porta ad essere brilli ed a vedere doppio e, dopo quanto detto nell'ambito di questa tematica, il dire di bere vino s'adatta bene all'idea del leggere un testo doppio nell'Antico Testamento.
In effetti gli scettici, che credono al miracolo solo se sono stati presenti, all'idea della lettura d'un secondo testo possono considerare ubriaco chi l'asserisce.
Una metafora diffusa nella letteratura haggadica fu quella del vino con la Torah perché nell'insegnamento scritturale, come nel vino, è insita un'energia; infatti, nel Cantico rabbah I.19 si legge: "il vino lascia un segno quando viene bevuto, e così lo lasciano le parole della Torah e la gente può indicare col dito, dicendo: Ecco uno studioso."
Lo vedono come ubriaco, perché legge doppio!
Mi pare di scorgere traccia di questo pensiero negli Atti, quando la mattina di Pentecoste (Atti 2) gli apostoli a Gerusalemme proclamarono che ciò che i profeti annunciarono s'era verificato; loro n'erano testimoni!
Ed in tale occasione esce il concetto d'aver bevuto vino: "Altri, invece, li deridevano e dicevano: Si sono ubriacati di mosto." (Atti 2,15) notazione strana e, con quella frase la gente di Gerusalemme era come dicesse: questi dicono che il mito della lettura segreta s'è verificato!
Nell'episodio delle nozze di Cana (Giovanni 2,1-11) si ha un altro accostamento al vino.
Le nozze evocano l'immagine delle profezie (Osea 2,21-25 Geremia 2,2 Isaia 54,5; 62,5) sul Signore che negli ultimi tempi sposerà Israele: "E avverrà in quel giorno - oracolo del Signore - io risponderò al cielo ed esso risponderà alla terra; ...la terra risponderà con il grano, il vino nuovo e l'olio..." (Osea 2,23,24a)

Giovanni 2,1 - "...ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù..."
Giovanni 2,2 - "Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli"
Giovanni 2,3 - "...la madre di Gesù gli disse: Non hanno più vino..."
Giovanni 2,5 - "La Madre dice ai servi: Fate quello che vi dirà."
Giovanni 2,6 - "Vi erano là sei giare di pietra per la purificazione dei Giudei..."
Giovanni 2,7 - "Gesù disse loro "Riempite d'acqua le giare..."
Giovanni 2,8 - "...ora attingete e portatene al maestro di tavola..."
Giovanni 2,9 - "E come assaggiato l'acqua diventata vino... il maestro di tavola chiamò lo sposo"(e c'è il discorso che i servi avevano visto che il vino prima era acqua)
Giovanni 2,10 - "...il vino buono, e quando sono un pò brilli, quello meno..."
Giovanni 2,11 - "...dette inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria..."

L'acqua che stava nelle giare di pietra (oggetti che provenendo dalla roccia richiamano la terra) è mutata in vino, compiendo la profezia d'Osea 2,22-24, ecco perché il contesto di un matrimonio: "ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore. E avverrà in quel giorno - oracolo del Signore - io risponderò al cielo ed esso risponderà alla terra; la terra risponderà con il grano, il vino nuovo e l'olio".
Questo miracolo si verifica nel settimo giorno, che simbolicamente indica l'attuazione dell'ultimo giorno della settimana di creazione, rievocata dal Vangelo di Giovanni che iniziando con "In principio..." e con lo scandire i giorni richiama proprio il Capitolo 1 del Genesi.
Nella descrizione delle nozze appare il personaggio (due volte) del maestro di tavola che parla con lo sposo che seguendo l'allegoria del matrimonio di Iahweh con Israele, rappresenta l'autorità rabbinica, che parla con familiarità con lo sposo tramite la Torah, e si congratula con questi che "ha riservato per gli ultimi tempi il vino migliore" (vino = segreto).
E i servi che sono testimoni che l'acqua diviene vino sono i rabbini e i loro discepoli che dal materiale che vedono versare, acqua lustrale - cioè dalle pagine della Torah relative alle prescrizioni rituali che sembrano nulla diire del Messia e sono veramente ostiche per i cristiani, vedono, senza manipolazioni, ma solo tramite la parola di Gesù, uscire vino nuovo.
Ormai siamo preparati: il vino = 70 richiama il segreto = 70.
C'è anche il concetto che ora che potevano essere brilli, ma non c'è più vino per divenirlo, è dato il vino migliore; cioè, ora non si vede più doppio, ossia le profezie che si leggono nei testi nascosti si stanno attuando in quanto quello che è acqua - le pagine della Torah relative alle prescrizioni rituali - sono la base del segreto palesato e così le ho trovate nelle decriptazioni del Levitico che è "Parola di Dio" da "scrutare" altrimenti ci resta incomprensibile, eppure è il libro centrale perno della Torah ed è conservato nel nostro canone.
Il versetto Giovanni 2,11, che conclude l'evento, è in effetti da tradurre (vedi nota Bibbia di Gerusalemme a Giovanni 2,11) con: "Gesù fece questo inizio dei segni... manifestò la sua gloria..." e gloria porta il pensiero alla risurrezione palesata dal segreto.
Gli stessi Vangeli sinottici parlando del "Vino nuovo in otri nuovi" (Matteo 9,17; Marco 2,22; Luca 5,37) riportano a questa problematica e, pur se meno espliciti, vi sono tutti gli ingredienti; Gesù, infatti, attesta che è presente lo sposo, che è lui stesso, ci sono i farisei e discepoli di Giovanni e c'è il vino nuovo e il vino vecchio.

a.contipuorger@gmail.com

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