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RICERCHE DI VERITÀ...

 
LO SPOSO DELLA COPPIA NEL MATRIMONIO,
ROVETO ARDENTE

di Alessandro Conti Puorger
 

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INTRODUZIONE »

UNA SPOSA O UN ROBOT?
Dopo una vita di studi, ricerche, esperimenti, prove, errori, tentativi e modifiche, un cibernetico intese versare tutto il sapere, scienze esatte, psicologia ed etica, filtrato dalla propria esperienza, in un robot, perché in vecchiaia gli fosse compagno e programmò in automatico l'apprendimento dai fatti, manutenzione, riparazione, ricerca d'energia e, ad evitare che potesse nuocere, concepì anche un circuito che innescava l'auto-distruzione ove fosse diventato pericoloso per anomalia non prevista o per decisione propria in conseguenza dei dati acquisiti nella memoria attivo-deduttiva.
Come robot era perfetto, tutti l'ammiravano, era sua soddisfazione e gloria, il suo tesoro; discuteva, giocava a scacchi, ragionava, era un amico e, in tutto fedele, lo serviva... ma quel circuito di sicurezza, era un tarlo per l'inventore.
Il robot di fatto non era libero, era solo una capsula dell'io del cibernetico.
Il cibernetico, indeciso tra paura e audacia, era depresso, disinnescarlo o no?
Il cibernetico non dava più ordini, non parlava, si vergognava di sé e si diceva: che parlo a fare con questo coso... e il robot vagliò le informazioni: risultato - il cibernetico è infelice - può morire a causa mia - deduzione esatta - via libera.
S'attivò il circuito di sicurezza e il robot si distrusse.
Il cibernetico infelice aveva messo tutto il cuore, se stesso e il tempo a creare uno perfetto, aveva fatto una copia di sé e si rese conto che perfetto non era; tutto perduto per colpa della propria decisione paurosa ed egoista.
In quello stesso istante come se il circuito auto distruttivo fosse nel proprio cuore in un lampo gli venne un colpo e morì; quel circuito si chiama egoismo.

Il racconto, favola per bambini, ha una morale: il libero arbitrio ad un robot è pericoloso, ma non puoi non darlo se vuoi uno alla pari che non sia un robot.

La creazione, attribuita al Dio Unico dai discendenti nella fede dal patriarca Abramo, è espressione del suo amore senza limiti che non può non implicare apertura a vita incondizionata e piena per l'altro e la libera parità non può evitare che l'altro decida d'essere un nemico, così l'atto spontaneo del Creatore è atto ardito, un rischio, ma Lui, sensibile all'amore, non essendo una farsa, sa che è in gioco anche un servizio totale all'uomo che ha creato.
Dio è libero per definizione e se vuole può cancellare tutto, ma ingiustizia e mancanza di misericordia non sarebbe da Dio, ma da demone.
La possibilità di scelta è insita nella creazione.
Ogni realtà creata, ha un contrapposto, lo ha posto ben in evidenza col separare e distinguere: luce da tenebre, cielo da terra, asciutto dalle acque, giorno da notte, ciò che da frutto dall'erba, uccelli dai pesci e animali dall'uomo.
L'ultimo venuto è l'uomo, il culmine della creazione: "Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza..." (Genesi 1,26)
In questo primo capitolo del libro della Genesi "Adam" non è il nome proprio del primo uomo, ma dell'umanità, della coppia che Dio ha creato, infatti: "Dio creò l'uomo ('Adam) a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò." (Genesi 1,27), pensiero ribadito in Genesi 5,1.2: "Quando Dio creò l'uomo, lo fece a somiglianza di Dio; maschio e femmina li creò, li benedisse e li chiamò uomini ('Adam) quando furono creati."
Il testo ebraico è chiaro, non uomini al plurale, ma Adamo al singolare, indi Adamo è il nome della coppia primigenia.
Per 'Adam come coppia dalle lettere usate trovo queste caratteristiche:

  • "all'Unico somigliante ()", in quanto maschio e femmina, perché l'assieme ha qualità paterne e materne, in quanto "l'Unico aiuta la vita ";
  • "uniti per aiutarsi nella vita ", scopo che dovrebbero scoprire i maschi e le femmine di questo mondo.
Gli angeli, messaggeri al servizio di Dio, contemplano il Suo volto, stanno alla Sua presenza e uniformano il proprio volere alle Sue decisioni perché, pur se liberi, di fatto, non esercitano la libertà, perché conoscono la sua infinita sapienza solo orgoglio smisurato ed errore sarebbero causa d'opinione diversa.
Dio sa che amare chiede parità, e per porsi al livello dell'amata la formò, volle portare una creatura al proprio livello riempiendola di doni, provvedendo ad educarla, amandola in tutto il percorso di crescita, senza incombere su di lei col proprio peso, il che implicava anche per Lui mettersi in gioco, crescere con lei.
È sì un re, un monarca assoluto, ma sensibile e democratico che ama di cuore i popoli, vi cerca una sposa e spera che la prescelta l'ami per quello che è e non per il potere che ha, ma dopo avere avuto varie delusioni scelse Israele che ha ascoltato la Sua voce: "Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze." (Deuteronomio 6,5-6)
L'uomo fu maschio e femmina, allora, da Lui pensato come un essere libero che potesse anche non accettarlo e quindi lo mise a vivere in un ambiente ad hoc, restando la sua gloria nascosta, perché crescesse, senza condizionamenti del potere e, nella libertà, scegliesse d'essere compagno del Signore in ogni momento della propria crescita.
Il paradiso terrestre, il giardino dell'Eden di cui parla il capitolo 2 del libro della Genesi ha in sé, infatti, l'idea d'una prova per 'Adam la coppia uomo donna.
  • Genesi 2,8 - "Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l'uomo che aveva plasmato."
  • Genesi 2,9 - "Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, tra cui l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male."
  • Genesi 2,15 - "Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse."
  • Genesi 2,16-17 - "Il Signore Dio diede questo comando all'uomo: Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti."
Il giardino dell'Eden è l'ambito dove il Signore fidanzato mantiene e fa crescere la fidanzata, quella coppia, perché la fanciulla diventi matura; é lo scenario di un cantico d'amore, mistero che si ripete per ogni coppia.
Anche questo era un rischio, ma l'amore vince ogni timore!
Questa prova non è solo per l'uomo, ma anche per Dio, è un fidanzamento, prova è anche per Lui, lei, potrebbe scegliere un altro.
L'ha vista è come a Lui piace, l'ha istruita, ma la lascia libera, onde abbia momenti in cui Lui non sia apparentemente presente per non condizionarla; non fidarsi non è amore... e Lui è fedele e si fida.
Che delusione per uno che ama con tutto se stesso e l'amata sceglie un altro!
L'uomo era creato per stare là in eterno?
Non si sa quanto lunga sarebbe stata la permanenza, ma per Dio ai suoi "occhi, mille anni sono come il giorno di ieri che è passato, come un turno di veglia nella notte" (Salmo 90,4) e nell'amore il tempo è breve e benedetto.
Purtroppo conosciamo solo il tempo maledetto, quello che porta alla morte, ma il tempo della creazione non portava alla morte, bensì alla vita.
La morte fisica poi non era un freno capace di fermare l'amore in quel Paradiso.
Là, appunto, c'era anche l'albero della vita, per sancire un passaggio e poi apprendere dal maestro dei maestri, uniti nell'amore è rapido, e "...forte come la morte è l'amore... una fiamma del Signore" (Cantico dei Cantici 8,6)
Nel Paradiso giorno e notte si susseguivano, ma i giorni della creazione erano lunghi andavano con i bioritmi dell'Eterno.
L'albero della conoscenza del bene e del male indicava il tempo del programma per la crescita... per arrivare alla conoscenza piena.
Dio avrebbe dosato il programma facendo da didascalo, non era un tranello, l'albero aveva veramente buoni frutti e gradevole, altrimenti non sarebbe stato messo un pericolo nel Paradiso terrestre; allora perché il morire al mangiarlo?
Se vogliamo sapere di più del paradiso terreste dobbiamo leggere il testo intero del Cantico dei Cantici, lì si parla di un giardino, un cercarsi, un incontrarsi, un lasciarsi per crescere un riprendersi ed insieme un lodare e un costruire, un amore totalizzante, ma anche di guardie, di mura, di un impedimento, di qualcosa e qualcuno che divide, impedisce, limita.
È il Cantico dei Cantici una visione allegorica del rapporto tra Dio ed Israele.
Rabbi Aqiba II secolo d.C. sostiene: "In Israele nessuno ha mai negato, riguardo al Cantico dei Cantici, che esso rende impure le mani (cioè che esso sia Scrittura sacra) poiché il mondo intero non vale il giorno in cui fu dato a Israele il Cantico dei Cantici. Tutte le Scritture, infatti, sono sante: ma il Cantico dei Cantici è il Santo dei Santi "qodesh qodashim" e come vedremo qodashim è il matrimonio.
Un Midrash afferma che quando il Cantico dei Cantici 3,7 scrive "Ecco, la lettiga di Salomone, 60 prodi le stanno intorno, tra i più valorosi d'Israele" direbbe:
  • di Dio, detto Shelomò, "la Sua Pace", perché la pace può venire solo da Lui;
  • del Santuario letto o lettiga, l'altare della procreazione, luogo della sua Shekinah, perché dal Santuario si moltiplicava la benedizione sul mondo, su cui si perpetrava il "keillu", il "matrimonio dei matrimoni" tra Dio e l'umanità, la sua sposa, la "kellah" desiderata;
  • 60 sarebbero i Saggi d'Israele che studiano l'intera Torà, infatti, oggi secondo tradizione 60 sono considerati i trattati del Talmud.
Paradiso terreste, inizio d'un matrimonio, poi o inferno, o... vedremo, un roveto ardente, questo è il tema del midrash della creazione.
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