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ATTESA DEL MESSIA...

 
AMORE, NAVICELLA DELL'UOMO NUOVO,
ASTRONAUTA DEL CIELO

di Alessandro Conti Puorger
 

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PROFONDITÀ DI SATANA
Nel libro dell'Apocalisse, scritto per la Chiesa delle origini a fine del I secolo d.C. dopo 70 anni circa dalla prima pentecoste cristiana, si parla della "profondità di satana".
Come noto Giovanni, l'autore del libro, confinato nell'isola di Patos, dell'arcipelago del Dodecanneso nel Mar Egeo, ci racconta di questo incontro che ha veramente dell'extraterrestre.
Vide sette candelabri d'oro e in mezzo c'era "uno simile a figlio di uomo, con un abito lungo fino ai piedi e cinto al petto con una fascia d'oro. I capelli della testa erano candidi, simili a lana candida, come neve. Aveva gli occhi fiammeggianti come fuoco, i piedi avevano l'aspetto del bronzo splendente purificato nel crogiuolo. La voce era simile al fragore di grandi acque. Nella destra teneva sette stelle, dalla bocca gli usciva una spada affilata a doppio taglio e il suo volto somigliava al sole quando splende in tutta la sua forza." (Apocalisse 1,13-16)
Una visione come quella del carro di fuoco del profeta Ezechiele e di Daniele al capitolo 10, di cui ho evidenziato in colore i richiami.
Ho già presentato la decriptazione dei primi due capitoli del libro del profeta Ezechiele e di tutto il profeta Daniele, che sono profezie integrali sul Messia, in:

"Appena lo vidi, caddi ai suoi piedi come morto. Ma egli, posando su di me la destra, mi disse: Non temere! Io sono il Primo e l'Ultimo e il Vivente. Io ero morto, ma ora vivo per sempre e ho potere sopra la morte e sopra gli inferi. Scrivi dunque le cose che hai visto, quelle che sono e quelle che accadranno dopo. Questo è il senso recondito delle sette stelle che hai visto nella mia destra e dei sette candelabri d'oro, eccolo: le sette stelle sono gli angeli delle sette Chiese e le sette lampade sono le sette Chiese." (Apocalisse 1,17-20)
Una visione che restando nell'allegoria degli extraterrestri è da Incontri Ravvicinati III tipo - IR3 - oggetti volanti anomali a distanza ravvicinata, nei quali oltre all'oggetto vengono osservati esseri viventi intelligenti che interagiscono con l'osservatore.
L'allegoria poi si arricchisce con i simboli delle stelle, "nella destra teneva sette stelle", cioè il personaggio che si presenta è padrone delle costellazioni, queste avevano un Nome "Shem" e l'insieme dei Nomi era il cielo "Shemaim" e il Nome dei Nomi "Ha-Shem" è Lui il Signore dei Signori.
Il fatto che ha "potere sopra la morte e sopra gli inferi" è un voluto paragone con il dio Osiride ben conosciuto allora dai contemporanei e associato al Dionisio dei Greci.
Osiride e Dioniso erano stati uguagliati sin dal V secolo a.C. dallo storico Erodono.
Gnostici e Neoplatonici hanno poi incluso in questo sincretismo Adone, Mitra e altri dei delle religioni misteriche.
Il termine Osiride-Dioniso è stato trovato all'inizio del I secolo d.C. in "Aegyptiaca" di Ecateo di Abdera e nei lavori di Leone di Pella.
L'intento del libro dell'Apocalisse, quindi, è anche apologetico, perché i tanti contemporanei su cui facevano presa le religioni misteriche che condividevano varie analogie, divinità maschili, incarnate e legate a un ciclo di vita-morte-rinascita, entrassero in rapporto col cristianesimo.
Quelle religioni misteriche, però, avevano riti che per l'autore avevano il valore d'una ricerca delle profondità sataniche.

Ecco che la visione reca tra l'altro messaggi per le prime Chiese nell'ambito della sua predicazione, ma l'insieme è un testo unitario assieme all'intero libro. Queste Chiese sono Efeso, Smirne, Pergamo. Tiatira, Sardi, Filadelfia e Laodicea, tutte nell'attuale Turchia, e le cita in modo circolare destrorso come erano collegate tra loro da una strada proconsolare, un percorso postale, costruito intorno al 133-130 a.C. non appena l'Asia fu organizzata in provincia. (opinione dello studioso Sir William M. Ramsay)


Ad ognuna di queste Chiese chi parla nella visione si presenta con una sua caratteristica, fa almeno un'osservazione e reca la promessa di un dono.
  • Efeso: "...colui che tiene le sette stelle nella sua mano destra e che cammina in mezzo ai sette candelabri" - detestare l'opera dei Nicolaiti - "al vincitore darò da mangiare dell'albero della vita". (Apocalisse 2,1-7)
  • Smirne: "...colui che è il primo e l'ultimo, che fu morto e tornò in vita" - attenzione a quelli che si proclamano Giudei e non lo sono, ma sono della sinagoga di satana - "il vincitore non sarà colpito dalla seconda morte." (Apocalisse 2,8-11)
  • Pergamo: "...colui che ha la spada acuta a due tagli..." - hai seguaci della dottrina di Balaam... Nicolaiti - "darò da mangiare la manna nascosta..." (Apocalisse 2,12-17)
  • Tiatiri: "...colui che ha gli occhi come fiamma di fuoco..." - non lasciar fare a Iezabele - "al vincitore... darò la stella del mattino..." (Apocalisse 2,18-29)
  • Sardi: "...colui che ha i sette spiriti di Dio e le sette stelle" - se non sarai vigilante, io verrò come un ladro - "il vincitore sarà dunque vestito di bianche vesti". (Apocalisse 3,1-6)
  • Filadelfia: "...colui che ha la chiave di Davide..." - ancora sulla sinagoga di satana - "Verrò presto... il vincitore lo porrò come una colonna nel tempio del mio Dio...". (Apocalisse 3,7-13)
  • Laodicea: "...L'amen, il testimone fedele e verace" - sii zelante - "...verrò da lui, cenerò con lui...". (Apocalisse 3,14-27)
In particolare nel messaggio alla Chiesa di Tiatira di cui riporto l'intero brano si parla delle profondità di satana:

"All'angelo della Chiesa di Tiàtira scrivi: Così parla il Figlio di Dio, Colui che ha gli occhi fiammeggianti come fuoco e i piedi simili a bronzo splendente. Conosco le tue opere, la carità, la fede, il servizio e la costanza e so che le tue ultime opere sono migliori delle prime. Ma ho da rimproverarti che lasci fare a Iezabèle, la donna che si spaccia per profetessa e insegna e seduce i miei servi inducendoli a darsi alla fornicazione e a mangiare carni immolate agli idoli. Io le ho dato tempo per ravvedersi, ma essa non si vuol ravvedere dalla sua dissolutezza. Ebbene, io getterò lei in un letto di dolore e coloro che commettono adulterio con lei in una grande tribolazione, se non si ravvedranno dalle opere che ha loro insegnato. Colpirò a morte i suoi figli e tutte le Chiese sapranno che io sono Colui che scruta gli affetti e i pensieri degli uomini, e darò a ciascuno di voi secondo le proprie opere. A voi di Tiàtira invece che non seguite questa dottrina, che non avete conosciuto le profondità di satana - come le chiamano - non imporrò altri pesi; ma quello che possedete tenetelo saldo fino al mio ritorno. Al vincitore che persevera sino alla fine nelle mie opere, darò autorità sopra le nazioni; le pascolerà con bastone di ferro e le frantumerà come vasi di terracotta, con la stessa autorità che a me fu data dal Padre mio e darò a lui la stella del mattino. Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese." (Apocalisse 2,18-29)

Tiatira era la più piccola di quelle 7 città (Plinio il vecchio 23 - 79 d.C. ne parlò come città insignificante) pur tuttavia era un importante centro commerciale con molte corporazioni d'artigiani (Lidia, commerciante di porpora era di Tiatiri, Atti 16,14).
Pare potersi arguire che i soci delle corporazioni in pranzi comuni sacrificassero agli dèi protettori a cui interveniva anche qualche cristiano, incoraggiato da una donna influente, irretita dall'insegnamento dei Nicolaiti, chiamata in modo simbolico Iezabel, personaggio perverso dell'Antico Testamento.
Era stata questa Iezabel, infatti, la fenicia sposa del re d'Israele Achab che indusse il marito e il popolo all'idolatria e alla persecuzione dei profeti di Iahwéh contro cui però operò il profeta Elia (1Re 16 e 1Re 21; 2Re 9).
Certo è che ci fu una grande lotta tra la chiesa cristiana che stava crescendo per non essere fagocitata dalle sette misteriche o e dagli gnostici considerato vi si trovavano "misteri" apparentemente simili - morte e vita di un semidio, come Mitra o Dioniso - uniti a facilità di costumi, più congeniali a nutrire la parte esteriore dell'uomo e quindi di più immediata comprensione.
Nel messaggio alla Chiesa di Efeso e di Pergamo che precedono quello alla chiesa di Tiatira ai versetti Apocalisse 2,6 e 2,15 è stato toccato il problema che costituiva la setta dei Nicolaiti.
Questa era una setta che secondo Sant Ireneo di Lione (Adversus haereses I,26) il fondatore sarebbe il diacono Nicola, uno dei primi setti nominati dagli apostoli: "Piacque questa proposta a tutto il gruppo ed elessero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timòne, Parmenàs e Nicola, un proselito di Antiòchia." (Atti 6,5)
Questa tesi non è accolta da Eusebio di Cesarea e da Clemente Alessandrino che sostiene non sia stata ben interpretata una parola di Nicola "bisogna trascurare la carne", perciò in effetti non erano suoi seguaci.
S. Clemente d'Alessandria e S. Agostino sostengono che del nome di Nicola abusarono con oscene invenzioni, mal interpretando qualche suo detto, quantunque con suo figlio e le figlie splendesse per castità. (Clem. Aless. "Stromi" 3. 4, p. 187; Eusebio, "Istor". 3. 29)
Pare, però, che proprio per una mal interpretata castità si sarebbe separato dalla moglie che poi riprese, e per difendere l'errore sarebbe passato ad astruse dottrine aventi dello gnostico, quindi i "Nicolaiti" dal suo nome.
La setta, di gnostici, invero, e non è il caso di Nicola, non ammetteva la divinità di Cristo, ma aveva solo una fede interiore senza culti esterni per un Dio non conoscibile, mentre il Dio degli ebrei, ritenuto un Demiurgo, era il disprezzato malvagio creatore dell'universo ove imprigiona le anime.
Ireneo, Tertulliano, e Agostino li accusarono d'idolatria e licenziosità per le tendenze immorali, perché, separando la natura fisica dalla spirituale, pare praticassero attività sessuale e tentassero d'avere incarichi ecclesiastici per schiavizzare gli adepti.
Ritenevano per comodo, facendosi forti o avendo mal digerito che la grazia supera le opere dalla legge, d'abbandonarsi a passioni terrene sostenendo che la loro spiritualità, a cui asserivano di rimanere fermi, potesse bastare a vincere l'astuzie del nemico pur lasciandosi andare all'impudicizia e all'idolatria esteriore per pervenire a conoscenza profonda e spirituale dei misteri.

Il termine nicolaismo tornò in auge nel Medioevo per i religiosi che vivevano in concubinato. In opposizione a tale situazione e alla simonia, piaghe del clero dell'epoca, in Lombardia nella Chiesa ambrosiana nell'XI secolo insorse anche con scontri sanguinosi il movimento dei patarini termine dispregiativo dal milanese "patée" - robivecchi, straccivendolo. Sotto Niccolò II il sinodo lateranense del 1059, emanò energici decreti per riforma ecclesiastica e al clero con cubinario fu comminata la scomunica e ai laici fu proibito di assistere alla loro messa.

Per fare un parallelo con oggi i Nicolaiti si dicevano cristiani, come ce ne sono tanti oggi, ma conformisti che per quieto vivere o per interesse s'adattano alla mentalità del mondo e fanno quello che fanno tutti gli altri, dicendo però che conservano la fede.
Giovanni, l'autore della lettera, invece è assertore che la Chiesa deve essere un faro contro il male e i cristiani debbono andare controcorrente, essere diversi ed essere attori per coadiuvare a realizzare il regno di Dio contro satana, padre della menzogna che nega il dono di Dio della Legge come via per la felicità, lo Spirito di fratellanza e comunione, il giudizio finale e il cercare di vivere nella luce e nella verità.
L'insegnamento delle Chiese era di fatto quello dava anche Paolo a Tito:

"È apparsa infatti la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini, che ci insegna a rinnegare l'empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo, nell'attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo; il quale ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formarsi un popolo puro che gli appartenga, zelante nelle opere buone. Questo devi insegnare, raccomandare e rimproverare con tutta autorità. Nessuno osi disprezzarti!" (Tito 2,11-15)

Oltre ai Nicolaiti in quei messaggi alle sette Chiese si parla della dottrina di Balaam e di Sinagoga di Satana.
Il primo termine, dottrina di Balaam, si rifà al Balaam del libro dei Numeri, un profeta straniero che operava per interesse; quindi i Nicolaiti e seguaci di Balaam sono idolatri che cercano i propri profitti.
Con l'altro termine, Sinagoga di Satana, è da intendersi ogni assemblea in cui è predicato un Vangelo diverso da quello di Gesù Cristo che non riconosce che è vero Figlio di Dio, nato da Maria vergine, quindi vero uomo, il Salvatore che visse estraneo al peccato, sacrificò se stesso per noi, risuscitò, ascese al cielo con la promessa di tornare fisicamente per la vittoria finale.
Del pari altro errore era il pensare il poter giungere la salvezza compiendo riti particolari.
Si comprende così come la Chiesa primitiva con le sue piccole comunità s'è battuta veramente tra persecuzioni fisiche e in mezzo a leoni costituiti dalla congerie di culti e sette che potevano inquinarne le acque.
Solo lo Spirito Santo che raffino la qualità di alcuni che fu in grado di guidare la navicella tra quegli scogli e penetrare nella giusta teologia di Dio.
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