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ATTESA DEL MESSIA...

 
SUL TIMORE DEL SIGNORE

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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NELLE SACRE SCRITTURE EBRAICHE DELLA BIBBIA »

IL TIMORE DEL SIGNORE E IL VEDERE DIO
Sono poi andato a cercare la frequenza di queste altre espressioni:

  • "Timore del Signore" 38 volte di cui 3 nel Nuovo Testamento;
  • "Timor/timore di Dio" 19 volte di cui 3 nel Nuovo Testamento.
Dopo quelle considerazioni con quelle idee nella mente ho guardato le lettere ebraiche del radicale del verbo temere, aver paura.
Quelle tre lettere ebraiche le provo a leggere coi significati che do con la mia chiave di lettura delle icone di quelle lettere "'al tira'", il "Non temere".
Vado però subito a considerare, visto che in Dio non c'è negazione, quel biletterale non come = no, ma come = "Dio" e la lettera come "indica/indicazione".
(Vedi: "Parlano le lettere".)
Accade così che "Dio indica " le lettere , cioè il temere.
È peraltro da considerare che la lettera è la lettera radice del verbo essere e le due lettere sono "veduta, vista" dal radicale "vedere" che è un senso che consente a un oggetto esterno "nella testa/mente iniziare ad entrare ".
l temere con le sue lettere, così, nasconde e fa associare anche questi pensieri:
  • un "sei visto " cioè ti tengo d'occhio per proteggerti";
  • "sia nella testa/mente l'Unico ", cioè un consiglio, tieni sempre presenti che io ci sono con te;
  • "stai a guardare ()", cioè abituati a vedere con occhi nuovi.
Così, infatti, dice Mosè a Giosuè quando gli dice di non spaventarsi davanti al compito di guidare gli Israeliti alla conquista della terra promessa: "…perché è con te il Signore tuo Dio, dovunque tu vada". (Giosuè 1,9b)
Il timore di Dio comporta che il fedele sente che vive sempre sotto lo sguardo del Signore, e cerca di piacere più a lui che agli uomini.
Si sottopone in pratica costantemente al giudizio di Dio e compie le proprie azioni pensando se a Lui sono accette e gradite e secondo la sua volontà.
Dio, infatti, per lui è un padre che desidera il bene del proprio figlio.
Si legge in Genesi al capitolo 22,13-14 nell'episodio del sacrificio di Isacco: "Abramo andò a prendere l'ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio. Abramo chiamò quel luogo Il Signore vede ; perciò oggi si dice: Sul monte il Signore si fa vedere ."

Il libro deuterocanonico del Siracide scritto in greco inserito solo nella Bibbia cristiana il capitolo 1 presenta un panegirico sul "Timore del Signore" che sunteggio solo con i versetti strettamente relativi al tema:

"Ogni sapienza viene dal Signore ed è sempre con lui
la elargì a quanti lo amano
Il timore del Signore è gloria e vanto, gioia e corona d'esultanza.
Il timore del Signore allieta il cuore e dà contentezza, gioia e lunga vita. Per chi teme il Signore andrà bene alla fine, sarà benedetto nel giorno della sua morte.
Principio della sapienza è temere il Signore; essa fu creata con i fedeli nel seno materno... (Siracide 1,12 Vedi: in "Attesa del Messia" l'articolo in .pdf "Acqua viva, fonte, sorgente per lavare il peccato".)
Pienezza della sapienza è temere il Signore; essa inebria di frutti i propri devoti…
Corona della sapienza è il timore del Signore; fa fiorire la pace e la salute…
Radice della sapienza è temere il Signore; i suoi rami sono lunga vita…
Il timore del Signore è sapienza e istruzione, si compiace della fiducia e della mansuetudine.
Non essere disobbediente al timore del Signore e non avvicinarti ad esso con doppiezza di cuore…il Signore svelerà i tuoi segreti e ti umilierà davanti all'assemblea, perché non hai ricercato il timore del Signore e il tuo cuore è pieno di inganno."

Fa comprendere come sia ben lontano questo timore dalla paura.
A questo punto chi ha questo dono è passato di fatto a costatare la presenza del Signore nella propria vita.
È come se il "Non temere" "'al tira'" sia diventato carne della propria carne.
È come se da lui "Dio finalmente fosse stato visto ()".
Si può fare anche un'altra considerazione su quelle lettere.
Dio è una idea che entra nella mente, ma non può più restare solo lì come idea; troppo grande è, incontenibile è la gioia che proromperà da tutti i pori.
Chi ha di Lui ricevuto un idea è evidente che si fa in sé un immagine, un progetto di Lui.
In ebraico il verbo "lanciare, tirare" ha come radicale le lettere .
Col mio modo di vederle come icone quelle lettere danno luogo al lanciare fisico di un oggetto "con forza un corpo esce ", ma anche al lancio di una idea da uno all'altro.
Di fatto Dio ha come lanciato un progetto in una persona, ossia Dio gli "è nella tesa/mente entrato ".
Se ciò è accaduto l'uomo non è come prima, non può trattenere più quel progetto che è come un seme che cresce.
Prima o poi quel uomo, quella comunità, quel popolo inizierà a uniformare a questo progetto tutta la propria vita, lancerà nel mondo quel progetto che in definitiva è opera di Dio.
Effettuerà un vero e proprio lancio di un'idea come un progetto ingegneristico, "è dalla testa/mente ad uscire " per arrivare a segno.
Si pensi che nell'ebraismo la parola "Torah" deriva da quel radicale come se fosse "lanciata" ed è il progetto prestazionale della persona secondo Dio che deve cercare per essere Santa ad Imitatio Dei di rispettare la Torah legata a quel radicale, che con i segni si può leggere: "un segno portare col corpo/testa nel mondo ".
Sulla Torah che è donata il libro del Deuteronomio al capitolo 6 nel passo dello Shema' è detto tra l'altro: "Questi precetti che oggi ti dò, ti stiano fissi nel cuore; li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando sarai seduto in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte." (Deuteronomio 6,6-9)

La Torah è quel pendaglio perché è un segno portato tra gli occhi, cioè è sulla fronte, quindi su e dentro la testa nel mondo .
Dio tramite il testo del profeta Isaia (66,19) dice: "Io porrò in essi un segno e manderò i loro superstiti alle genti…essi annunzieranno la mia gloria alle nazioni" e quel segno è la Torah.
Pare proprio che siamo entrati grazie a quelle lettere nel vivo del pensiero biblico ebraico, infatti, il Talmud - "Sèder Eliàhu rabbà", 26 - al riguardo di quel passo dello Shema' della Torah e del progetto che il fedele porta nel mondo dice:

"Amerai il Signore tuo Dio (Deuteronomio 6,5) fa' sì che il Cielo sia amato dagli uomini, che lo riconoscono nel tuo modo di commerciare, dal tuo comportamento per strada e dal tuo modo di fare affari con gli uomini. Quando un uomo riconosce il tuo modo di commerciare, il comportamento per strada e il modo di fare affari con i suoi simili, e legge la Torah e studia, le persone che lo vedono dicono: Beato il tale che ha studiato Torah, è un peccato che mio padre non mi abbia insegnato la Torah: il tale ha studiato la Torah, e guardate come sono piacevoli le sue azioni, come sono belli i suoi comportamenti! In nome del Cielo, studiamo Torah e insegniamo ai nostri figli Torah: così, attraverso di lui, verrà santificato il nome del Cielo. Ma quando l'uomo non lo riconosce nel modo di commerciare e dal comportamento per la strada e dal modo di fare affari con i suoi simili, ma legge la Torah e studia, le persone che lo vedono dicono: Povero quel tale che ha studiato Torah, beato mio padre che non mi ha insegnato Torah: il tale ha studiato Torah, ma guardate quanto sono brutte le sue azioni, quanto sono sbagliati i suoi comportamenti, in nome del Cielo! non studiamo Torah e non insegniamola ai nostri figli così, per suo mezzo, il nome del Cielo è profanato. La Torah è stata data proprio per questo, per santificare il suo grande nome, com'è detto (Isaia 49,3): Mi disse: tu sei il mio servo Israele, per mezzo del quale mostrerò la mia gloria... La Torà è stata data proprio per questo, per santificare il suo grande Nome: Darò loro un segno e invierò alcuni dei loro superstiti verso le nazioni..." (Isaia 66,19), e cosa dice alla fine del verso? Essi annunceranno la mia gloria tra le nazioni".

Il commercio e gli affari sono ovviamente esemplificativi, ma il timore deve essere presente in tutte le attività, ed al riguardo cito ad esempio il giudicare: "…il timore del Signore sia con voi; nell'agire badate che nel Signore nostro Dio non c'è nessuna iniquità; egli non ha preferenze personali né accetta doni…Voi agirete nel timore del Signore, con fedeltà e con cuore integro…" (2Cronache 19,7.9)
Lo stesso pensiero del timore di Dio da tenere da premessa nel comportamento si trova nel libro di Neemia ove ebbe a rimproverare i reduci per gli esosi interessi sui prestiti con queste parole: "…quello che voi fate non è ben fatto. Non dovreste voi camminare nel timore del nostro Dio per non essere scherniti dagli stranieri nostri nemici? Anch'io, i miei fratelli e i miei servi abbiamo dato loro in prestito denaro e grano. Ebbene, condoniamo loro questo debito!" (Neemia 5,9-10)
La Torah in definitiva è un modo per apprendere tale timore:
  • "Il timore del Signore è il principio della scienza; gli stolti disprezzano la sapienza e l'istruzione. Ascolta, figlio mio, l'istruzione di tuo padre e non disprezzare l'insegnamento di tua madre, perché saranno una corona graziosa sul tuo capo e monili per il tuo collo." (Proverbi 1,7-9)
  • "Fondamento della sapienza è il timore di Dio, la scienza del Santo è intelligenza." (Proverbi 9,10)
Accade allora che quelle lettere di "Non temere" "'al tira'" hanno allora ulteriori letture:
  • in senso positivo di avvertimento "Dio un segno a lanciarti () inizia";
  • come esortazione "di Dio il segno a lanciare () inizia !"
Abbiamo così compreso che in ebraico il verbo vedere ha un significato più ampio del solo senso della vista.
Il profeta è anche chiamato vedente e veggente "ro'oe" (ad esempio: Isaia 30,10) e così è detta la visione (Isaia 28,7) cioè una persona che vede cose così in profondità che altri non possono vedere.
Il "Non temere" "'al tira'" diviene così anche una profezia su chi viene pronunciato da Dio, perché "Dio indica : sarai un profeta/un vedente ()".
D'altronde, chiunque entra in un serio rapporto col divino diviene un profeta e un veggente, perché vede oltre le contingenze degli eventi e guarda i fatti che accadono con un po' della sapienza che viene dal conoscere come Dio opera nella storia e nella vita delle persone.

Il radicale del verbo "apprendere, imparare" in ebraico è .
Sono queste le tre lettere che compongono il nome della 12a lettera dell'alfabeto ebraico, la lettera lamed e il salmo alfabetico 34 al versetto 12 recita: "Lamed. Venite, figli, ascoltatemi; v'insegnerò il timore del Signore."
(Vedi: "Poemi alfabetici nella Bibbia; messaggi sigillati".)
Sant Ilario di Poitiers (315-367 d.C.), vescovo, padre e dottore della Chiesa, l'Atanasio dell'occidente, venerato come santo dalla Chiesa cattolica, dalla Chiesa Ortodossa e dalla Comunione Anglicana, l'Atanasio dell'occidente, sull'imparare il "Timor di Dio" nel "Tractatus super Psalmos", con riferimento al Salmo 127,1-3 ebbe a scrivere:

«"Beato l'uomo che teme il Signore e cammina nelle sue vie..." (Salmi 127,1) si comprende l'essenza e la perfezione del timor di Dio come sappiamo da quanto è detto nei Proverbi di Salomone: "Se appunto invocherai l'intelligenza e chiamerai la saggezza, se la ricercherai come l'argento e per essa scaverai come per i tesori, allora comprenderai il timore del Signore." (Proverbi 2,3-5). Vediamo da ciò per quanti gradi si arriva al timore di Dio. Anzitutto, chiesto il dono della sapienza si deve affidare tutto il compito dell'approfondimento al dono dell'intelletto, con il quale ricercare e investigare la sapienza. Solo allora si potrà comprendere il timore del Signore. Certamente il modo comune di ragionare degli uomini non procede così circa il timore. Infatti il timore è considerato come la paura che ha l'umana debolezza quando teme di soffrire ciò che non vorrebbe gli accadesse. Tale genere di timore si desta in noi con il rimorso della colpa, di fronte al diritto del più potente, o all'attacco del più forte, a causa di una malattia, per l'incontro con una bestia feroce o, infine, per la sofferenza di qualsiasi male. Non è questo il timore che qui si insegna, perché esso deriva dalla debolezza naturale. In questa linea di timore, infatti, ciò che si deve temere non è per nulla oggetto e materia di apprendimento, poiché le cose temibili si incaricano da se stesse a incutere terrore. Del timore del Signore invece così sta scritto: "Venite, figli, ascoltatemi; v'insegnerò il timore del Signore." (Salmi 33,12). Dunque si impara il timore del Signore, perché viene insegnato… Ascoltiamo dunque la Scrittura che dice: "Ora, Israele, che cosa ti chiede il Signore tuo Dio, se non che tu tema il Signore tuo Dio, che tu cammini per tutte le sue vie, che tu l'ami e serva il Signore tuo Dio con tutto il cuore e con tutta l'anima, che tu osservi i comandi del Signore e le sue leggi, che oggi ti do per il tuo bene." (Deuteronomio 10,12). Molte poi sono le vie del Signore, benché egli stesso sia la via. Ma quando parla di se stesso si chiama via, dando anche la ragione per cui si chiami così: "Nessuno", dice, "viene al Padre se non per mezzo di me..." (Giovanni 14,6) Vi sono infatti vie nella legge, vie nei profeti, vie nei vangeli, vie negli apostoli, vie anche nelle diverse opere dei maestri. Beati coloro che camminano in esse col timore di Dio
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