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VANGELI E PROTOVANGELI...

 
L'ANIMA DEL CREATO
E LA PIETRA ANGOLARE

di Alessandro Conti Puorger
 

GUARDARE IL SOLE
Come poter guardare il sole?
È ovvio che ad occhio nudo non si può fissare il sole.
Solo con lenti affumicate ci si può provare, l'eccessivo fulgore provocherebbe altrimenti la momentanea completa cecità e si potrebbero verificare danni irreversibili alla retina.
L'immenso, il poderoso, l'onnipotente, il Creatore dell'universo, come potrebbe farsi percepire da noi creature senza offendere i nostri occhi che sono già in difficoltà con il sole, che poi non è nemmeno una grande stella?
Non solo gli occhi, aggiungerei, ma lasciando a ciascuno la libertà della decisione finale di credere o meno alla sua esistenza.
Dice al riguardo il libro della Sapienza: "I ragionamenti dei mortali sono timidi e incerte le nostre riflessioni, perché un corpo corruttibile appesantisce l'anima e la tenda d'argilla grava la mente dai molti pensieri. A stento ci raffiguriamo le cose terrestri, scopriamo con fatica quelle a portata di mano; ma chi può rintracciare le cose del cielo?" (Sapienza 9,14-16)
Per chi crede che il mondo non è nato a caso, Dio si manifesta costantemente con le proprie opere che poi sono tutto il creato che noi conosciamo, e si fa per dire, in minima parte.
Gli uomini, gli altri e noi stessi, siamo un'opera compartecipata, vale a dire per il credente c'è l'input di Dio, a cui contribuiscono i tutori della nostra formazione e poi anche il nostro stesso volere.
Possiamo così considerarci importanti e divenire collaboratori di Dio del nostro modo di essere.
Vediamo solo il vestito del Creatore, di sgargianti colori, come l'arcobaleno, perché solo quello i nostri sensi sono in grado di percepire.

"Rivestito di maestà e di splendore, avvolto di luce come di un manto.
Tu stendi il cielo come una tenda, costruisci sulle acque la tua dimora,
fai delle nubi il tuo carro, cammini sulle ali del vento." (Salmo 104,1b-3)

Spazia e largheggia, prefigurandoci l'idea d'infinito, con le galassie e le supernove, miriadi di miriadi, poi vicino agli umani si manifesta terribile con terremoti, maremoti, eruzioni di torrenti di lava, alluvioni e catastrofi naturali, ma si fa tenero con le aurore boreali, con albe rosate, tramonti rossastri, paesaggi sconfinati e ameni, s'esibisce con animali multiformi nei loro lussureggianti habitat, con acque azzurro biancastre di atolli meravigliosi immersi in oceani blu, si fa piccolo, ma perfetto nel mondo molecolare e atomico, poi si diviene struggente con gli occhi dei bimbi e delle loro madri e... potremmo continuare con esempi su esempi.

In chi s'accende la luce che esista e che si cela può concludere che è tremendo ed affascinante, ma solo da ciò non può convenire che sia un padre buono.
Siamo creature create dal nulla e non siamo Dio.
Il suo atto creativo non implica che siamo eterni, comunque restiamo creature vive in questo mondo finché permane il suo desiderio della nostra esistenza quaggiù.
Questo è stato il pensiero per tanti secoli.
Per innescare l'idea che sia un padre buono occorre che inizi ad ardere la fiamma della fede, e una prova che non faccia relegare tutto in una idea consolatoria.
Cercherò di chiarire.
Nel mondo fisico per le creature viventi c'è un bene evidente, il poter vivere, dono immenso rispetto al non esistere, per contro vi lati negativi per catastrofi naturali distruzioni e comunque insito nel vivere c'è il concetto di invecchiamento e morte.
È un processo che si sviluppa nel tempo o dopo la sofferenza si avrà un beneficio eterno?
L'idea che Dio si comporta da padre nonostante certi atteggiamenti burberi che traspaiono dai fenomeni naturali, ivi compresa sofferenza e morte per le sue creature, è verità che alcuni estraggono con l'aiuto d'altri uomini e d'eventi personali che portano a conoscerlo più da presso nella propria vita e con altre rivelazioni... a cui in particolare contribuiscono le Sacre Scritture.
La sua opera, il creato, infatti, è da penetrare oltre il vestito che ci presenta anche se i nostri sensi e la nostra mente, graduata su quelli, è in grado di vedere solo l'esterno.
Come andare oltre la veste con cui ci si manifesta?
Gli stessi angeli, dicono chi li ha visti, nelle loro manifestazioni, quando scendono dal regno di giustizia e di pace, si rivestono di un vestito terreno: "fai dei venti i tuoi messaggeri, delle fiamme guizzanti i tuoi ministri." (Salmo 104,4)
Tutto ciò che Lo riguarda del pari presenta queste caratteristiche.
Tanto più la Torah o Insegnamento ha queste caratteristiche.
La Torah è quella che ci informa che Dio si presentò a Mosè con la rivelazione: "Io sono colui che sono !" (Esodo 3,14) e tramite la Torah sono stati creati gli angeli e tutti i mondi e questi vengono mantenuti,
È la Torah, infatti, la credenziale per i figli di Abramo della Sua identità.
I figli di Abramo sono coloro che sanno riconoscerne i connotati.
Le 22 lettere, incise sul suo trono con cui ha formato tutto ciò che ha creato, sono i Suoi sigilli e, come i più attuali tecnologici documenti di riconoscimento è dotato d'elementi biometrici della Sua essenza tradotti in termini riconoscibili dagli umani.
Quelle lettere con cui è scritta, non sono solo semplici consonanti, ma icone e contenitori di concetti, suoi intermediari, e così la Torah assume forme assimilabili dagli uomini di questo mondo.
Per far un esempio, già quel modo criptico con cui si presentò Dio a Mosè, può aprirsi in modo esplicativo e quel "Io sono" ci dice: sono "l'origine delle esistenza ".

In "Decriptare le lettere parlanti delle sacre scritture ebraiche" di quelle Sacre Scritture, dicevo però che "solo se scritte con quei segni originari hanno la proprietà d'essere un corpo vivo, come se tra queste ed il tradotto vi fosse la differenza che v'è tra persona in carne ed ossa e la sua fotografia; questa, infatti, che fissa un atteggiamento esterno, non da esito a radiografie e ad altri esami."

l vestito esterno della Torah si presenta così come un tessuto con trama e ordito costituiti da una sequenza di lettere che si prestano a formare parole e frasi in più maniere ed esprimono così racconti, vicende, guerre, sentimenti umani, odi e amori, insegnamenti più o meno pedanti, favole e aspetti mitici, comandi tremendi, cose ordinarie e preziosità sublimi.
Questa veste, che se guardata da sola dà adito all'interpretazione letterale della Bibbia, nei vari secoli ha avallato integralisti di più e opposte parti a compiere tutta una serie d'aberrazioni, a cominciare dalla lapidazione, a guerre di religione contro i nemici della propria fede, ad atti di terrorismo, alla caccia alle streghe, a vendette, a sanguinose rivendicazioni di luoghi e l'elenco può continuare.
Facile è attaccare quelle sacre Scritture da parte di idealisti che nel prendere atto della descrizione del male e della violenza in quelle contenuti, per la concupiscenza di conseguire il dominio, che ha la profondità di un abisso, accusano i testi sacri di fomentarli e non si curano del sottile modo con cui suggeriscono il lento penetrare nella storia dello Spirito di Dio.
Al riguardo un esempio pare calzante: chi si ferma alla lettura esterna e la termina offeso e arrabbiato per certi passi è come chi passando davanti alla reggia di un gran Re piena di preziosità, concerti e banchetti, vedendo e sentendo latrare i cani di guardia ringhiosi, non entra nei dovuti modi e, fallito il primo tentativo d'entrare, allontanatosi, visti quei guardiani, proclama al mondo che il palazzo del Re in effetti altri non era che solo una tana di briganti rissosi.
L'abito non fa il monaco!
Gravi errori possono derivarne se di un uomo si guarda solo il vestito.
Una cosa è il vestito, altro il corpo e altro l'anima di una persona, "La vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito?" (Matteo 6,25, Luca 12,23)
Così è per la Torah e le vesti sono i suoi racconti.

"Guai... a chi sostiene che la Torà è fatta solo di racconti mondani, e osservano solo tale rivestimento, e niente di più. Lode e merito ai giusti che osservano e ponderano sulla Torà vera e propria. Così come il vino non può venire conservato se non in una giara, la Torà ha bisogno di questi vestiti, che sono le storie e i racconti, ma è essenziale che li penetriamo per capire ciò che si trova sotto." (Zohar o Libro dello Splendore, Bemidbar, Section 3)

Un guaio certo è che non gode la certezza già in questo mondo d'aver parte del mondo a venire.
Per leggere la Torah, e di conseguenza tutte le Sacre Scritture che da essa discendono, è necessario si formino nuovi occhi e si attivi un particolare lobo negli emisferi celebrali, organi potenziali capaci d'essere eccitati da quelle lettere sacre.
In questo senso interpreto il versetto del Salmo 119 "Aprimi gli occhi perché io veda le meraviglie della tua legge (o Torah)." (Salmo 119,18)
Quel Salmo 119 è di fatto un poema tutto dedicato alla Torah.
Di questo Salmo tra l'altro ho detto in "Poemi alfabetici nella Bibbia; messaggi sigillati" e l'ho presentato interamente decriptato secondo regole e significati di "Parlano le lettere".
È il Salmo 119 il più lungo tra i 150 componimenti del libro dei Salmi.
È questo formato da 22 strofe, quante sono le lettere, tutte e solo consonanti dell'alfabeto ebraico.
Ogni strofa è di 8 versi e ciascuno dei versetti della stessa strofa inizia con la stessa lettera: i primi 8 con 'alef, la prima di quell'alfabeto, i secondi con bet, la seconda lettera, ecc. fino agli ultimi 8 che iniziano con la lettera tau, la finale, il tutto per complessivi 176 (8x22) versetti.
Questo modo di presentare mette in risalto appunto le 22 lettere, la loro importanza essenziale per comprendere la Torah e indica col numero 8 la loro perfezione, ognuna perfetta e compiuta in sé, come la Torah e come il loro Creatore.
L'associazione delle lettere 22 con il numero 8, il numero della completezza, dà già esternamente l'impronta che quella s'è realizzata grazie alle lettere dell'alfabeto ebraico opportunamente combinate da Dio.
D'altronde quella era la lingua che parlava Dio con Adamo e la lettera tau , iniziale della Torah , fu "i segno portato nella testa ad entrare ", e fu impressa sulla fronte di Caino perché nessuno lo uccidesse "Il Signore impose a Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l'avesse incontrato." (Genesi 4,15). (Vedi "I primi vagiti delle lettere ebraiche nella Bibbia")
Eppure nel vestito esterno della Torah è anche riportata la norma "occhio per occhio..." (Esodo 21,24, Levitico 24,19s, Deuteronomio 19,21) rettificata dai Vangeli con "Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente; ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l'altra." (Matteo 5,38s).
Il numero 8 in ebraico , pur se con diversa vocalizzazione è costituito dalle stesse lettere che formano le parole olio ed ungere, perciò portano all'Unto, al Cristo, al Messia.
Questi è tutto ciò che in questo mondo potremo comprendere e vedere di Dio, la sua manifestazione piena, l'anima del corpo vestito di Torah.
In ogni strofa del salmo 119 è ripetuta la parola Torah che è il complesso della rivelazione di Dio consegnata a Mosè in due volte 40 giorni e 40 notti in un faccia a faccia continuo sul monte Horeb.
La tradizione conviene che tale rivelazione sia stata in parte scritta, pervenuta a noi con i 5 libri del Pentateuco, ed in parte in forma orale, che sarebbe pervenuta attraverso la tradizione.
Gersham Scholem, studioso della Cabbalà ebraica, ritiene carattere fondante di questa via d'interpretazione mistica la ricerca del significato della rivelazione depositata nella Torà, nella Legge sacra.
In "Il nome di Dio e la teoria cabbalistica del linguaggio" (Adelphi 1998 ) afferma "l'alfabeto è, insieme, l'origine del linguaggio e l'origine dell'essere" (p. 33), e "...la Torah non solo è costituita dai Nomi di Dio, ma addirittura forma, nel suo insieme, un unico grande Nome di Dio. E questa...(è) una tesi puramente mistica" (pp.38-39) ed "Affermare che la Torah è il Nome di Dio significa che Dio ha espresso in essa il suo essere trascendente, o almeno quella parte o aspetto del suo essere che può venir rivelato alla creazione e attraverso la creazione"(p. 40).
In "Tensione dell'ebraismo ad una Bibbia segreta" ho trattato questi argomenti e la mia conclusione è che la rivelazione fu certamente in due forme, la scritta pervenutaci, e quella pure scritta, nascosta pervenutaci tramite le stesse lettere e non dalle sole parole.
Tornando al vestito con cui si riveste la Torah quando pur ci viene descritto qualcosa di violento, e di non accettabile sotto il normale sentire dietro quelle parole, le lettere, che sono vere e proprie Sefirot o ampolle della divina sapienza vi sono gli antidoti all'istinto di egoismo e di sopravvivenza descritto, capaci di chiarire quel brano e di soggiogare quegli istinti andando ad attingere al corpo, e all'anima della Torah.
Il corpo è ciò che vi sta sotto.
Dicono i Kabbalisti ebrei, i mistici della Torah, che gli scrutatori della Parola possono arrivare anche "all'anima o nishmata", che è la parte essenziale del tutto, la Torà vera e propria, e in futuro, essi contempleranno l'anima dell'anima "Nishmata le nishmata".
L'anima è il Messia e l'anima dell'anima è il Potente, il Padre, che è la sua anima, che Lui, suo specchio ci fa intravedere la sua ineffabile e inconcepibile essenza e poi ci permetterà di vederlo faccia a faccia.
Le lettere ebraiche, aggiungo, sono capaci di fornire istruzioni subliminali con la loro forma, da come si susseguono potendosi unire in altro modo a quelle adiacenti di altre parole per formare altri concetti, spezzando i nomi e i numeri di sterili elencazioni degli eventi riportati.
Ciò provoca nuove sottili realtà capaci di risvegliare l'anima e di suscitare idee, scava in profondità anche nel sonno, e la persona lentamente, ma gradualmente si trasforma e si completa come guidata e illuminata, la vita acquista significati nuovi, la felicità pare a portata di mano.
Aggiungerei che la Torah e le altre sacre Scritture ebraiche sono gli occhiali che si devono usare per guardare lo splendore del Creatore assieme ai Vangeli e al riguardo segnalo "'Scrutatio' cristiana del testo masoretico della Bibbia".
Ciò è ben chiaro agli ebrei osservanti in quanto i loro antichi maestri hanno insegnano che ognuno deve studiare Talmud e Torah vale a dire tutta la loro letteratura religiosa:
  • "sia povero che ricco, sano o malato, giovane o vecchio. Anche un mendicante che va di porta in porta per il sostentamento o qualcuno con una famiglia da mantenere, deve stabilire un tempo per studiare la Torah durante il giorno e la notte, poiché è scritto: Voi la reciterete giorno e notte." (Mishnei Torah, Hichot Talmud Torah 1,8)
  • "Per quanto tempo uno è obbligato a studiare? Fino al giorno della morte, come è detto: In modo che non svanisca dalla tua mente finché vivrai. Quando una persona non studia dimentica." (Shulhan Aruch, Yoreh De'ah 246,3)
Secondo la Kabbalah, saggezza antica insita e deducibile dalle Sacre Scritture ebraiche, questa creazione o Regno, il Malkut, non può raggiungere la corona, Keter, cioè il Creatore.
Lui s'è rivelato in tutte le altre sefirot e tutto, solo alla fine, raggiungerà l'adesione col Creatore.
Lo studio è il mediatore per conoscere sé stessi, gli altri e il Creatore.
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