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RICERCHE DI VERITÀ...

 
FEDE, SPERANZA E CARITÀ
VIRTÙ CRISTIANE

di Alessandro Conti Puorger
 

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LE VIRTÙ E IL MALE »

LE VIRTÙ TEOLOGALI
Quando nel discorso dell'esistenza s'affaccia l'idea di Dio ecco che al singolo si pone subito un dilemma, se può o non può definire ed attuare un modo comportamentale virtuoso che lo porti verso Dio.
Ciò può verificarsi in qualsiasi ambito di percorso religioso, quando il seguace percepisce la bellezza di un cammino spirituale che eleva in lui la parte migliore e ne fa crescere le virtù.
Penso, infatti, che ogni cammino che sia veramente d'impronta spirituale debba contemplare il ricercare le virtù, il meglio e il bene.
Il Catechismo della Chiesa cattolica al n° 1803 inizia col citare il seguente versetto, "Tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri." (Filippesi 4,8), e poi propone: "La virtù è una disposizione abituale e ferma a fare il bene. Essa consente alla persona, non soltanto di compiere atti buoni, ma di dare il meglio di sé. Con tutte le proprie energie sensibili e spirituali la persona virtuosa tende verso il bene; lo ricerca e lo sceglie in azioni concrete."
L'obiettivo cristiano, peraltro, è ambiziosissimo, infatti, secondo Giovanni di Nissa, santo, dottore e difensor fidei del IV secolo: "Il fine di una vita virtuosa consiste nel divenire simili a Dio." ("De beatitudinibus", oratio 1)
In altre parole vi sono virtù che consentono la santificazione, che è in definitiva l'invito di Dio espresso per tre volte nel libro del Levitico, il centrale della Torah: "siate santi, perché Io sono santo".(Levitico 11,44; 19,2; 20,7)
Per la dottrina scolastica "essere" e "bene" e anche vero e "verità" sono termini equivalenti.
Il bene s'identifica con l'essere e Dio è sommo Bene e sommo Essere.
Per l'uomo lontano dall'essere inizia il male che aumenta quanto più grande è la distanza da Lui fino al male assoluto, la non esistenza.
Adamo era potenzialmente buono come pare voler precisare il libro della Genesi evidenziando che Dio disse "Facciamo l'uomo ('ADaM) a nostra immagine, a nostra somiglianza." (Genesi 1,26) anzi, ci vuole passare il concetto che il primo uomo Adamo era Santo.
Il suo terzo figlio, Set, di cui siamo discendenti - a meno che non lo siamo di Caino - nato da Eva dopo il peccato e la cacciata dal Paradiso e il fratricidio di Caino nei confronti di Abele, pare proprio avere una "diminuitio" di bene, perché Adamo aveva avuto la "diminuitio" col peccato e tornando al discorso precedente aveva di fatto provocato un allontanamento da Dio.
Dico ciò perché pare proprio che il libro della Genesi voglia evidenziare che una carenza di bene fu trasferita alla discendenza col dire, all'inizio del capitolo 5: "Questo è il libro della genealogia di Adamo. Quando Dio creò l'uomo, lo fece a somiglianza di Dio; maschio e femmina li creò, li benedisse e li chiamò uomini quando furono creati. Adamo aveva centotrenta anni quando generò a sua immagine, a sua somiglianza, un figlio e lo chiamò Set." (Genesi 5,1-3)
Sottolinea così che Adamo era a somiglianza di Dio, mentre Set, nato dopo la cacciata, fu a immagine e somiglianza di Adamo.
Come si comprende bene la distanza rispetto a Lui, ovunque ci troviamo è incolmabile con le forze e virtù umane, occorrono virtù trascendenti dal latino "trans-ascendere" , vale a dire "trans", per al di là "ascendere", salire.
Tutte le virtù di cui ci possiamo dotare, ammesso che ci riusciamo, sono comunque umane, mentre per cominciarsi a muovere in un cammino spirituale efficace per arrivare a Lui, quindi trascendentale, occorrono Virtù con la lettera maiuscola, vere ed assolute, cioè trascendenti.

Nei giornali e album per bambini si trovano spesso giochi detti dei labirinti, ove da un punto si dipartono più sentieri per arrivare ad una meta, di solito la soluzione è facile se s'inverte il problema e si prova a partire a ritroso dall'arrivo: del pari, se Dio ci prepara una strada col dono di virtù particolari, la soluzione è possibile.
Occorre cioè che in qualche modo ci venga incontro con tracce concrete per chi cammina.
È noto che col Cristianesimo sono messe in evidenza le tre virtù dette teologali, perché legano l'uomo a Dio, Fede, Speranza e Carità; sono un qualcosa del genere per uscire dal labirinto dove stiamo che pare senza uno sbocco d'uscita.
Si, prende spunto da parole umane, che nel senso usuale, fuori dall'ambito cristiano vale a dire per il "mondo" o l'umano sentire, comportano in genere le seguenti accezioni:

  • fede è il credere in concetti, dogmi o assunti con convinzione personale o alla autorità di chi l'ha enunciati pur senza prove pro o contro dette affermazioni;
  • speranza come visione probabilistica favorevole dell'attuarsi di un evento che poco però a che vedere con la certezza;
  • carità in genere scambiata con l'atto dell'elemosina, "fare la carità" e si confonde col fare del volontariato.
Quelle virtù, però, che interessano Dio superano di gran lunga i concetti umani sottesi da quelle definizioni, e si conseguono senza sforzo, ma ciò lo vedremo più avanti.

Vi sono però virtù che implicano, invece, sforzi e fatica da parte dell'uomo.
Sono, peraltro, virtù a portata di mano dell'uomo, ma suggeritegli comunque dalla Sapienza divina per prepararlo, se poi le praticherà, a ricevere doni concreti e trascendenti "Se uno ama la giustizia, le virtù sono il frutto delle sue fatiche. Essa (la Sapienza) insegna, infatti, la temperanza e la prudenza, la giustizia e la fortezza, delle quali nulla è più utile agli uomini nella vita" (Sapienza 8,7)
Sono quelle "temperanza, prudenza, giustizia e fortezza" le quattro virtù dette cardinali, perché cardini, appunto, di chi desidera d'essere ben impostato.
In effetti "le cardinali" sono virtù d'origine platonico-aristotelico, conservate valide nel pensiero cristiano grazie a San Tommaso d'Aquino che però, ovviamente, le considera inferiori e propedeutiche a quelle teologali.
Sant'Agostino, peraltro, riteneva che le umane virtù celano pur sempre l'aspetto negativo di punte di orgoglio e di ricerca d'effimera gloria umana.
Di fatto sono come un castone, una sede opportuna adeguatamente preparata e divengono essenziali solo se in queste s'innesta poi il diamante delle virtù teologali.

Prudenza, da non confondere con paura e timidezza, "auriga virtutum", guida delle altre virtù, è una ragione pratica che ci fa scegliere i passi più opportuni (Proverbi 14,15) per cercare il nostro vero bene.
Giustizia, volontà di dare giusto peso nella propria vita a Dio e di portare una retta condotta col prossimo, "date... ciò che è giusto ed equo sapendo che anche voi avete un padrone in cielo." (Colossesi 4,1)
Fortezza, assicura la ricerca del bene anche nelle difficoltà, fa capaci di vincere la paura perfino della morte e d'affrontare le prove e le persecuzioni che si presentano.
Temperanza, assicura moderazione e sobrietà per il dominio della volontà sugli istinti e sulle passioni e mantiene i desideri entro i limiti dell'onestà.

Queste virtù costituiscono una continua preghiera davanti a Dio da parte dell'uomo che le coltiva e pensiero consolidato è che Dio prima o poi si piegherà e invierà le sue virtù per attrarlo completamente a sé.

L'uomo accorto, così, prepara il proprio terreno, purificandolo, arandolo ed erpicandolo, togliendo sassi e vecchie radici onde rendendolo idoneo con le virtù cardinali a ricevere semi di trascendenza, le virtù teologali.
Le virtù teologali, infatti, di natura soprannaturale sono le doti che gli consentiranno d'entrare nel cammino che porta Dio, accompagnati continuamente dal suo Santo Spirito.
Sono come fili che vengono lanciati dall'alto dei cieli, regali anticipati gratuiti che l'uomo può desiderare, pregare d'avere e accogliere o rifiutare e che s'incastonano sulle virtù coltivate dall'uomo.
Certo è che non tutto ciò che desideriamo Dio ce lo dà, in quanto "Dio non realizza tutti i nostri desideri, ma tutte le sue promesse." (D. Bonhoeffer). Quelle virtù fanno parte però di ciò di cui ci doterà perché gli consentono di portare a compimento quelle promesse.

Come nasce l'idea di queste virtù teologali?
Sulle virtù teologali molto è stato scritto da tanti padri della Chiesa ed esegeti e trovano il loro fondamento nei seguenti passi delle lettere di San Paolo.

1Corinzi 13,13 - "Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!"

1Tessalonicesi 1,2s - "Ringraziamo sempre Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere, continuamente memori davanti a Dio e Padre nostro del vostro impegno nella fede, della vostra operosità nella carità e della vostra costante speranza nel Signore nostro Gesù Cristo."

1Tessalonicesi 5,8 - "Noi invece, che siamo del giorno, dobbiamo essere sobrii, rivestiti con la corazza della fede e della carità e avendo come elmo la speranza della salvezza."

Con queste mie riflessioni eviterò di ripercorrere ciò che è stato già esaminato, ma cercherò quanto e quale retaggio quelle tre parole, fede, speranza e carità, che spuntano nel Nuovo Testamento hanno, se ci si porta alle radici dell'antica rivelazione.
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