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FAMIGLIA SANTA, SORGENTE DELL'UOMO NUOVO
di Alessandro Conti Puorger

INTRODUZIONE AL TEMA
La famiglia di concezione cristiana, ossia della comunità dei battezzati in Cristo, è l'ambiente ricettivo d'amore e di solidarietà che genitori accorti, un maschio e una femmina della razza umana, hanno destinato e destinano per culla dei loro figli, contributo alla conservazione ed al miglioramento dell'umanità futura e come cammino di santificazione.
Con la "scristianizzazione" assai sentita negli ultimi tempi nell'occidente che si riverbera su tutto il mondo s'addensano sulla famiglia nubi oscure in modo più rapido della capacità di prenderne atto, onde la situazione d'erosione di tale istituto è più avanzata di quanto acquisito.
Benedetto XVI nel suo libro intervista "Luce del mondo" scrive: "Molti sostengono che il matrimonio monogamico in realtà non esista più. È una sfida immane sorreggere e riedificare ambedue: il celibato e il matrimonio. Il matrimonio monogamico è il fondamento su cui poggia la civiltà dell'Occidente. Se crolla, crolla un elemento essenziale della nostra cultura" e in un altro passo "Vediamo che il potere dell'uomo è cresciuto in modo abnorme. Quello che però non è cresciuto di pari passo è il suo potenziale etico. Questa sproporzione si rispecchia oggi nei frutti di un progresso privo di fondamenta morali."
L'umanità per procreare, ora usa, infatti, anche provette con ovoli prestati, uteri in affitto, spermatozoi congelati e a volte di un uomo non della coppia e c'è chi pure si batte per famiglie di persone dello stesso sesso.
Si cerca poi di limitare l'accesso ai nuovi figli e nel sentire generale un buonismo fasullo tenta di limitare la vita ai malati anziani e terminali, per evitare sofferenze, chiudendo un occhio sulla eutanasia.
Sono poi avvenuti cambiamenti radicali per l'affermarsi sempre più duramente in tutti gli aspetti più negativi delle leggi di mercato che esasperano supremazie e fanno riapparire sotto forme diverse l'antica schiavitù.
Il tempo dei lavoratori, infatti, s'è fatto breve, nel senso che la mano d'opera vale sempre meno rispetto al costo della vita e non basta più che un solo genitore provveda al sostentamento, ma per sbarcare il lunario occorre che anche la parte femminile impegni il proprio tempo fuori di casa.
Il lavoro della donna fuori famiglia ha portato ad accentuare tentazioni da cui la famiglia era salvaguardata e così il bimbo si può trovare in famiglie allargate con più padri e/o con più madri e forse anche senza fratelli.
Eppure, un figlio è pasta da fermentare, elemento di partenza il cui risultato dipende molto da com'è lavorata, onde insufficienze in tale aspetto avranno negativi riflessi sull'umanità intera.
L'onere economico di un nuovo figlio è così sempre più sentito.
Effetto di ciò è una rilevante riduzione del numero dei figli per coppia.
Nel 2010 in Italia, infatti, il numero medio di figli per donna è di 1,41 e, delle coppie con figli, il 46,5% hanno un figlio unico, il 43% ne ha 2 e appena il 10% ne ha tre o più.
Su ciò ha certamente influito la diffusione di mezzi contraccettivi maschili e femminili, la pillola del giorno dopo e le leggi che consentono l'aborto nelle prime settimane di gestazione.

Molti, sognatori, utopisti, ma semplicemente chi ritiene che l'uomo ha anche una parte spirituale da sviluppare, aspirano e s'attendono un'evoluzione che coinvolga tutto, vale a dire il materiale e lo spirituale, il visibile e l'invisibile, e s'attui così il passaggio all'uomo nuovo, radicalmente diverso dal vecchio come la farfalla dalla larva.
I credenti sperano che il Creatore santifichi ed elevi la dignità dell'uomo.
I cristiani ritengono tale fase iniziata con l'avvento del Cristo.
Dio, Padre e Madre dell'umanità, onde fosse santa, intese agli inizi preparare una famiglia santa.
Una santa famiglia, infatti, era la culla per l'uomo nuovo.
Di ciò parla la Sacra Scrittura giudeo-cristiana, detta "Bibbia".
A tal fine Dio formò la prima coppia e la sposò.
Il risultato finale della creazione dell'uomo sarebbe stato il figlio di quella coppia, ma il processo fu interrotto, la famiglia non aderì a quel disegno.
Quel figlio non nacque!
O meglio, sì, nacquero dei figli, ma fuori dal progetto finale, una variante provvisoria da portare a compimento.
La creazione, perciò, fu come sospesa.
"Sappiamo bene, infatti, che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo." (Romani 8,22s)

All'inizio Dio formò, non prima l'uomo e poi la donna, ma una coppia che aveva tutto il necessario per essere santa, mancava solo il loro sì.
Disse Rabbì Eleazar: ogni uomo che non ha una donna non è un uomo (completo), come è detto: maschio e femmina furono creati e chiamo il loro nome uomo.
Ho citato Rabbì Eleazar ben Eliezer ben Hurcanus perché, essendo uno dei più importanti Tannaim del 1° e 2° secolo, insegnante di Akiva, ricordato in Mishnà, Baraita e Talmud, evidentemente è un saggio che ha approfondito i testi biblici e se ha detto ciò l'ha detto a motivo.

Dio per primo creò una coppia e la chiamò "Adamo".
Beh! Perché tacciare Dio di maschilismo?
In effetti, non si trova mai detto che Dio chiamò il primo uomo maschio "'Adam", ma quel nome è da considerare con la lettera minuscola "'adam" riferito a definire la prima coppia, come si nota nei sacri testi appena viene citato.
Dio, infatti, perché doveva preferire che fosse un maschio il primo essere della famiglia umana, il che tra l'altro è anche contrario ad ogni senso pratico?
Si è ancora così tronfi di superiorità maschile che concludiamo che Dio opera come faremmo noi!
S'è pensato anche ad un androgino...
No, Adamo era una coppia, maschio e femmina, ma non erano ancora moglie e marito nel senso di parità, di amore e unità.
Cristo volle rimettere a posto tale questione basilare, causa di tanti problemi, ed addirittura chiamò la donna a primo testimone della risurrezione.
Del resto, dopo il peccato, quando il testo dice "il Signore Dio chiamò l'uomo ('adam) e gli disse: Dove sei?" (Genesi 3,9) si interpreta che chiamò il maschio della coppia, ma in effetti chiamò la coppia e per primo rispose l'uomo, ma non per questo "'adam" era il suo nome!
Se "'adam", uomo, non è il nome del primo maschio della razza umana, ma della prima coppia sposata uomo-donna, il significato del termine apocalittico "il Figlio dell'Uomo" s'illumina e risulta essere il potenziale primo figlio della prima coppia, se non avesse peccato, cioè se avesse dato il suo sì.
Il primo figlio di quella formata santa, la primigenia voluta da Dio, e sarebbe stato "...il primogenito di coloro che risuscitano dai morti". (Colossesi 1,18)
Il piano divino, di una famiglia santa, fermato per il mancato sì della prima coppia, si sviluppò e s'attuò, come sostengono i Vangeli, con la vera prima Santa Famiglia, quella di Nazaret - Giuseppe, Maria e Gesù - la prima coppia santa per i sì di Maria (Luca 1,38) e di Giuseppe (Matteo 1,24), la culla ove ad opera dello Spirito Santo nacque il Figlio dell'Uomo, icona e modello di ogni famiglia cristiana.
Inizio, ora, il presente approfondimento sulla famiglia, istituto voluto da Dio per l'uomo nuovo, partendo proprio da "In principio..." (Genesi 1,1)

IN PRINCIPIO, "BER'ESHIT"
"In principio", infatti, è la prima parola della Bibbia.
È quella la prima parola con cui inizia la Genesi il primo libro della Torah.
Nella Tenak o Bibbia ebraica è scritta con le seguenti lettere , si pronuncia "Ber'eshit", ed è un termine assai indagato e di profondi significati.
Quelle lettere oltre al senso letterale si prestano a più interpretazioni e sono affrontate coi più vari criteri.
L'evangelista Giovanni inizia il Vangelo proprio con "In principio..." e collega così in modo deciso la prima parola del libro della Genesì a Gesù di Nazaret, il Verbo, il Logos, la Parola.

"In principio era il Verbo..." (Giovanni 1,1)
In principio erat Verbum
Eu arch hu o LogoV

I rabbini, saggi scrutatori dei sacri testi, usi a constatare la precisione con cui l'autore della Torah dosa le lettere ebraiche, si sono interrogati sul fatto che nel primo libro la prima parola con cui s'apre il discorso non inizia con "'alef" , la prima lettera dell'alfabeto e numerale 1, bensì con "bet" , la seconda e numerale 2, come se vi fosse un altro libro che precede il tutto.
Le lettere ebraiche, infatti, non sono solo lettere di un alfabeto, ma hanno anche profondi significati intrinseci e valori numerici.
(Vedi: Schede delle lettere ebraiche nella colonna a destra nelle pagine di questo sito e "Scrutatio cristiana del testo masoretico della bibbia")
Il Rebbe di Lubavitch (gruppo interno del movimento Chassidico fondato da Shneur Zalmaman a Lyady in Russia nel XVIII secolo, ora diffuso in USA) sostiene che essendo la Torah un libro di studio è una seconda fase cui è da premettere quella di meditazione e d'approfondimento del legame col Creatore, ossia è da premettere la fede "'amunah" , che appunto inizia con la lettera .
Tale prima fase ha inizio in famiglia.
Si è parlato anche della volontà di far elevare il pensiero del fedele ad una seconda creazione, quella di un uomo e di un popolo nuovo.
È, infatti, da considerare che scopo della Genesi, e in senso lato della Torah e di tutte le Sacre Scritture, non è la divulgazione in sé per invitare all'adesione a quelle dottrine, ma sono libri iniziatici e liturgici destinati al popolo ebraico.
Queste Scritture, infatti, sono dense di ricerca teologica in forma di midrash (DRSh ricercare) ed erano lette nelle liturgie del Tempio e ora della Sinagoga.
La Torah, inoltre, la prima fonte del diritto e della morale dell'antico stato ebraico, che con approfondimenti, tramite il Talmud, è ancora applicata più o meno integralmente nelle varie comunità ebraiche sparse in tutto il mondo.
Quelle Scritture parlano, quindi, a persone che hanno fede in Dio e che già credono che Lui ha creato il cielo e la terra, non intendono perciò dare spiegazioni scientifiche, come hanno creduto molti del mondo occidentale fino a Galileo Galilei, tesi ormai abbandonata anche dai più tradizionalisti. (Vedi: "Spirito creato in 7 tappe - Genesi codice egizio-ebraico" articolo in .pdf in "Ricerche di Verità")
Altri scrutatori hanno anche detto che in "Ber'eshit" la prima lettera è preposizione "per", quindi, "per un r'eshit" e "r'eshit" è un "Capo" visto che "r'osh" è "testa", perciò "Principe", da cui "Per un Principe Dio creò..." quindi, per il Verbo, il Principe di Dio che voleva conquistare un Regno.
Rashi, commentatore richiamato spesso nell'esegesi rabbinica, sostiene che il mondo fu creato per due = Principi, la Torah e Israele.
(Rashi è l'acronimo di Rabbi Shalomon ben Isaac un davidico che visse in Francia 1040-1105)

Gesù, che è il Verbo di Dio per i cristiani, disse: "Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!" (Luca 12,49)
Per comprendere tale loghion di Gesù è da tener presente che Deuteronomio 4,24 propone: "Poiché il Signore tuo Dio è fuoco divoratore, un Dio geloso".



onde per l'Ebreo se arrivava il fuoco era Dio che arrivava.
In "un Dio geloso" c'è "un Lui " Dio che... ma se prendo e aggiungo una "h" in , ottengo e è "creare, formare" e porta il pensiero a "Lui Dio che ha creato all'origine ".

"Fuoco divoratore"           è vicino a
                                    "donna che mangia"
e a sua volta è vicino a "donna prima sposa."

Tali lettere sono capaci d'evocare i racconti della creazione e suggeriscono che è la donna che mangia il primo frutto, d'altronde come vedremo nella famiglia ebraica è la sacerdotessa della kascerut a cui è delegata la purità del cibo.
Fuoco e donna sono poi equivalenti per le prime loro due lettere, ma in donna manca la lettera H = che però è sempre aggiungibile visto che le lettere nei testi originali erano equi - spaziate e che H indica spazio.
Se procedo con metodo, criteri, regole e significati delle lettere ebraiche del mio articolo "Parlano le lettere" ottengo, con riferimento al Cristo, la seguente decriptazione.
"Perché del Signore la divinità ad entrare sarà con la rettitudine in una donna (), la prima sposa di Lui ; Dio verserà l'energia nel primogenito ."

Questi pensieri, importanti per il tema che desidero approfondire, associati al Verbo e al Principio danno luogo ad un modo suggestivo di spezzare quel "Ber'eshit", con un criterio, peraltro, usato anche dai rabbini, ma, ovviamente, da questi non associato a quel detto di Gesù.
Se considero "Ber'eshit" come un involucro che contiene un messaggio interno, osservo che se s'estraggono le due lettere centrali queste ci dicono "'esh", ossia "fuoco".
Subito alla mente mi vengono quelle parole arcane di Gesù in Luca 12,49 "Sono venuto a portare il fuoco sulla terra" e ora paiono proprio chiarirsi.
Poco prima, il Signore aveva parlato dell'attesa del "...padrone quando torna dalle nozze" e aveva detto "Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell'uomo verrà nell'ora che non pensate." (Luca 12,40).
Gesù in modo sintetico con queste parole ha detto più cose di se stesso:
  • è iniziato il tempo del "Figlio dell'uomo";
  • il Figlio dell'uomo, è intanto venuto in esplorazione;
  • porta un fuoco, modo per dire ai conoscitori della parola che è quel "In Principio...", ossia quel Principe da cui e per cui il tutto fu creato;
  • è lo sposo che sta preparando il fidanzamento per le nozze finali.
Dopo questi pensieri se si torna a quel "Ber'eshit" ci si rende conto che estratta la parola "'esh" fuoco , resta "berit", quindi "alleanza", ossia, la Torah parlerà di un'alleanza, "un'alleanza di fuoco".
Pensando a quel discorso fuoco-donna si ha anche un "patto con la donna", e porta a due pensieri:
  • già un patto tra uomo e donna sarebbe un bel punto di partenza per una nuova umanità, patto che s'è per ora realizzato solo in Cristo e la Chiesa e nei veri matrimoni!
  • ma porta ad un discorso più ampio, la donna siamo noi, l'intera umanità, e quel patto Dio lo fa con noi, o meglio con noi se siamo Israele.
Se si pensa così, allora, già la prima parola della Bibbia sinteticamente intende intonare tutto ciò che segue, la preparazione di un patto di fuoco che si conclude con le nozze, quindi un matrimonio, il matrimonio dei matrimoni.
Al riguardo nel mio studio "Lo sposo della coppia nel matrimonio, roveto ardente" mi soffermai su quanto disse il profeta Osea: "oracolo del Signore mi chiamerai: Marito mio, e non mi chiamerai più: Mio padrone... Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell'amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore. E avverrà in quel giorno - oracolo del Signore - io risponderò al cielo ed esso risponderà alla terra; la terra risponderà con il grano, il vino nuovo e l'olio." (Osea 2,18.21-24)
Il grano, il vino e l'olio sono i segni del Messia e ai cristiani ricordano l'olio dell'unzione, il sacro crisma del Messia e il pane e il vino dell'Eucaristia.
Dei versetti importanti Osea 2,21-22 trascrissi le parole essenziali in ebraico.

Ti farò mia sposa per sempre      
Ti farò mia sposa nella giustizia    
Ti fidanzerò con me nella fedeltà

(Quel "fidanzerò" è uguale a ti sposerò; lo stesso verbo .)

Sposarsi e felicità o beatitudine "'oeshoer" sono parole che hanno le stesse lettere da ordinare in modo diverso e stesso numero per la gimatria (501 = 300 + 200 + 1 ).
Nel corso della vita matrimoniale quelle lettere sono da riordinare nel modo giusto e, se ci s'appoggia al Signore, si passa dallo sposarsi alla felicità.
"In principio" "Ber'eshit" , la prima parola della Genesi, salvo la B = , ha le stesse lettere anagrammate di "farò sposa" e allora l'idea che il Signore, nel creare il cielo e la terra, volesse fare una casa per sposarsi trova un ulteriore appoggio.

Quei versetti d'Osea c'insegnano che il vero matrimonio nel Signore sarà fondato e provato da 7 elementi uniti ed inscindibili:
  • per sempre,
  • giustizia,
  • diritto,
  • benevolenza,
  • amore,
  • fedeltà,
  • conoscenza del Signore.
Se manca una sola di queste sette colonne crolla la casa.
Dice, infatti, il libro dei Proverbi (9,1-2): "La Sapienza s'è costruita la casa, ha intagliato le sue 7 colonne" e continua con "ha ucciso gli animali, ha preparato il vino e ha imbandito la tavola" ove pare ricordare gli animali uccisi per il patto relativo e le promesse e l'alleanza del Signore con Abramo (Genesi 15) che poi esaminerò.
Viste le vicende dei Vangeli, Gesù si propone proprio come il compimento della Torah, in quanto quei testi, in effetti, altro non vogliono essere che il documento formale di un'alleanza di fuoco tra Dio e l'uomo che come umanità intera diviene la sposa del signore, la "kallah" , "i tutti del mondo ".
Dio, nei momenti fondanti si presenta col fuoco, per la prima volta a Mosè nel famoso roveto, quindi nella colonna di fuoco all'apertura del mare, poi ancora collegato al fuoco nell'alleanza del Sinai:
  • "Ma alla veglia del mattino il Signore dalla colonna di fuoco e di nube gettò uno sguardo sul campo degli Egiziani e lo mise in rotta." (Esodo 14,24)
  • "Il monte Sinai era tutto fumante, perché su di esso era sceso il Signore nel fuoco e il suo fumo saliva come il fumo di una fornace: tutto il monte tremava molto." (Esodo 19,18)
  • "...il Signore mi diede le due tavole di pietra, scritte dal dito di Dio, sulle quali stavano tutte le parole che il Signore vi aveva dette sul monte, in mezzo al fuoco, il giorno dell'assemblea." (Deuteronomio 9,10)
DA MASCHIO E FEMMINA A UOMO E DONNA
Debbo in primis ricordare che:
  • le lettere ebraiche sono solo consonanti;
  • i segni di vocali con puntini sono tardivi, nei primi secoli dell'era moderna;
  • i testi erano scritti senza separazione di parole e con lettere tutte equispaziate;
  • non esistevano le 5 lettere particolari di fine parola.
Ora, la parola "'esh" fuoco nello stesso libro della Genesi, appare la prima volta proprio in occasione dell'alleanza che Dio fece con Abramo in Genesi 15.
Ha così senso, allora, per come erano scritti i testi all'origine, domandarsi quando appaiono adiacenti nel testo della Genesi quelle stesse due lettere che abbiamo trovato in "Ber'eshit".
Scorrendo i testi è facile accorgersi che nella parola "donna", "'ishah" in ebraico, che si legge con la lettera "sh" d'intensità forte come raddoppiata, si ritrovano vicine quelle due lettere.
Per la prima volta queste sono nel capitolo 2 del libro della Genesi, quindi vengono prima di fuoco di Genesi 15, che in ebraico è anch'esso un femminile.
Questa parola "'ishah" , se si guarda solo le lettere consonanti e non le vocali che non c'erano, è perciò il femminile della parola femminile il fuoco "'esh". Che fuoco in ebraico è femminile s'evince dal versetto "Il mantice soffia con forza, il piombo è consumato dal fuoco..." (Geremia 6,29) ove lì, invero, fuoco è al plurale, perciò sarebbe da leggere "dai loro fuochi" "'eshetam".
Parlare di fuoco allora evoca anche la donna che è "il fuoco del mondo ", è lei, infatti, che tiene acceso il fuoco della famiglia e accende le luci del sabato.
Sviluppando l'idea di quel patto di fuoco, ci porta a considerare tutta l'umanità come la donna da sposare da parte del Signore.
Questo pensiero come vedremo è concretamente perseguito in quei testi.
Nel primo racconto della creazione, detto di fonte 'elohista, perché Dio è definito "'Elohim", Dio disse "Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza" (Genesi 1,26) e quell'uomo è "'adam" .
Subito dopo però chiarisce che, invero, "'adam" è un "duo" costituito da un maschio e da una femmina, come evidenzia il versetto:

"Dio creò l'uomo a sua immagine;
a immagine di Dio lo creò;
maschio e femmina li creò." (Genesi 1,27)

L'uomo "'adam" è anche il radicale del verbo "essere rosso" ed il neonato, sia esso maschio o femmina, al momento del parto è rosso di sangue "dam" ; in tal senso "'adam" è definizione generica di un nato, sia maschio che femmina, ma le lettere ci dicono subito "all'Unico simili ()" ( = ).
Il testo pone in evidenza la somiglianza "demut" di Dio con questo duo "'adam" e per far comprendere sono sottolineate le qualità paterne e materne.
In "demut" però ci sono le lettere di "morte" "movet" e, proprio perché associate a Dio il pensiero che induce è che per l'uomo in Dio la morte non sarà la fine anzi essendo a sua somiglianza "impedirà la morte ".
Filtrando inoltre il tutto nel pensiero cristiano "demut" è anche profezia che il "sangue porterà dalla croce !".
È invalso poi il pensiero di definire il capitolo 2 della Genesi di fonte Yavista, perché ivi il Signore è definito col Tetragramma Sacro YHWH , il che ha portato a ritenere tale pagina essere un altro racconto o modo di vedere la formazione dell'uomo, ma da associare al primo.
Non è però detto che sia proprio così.
Forse col secondo capitolo l'autore, che per la tradizione è unico, voleva dare elementi ulteriori che sono stati espressi in quella forma midrashica e, in tal caso, il nome IHWH spiega un'altra qualità di Dio.
Troppo importante, infatti, e denso di significati è quel momento iniziale da cui dipende il comprendere e l'intonare tutto ciò che segue, perché l'autore sacro non abbia proprio così volute quelle pagine sottilmente raccordandole per una più completa esposizione e legate intimamente in modo da investigare.
La lettera Yod rappresenta una forza e la lettera He un luogo ove si entra o da cui si esce e queste due lettere assieme ben si prestano a rappresentare la funzione maschile e quella femminile, l'essere e l'aprirsi .
Yah , con quelle due sole lettere è già dare il nome completo YHWH; in tal guisa come Yah è usato in Esodo 15,2 e 17,16, in Isaia 12,2; 26,4 e 38,11 e almeno 30 volte nei Salmi.
Appena in Genesi 2 appare l'idea della famiglia, uomo-donna che escono da quel "duo" maschio-femmina, si manifesta per la prima volta il Tetragramma.
Questa associazione porta a chiarire il pensiero di Genesi 1,26 "...a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò."
Ecco che già questo apre una luce a guardare quel secondo capitolo della Genesi come sviluppo del primo.
La lettera "Waw" che si trova nel Tetragramma è di collegamento e sta per "portare, condurre, recare" è quanto proviene dal padre e dalla madre ed è portato dalla madre , quindi il figlio della famiglia.
Direi che così nel Tetragramma c'è l'idea di tre elementi.
Poi, anche se non vi fosse procreazione, l'unione Yah è pur sempre IHWH.
Un pensiero del genere riferito appunto al Tetragramma sacro si trova nello Zohar ove considera le due He, simbolo del femminile, mentre la Yod e la Waw, simboli del maschile, ove Waw in particolare collega il Padre alla Madre.

Quindi "'adam" la prima volta non è l'uomo da solo, ma è una coppia di un maschio "zacar" e di una femmina "neqebah" .
Nel primo racconto del capitolo 1 della Genesi la coppia "uomo", cioè umana - maschio e femmina - è formata da Dio dopo aver creato gli animali.
Nel secondo racconto "'adam", che comprende in sé sia il maschio che la femmina, come si arguisce dal seguito del racconto stesso, è posto nel paradiso terrestre, e subito dopo "...il Signore Dio disse: Non è bene che l'uomo ('adam) sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile." (Genesi 2,18)
L'uomo, quella coppia maschio e femmina, pur se in paradiso, di fatto, ancora si sente non coppia, sono soli, sono due individui, ma non riescono a comunicare, non sono d'aiuto l'uno per l'altro, non si servono a vicenda, c'è un muro tra i due, sono come in due sfere differenti, c'è incomunicabilità, vale a dire è assente ancora la comunione.
Quella separazione che Dio sembra poi effettuare, togliendo la costola, in effetti, è un rompere i due gusci e creare una unione!
A questo punto in Genesi 2 il Signore formò gli animali, "...ma l'uomo non trovò un aiuto che gli fosse simile." (Genesi 2,20)
Un "aiuto che gli fosse simile" è lì "e'zoer benoegeddò" il cui significato è un aiuto che fosse di fronte, che fosse da contrappeso uno per l'altro, indi conveniente, adatto rispetto a ciascuno dei due, come i due piatti di una bilancia che stanno in equilibrio uno perché c'è l'altro e lo sono ancora solo se sopra vi sono pesi eguali, pur se di tipo diverso.
La coppia maschio femmina era ancora sola, pur se in paradiso esteriore.
Questo è ancora il dramma in cui si dibatte l'umanità, l'illusione romantica della soluzione dell'isola dei sogni, ma al risveglio l'illusione si palesa.
Nel caso specifico, invece, come vedremo, accade che al risveglio si troveranno nel paradiso vero, ma andiamo per gradi.
Quel racconto degli animali mette in evidenza che i due hanno potuto notare come per istinto quelli s'aiutino, e si saranno pure tra loro aiutati, eppure, manca ancora un quid, perché la solitudine sia risolta e il paradiso sia totale e divenga tale, anche interiore.
Morale: da soli non si è felici nemmeno in paradiso; là ove c'è tutto, per essere felici, non lo si è se si ha anche solo la sensazione di sentirsi soli.
Questa pagina però c'insegna che la soluzione non la trova per conto proprio la coppia con la propria buona volontà, ma occorre un intervento di Dio.
Vale a dire la coppia uomo = umana = maschio + femmina, da sola, non riesce ad intravedere una soluzione di vera e concreta felicità.
Dio per provvedere a ciò, come fece? "...fece scendere un torpore sull'uomo..." cioè sulla coppia (Genesi 2,21).
Poi, com'è noto, il racconto prevede un taglio e una separazione della coppia maschio-femmina, come a dire in modo allegorico che quel vecchio modo di stare assieme, simile sotto l'aspetto fisico a quello animale di cui prima ha parlato il testo, rapporto istintuale utile per l'accoppiamento, sia pure completato dei sentimenti precipui della sfera umana, da solo non è efficace e sufficiente.
Occorre che il maschio e la femmina della razza umana siano indotti ad un passo che da soli non sono capaci di compiere di essere pari, simili in tutto e fatti proprio l'uno per l'altro.
Il racconto è noto Dio, "...gli tolse una delle costole e rinchiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all'uomo , una donna " (Genesi 2,22)
Su cosa sia la costola indagherò in seguito.
Svegliatasi la coppia disse e si chiama ancora "Allora l'uomo disse: Questa volta essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa. La si chiamerà donna perché dall'uomo è stata tolta." (Genesi 2,23)
Dio, comunque, opera sulla coppia uomo = maschio + femmina, la taglia!
La femmina la trasforma in "donna" "'ishah" e come tale la presenta al compagno che trasforma in "uomo" che, cambia nome "'Ish" e finalmente la coppia riconosce, questa è la mia vera carne, la mia carne unica.
Tale evento costituì il primo vero matrimonio, patto d'alleanza in presenza del Signore Dio tra l'uomo e la donna, divisi dal vecchio legame maschio femmina, ma che in Dio sono una unità, una carne sola, "basher 'achad", una carne unica, una nuova creatura.
Dopo quel fatto si trova per la prima volta la parola moglie "'ishet" e il commento divino che sancisce il tutto: "Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne." (Genesi 2,24)
Nel testo ebraico "i due" non c'è.
Il vero nome della parte femminile della prima coppia fu Donna "'Ishah" e il vero nome della parte maschile fu Uomo "'Ish" .
Nell'uomo "'Ish" e nella donna "'Ishah" ci sono le due lettere di fuoco "'èsh", nel primo separate da una lettera Yod e nella seconda con l'aggiunta finale di una lettera He e se rispettivamente perdono la Yod e la He, cioè Yah , il Signore che li salda, la loro unione è preda di un fuoco divorante, che puntualmente si verifica se viene perso il senso sacrale del matrimonio; tutto attorno si fa terra bruciata.
La nuova coppia è un soggetto unico l'(uomo e donna = marito e moglie) che scritto in ebraico dà la sequenza in cui è facile riconoscere in due fuochi - - con in mezzo Iahwèh; senza di lui si consumerebbero (Vedi: "Lo sposo della coppia nel matrimonio, roveto ardente")... e Mosè, incontrò il Signore nel roveto ardente dopo il matrimonio con Zippora!

Adamo, "'Adam" era il nome della coppia, ma dopo la cacciata dal paradiso rimase a definire il nome del maschio di quella prima coppia.
Come precisa Genesi 3,21, Eva "Chavah" fu il nome che Adamo dette alla Donna dopo il peccato, come a dirgli, hai visto che m'hai combinato da "essere" siamo relegati, invece, solo a "vivere" , hai chiuso l'H dell'esistenza!
Gesù, nel racconto delle nozze di Cana, chiama Donna la madre.
Per me non è la Nuova Eva, ma la nuova Donna da cui nasce l'Uomo nuovo.

I rabbini del Talmud si chiesero: di cosa s'interessò Dio dopo la creazione?
Al riguardo risposero col seguente midrash.
"Un matrona romana una volta chiese al maestro del Talmud rav Yosè ben Chalaftà cosa avesse fatto Dio dopo la fine della creazione del mondo. Il Saggio replicò che Dio era stato molto occupato a combinare matrimoni. La matrona restò sorpresa. Questo è ciò che fa il vostro Dio? Ma come! Posso farlo persino io! Ho molti servitori e serve; potrei accoppiarli in un attimo! Il Saggio le disse: Può pure sembrarti semplice, ma per Dio è un compito complesso come aprire le acque del Mar Rosso! La matrona se ne andò e fece mettere in fila i suoi tanti servi e serve quindi comandò: Tu sposerai questa donna e questa donna sposerà questo uomo, e così via. Il giorno successivo le coppie arrivarono tutte abbattute, alcuni anche feriti, perché questo uomo non era felice con sua moglie e quella donna non era felice con suo marito. La matrona mandò a chiamare rav Yosè e gli disse: Rabbi la tua Torah è vera." (Bereshit Rabbà 68,4)

MATRIMONIO - LA PRIMA ALLEANZA
Occorre andare più a fondo sul particolare di quando Dio addormentò la coppia, vale a dire sul versetto "...fece scendere un torpore sull'uomo..." (Genesi 2,21).
Torpore, sonno profondo "tarddemah" , con la che si legge con forza, viene dal radicale verbale "dormire profondamente" e questa parola si ritrova poche altre volte e precisamente in Genesi 15,12 e 1 Samuele 26,12, Giobbe 4,13 e 33,15, Proverbi 19,15, infine in Isaia 29,10 e questo ultimo porta al pensiero che si sta leggendo dei termini di un libro sigillato, vediamo: "Poiché il Signore ha versato su di voi uno spirito di torpore, ha chiuso i vostri occhi, ha velato i vostri capi. Per voi ogni visione sarà come le parole di un libro sigillato: si dà a uno che sappia leggere dicendogli: Leggilo, ma quegli risponde: Non posso, perché è sigillato. Oppure si dà il libro a chi non sa leggere dicendogli: Leggilo, ma quegli risponde: Non so leggere." (Isaia 29,10-12)
Pare proprio l'invito a decriptare un messaggio e, ancora più in generale, pare proprio suggerire che la Sacra Scrittura è un libro sigillato da aprire.
Isaia parla chiaro, c'è un I° ed un II° livello di lettura, uno normale, cioè il saper leggere usuale ed uno speciale, per leggere il sigillato, una seconda pagina, per il quale occorre avere una iniziazione; chi non sa leggere, non supera il I° livello e chi legge soltanto quanto ufficiale, non supera il II°, onde vi sono pagine da dissigillare e midrash da aprire.
Tale pensiero porta appunto a considerare che tutto il testo biblico ebraico sia criptato e, al riguardo, propongo questi miei articoli:
In tale versetto di Isaia che anche lui dosa ogni parola, non è un sonno normale è "uno spirito di torpore", un "ruach" , come un ulteriore soffio di Dio e così va esteso anche a Genesi 2,21 e poi a Genesi 15,12, fu un soffio nuovo che scese sul maschio e sulla femmina!
La parola torpore la posso dividere in due parti e e è analogo a radicale di "investigare"; anche la parola Torah ha in sé e ci dice di investigare i segni, anche le singole lettere "segni portare alla mente aprendoli ", perciò è da investigare sulla , lettere che indicano "somiglianza"; ossia è da approfondire la somiglianza.
Proseguendo su tale idea scruto il termine "tarddemah" di Genesi 2,21 spezzandolo anche lettera per lettera ove indica fine - finire e poi che unite a una lettera h potenziale (sempre aggiungibile per la spaziatura delle lettere e perché tale lettera indica proprio spazio apertura) si ha il radicale di "calpestare signoreggiare", così si può leggere "finire di calpestare-signoreggiare () la matrice della vita nel mondo : si deve smettere di sfruttare la parte debole dell'umanità; occorre un patto, uomo-donna!
C'è poco da fare, da che mondo è mondo raro è stato un comportamento non violento nel rapporto maschio femmina; il più forte, più o meno, ha fatto prevalere le proprie volontà e l'altra parte ha subito o per forza o per amore, ma spesso questo non è puro, ma condiscendenza dall'una e l'altra parte per un'utilità, raramente in modo gratuito.
Si trova in "tarddemah" anche essere simile, assomigliarsi.
Quello stesso è radicale anche di "perire, essere distrutto", in quanto contiene il sangue "dam" che esce .
Tutto ciò porta a immaginare la preparazione ad una comprensione profonda di una sostanziale somiglianza e parità tra i due componenti la coppia primigenia, il finire, così di un signoreggiare di una parte sull'altra e, infine, "l'indicazione alle menti di aiutarsi per vivere nel mondo ".
Visto che = è radicale d'investigare, "i segni portare alla mente" quel torpore "tarddemah" è nel matrimonio un investigare, scoprire e attuare la similitudine tra gli sposi e di questi con Dio che li ha voluti coppia.
Nel libro di Giobbe si parla del consiglio che viene dal Signore nel sonno: "Parla nel sogno, visione notturna, quando cade il sopore sugli uomini e si addormentano sul loro giaciglio; apre allora l'orecchio degli uomini e con apparizioni li spaventa, per distogliere l'uomo dal male e tenerlo lontano dall'orgoglio, per preservarne l'anima dalla fossa..." (Giobbe 33,15-18) e qualcosa del genere accadde alla prima coppia, compresero nel Signore quella verità.
Fu quella, di fatto, la prima vera alleanza "berit" , "la famiglia", fatta con Adamo, inteso come prima coppia, il primo vero patto di fuoco basato sulla donna, colonna fondamentale della famiglia, in cui passò il Signore.
Il Signore costruì la prima famiglia nel sonno e gli sposi non fecero nulla.
S'apre allora il canto delle ascensioni di Salomone, Salmo127, che pare così proprio riferirsi al dormire della prima coppia, il tempo in cui il Signore costruì una la, appunto l'istituto della prima famiglia, poggiata in Dio, un patto eterno, il primo patto e quando fece sempre nel torpore di Abramo il patto da cui nacque "la casa d'Israele".

"Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori.
Se il Signore non custodisce la città, invano veglia il custode.
Invano vi alzate di buon mattino, tardi andate a riposare e mangiate pane di sudore: il Signore ne darà ai suoi amici nel sonno.
Ecco, dono del Signore sono i figli, è sua grazia il frutto del grembo.
Come frecce in mano a un eroe sono i figli della giovinezza.
Beato l'uomo che ne ha piena la faretra: non resterà confuso quando verrà a trattare alla porta con i propri nemici." (Salmo 127)

A questo punto s'innesta tutto il discorso presentato nel già accennato articolo "Lo sposo della coppia nel matrimonio, roveto ardente" "Lo sposo della coppia nel matrimonio, roveto ardente" ove quel Salmo è integralmente decriptato.
Ricordo solo, perché calzante col discorso che si va sviluppando, il decriptato combinato del 1 e ultimo versetto di quel Salmo che qui riporto.

Salmi 127,1 - Una luce fu nella mente ad entrare. In un vivente dall'alto si porterà. Finirà il serpente, la pace rientrerà. Da primogenito vivrà il Signore. Il Potente padre l'invierà nel mondo in una famiglia/casa che sarà prescelta di illuminati. Si porterà per la prima volta alla vista dei viventi per accompagnarli. Di un costruttore sarà a portarsi a casa e primogenito della madre sarà ad entrare. Porterà nel mondo il Potente in un uomo a vivere la compagna. Sarà un povero portato da una donna santa a vivere nel corpo.

...

Salmi 127,5 - Felici saranno ad uscire gli uomini, beati in pienezza. Verrà la donna il Verbo alla fine a portare viva dal mondo a vivere dal Potente. Dall'Unico saranno a casa. Per la risurrezione portata retti essendo saranno dalla Parola condotti. Verranno desiderosi di starvi ad abitare. Sarà stato nei viventi dentro bruciato il nemico.

La Donna che il Messia porterà con sé via dal mondo alla fine è tutta l'umanità santa come la madre del Verbo che s'intravede nel decriptato del versetto Salmo 127,1 e sarà la Santa Famiglia allargata, che unirà alla Santa Famiglia dell'infanzia, ma ora gloriosa, Giuseppe, Maria, tutti i fratelli di Gesù che porterà con sé.
Quello con la prima coppia fu un vero patto d'alleanza, promessa di un matrimonio eterno che Dio intendeva esteso all'umanità intera.

Quella coppia però si dissociò da Dio e proseguì il proprio rapporto fuori dalla protezione, fuori cioè dal baldacchino matrimoniale che era quel ambito, la vera casa della 1° coppia, il Gan Eden o Paradiso terrestre.
Allora, il paradiso terrestre nella mente di Dio pare essere il matrimonio!
Raccontano i primi capitoli della Genesi, che così non fu, le cose non andarono bene per l'umanità figlia di quella coppia, perse l'umanità il dono del matrimonio e tutto il racconto biblico, la storia di salvezza, è il cercare di riportare in atto quel primo patto in quanto ci si rende conto che la situazione dello stato femminile descritta nella Bibbia, non è conforme al disegno iniziale di Dio, ma è conseguenza del peccato.
La ricostruzione fu lenta e trovò tanti ostacoli per il peccato di "maschilismo" di chi aveva potere e non voleva comprendere o mal comprendeva, perché non intravedeva un rapporto diverso con la donna.
La società maschilista almeno iniziò a venir regolata da Dio che n'arginava gli eccessi col comando "Non opprimerai il tuo prossimo" (Levitico 19,13) che doveva prendere piede, almeno come tendenza, ma lo fece con molta lentezza e si trasformò nell'obbiettivo "amerai il tuo prossimo come te stesso". (Levitico 19,18)
(Si pensi solo che, oggi, in Italia, risulta che una donna su tre tra i 16 e i 70 anni ha ricevuto qualche atto di violenza maschile nella propria vita - Telegiornale RAI 1 del 25-11-2010)

E la donna è "prossimo", come del resto il marito per la donna.
Così, con lentezza, cominciò a considerarsi prossimo anche la donna, infatti, amare il prossimo è non fare agli altri quello che non vuoi fatto a te, e fu sempre più chiaro, salvo incancreniti egoismi per vantaggi spiccioli che però allontanano la vera comunione, l'impegno morale di dare alla donna parità e dignità piena, per rientrare con lei nel patto originario prima del peccato, altrimenti non si va da nessuna parte e s'entra sempre più nella barbarie.
Dio, infatti, allora separò il maschio dalla femmina, ma congiunse l'uomo alla donna, come evidenzia Gesù dicendo: "Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi..." (Matteo 19,6)
La Torah e poi i libri storici, i profeti e i Salmi, sono la prova scritta del tentativo da parte di Dio, inviando lo spirito nei patriarchi e nei profeti, persone di un popolo particolare dell'umanità nell'errore, d'iniziare a rivelare quel patto antico rimasto vanificato e che doveva essere ancora attuato.
Il cristianesimo poi accolse quei libri integralmente dopo il 382 d.C. con il Decretum Damasi (punto 120 del Catechismo della Chiesa Cattolica) come parola di Dio, ma ha precisato "sebbene contengano anche cose imperfette e temporanee" (punto 122 dello stesso Catechismo) che la Chiesa interpreta e distingue alla luce dei Vangeli e della propria tradizione.

Che quello con la prima coppia fu un vero patto d'alleanza, promessa di un matrimonio eterno tra Dio e la prima coppia stessa, è confermato dal libro della Genesi perché ci ripropone quel termine "torpore" proprio quando il Signore vuol fare un'alleanza con Abramo.
Non direi che ciò è a caso, ma proprio con riferimento a quel primo "torpore".
La parola alleanza berit si ritrova, infatti, nel versetto 15,18, ove Abram, nelle cui reni v'è il popolo di Dio, è stato addormentato e al risveglio sente la promessa di un nuovo paradiso terrestre: "In quel giorno il Signore concluse questa alleanza con Abram: Alla tua discendenza io do questo paese dal fiume d'Egitto al grande fiume, il fiume Eufrate..." (Genesi 15,18s)
Questa terra è tra due fiumi e il fiume Eufrate (Genesi 2,14) è uno di quelli della descrizione del paradiso terrestre d'Adamo ed Eva. (Vedi: "Il giardino dell'Eden")
Anche in questo caso scese un torpore, uno Spirito, mandato dal Signore, ma questa volta su quel patriarca, e ci fu una divisione, un'apertura di carni, in questo caso di animali, perché, come s'usava a quei tempi, Abramo, divise gli animali per il sacrificio e per il giuramento del patto.
Il Signore però tardava e "Mentre il sole stava per tramontare, un torpore (tarddemah ) cadde su Abram, ed ecco un oscuro terrore lo assalì" (Genesi 15,12) poi "...un forno fumante e una fiaccola ardente (la parola esatta lì è di fuoco ) passarono in mezzo agli animali divisi. In quel giorno il Signore concluse questa alleanza con Abram..." (Genesi 15,17s)
Si pensi che poi al capitolo 17, Dio, prima della nascita d'Isacco, il discendente della promessa, cambierà all'annuncio della nascita d'Isacco il nome d'Abram in Abramo e della moglie Sarai in Sara aggiungendo ad entrambi la lettera H = di riapertura che non avevano, la lettera H che riapre all'Esistenza!
  • (5) "Non ti chiamerai più Abram ma ti chiamerai Abra(h)am."
  • (15) "Quanto a Sarai tua moglie, non la chiamerai più Sarai, ma Sara(h)."
Solo dopo aperti in tal modo c'è l'annuncio: "Sara(h), tua moglie, ti partorirà un figlio e lo chiamerai Isacco" (Genesi 17,19) a segno dell'alleanza conclusa con la prima coppia, anche loro con quella H furono "aperti" onde nascesse il figlio unico della promessa, Isacco, figura del Figlio dell'Uomo, "figlio, come si credeva, di Giuseppe... di Abramo... di Adamo, figlio di Dio" come capta Luca nella genealogia di Gesù riportata al capitolo 3 del suo Vangelo subito dopo il battesimo di Gesù quando Dio disse: "Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto." (Luca 3,22)

Questa alleanza "berit" fu pure sigillata col fuoco che venne dal Signore, quella fiaccola ardente e iniziava con Abramo e Sara la storia che portò circa V secoli dopo alla consegna della Torah a Mosè con le tavole del patto, ove comandamento fondamentale è quello dell'amore, perché lo sposo cerca l'amore della sposa "amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze" (Deuteronomio 6,5) come del resto fanno gli sposi tra di loro; così la Torah vuole essere un contratto di nozze con tutte le clausole.

Anche Gesù fu aperto sulla croce dopo che si era addormentato nel torpore della morte e ne uscì la Sposa e pure lei fu trafitta ed aperta:
  • "uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua." (Giovanni 19,34)
  • "Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: ...anche a te una spada trafiggerà l'anima." (Luca 2,34s)
Il Vangelo di Matteo ci parla, e non a caso, ma con evidente riferimento a quei dormire di Adamo e di Abram, di un altro patto santissimo di matrimonio, ove il sì del marito fu detto al risvegliò dal sonno; trattasi del matrimonio di Giuseppe e Maria: "Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa, la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù." (Matteo 1,24s)

La Torah, in effetti, menziona quattro alleanze:
  • la prima, tra l'uomo e la donna, è il matrimonio alla presenza del Signore, promessa di uno sponsale eterno della coppia con lui;
  • la seconda, capitolo 9 della Genesi, di Dio con i sopravvissuti del diluvio, Noè, i figli e le spose, 4 coppie, 8 persone, segno di pienezza, progenie della prima coppia che aveva peccato, ove si definisce un minimale codice di comportamento (dette le 7 leggi di Noè), li benedice "per le generazioni eterne" (9,12), promessa di un lavacro diverso per il peccato considerato che "non vi saranno più le acque per il diluvio per distruggere ogni carne" (9,15) segno, l'arco nel cielo, che ricorderà l'alleanza "versa del fuoco il segno " e ripete "eterna" (9,16);
  • la terza, unisce Dio ad Abramo che è eletto per ricevere le promesse (il segno della circoncisione ricorderà la fedeltà al Dio unico Genesi 15,7 e 17,7), farà della sua discendenza "una grande nazione" per la quale "saranno benedette tutte le famiglie della terra" (Genesi 12,1-13);
  • la quarta, con cui Dio lega a sé in modo speciale Israele che liberato dalla schiavitù d'Egitto al Sinai conferma come popolo il patto con Abramo che accoglie le 10 parole del decalogo e le norme della Torah.
Quale quinto atto d'alleanza seguì la ripetizione di quella del Sinai a Sichem (Giosuè 24) col popolo impegnato nella conquista della terra promessa.
Sesto atto, nel cristianesimo, è la nuova alleanza istituita nell'ultima cena da Cristo che si dà in modo completo, corpo e sangue, per la sposa che uscirà poi dal suo costato.

C'è poi la promessa di un'ultima alleanza sulla terra col suo ritorno finale nella gloria, la risurrezione e il giudizio, che prepara l'atto del matrimonio eterno nei cieli come propone il libro dell'Apocalisse.

LA COSTOLA RIVELATRICE
Nel capitolo 2 della Genesi l'elemento della costola d'Adamo da cui Dio avrebbe tratto la prima donna è stato da sempre elemento che ha colpito la fantasia.
Tale parola si trova ripetuta, la prima al plurale e poi al singolare nei versetti:
  • (21) "...gli tolse una delle costole ..."
  • (22) "...plasmò con la costola , che aveva tolta all'uomo, una donna..."
Abbiamo compreso, prese una parte della coppia "'adam" e plasmò la donna da femmina a moglie, ma quel "plasmò" è e mi piace pensare perché:
  • ci fosse un Figlio ;
  • fosse una famiglia di angeli .
La volta successiva che quelle stesse lettere che traducono "costola" sono usate nel testo ebraico è in Esodo 25,12 quando si parla della costruzione dell'arca santa "Fonderai per essa quattro anelli d'oro e li fisserai ai suoi quattro piedi: due anelli su di un lato e due anelli sull'altro."
Quindi verosimilmente "sela'" indica lato, banda e direi che siccome "sel" è "ombra, protezione", si può arrivare a ciò che "in ombra si vedeva ".
In quella coppia primigenia di maschio femmina di quel maschio e di quella femmina, la parte che rimaneva in ombra, "in ombra si vedeva ", la più debole, che poteva contare meno e stare sotto tutela, fu nobilitata.
Riporta perciò quel brano di Genesi 2 l'intenzione di redenzione col matrimonio proprio della parte sofferente della coppia di oggi a vantaggio d'entrambi, ma questo e solo l'aspetto utilitario che ne deriverebbe, l'essenziale è l'amore vero.
Si può da ciò arguire l'intenzione di Dio fin dalle origini con quel patto di mettere le due parti nelle condizioni che ciascuna potesse esplicare le precipue doti nel proprio giusto ruolo, ciascuna per la reciproca utilità, per un unico fine e non di soggezione nei riguardi del più forte.
Gesù pare proprio riportarsi a tale atto costitutivo della prima coppia quando dice: "Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così. Perciò io vi dico: Chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne sposa un'altra commette adulterio". (Matteo 19,8s)
Questo atto di Dio di creare un'alleanza tra l'uomo e la donna legati dall'amore reciproco era fondamentale per il benessere dell'umanità.
Tutta la creazione convergeva nel disegno di una famiglia perfetta che fosse appunto immagine e somiglianza del Creatore onde rispecchiasse in terra quello che era il modello in cielo.
Fino a quel momento, cioè prima della fondazione di una coppia secondo la volontà di Dio, non si parla di demonio e di avversari del disegno divino, ma appena si verifica l'evento di una coppia marito-moglie formata dopo la fine del capitolo 2 del Genesi, ecco che appare il midrash del nemico nella veste del "nachash" il serpente tentatore.
Nel pensiero dell'autore è questo dell'istituto della famiglia il fatto capace di scatenare le forze distruttici, perché due perfetti che s'amano uniti dalla Spirito Santo sono in grado di impostare anche in terra, questo angolo sperduto del creato, un ambiente invivibile per quel demonio che secondo la tradizione scappava dal cospetto di Dio, infatti, la non esistenza fugge l'Esistenza.
L'uomo e la donna, uniti in matrimonio dal Signore, sono i pionieri per "colonizzare" il pianeta.
È evidente, però, che l'uomo e la donna, separati, sono vulnerabili, quindi, facile preda di passioni e sregolatezza, e i figli saranno degni dei genitori.
Un patto d'amore forte, invece, con Dio che fa da cemento, è vittoria certa dell'esistenza, mentre egoismo e solitudine sono la base ideale per la vittoria della non esistenza ontologica.
Ecco che quella costola o lato "sela'" con le lettere profila l'evento che si verificherà dopo, infatti: "scenderà il serpente in azione ", scese e con furbizia scelse il momento opportuno. (Analogo è il paragone d'Erode che s'oppone alla Santa Famiglia di Nazaret per impedire che un davidico gli fossero deleterio.)
Quelle lettere, con altra vocalizzazione, "sole'a" , prefiguano poi il "cadere e la caduta", come nel Salmo 38, ove sono usate da verbo: "Poiché io sto per cadere e ho sempre dinanzi la mia pena. Ecco, confesso la mia colpa, sono in ansia per il mio peccato." (Salmo 38,18s)
Su questa parola tornerò più avanti per approfondire anche un altro significato.

LA ROTTURA DEL PATTO
La rottura del patto è narrata subito dopo nel capitolo 3 della Genesi che s'apre presentando al versetto 1 un personaggio nuovo, il "nachash" .
È questi tradotto con serpente e ci si rende conto che di quelle lettere solo la lettera centrale è diversa da "noefoes" anima, respiro, vita, ove la il soffio è sostituita da , un luogo chiuso come una tomba.
Con i significati grafici delle lettere è un angelo, un'energia che nasconde la luce ; pare proprio Lucifero.
Scruto il versetto Genesi 3,1 e ne faccio la lettura lettera per lettera.

"...il serpente era la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio."



Esce nitido questo pensiero:

"L'angelo che nasconde la luce entrò a stare nel mondo da nemico per portare la vita dei viventi alla distruzione (). Nelle tombe saranno tutti ad entrare . Da demonio nel mondo agirà per bruciare le esistenze . Porta ad entrare la maledizione per chi è in vita ."

La prima cosa che fa questo essere, che rappresenta l'energia che si chiude alla luce, vuole il permanere della non esistenza per il genere umano, inocula il veleno del dubbio nella donna.
Sarà lei poi che passerà all'uomo il veleno: forse Dio non li ama, non vuole siano come Lui visto che vieta di mangiare dei frutti dell'albero della conoscenza del bene e del male!
Da quel racconto sorge spontanea la domanda: perché la donna era sola quando incontrò il serpente nel racconto?
È lecito porsela visto che "Il serpente era la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio. Egli disse alla donna..." (Genesi 3,1)
Parlò solo con la donna.
Lei mangiò dell'albero e lo diede anche al marito "che era con lei, e anch'egli ne mangiò" (Genesi 3,7), cioè, era accanto, ma il marito non sentiva... forse dormiva!
Pare proprio che l'uomo stesse dormendo e la donna fosse desta, quindi il serpente prese l'occasione.

C'è un altro versetto che forse fornisce una traccia.
Mi riferisco a Proverbi 19,15 in cui pure c'è quel " torpore" e recita:

"La pigrizia fa cadere in torpore, l'indolente patirà la fame." (Proverbi 19,15)



Quel versetto pare proprio parlare di quel momento; dico ciò per più motivi:
  • c'è la parola torpore;
  • si parla di fame e l'uomo poi da sveglio si sentì dire "Con il sudore del tuo volto mangerai il pane..." (Genesi 3,19);
  • si parla di pigrizia con "a'selah" "dall'albero il serpente uscì ";
  • questa pigrizia è l'anagramma delle lettere di "costola";
  • l'indolenza "noefoesh remiah", le lettere dicono "dell'angelo superbo il verme () fu ad entrare ".
Nella vita, cioè nell'anima entrò un verme che reca la corruzione della carne per colpa di una energia di superbia.
Dovevano essere l'uomo e la donna una carne sola, ma subito il verme cominciò a corrodere quella carne come un verme in un frutto.
Subito, infatti, finisce l'amore e iniziano le accuse "La donna che tu mi hai posta accanto mi ha dato dell'albero e io ne ho mangiato." (Genesi 3,12)
Lui con la scusa "non c'ero e se c'ero dormivo", accusa tutti, Dio e la Donna, ma la scusa è insulsa, perché lui comunque ha mangiato!
Questo della donna che veglia e dell'uomo che dorme ci porta ad un altro uomo che è sveglio anche di notte e ad una donna che pur se dorme veglia, è la coppia del Cantico dei Cantici (5,2).
La donna mentre dorme sente l'arrivo del suo diletto:

"Io dormo, ma il mio cuore veglia. Un rumore! È il mio diletto che bussa:
Aprimi, sorella mia, mia amica, mia colomba, perfetta mia..."

L'intero versetto Proverbi 19,15 decriptato con riferimento a quel momento ci dice: "Dall'albero il serpente uscì per far cadere chi nel torpore portò l'energia del superbo , un verme () fu ad entrare lo segnò col male dentro ."

Le stesse lettere hanno in sé anche il rimedio se si pensa a Cristo:

"In azione scese dal serpente al mondo per scelta il Verbo . È guizzato alla fine in un corpo . Col sangue fuori portò l'energia . Il Verbo brucerà il verme (), sarà ad uscire , finirà il male che vi abita ."

Tornando al midrash di Genesi 3 il Signore tornò e compì un giudizio.
Si presentò nel giardino, parlò con l'uomo e con la donna costatò il loro errore e pronunciò la sentenza, maledì il serpente e gli annunciò:

"Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno". (Genesi 3,15)

Ciò, ripreso poi dall'Apocalisse (12), implica l'inizio di una continua insidia.
Il serpente avrà una stirpe, una discendenza che lotterà contro l'opera di Dio, l'istituto della famiglia.
La prima evidente manifestazione del serpente che ci presenta poi il testo della Torah è il faraone, che aveva il serpente ureo sulla testa e che appunto voleva uccidere i figli maschi neonati d'Israele, come il famoso Erode con Gesù.
È da ricordare la nascita di Mosè e il midrash di Miriam che convinse il padre a far figli anche se c'era il pericolo che fossero uccisi. (Vedi: "Le Miriam della Bibbia e nella tradizione 1a parte" e "2a parte" articoli in .pdf nella rubrica "Vangeli e Protovangeli")
In questa lotta estrema, che oggi è evidente, la difesa è in consegna alla "donna", una donna speciale che, pur tra le paure e i dolori, l'offerta d'aborti facili, di separazioni e divorzi, di guadagni con lo sfruttamento della propria immagine, non si fermerà e farà nascere figli restando fedele al marito e conserverà la dignità, saprà farsi amare e così attaccherà il nemico della sua redenzione alla testa, ma questi, dice il testo, le attaccherà il calcagno.
E l'uomo... dormirà? No sarà svegliato dalla donna, con l'annuncio della morte e della risurrezione del Cristo che sarà equivalente al clangore della tromba!
Sarà un vero combattimento.
Il verbo usato in ebraico nella profezia di Genesi 3,15 in entrambe le azioni della donna e del serpente è lo stesso, che San Girolamo nella Vulgata tradusse sia con "schiacciare" per la donna che con "insidiare" da parte del serpente, dando la seconda volta a lo stesso senso di .
"Schiacciare la testa" è e, tenuto conto che = quelle lettere fanno trapelare anche il corno "Shofar" che era sonato nei combattimenti e fece cadere le mura di Gerico e il fuoco o la donna ().
Annuncia la vittoria sul nemico, quindi, sul serpente, quindi, è proprio l'annuncio della risurrezione che i Vangeli insistono, faranno le donne agli apostoli:
  • "Presto, andate a dire ai suoi discepoli: È risuscitato dai morti, e ora vi precede in Galilea; là lo vedrete... Abbandonato in fretta il sepolcro, con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l'annunzio ai suoi discepoli." (Matteo 28,7s)
  • "Risuscitato al mattino nel primo giorno dopo il sabato, apparve prima a Maria di Màgdala, dalla quale aveva cacciato sette demoni. Questa andò ad annunziarlo ai suoi seguaci." (Marco 16,9s)
  • "E, tornate dal sepolcro, annunziarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri. Erano Maria di Màgdala, Giovanna e Maria di Giacomo. Anche le altre che erano insieme lo raccontarono agli apostoli." (Luca 24,9s)
  • "Maria di Màgdala andò subito ad annunziare ai discepoli: Ho visto il Signore e anche ciò che le aveva detto." (Giovanni 20,18)
Lo "Shofar" sarà a suonare di nuovo l'ultimo giorno, quello della risurrezione dai morti, del giudizio, dell'ira di Dio, giorno di fuoco : "Ecco, infatti, sta per venire il giorno rovente come un forno. Allora tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia; quel giorno venendo li incendierà - dice il Signore degli eserciti - in modo da non lasciar loro né radice né germoglio" (Malachia 3,19), giorno di cui parla anche la stessa Apocalisse. (Vedi: "Sofonia - Dies irae")

Lui il nemico le attaccherà il calcagno!
Perché il calcagno?
Motivo immediato è perché quello gli schiaccerà la testa, ma soprattutto perché in quel versetto calcagno è "a'qeb" , e quelle stesse lettere sono nel nome di Giacobbe "Ya'aqov" che è il calcagno , Giacobbe e la sua discendenza sono, infatti, un tormento per il serpente.
Brano interessante da ricordare è quello al torrente Iabbok quando Giacobbe da sotto i monti dell'Armenia, dalla casa di Labano, torna in Palestina con mogli, figli e averi ed aveva paura d'incontrare il fratello Esaù.
Giacobbe lottò tutta la notte con uno sconosciuto, era un angelo del Signore, gli chiese di benedirlo e questi gli cambiò il nome in Israele e lo colpì all'anca: "Allora Giacobbe chiamò quel luogo Penuel: Perché - disse - ho visto Dio faccia a faccia, eppure la mia vita è rimasta salva. Spuntava il sole, quando Giacobbe passò Penuel e zoppicava all'anca." (Genesi 32,31s)
Ecco che il cerchio si chiude, riappaiono le lettere che furono tradotte con costola, ma con altro significato le stesse lettere erano per preannunciare anche altri eventi e pure Giacobbe fu in un certo senso colpito da una parte e da lui uscì Israele figura del nuovo Israele, la sposa del Signore.
In queste lettere di "zoppicava all'anca" c'è un promessa: "scenderà il Potente in azione ; innalzato () sarà dal corpo la rettitudine a recare ".
Giacobbe diviene Israele e raffigura l'uomo nuovo da cui uscirà la sposa desiderata Maria e lo sposo vergine Giuseppe.
Dall'anca di Giacobbe, dalle sue reni, uscirà il popolo d'Israele con cui Dio stabilirà il nuovo patto, da cui nascerà Gesù, il Messia.
Nascerà per opera dello Spirito Santo da una figlia di Giacobbe, Maria di Nazaret, sposata al vergine Giuseppe della casa di David. (Vedi: "San Giuseppe - Vergine padre" articolo in .pdf nella rubrica "San Giuseppe")

L'aver mangiato dell'albero della conoscenza del bene e del male ebbe come risultato il vedere da parte della prima coppia gli aspetti negativi di ciò che prima era positivo: s'accorsero che erano nudi!
Poco prima della prescrizione di non mangiare dell'albero il libro della Genesi annota: "Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse." (Genesi 2,15)
L'uomo però dopo la caduta si trova che "...maledetto sia il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita" (Genesi 3,17) e la donna sentì: "Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà". (Genesi 3,16)
Pare cogliere con quel "moltiplicherà le gravidanze" come se altrimenti la gravidanza sarebbe stata unica, forse proprio quella unica e sola del Figlio dell'Uomo, l'Unigenito, quel "plasmo"!?
In questo senso "Beata colpa" perché siamo nati!
La donna, perciò, ora, dopo l'errore, quella che sarebbe stata la somma gioia la sente come onere e ode quattro punizioni (Genesi 3,16):
  • "Moltiplicherò i tuoi dolori", sofferenza dovuta al ciclo mestruale;
  • "e le tue gravidanze", sofferenze nelle gravidanze;
  • "con dolore partorirai figli", sofferenze nel parto e nell'educazione dei figli;
  • effetto finale e pessimo della caduta, è il precipitare della donna nella primitiva situazione ove "Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà".
Risiamo da capo e dodici!

MATRIMONIO PER LA TORAH
Rimando alle considerazioni del già accennato articolo "Lo sposo della coppia nel matrimonio, roveto ardente", ma prendo l'occasione per aggiungere alcune notazioni intese ad arricchire la cognizione di come l'ebraismo, approfondendo e studiando la Torah, ha operato per tentare di ripristinare quel patto, origine di felicità per l'umanità.
Purtroppo la situazione di partenza era disastrosa.
Cito solo alcuni fatti che fanno comprendere da dove si partiva.
Si mediti su: "Quando un uomo venderà la figlia come schiava, essa non se ne andrà come se ne vanno gli schiavi. Se essa non piace al padrone, che così non se la prende come concubina, la farà riscattare. Comunque egli non può venderla a gente straniera, agendo con frode verso di lei. Se egli la vuol dare come concubina al proprio figlio, si comporterà nei suoi riguardi secondo il diritto delle figlie." (Esodo 21,7-9)
La donna merce di scambio e non certo prossimo.
Addirittura il padre aveva sulla figlia diritto di vita e di morte.
Si pensi al caso di un certo Iefte, ed era un Giudice d'Israele: "Iefte fece un voto al Signore e disse: Se tu mi dai nelle mani i figli di Ammon, chiunque uscirà dalla porta di casa mia per venirmi incontro, quando tornerò vincitore sugli Ammoniti, sarà del Signore e io l'offrirò in olocausto... Iefte tornò a Mispa, a casa sua; ed ecco uscirgli incontro sua figlia... egli fece di lei quello che aveva promesso." (Giudici 11,30-39)
Se la donna aveva fratelli maschi, non ereditava:"Quando uno sarà morto senza lasciare un figlio maschio, farete passare la sua eredità alla figlia." (Numeri 27,8)
Salvo casi illuminati la figlia non aveva possibilità di scelta, tutto filtrava il padre e "Una donna accetterà qualsiasi marito..." (Siracide 36,21)
L'idea che aveva il migliore degli uomini era quella di un acquisto "Chi si procura una sposa..." (Siracide 36,24)
La poligamia è ammessa dalla Torah... era troppo dilagante!
L'adulterio c'è tra una donna sposata e un uomo che non è il marito.
Per la Torah però la relazione di un uomo sposato con una donna non sposata non pare condannata, perché appunto è ammessa la poligamia.
Una donna però non può sposare più uomini e lo stesso comandamento non commettere adulterio diviene diverso tra uomo e donna.
L'uomo peccherebbe d'adulterio solo se va con la moglie di un altro (Levitico 20,10), ma con un'altra donna no, mentre la donna sposata commetterebbe adulterio, comunque, se va con un altro uomo anche non sposato, perché? Perché è possesso del proprio marito!
Un uomo può avere più mogli e concubine.
Ciò nonostante, è giusto sia così, è entrato nel pensiero e nella tradizione ebraica che l'unione coniugale è lo stato ideale degli esseri umani e la base della società, secondo quanto stabilito da Dio al momento della creazione, fine ultimo e principale della creazione stessa, dovere per ogni ebreo.
Nel primo periodo biblico dei patriarchi c'era l'usanza per l'uomo di sposare una donna scelta nella propria tribù, ancor meglio della propria famiglia, per la certa l'educazione dei figli che nascono ebrei se la madre è ebrea.
La poligamia ufficialmente non è stata mai abolita e si dice che non è più in uso tra gli ebrei dal X secolo d.C..
La vita solitaria è considerata sventura, il matrimonio senza figli disastro e la buona moglie il maggior bene che possa augurarsi ad un uomo.

Per Mosè Maimonide, ossia Rav Moshe Ben Maimon, detto anche Rambam dal suo acronimo RMBM, vissuto in Spagna (1138-1204), ebreo, gran filosofo rabbino e medico su "egli ti dominerà" ebbe ad osservare che la punizione della donna fu "misura per misura" e fu determinata dall'influenzare il marito a mangiare il frutto e ora gli sarà sottomessa.
Le condizioni della vita fuori dalla protezione divina nel giardino, per cui il sostentamento deriva dal duro lavoro, rendono la donna dipendente dal marito, fisicamente più forte, ma Rab Hirsh, importante rabbino tedesco del XIX secolo, diceva che "L'osservanza della Torah, tuttavia, vuole ricondurre la donna al situazione iniziale prima della caduta, "come corona di suo marito e perla della sua vita." (Mishlé 12,4 e 31,10)

"I saggi raccomandano all'uomo di rispettare la moglie più di se stessi e di amarla come se stesso. Se egli ha del denaro deve accrescere la sua generosità nei confronti della consorte secondo le sue possibilità. Non deve incuterle timore in maniera ingiustificata e deve parlarle in modo gentile, non deve manifestare né tristezza né collera. Alla donna a sua volta è stato comandato di onorare molto il marito, di riverirlo e di astenersi di fare qualunque cosa sia per lui ripugnante. Questa è la strada delle figlie d'Israele, che sono sante e pure nella loro unione e su questa via la loro vita in comune sarà decorosa e degna di lode." (Rambam Hilkhot Ishut 15,19-20)

Per far comprendere come tali pensieri nella spiritualità ebraica si siano evoluti riporto la "Preghiera della donna prima dell'unione" che ho ripreso da "Le preghiere della donna ebraica" (Alivia Lavie Morasha 2010).
Il pregare prima dell'unione si ricava per la prima volta dal libro deuterocanonico di Tobia, racconto edificante del II secolo a.C. (alcuni frammenti sono stati trovati a Qumran) in scenario storico imprecisato sulla storia familiare di Tobia, figlio di Tobi, ebreo, pio, osservante e caritatevole, divenuto cieco.
A Echatana nei pressi di Ninive, Raguele, parente di Tobi ha una figlia, Sara, ma "...essa era stata data in moglie a sette uomini, ma Asmodeo, il cattivo demonio, glieli aveva uccisi, prima che potessero unirsi con lei." (Tobia 3,8)
(Di ciò pare trovarsi un cenno nel Vangelo di Matteo 22,23-33 quando alcuni sadducei fecero una domanda capziosa a Gesù sul matrimonio.)
Dio mandò l'arcangelo Raffaele da Tobi che guidò il figlio Tobia e per intervento divino fece sposare Tobi a Sara ricchissima.
La notte del matrimonio nella camera nunziale Tobia disse a Sara: "Preghiamo e domandiamo al Signore che ci dia grazia e salvezza. Essa si alzò e si misero a pregare e a chiedere che venisse su di loro la salvezza, dicendo: Benedetto sei tu, Dio dei nostri padri, e benedetto per tutte le generazioni è il tuo nome! Ti benedicano i cieli e tutte le creature per tutti i secoli! Tu hai creato Adamo e hai creato Eva sua moglie, perché gli fosse di aiuto e di sostegno. Da loro due nacque tutto il genere umano. Tu hai detto: non è cosa buona che l'uomo resti solo; facciamogli un aiuto simile a lui. Ora non per lussuria io prendo questa mia parente, ma con rettitudine d'intenzione. Degnati di aver misericordia di me e di lei e di farci giungere insieme alla vecchiaia. E dissero insieme: Amen, amen!" (Tobia 8,5-8) e tutto poi andò a buon fine.
È, infatti, bene godere dei doni di Dio e la sessualità va goduta nel matrimonio con intenzione di santità, da ciò la preghiera perché l'unione tra l'uomo e la donna da dualità sia un'unità a gloria di Dio.
Ecco così spiegata la più recente preghiera della donna ebrea prima dell'unione che ho citato e che per brevità riporto con alcuni omissis:

"Sia la Tua volontà che la tua presenza sia manifesta tra me e mio marito e unisci su di noi il Tuo santo nome Yod He.
Introduci nei nostri cuori uno spirito di purezza e di santità e allontana da noi ogni pensiero e proposito malvagio.
Concedimi una vita limpida e genuina, tra me e mio marito, che noi due non posiamo i nostri occhi su alcun essere umano al mondo, ma siano i miei occhi su mio marito e gli occhi di mio marito su di me.
Che io lo veda come se non esistesse un altro uomo buono, bello e gentile come lui al mondo. Com'è detto: 'Odi fanciulla e guarda, porgi il tuo orecchio, dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre', ed è detto 'Poiché egli è il tuo Signore, sottomettiti a lui'.
E così sia agli occhi di mio marito, come se non ci fosse al mondo una donna bella, gentile e leale quanto me.
Siano tutti i suoi pensieri rivolti a me, e a nessun'altra creatura al mondo...
Sia la Tua volontà. O Eterno Dio, che la nostra unione riesca bene.
Un'unione leale, d'amore e di fratellanza, di pace e di amicizia.
Un'unione degna secondo la legge di Mosè e la consuetudiene ebraica.
Un'unione leale, di timore del cielo e timore del peccato.
Un'unione che generi figli leali, giusti, integri e retti.
Un'unione di benedizione, come è detto: 'l'Eterno è memore di noi: benedirà, benedirà la casa d'Israele'.
Un'unione in cui si avveri in me ciò che è detto: 'Tua moglie è come vite feconda nell'interno della sua casa. I tuoi figli sono quali rami d'ulivo intorno alla tua mensa'.
Un'unione in cui mio marito sia felice con me più che con qualsiasi altro bene egli abbia al mondo, com'è detto: 'La casa e gli averi sono eredità paterna, ma la donna intelligente proviene da Dio'.
Un'unione in cui tra me e mio marito non ci sia mai collera, né rancore, né gelosia, né competizione, ma amore e fratellanza, pace e amicizia, umiltà, modestia e tolleranza.
Un'unione di amore, giustizia, amorevole misericordia e benedizione verso le creature.
Un'unione che generi una discendenza concreta, sana e buona...
Benedetto Tu sia per sempre Amen."

(Annota l'autrice, che la preghiera è nel libro Chuppar Chatanim di rav Raphael Meldola, nato nel 1754, di Livorno, già rabbino della comunità sefardita in Inghilterra che penso l'abbia scritta avendo particolarmente approfondito la figura dell'omonimo arcangelo.)

In tutto ciò però c'è un tarlo, la disposizione nella Torah di Mosè dell'atto di ripudio, get o ghet: "Quando un uomo ha preso una donna e ha vissuto con lei da marito, se poi avviene che essa non trovi grazia ai suoi occhi, perché egli ha trovato in lei qualche cosa di vergognoso, scriva per lei un libello di ripudio e glielo consegni in mano e la mandi via dalla casa." (Deuteronomio 24,1)
È questo un atto unilaterale, solo nelle possibilità del marito, poi mitigato, ma non risolto, da un giudizio rabbinico.
Al riguardo forse ha influito il continuo paragone profetico dell'amore del Signore per Israele e del timore del suo rigetto, ventilato dai profeti prendendo spunto proprio dalla disposizione del ripudio nel matrimonio ebraico.
Ciò, in un certo senso, in forma negativa, confermava e dava forza al maschilismo, che tendeva a fare da padrone.
È vero, c'erano stati i patriarchi che chiamavano la moglie sorella, ma avevano, Abramo e Giacobbe, preso concubine, sia pure con la condiscendenza delle mogli, e questo ultimo anche due mogli in contemporanea, Lia e Rachele.
La posizione maschilista si faceva forse forte, appunto, del pensiero dei profeti, di Dio che può rigettare il suo popolo come dice Isaia 2,6: "Tu hai rigettato il tuo popolo, la casa di Giacobbe, perché..."
Siccome il marito nella casa ha le veci del Signore, dimenticando che "Il Signore ha giurato e non si pente..." (Salmo 110,24) i mariti, maschilisti, ritennero sempre più giusto farsi forte di Mosè, ed esercitare così il diritto del rigetto.
Indipendentemente dalla giustezza o meno dell'istituto del ripudio, come si spiega però ad una donna d'oggi che solo l'uomo e non anche la donna, secondo Mosè, poteva pretendere il divorzio?
Oggi, per l'evolversi del divorzio non religioso, la causa della donna è esaminata con più attenzione, ma tante possono essere state nel passato le ritorsioni in famiglia.
La donna ebraica, in effetti, può solo tentare di chiedere il divorzio al marito che se ha ragioni valide e se il marito non accetta vi sarà una causa davanti ad un giudice per convincere il marito a concederle l'atto di ripudio.
Chi disse: "Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne" (Genesi 2,24) pare proprio non poter essere lo stesso che può aver consentito il ripudio della donna.
Persino la tradizione rabbinica sul divorzio consentito dalla Torah ha preso atto che è un'anomalia, un disturbo dell'ordine universale.
Sostengono che quando un marito dà il Get, cioè l'atto di ripudio alla moglie, l'altare versa lacrime e un grande rumore, "impercettibile all'uomo", risuona per l'universo. (Vedi: Get in Divorzio "Dizionario d'usi e costumi ebraici" di Alan Untermann)
Il Get era dato dai padroni anche agli schiavi per concedere loro la libertà.
Pur se il matrimonio ha buone basi, e dipende dal cammino spirituale dei due, questa posizione di subalternità della donna nel matrimonio è, come dicevo, comunque, come una crepa ed è stata causa di tante sofferenze e di tanti soprusi, vissuti in modo silenzioso dalla donna.
Quel libro "Le preghiere della Donna Ebrea" che ho prima citato riporta la preghiera della "'aguna", donna vincolata al suo stato di donna sposata poiché il marito è scappato, è disperso o semplicemente si rifiuta di concedere il divorzio.
La preghiera, toccante, rivela la condizione di una sudditanza mal vissuta.
"Creatore del cielo e della terra sia la Tua volontà che si compia la Tua clemenza nello svincolare le donne d'Israele, prigioniere dei loro mariti e legate con le funi dei loro contratti matrimoniali, anche se la santità e l'amore si sono allontanati dalle loro dimore. Allontana da loro, per favore, il giogo amaro e addolcisci i cuori induriti dei loro detentori. Apri le catene della cattiveria e libera le Tue figlie, affinché possano ricostruirsi una famiglia ebraica e crescere figli con amore e affetto, pace ed amicizia. Fai tornare i nostri giudici come erano nell'antichità e i nostri senatori come in origine, dona ai loro cuori uno spirito di sapienza e coraggio, uno spirito di avvedutezza e sagacia, per salvare l'oppresso dalla mano del persecutore e la donna dalla sua cattività. Benedetto sii Tu che liberi i prigionieri."

I COMPITI DELLA DONNA NELLA FAMIGLIA EBRAICA
La donna ebraica fu emarginata dalla cultura, perché in genere a ciò si dedicavano gli uomini, infatti, la cultura ebraica è stata prodotta essenzialmente da uomini che studiavano pure se si trovano nella Bibbia figure di donne forti che sono state fondamentali per la salvezza del popolo, come Debora, Giaele, Noemi e Rut, Huldha la profetessa (2Re 22), Ester, Giuditta e vi sono preghiere di donne come quella di Anna e della stessa Debora.
Solo negli ultimi decenni sono state istituite scuole rabbiniche in cui sono ammesse le donne, ma l'ebraismo ortodosso non accetta il rabbinato femminile, perché sostiene che i compiti della donna siano altri, mentre tra i riformati ci sono molte donna rabbino.
I compiti della moglie ebrea sono chiari; la delimitazione è l'ambito familiare.
La conduzione della casa, l'educazione dei figli e ciò che non comporta rapporti esterni, cioè i rapporti intimi e nell'interno della famiglia sono i compiti femminili e ciò che attiene lavoro e rapporti con la comunità riguarda l'uomo.
"La donna perfetta è la corona del marito, ma quello che lo disonora è come caria nelle sue ossa" (Proverbi 12,4) era l'idea.
Questo versetto gioca sul pensiero della costola considerata come osso; quindi donna, osso, moglie e madre, sostegno dell'uomo, fulcro di una famiglia.
È celebre il capitolo 31 del libro dei Proverbi, il poema della moglie perfetta, che è cantato nelle case ebraiche dai mariti e dai figli il venerdì sera all'apertura dello "shabbat" per ringraziare mogli e madri e per lodare appunto la Shekinah, che per la tradizione ebraica è la manifestazione femminile della gloria di Dio.
Quel poema è anche recitato al funerale delle donne ed alla cerimonia di "bat mitzvah" delle fanciulle. (Vedi: "Il marito della donna perfetta" articolo in .pdf nella rubrica "San Giuseppe").
Per la Mishnà, gli obblighi religiosi affidati alle donne sono:
  • La donna è destinata dal Signore a dare nutrimento al bambino, perciò le è affidato il compito d'associare al sacro il nutrimento della famiglia. Lo fa con un piccolo rito, abluzione delle mani e speciale benedizione, e preleva una parte dell'impasto della panificazione "regola della ch'allah", il pane bianco e soffice che accompagna "shabbat" e altre feste. Si basa sul comando: "Parla ai figli d'Israele. Dirai loro: Quando voi sarete entrati nel paese, dove io sto conducendovi e mangerete del pane del paese, ne sottrarrete un'offerta al Signore". (Numeri 15,18-19) Era prelevata assieme la decima da portare al Tempio per i sacerdoti e pur se non c'è più il Tempio comunque un pezzetto dell'impasto è messo da parte, bruciato in forno e non consumato.
  • La donna, visto che è lei che partorisce, ha il precipuo compito della conservazione della specie e lo fa nel rispetto di regole di purità famigliare che esplica col matrimonio, nella vita coniugale, nella gravidanza, allattamento ed educazione dei bambini, atti che spetta a lei sacralizzare.
  • L'accensione dei lumi al Sabato e durante le maggiori festività è atto compiuto dalle donne per sacralizzarle e solennizzarle, quale segno con la luce di desiderio d'alimento spirituale.
MATRIMONIO NEL CRISTIANESIMO E IL COMPITO DI CRISTO
Il Catechismo della Chiesa Cattolica riconosce implicitamente essere proprio il patto matrimoniale fine di tutta la creazione, disegno iniziale e finale di Dio.
A riguardo, così s'esprime:

1602 "La Sacra Scrittura si apre con la creazione dell'uomo e della donna ad immagine e somiglianza di Dio e si chiude con la visione delle nozze dell'Agnello (Apocalisse 19,9) Da un capo all'altro la Scrittura parla del Matrimonio e del suo mistero, della sua istituzione e del senso che Dio gli ha dato, della sua origine e del suo fine, delle sue diverse realizzazioni lungo tutta la storia della salvezza, delle sue difficoltà derivate dal peccato e del suo rinnovamento nel Signore (1Corinzi 7,39), nella Nuova Alleanza di Cristo e della Chiesa.

Ogni individuo della razza umana, invero, uomo o donna, tra varie fatiche, superando i problemi esistenziali e le difficoltà dell'ambiente che si frappongono là ove opera, sente in sé un impulso che lo fa tendere a tornare alle acque pure della propria sorgente di vita che ognuno interpreta a modo proprio.
Molti tendono a cercare in qualche modo, appunto, una sorgente d'eternità.
Sorge spontaneo pensare ai salmoni che hanno in sé l'istinto di risalire le rapide dei fiumi per il compimento della loro missione che nel caso specifico per quei pesci è la procreazione.
Chi interpreta in questo senso il viaggio della propria vita, pur senza tante spiegazioni, comprende che Dio c'è ed è una relazione complessa d'amore.
Se tale persona poi crede nel Dio unico creatore dell'Universo si sente corresponsabile dello stato della terra e della perduta armonia per il peccato e s'impegna a migliorare nel proprio campo d'operatività ciò che gli è intorno e soprattutto aspira a rendersi intimamente presentabile a un giudice attento.
È così portatore di una responsabilità personale verso se stesso, il prossimo e il mondo, e sente che non può arrivare alla sorgente, la felicità, se non si dota di parti mancanti non proprie e nella propria indole.
Ha bisogno come di completarsi per essere, divenire diverso e nuovo arricchendosi dell'altra metà del cielo - se maschio di quello femminile e se femmina di quello maschile - perché sente che è incompleto e che l'amore vero ha potere di redenzione in quanto solo così il mondo si può salvare dalla distruzione che tesse invece l'odio e l'inimicizia.
Maschile e femminile però sono parole stereotipate relative precipuamente al sesso, ma che non riescono a chiarire il complesso del modo di sentire della sfera "uomo" e della sfera "donna".
Se alla domanda "Da dove veniamo" la risposta è "Veniamo da Dio" è chiaro che chi così risponde sente che è come in deficit d'amore, perché in modo spontaneo quasi per magnetizzazione è un ago sensibile orientato a Lui, che crea un campo amorevole, onde l'individuo, toccato da quella grazia, cerca vie d'amore per raggiungerlo.
Una via che porta a tale amore è seguire le tracce che portano a immergersi in quel campo e seguirne la via ricevendo il dono delle grazie battesimali che Cristo elargisce a chi lo cerca.
Iniziato tale cammino, l'istituto che poi pare proprio voluto da Dio perché un essere umano ricomponga in sé una frattura sentita che va rimarginata è il sacramento del matrimonio.
È questo il patto matrimoniale, fondato sul Signore che è orientato soprattutto alla comunione/amore permanente per il bene dei coniugi e comprende procreazione ed educazione in Cristo dei figli, basato sul "comandamento nuovo" di Cristo, vale a dire "...che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri." (Giovanni 13,34s)
Il "come io vi ho amato" è l'amore nella dimensione della croce, sconosciuto e impossibile per il mondo.
Per riceverlo occorrono due battezzati che si amano, vale a dire che coprano tutto il campo del sentire a sua immagine e somiglianza, ad imitazione di Dio, che spazia il sentire paterno e materno e i due lo possono sperimentarlo in una vita in comunione, ove s'eserciteranno ad essere un'unità, come Dio lo è in sé, partecipando così del suo amore, indi nella misura che la coppia ha conosciuto l'amore ricevuto dal Signore che li ha uniti si potranno donare l'un l'altro.
Col sacramento del matrimonio i due battezzati di sesso diverso grazie a Lui possono superare le incomprensioni che pur vorranno spuntare e formare un legame duraturo non sentimentale, ma solido.
Ciò almeno intendono coloro che, volontariamente, sentono la vocazione di prendere la via di un matrimonio in Cristo per una famiglia che sia una relazione di gratuità in cui ciascuno dei componenti si senta amato non per i meriti.
In un tale ambito, però, il partire nell'intimo con l'idea eventuale che il matrimonio, all'occorrenza, si può ridurre ad un patto a termine è una mina vagante e motivo che vanifica il matrimonio stesso con un principio di nullità.
Il dare per premessa "l'amore può finire" sarebbe, infatti, un il cancro del legame, in quanto l'idea a base è che l'amore vince la morte "...forte come la morte è l'amore, tenace come gli inferi è la passione: le sue vampe sono vampe di fuoco, una fiamma del Signore!" (Cantico dei Cantici 8,6)
Certo è un errore se si scambia il desiderio sessuale per amore.
L'amore vero sponsale alla lunga supera anche il sentimento e tende ad uno stato dell'essere che aspira ad un divenire "eterno".
Se i due provano ad essere discepoli di Cristo, amandosi tra loro come Lui desidera, il matrimonio è allora un cammino di perfezione e di servizio che coinvolge figli, parenti e chiunque vede quella meraviglia, se attuata.
Di tale rapporto dice il Catechismo della Chiesa Cattolica:

1601 "Il patto matrimoniale con cui l'uomo e la donna stabiliscono tra loro la comunità di tutta la vita, per sua natura ordinata al bene dei coniugi e alla procreazione e educazione della prole, tra i battezzati è stato elevato da Cristo Signore alla dignità di sacramento."
Ecco che il patto in Cristo dell'unione uomo - donna, supera la sola sfera sessuale e sentimentale del maschio - femmina.
Diviene, così, la piattaforma di che porta ad una creatura nuova.
È da scoprire la parte di cielo non di nostra frequentazione per spaziare con due ali là dove nessuno dei due si sarebbe potuto addentrare e si percorrerà così il cielo completo, aiutati dalla "moglie" o dal "marito" che ha la diversa polarità e sensibilità e coglie aspetti che il singolo non capta, s'unificherà "l'uomo" completo che c'è stato precluso a seguito della definizione naturale iniziale della nostra polarità, ma che è anche un aiuto a cercare l'opposto.
Papa Lucani, Giovanni Paolo I, nell'Angelus del 10-09-1978 disse "Dio è papà, più ancora è madre..."; rompeva così un velo sulla trascendenza allacciandosi alla radice biblica di Genesi 1,27 "Dio creò l'uomo simile a sé, lo creò ad immagine di Dio, maschio e femmina li creò".
Maschile e femminile sono, infatti, stereotipi per definire l'animus dell'uomo e della donna, ma l'optimus è una sintesi di forza e compassione, di coraggio e difesa dei deboli, decisione e protezione, padre e madre, fratello e sorella, la famiglia delle famiglie.
Questa creatura nuova, o meglio l'insieme di tutte queste creature nuove, vale a dire l'umanità redenta, è quella con cui Dio vuole sposarsi per l'eternità.
Il matrimonio in terra di una coppia in Cristo è un anticipo della famiglia più estesa in Paradiso.

Il battezzato come singolo, uomo o donna, ha la missione d'essere cristiano, vale a dire di vedere nel prossimo il Signore e di essere un buon discepolo operando per quanto la grazia e la propria volontà glielo consentono in modo di essere anche lui un Cristo per gli altri, ricordandosi in ogni occasione, appunto, cosa significa essere cristiano, cioè di Cristo.
Il matrimonio cambia, se così si può dire, la missione dei singoli, e diviene una missione unica per la coppia.
Di fatto il matrimonio di un uomo e di una donna è il battesimo di una creatura nuova, la coppia stessa, che è una sola carne nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e questa creatura, diviene, per partecipazione, una culla atta a far nascere Figli di Dio naturali e/o spirituali.
Ovviamente occorre che tra i due in principio vi sia un fuoco, abbia luogo un qualcosa che coinvolge il sentimento, un'attrazione, e ancor più un affetto mai prima provato che i due chiameranno già "amore", ma che serve solo da spinta per iniziare.
Guai però se i due pensano che il sentirsi uniti dipenda solo da loro, perché possono capitare tanti fatti nella vita coniugale e tante incomprensioni.
Fonte della loro unità non è da basare sulla buona volontà e pazienza dei singoli, ma sul fare memoria su chi è il cemento, la fonte della loro unità e del loro vero amore, Cristo, e chiedere a lui l'aiuto concreto, che verrà!
Se sono coscienti che la loro unità è basata su tale fondamento s'avvera che hanno "costruito la casa sulla roccia", allora "cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e s'abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia." (Matteo 7,25)
Ecco che così attuano la missione che gli ha dato Cristo che è sempre la stessa, essere sacerdoti, re e profeti nella loro famiglia e come famiglia agli occhi degli altri, avendo rispetto di tale sottesa missione, mai rinnegandola, operando spontaneamente in ogni occasione in armonia con tale mandato con riflessi benefici per tutti, così nella famiglia si verifica un bagliore dell'amore di Cristo per la sua Chiesa... la famiglia cristiana la piccola chiesa domestica, "la vampa del Signore".
Si comprende allora come l'idea del divorzio non è conciliabile col matrimonio cristiano che è eterno, perché la coppia è sposata col Signore che "...non può rinnegare se stesso." (2Timoteo 2,13b)

Cristo condannò il divorzio di Mosè.
Quando alcuni farisei per metterlo alla prova gli chiesero: "È lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie...? Ed egli rispose: Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse: Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola? Così che non sono più due, ma una carne sola. Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così. Perciò io vi dico: Chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne sposa un'altra commette adulterio." (Matteo 19,3-9)
Certo è che se il matrimonio è disposizione divina e non umana non può essere che l'uomo ripudi la moglie visto che l'amore assoluto è divino ed eterno.
Inoltre, se è amore è reciproco non è una concessione dell'uomo verso la donna e Dio ama egualmente uomo e donna.
Nel divorzio secondo Mosè, infatti, non pare esservi cenno di reciprocità, il che è contrario al comando, non fare all'altro ciò non vorresti fatto a te.

Dopo tale episodio i discepoli commentarono tra loro e dissero "...allora non conviene sposarsi e Gesù rispose loro: Non tutti possono capirlo, ma solo coloro ai quali è stato concesso. Vi sono infatti eunuchi che sono nati così dal ventre della madre; ve ne sono alcuni che sono stati resi eunuchi dagli uomini, e vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca". (Matteo 19,10-12)
Cerchiamo allora di capire; Gesù non dice fate così, ma precisa che alcuni capiscono che alla finalità ultima del matrimonio, l'amore per raggiungere il Regno dei cieli, si può arrivare anche per altre vie, verginità e celibato, che comportano la scelta della continenza.
La dimensione matrimoniale, comunque, sussiste ancora nella misura in cui Cristo diviene lo sposo finale per le vergini e i celibi che hanno fatto tale scelta nel Signore, divenendo potenziali sue mogli, come dice la lettera agli Efesini: "Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa, lui che è il salvatore del suo corpo. E come la Chiesa sta sottomessa a Cristo, così anche le mogli siano soggette ai loro mariti in tutto." (Efesini 5,23s)
Il desiderio e il fine ultimo della esistenza dell'uomo è amare e alcuni trovano il modo d'amare senza passare per la via del matrimonio; in estrema sintesi vale il pensiero di Santo Agostino "Dilige et quod vis fac - Ama e fa ciò che vuoi".
Giovanni Paolo II nell'udienza generale del 5-05-1982 sulla continenza per il regno dei cieli e l'ethos della vita coniugale e familiare ebbe a dire: "...sebbene la continenza per il regno dei cieli si identifichi con la rinuncia al matrimonio - che nella vita di un uomo e di una donna dà inizio alla famiglia - non si può in alcun modo vedere in essa una negazione del valore essenziale del matrimonio; anzi, al contrario, la continenza serve indirettamente a porre in rilievo ciò che nella vocazione coniugale è perenne e più profondamente personale, ciò che nelle dimensioni della temporalità (ed insieme nella prospettiva dell'"altro mondo") corrisponde alla dignità del dono personale, collegato al significato sponsale del corpo nella sua mascolinità o femminilità."

Gli sposi cristiani, che sono i ministri del matrimonio, liberamente chiamano a testimoniare la Chiesa quale comunità dei credenti al sacramento e questa li sottopone a un interrogatorio, per accertare e farsi confermare che intendono contrarre un patto con Dio e davanti a Dio con l'intento fondamentale che "ciò che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi".
Alla Chiesa, pertanto, quando appaiono situazioni onde ritengono che il loro matrimonio sia nullo i contraenti portando argomenti.
La Chiesa, raccogliendo l''insegnamento di Gesù non dà divorzi, ma constata, su richiesta dei contraenti, l'eventuale nullità del loro patto che comporta certi presupposti di libertà di scelta ecc..
L'errore di non considerare paritari i due sposi il cristianesimo non lo fa, onde la richiesta è promossa indifferentemente dell'uomo o della donna, poi c'è un esame processuale sul fatto che il matrimonio possa essere invalido perché nullo, se non è nullo non è annullabile, e se annullabile vuol dire che non esistevano i presupposti, era falso e non c'è mai stato e l'unione, in caso di annullamento, pur se ci fosse prole, era un'unione fuori del vincolo del sacramento del matrimonio.
Nella 1 a Timoteo si legge "...bisogna che il vescovo sia irreprensibile, non sposato che una sola volta, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare..." (1Timoteo 3,2)
Non c'era ancora la tradizione che i preti non si sposassero, ma c'era l'obbligo per gli sposati cristiani di sposarsi una sola volta.
Anche San Pietro era sposato, aveva una suocera, ma nei Vangeli si legge che dopo la chiamata ad apostolo "lasciò tutto" (Matteo 19,27), anche la moglie, ovviamente col suo consenso e Gesù disse che per il Regno di Dio c'è chi lascia anche "moglie o figli"... (Luca 18, 29).
L'ordinazione, allora, di uomini sposati, era una prassi, era chiesta però la "continenza" dopo l'ordinazione, anche per chi si fosse già sposato.
Nell'A.T. l'obbligo della purità sessuale per i sacerdoti ebrei era chiesta solo nei periodi di servizio al Tempio, ma nel N.T. il servizio investe la totalità del tempo e la chiamata alla purità di conseguenza diviene totale.
Col divulgarsi del cristianesimo aumentarono però le ordinazioni e le infrazioni alla continenza pur se concili e papi intervennero più volte a riaffermare la disciplina definita "tradizionale".
Le infrazioni erano punite, ma troppo frequenti e per contrastarle la Chiesa iniziò a scegliere i suoi sacerdoti tra i celibi e ciò e divenuto tradizione.

V'è un episodio nei Vangeli sinottici: "...vennero a lui dei sadducei, i quali affermano che non c'è risurrezione, e lo interrogarono: Maestro, Mosè ha detto: Se qualcuno muore senza figli, il fratello ne sposerà la vedova e così susciterà una discendenza al suo fratello. Ora, c'erano tra noi sette fratelli; il primo appena sposato morì e, non avendo discendenza, lasciò la moglie a suo fratello. Così anche il secondo, e il terzo, fino al settimo. Alla fine, dopo tutti, morì anche la donna. Alla risurrezione, di quale dei sette essa sarà moglie? Poiché tutti l'hanno avuta. E Gesù rispose loro: Voi vi ingannate, non conoscendo né le Scritture né la potenza di Dio. Alla risurrezione, infatti, non si prende né moglie né marito, ma si è come angeli nel cielo. Quanto poi alla risurrezione dei morti, non avete letto quello che vi è stato detto da Dio: Io sono il Dio di Abramo e il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe? Ora, non è Dio dei morti, ma dei vivi. Udendo ciò, la folla era sbalordita per la sua dottrina." (Matteo 22, 23-33; Marco 12,18-27; Luca 20,27-40)

Gesù subito sostiene "Alla risurrezione, infatti, non si prende né moglie né marito" e stigmatizza il matrimonio se acquisizione e possesso per utilità quindi senza "amore, infatti, più avanti dirà "...come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e marito, fino a quando Noè entrò nell'arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e inghiottì tutti, così sarà anche alla venuta del Figlio dell'uomo". (Matteo 24,38s)

Sono poi importanti alcune chiose del parallelo nel Vangelo di Luca:
  • 36 "...e nemmeno possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, essendo figli della risurrezione, sono figli di Dio."
  • 38 "...Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per lui."
  • 39 "Dissero allora alcuni scribi: Maestro, hai parlato bene."
Per gli scribi aveva parlato bene, perché?
Il nocciolo è che i "figli della risurrezione, sono figli di Dio... tutti vivono per lui"; alla risurrezione il matrimonio è globale; Dio ha sposato tutta l'umanità.
L'uomo con la risurrezione ha raggiunto il ricomponimento di tutte le sue parti ed è un uomo nuovo, è come Dio, ha tutte le doti per comprendere gli aspetti dell'esistenza, ha ricongiunto le due metà del cielo di cui dicevo prima, maschile e femminile, a immagine e somiglianza di Dio.

Gesù non s'è sposato, perché sposa l'umanità.
I Vangeli ci rivelano avere la dimensione completa dell'amore.
Numerosi sono poi gli episodi che ci manifestano una profonda conoscenza di Gesù del mondo delle "donne" a cui si rivolge con particolare affetto, ma sempre nella verità.
Del pari il rapporto di Cristo con la Torah è di profondo amore, eppure difende la donna e imputa a Mosè quel brano di Torah sul divorzio.
Riconosce però nella Torah e nelle Sacre Scritture le parole del Padre.
Dice che Mosè ha scritto di Lui e fa comprendere che quelle Scritture sono da scrutate per capirne il senso, filtrandole attraverso la sua figura.
Alcune volte poi rettifica il senso comune che si traevano da quelle.
Cristo s'è opposto anche alla lapidazione che la legge di Mosè prevede, facendo in modo di evitarla nei confronti di una donna adultera.
In tale episodio si nota la volontà nei Vangeli di segnalare una azione maschilista del tempo, in quanto a Gesù gli scribi e i farisei conducono una donna sorpresa in adulterio, portano solo "la colpevole", ma come poteva essere in flagrante adulterio, doveva esserci anche il colpevole.
Forse era fuggito o lasciato fuggire?
Il racconto, infatti, propone che gli dicono: "Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici? Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra. E siccome insistevano nell'interrogarlo, alzò il capo e disse loro: Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei. E chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi. Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. Alzatosi allora Gesù le disse: Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata? Ed essa rispose: Nessuno, Signore. E Gesù le disse: Neanche io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più." (Giovanni 8,3-11)
L'uso della lapidazione rimase in Israele finche non ci fu la diaspora poi fu difficile applicarla e ora il "comandamento" non risulta più applicato, mentre si ritrova poi rimbalzare nell'Islamismo.
La procedura descritta dalla legge israelita nella Misnah (significa ripetizione, con le discussioni dei saggi fino al II secolo dopo Cristo) posteriore a quella della Torah, in Sanhedrin 6,1-4 permette la sospensione della pena fino all'ultimo momento se compaiono prove in favore dell'imputato come pure una confessione prima della morte. Il colpevole era spogliato e gettato giù da una pedana alta sei cubiti da un testimone del crimine, se sopravviveva, l'altro testimone lasciava cadere un masso sul suo petto e se ancora vivo i presenti lo lapidavano.
Ho trovato che secondo quei testi: "Alla vigilia della Pasqua, Yeshu fu appeso. Per quaranta giorni prima dell'esecuzione, un araldo gridava: Egli sta per essere lapidato perché ha praticato la stregoneria e ha condotto Israele verso l'apostasia." (Talmud Babilonese, trad. di I. Epstein, vol. III, 43a/281; cfr. Sanhedrin B, 43b).
Nella lapidazione era più facile incappassero le donne che gli uomini ed è una estrema difesa del maschilismo per difendere, sbagliando, la famiglia, ma conseguendo con ciò un insegnamento pessimo che eccitava gli animi.
Si comprende bene così che Torah doveva avere un "compimento" in Cristo ed essere per lo meno chiarita da Lui che disse: "Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore." (Matteo 5,27)
Gesù, mette in chiaro ai maschilisti: non dico che siete adulteri se andate con la moglie di un altro, ma addirittura se anche andate con una donna qualsiasi, anzi anche se la guardate solo con desiderio, già solo per questo siete adulteri...
Cristo, così scioglie vecchi e astrusi legami.
Ho raccolto i punti in cui il Cristo chiarisce la Torah di Mosè con autorità con l'avversativo "MA IO VI DICO":
  • "...fu detto agli antichi: 'Non uccidere'; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. MA IO VI DICO: chiunque s'adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna." (Matteo 5,21)
  • "...fu detto: 'Non commettere adulterio'; MA IO VI DICO: chi guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore." (Matteo 5,27s)
  • "Fu pure detto: 'Chi ripudia la propria moglie, le dia l'atto di ripudio'; MA IO VI DICO: chi ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, l'espone ad adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio." (Matteo 5,31 s)
  • "Avete anche inteso che fu detto agli antichi: 'Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti'; MA IO VI DICO: non giurate affatto: né per il cielo, perché è il trono di Dio; né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran re." (Matteo 5,33-35)
  • "Avete inteso che fu detto: 'Occhio per occhio e dente per dente'; MA IO VI DICO di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l'altra; 40e a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello." (Matteo 5,38-40)
  • "Avete inteso che fu detto: 'Amerai il tuo prossimo' e odierai il tuo nemico; MA IO VI DICO: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti." (Matteo 5,43-45)
  • "L'uomo buono dal suo buon tesoro trae cose buone, mentre l'uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae cose cattive. MA IO VI DICO di ogni parola infondata gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio; poiché in base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato" (Matteo 12,35-37)
  • "Allora i discepoli gli domandarono: Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elia? Ed egli rispose: Sì, verrà Elia e ristabilirà ogni cosa. MA IO VI DICO: Elia è già venuto e non l'hanno riconosciuto; anzi, l'hanno trattato come hanno voluto. Così anche il Figlio dell'uomo dovrà soffrire per opera loro". (Matteo 16,10-11)
GLI OTTO CANTICI BIBLICI
Israele a Pesach, all'entrata del 7° giorno, che dura due giorni per chi in diaspora, usa recitare un formulario che ricorda i canti biblici, tre attribuiti a donne e tre ad uomini.
Il formulario è ricordato come: "Canterò, come la cantica di Mosè e Miriam".



Canterò è "'ashirah" e cantica è "shirat" da cantico "shir" .

Le cantiche degli uomini sono:
  • il cantico di Mosè;
  • il cantico di Giosuè presso il monte Ghilboa;
  • il Cantico dei Cantici di Salomone.
Le cantiche delle donne sono:
  • il cantico di Miriam sulle rive del mare, lo stesso di Mosè;
  • il cantico di Debora presso il monte Tabor;
  • il cantico di Anna.
A questi s'aggiunge il ricordo che Davide raccolse tutto nei Salmi.
L'enumerazione, infine, annuncia un canto nuovo inedito per la venuta del Messia.
In definitiva 8 cantiche!
La prima, la stessa, la cantarono uomini e donne, Mosè e Miriam, quando fu preannunciata la nascita della vita nuova, iniziò della storia di salvezza con l'evento dell'apertura del mare.
L'ultima la canterà Israele, e non si parla più di uomini e di donne.
"Canterò, come la cantica d'Israele quando giungerà il redentore. Allora canterà Israele le parole della Torah - la cantica."
È questo il cantico dell'Agnello di cui parla il libro dell'Apocalisse di San Giovanni apostolo al capitolo 15, quando dice:

"Vidi pure come un mare di cristallo misto a fuoco; coloro che avevano vinto la bestia, la sua immagine e il numero del suo nome, stavano in piedi sul mare di cristallo. Hanno cetre divine e cantano il canto di Mosè, il servo di Dio, e il canto dell'Agnello: ...tu solo sei santo, e tutte le genti verranno e si prostreranno davanti a te, perché i tuoi giudizi furono manifestati. E vidi aprirsi nel cielo il tempio che contiene la tenda della Testimonianza." (Apocalisse 15,2-5)

L'apertura del mare diviene l'apertura del cielo, il mare di cristallo.

"Tutti voi infatti siete figli di Dio per la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. Non c'è più giudeo né greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. E se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa." (Galati 3,26-29)

Abiteranno la nuova Gerusalemme come precisa la stessa Apocalisse al capitolo 21 "Vieni, ti mostrerò la promessa sposa, la sposa dell'Agnello. L'angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scende dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio." (Apocalisse 21,9s)

Ecco che il discorso si apre, le genti saranno la Sposa dell'Agnello.

"...se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove." (2Corinzi 5,17)

Cristo è il vero Figlio dell'Uomo, il figlio della coppia perfetta, Dio, Figlio Unigenito del Padre nello Spirito Santo e, come uomo, nato per opera della stesso Spirito Santo da Maria, la sposa di Giuseppe della famiglia di Davide.
Chi è in Cristo è una appunto una creatura nuova, anche lui Figlio di Dio per partecipazione come chiarisce l'inno iniziale nella lettera agli Efesini (1,3-5): "Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo."
Allora la parola "canterò" "'ashirah" si apre, "l'Unico a risorgere sarà i corpi nel mondo " e questi saranno la "donna" la moglie dell'Agnello.
Ancora "canterò" "'ashirah" ci dice "la donna () sarà col corpo ad uscire ".
Siamo venuti su questa terra per prepararci a godere l'eternità, ma conosciuto il limite che separa il bene e il male, rappresentato dalle due Tavole della Legge, occorre che il Redentore compia per noi la sua opera e ci accolga come sua sposa come da promessa dei profeti e secondo il suo invito.
  • "Porgete l'orecchio e venite a me, ascoltate e voi vivrete." (Isaia 55,3)
  • "Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero." (Matteo 11,28-30)
Con l'uso delle lettere leggo a lettere separate quel:

"Canterò, come la cantica di Mosè e Miriam"



Leggo pensando a quanto ci dice il Vangelo di Giovanni con riferimento a ciò che accadde durante la crocifissione a Gesù.
Ho diviso quelle lettere in due parti, una in neretto e una in blu, e questa seconda la leggo in due modi:
  • "Una donna () fu dal corpo ad uscirgli con la rettitudine per dono ;
  • "un corpo alla fine di salvarli porterà Maria ";
  • "un corpo integro di risorti dal mondo porterà Maria ".
Dalla croce, infatti, "Gesù, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: Donna, ecco il tuo figlio! Poi disse al discepolo: Ecco la tua madre! E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa." (Giovanni 19,26s)
Maria è la "Donna" da cui nasce il Figlio dell'Uomo.
Maria, sotto la croce, diviene madre dei discepoli di Gesù.

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