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TETRAGRAMMA SACRO NELLA TORAH

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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IL RACCONTO DEL ROVETO
Quel racconto inizia così: "Ora Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, e condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l'Oreb." (Esodo 3,1)
Dio lì è "'Elohim" , e il modo più preciso per tradurlo forse è "le Potenze".
Nel semitico dal radicale / "essere potente, essere forte" discende "'El" che è "il Potente", da cui Dio; infatti, il nome "'El" era un dio cananeo.
La lettera "lamed" ebraica esprime potenza, infatti, è l'unica delle 22 lettere dell'alfabeto che supera la riga orizzontale superiore delle altre, mentre la lettera "'alef" è origine, primo, uno.
Per 'El si può avere, allora, una lettura relativa ed una assoluta:

  • la prima, relativa, è "il primo dei potenti " di un certo ambito;
  • la seconda, assoluta, è "l'origine della potenza ".
Tutti i popoli hanno così i loro dèi che chiamano con vari nomi, ma comunque sono i loro "'el", ma o sono falsi o hanno qualche parvenza di verità, comunque sia sono sicuramente inferiori a il Dio degli dèi, le Potenze, "'Elohim" .
"Ber'eshith bar'a 'Elohim...", in principio Dio creò.
"'Elohim" pare essere parola maschile plurale per la desinenza in " im", eppure non crearono, ma creò; chi compie la creazione pare un plurale solo di estensione.
Ciò ha portato ad infinite discussioni che oscillano da, sono più di uno, ad un plurale maiestatico.
E se non fosse così? Se fosse parola costruita così?
Per far capire una tale eventualità faccio l'esempio che in italiano "ipotesi, tesi, antitesi e sintesi" hanno la desinenza di un plurale maschile, ma sono singolari femminili.
Vi sono nomi ebraici che finiscono in "im", ma non paiono essere dei plurali puri:
  • "panim": il volto, forse i due profili;
  • "tzawarim": la nuca;
  • "achorim": la schiena, forse come le terga.
Quando brindano, inoltre, dicono "Lechaim" alla vita, al vivere e in questo caso è con "im" finale e non è plurale, forse è un duale, come se dicessero "alle due vite" quella presente e quella futura, come l'albero della vita del Gan Eden, l'albero delle due vite, e la seconda sottende e sottintende la risurrezione.
S'affaccia allora l'idea che anche "'Elohim" sia un duale contratto come intendere dei due mondi "Dio del cielo e della terra", duale come le due facce "panim" di una medaglia "...a sua immagine lo creò, maschio e femmina li creò".
Giuseppe quando divenne vice faraone d'Egitto (Genesi 42,30), divenne "'Elohim" eppure era uno solo era il secondo del primo.
In "Decriptazione Bibbia" l'articolo in .pdf "Dio e le acque - midrash "Sulla riva del mare" spezza le lettere di "'Elohim" in più modi e le varie letture sono calzanti a vari episodi della storia d'Israele.
Il Tetragramma, che come vedremo distingue Dio e solo lui, mentre "'Elohim" ha il carattere di un nome comune, che distingue, ma non necessariamente solo Dio, ma uno che in un certo ambito viene considerato il Supremo.

Subito dopo al versetto 2 è detto: "L'angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco in mezzo a un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva nel fuoco, ma quel roveto non si consumava."
L'angelo del Signore è "mal'ak" YHWH , e così, ecco che, avendo considerato il libro della Genesi più tardivo, è questa la prima volta che nella Sacra Scrittura esce il Tetragramma YHWH.
Pur se è la prima volta, ciò non è sufficiente, ma è da trovare se e quando così si definisce proprio Dio stesso o la Sua manifestazione.
Ecco che comunque in quel versetti consecutivi Esodo 3,1 e 3,2 troviamo uniti i due modi principali per definire Dio delle ipotesi E e J di cui ho detto.
In tale occasione l'angelo che parla da un fuoco che non si consuma in un roveto, vale a dire quanto è visibile per Mosè di Dio stesso, si presenta "E disse: "Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe". (Esodo 2,6)
Il modo di presentarsi è speciale, "Io sono" è sintetico, il verbo essere è qui sottinteso, in effetti, c'è solo "'anoki" "io" e da quel momento anche solo 'anoki nei discorsi biblici lo definisce come "Io sono".

Chi può, infatti, dire "Io sono" se non Lui; altri possono solo dire "io vivo", ma essere è molto di più!
Dalla traduzione poi risulta che ripete per quattro volte la parola Dio, ma dobbiamo vedere quali sono le lettere che usa, perché lo dice in un modo speciale.
Io sono il Dio "'anoki 'Elohe".
Questo "'Elohe" si può pronunciare anche 'Alah, il nome con cui i cristiani di lingua araba chiamano Dio ed i musulmani nell'Islam definiscono appunto con Allah.
Nello specifico non è usato il termine convenzionale di prima "'Elohim" che è stato scritto anche nel capitolo 1 e 2 dell'Esodo, che pare plurale di "'El", quindi l'insieme delle potenze angeliche.
Ciò potrebbe far concludere che chi si presenta è un angelo di Dio tra i tanti, ma c'è un particolare, le lettere "'El" di Dio al singolare sono completate con le lettere He e Yod , quindi, "'Elohe" che in definitiva pur se invertite sono due lettere del Tetragramma; inoltre, il radicale di "esistere" in ebraico è quindi posso vedere come esistenza e allora è proprio Lui il Dio delle esistenze , che ha creato tutto ciò che esiste.
Quel angelo di Dio allora è proprio tutto ciò di captabile dall'uomo di Lui, il Dio di tutte le esistenze, un dio appunto unico e proprio Lui con "'Elohe" si definisce come quello che s'è presentato e quindi fatto conoscere da Amram, padre di Mosè, e dai patriarchi, Abramo, Isacco e Giacobbe.

Ciò è da tenere in gran considerazione visto che è così che si definisce direttamente l'angelo del Signore e pare con ciò indicare la fusione in , quindi, in una unità dei due Nomi e .
A questo punto il testo poi lo definisce col solo nome di YHWH e non di "'Elohe" infatti: "Il Signore disse: Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sorveglianti; conosco infatti le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo..." (Esodo 3,7s)
È importante sottolineare che la prima cosa che dice questo "Nome", YHWH, è che chi lo porta è ha avuto misericordia, in quanto s'è soffermato sulle pene di quella gente.
Ciò venne notato da Nachmanide (1194-1270 d.C.) detto Ramban, acronimo di Rabbi Moshe ben Nachman (da non confondere con il Maimonide detto Rambam vissuto prima di lui), fu uno spagnolo medico e gran studioso mistico di Torah i cui commentari biblici sono attentamente considerati dai mistici della Qabbalah.
Questi scrisse: "Nel punto in cui è ricordata la misericordia divina a differenza che nel resto del brano viene impiegato il Nome haShem che indica appunto tale attributo".
Lui stesso, ordina a Mosè d'andare ad annunciarlo al suo popolo in schiavitù in Egitto con la promessa che lo farà uscire.
Mosè, afferra il succo, nota differenza tra "'Elohim" e "'Elohe", come pare evidente dal versetto 13, ma sapendo che il popolo l'avrebbe potuto prendere per visionario, "...disse a Dio ('Elohim): Ecco io arrivo dagli Israeliti e dico loro: Il Dio ('Elohe) dei vostri padri mi ha mandato a voi. Ma mi diranno: Come si chiama? E io che cosa risponderò loro?" (Esodo 3,13)
Non gli basta la prima dichiarazione che è il Dio dei padri, vuole portare una testimonianza maggiore, avere come una copia del documento d'identità di chi gli si è presentato, vuole il vero Nome.
Questa fu la risposta: "Dio disse a Mosè: Io sono colui che sono!" (Esodo 3.14a)
Colui chi parla viene ridefinito , infatti, "Dio disse a Mosè" è scritto:



Questi dice in ebraico: "'Ehiè 'asher 'Ehiè"
La traduzione Alessandrina fu Io sono colui che sono, ma letteralmente, essendo "'Ehiè" il futuro del verbo è:

"Sarò colui che sarò!"

Con le lettere conferma che è l'origine dell'essere , dell'esistenze, di tutto ciò che esiste, quindi in modo traslato è L'ESISTENTE.

Oltre a questioni ontologiche e teologiche che rimangono nel campo delle idee chi parla a Mosè chiama, lui e il popolo a cui lo dovrà annunciare, ad una fede pratica in quanto vuole che siano dei testimoni, perché in pratica dice loro: vedrete chi sono io da ciò che sarò, ossia da cosa farò per voi!
Come a dire a che serve il mio Nome, vedrete chi sono da ciò che compirò per voi e allora poi potrete dire che mi avete conosciuto se attribuirete a me la vostra liberazione, che in questo momento ritenete impossibile.
Ribadisce, vengo ad annunciare il vostro futuro "io mostrerò d'essere ciò che mostrerò d'essere" e con ciò dice a Mosè d'essere colui che:
  • è presente per salvare il suo popolo dalla schiavitù d'Egitto;
  • sempre lo salverà;
  • esiste di per sé, in quanto l'Essere, immutabile, incorruttibile, eterno.
La Qabbalah ritiene che i nomi hanno un gran significato in quanto sono il "codice spirituale della vita" e il chiamare qualcuno col proprio nome attira su lui la benedizione dalla sorgente Divina, infatti, quando si prega per un malato, si cita il suo nome, e quando qualcuno perde i sensi lo si chiama per nome, poiché il nome suscita la forza vitale dell'uomo.
In definitiva chi pregando o leggendo dalla Torah menziona il nome di Dio apre su di sé un canale per di flusso Divino di benedizione.
Dio di facoltà infinite, ha anche infiniti nomi e ciascun patriarca lo chiamò con nomi particolari come Abramo - "HaGadol", Isacco - "HaGhibòr", Giacobbe - "HaNorà" in relazione al particolare potere che aveva conosciuto.
Abramo per la benevolenza lo chiamò "Gadol", Isacco ne conobbe il rigore e Giacobbe vide l'attributo della verità e della misericordia.
Un nome di Dio in particolare non può venir dimenticato.
La Ghemarà cita il nome "Io Sarò" "Ehyiè", costante ed eterno cioè Dio sarà e potrà essere trovato ovunque, sempre ed in ogni circostanza, nome unico e meraviglioso che accompagna e protegge in ogni situazione.
Con l'avvento del Messia vedremo la realtà del nome "Io Sarò", lo disse a Mosè, che "Io Sarò" ci avrebbe ricondotto dall'esilio.

Qui al roveto ardente nel deserto di Madian s'apre lo Jahvismo, cioè la scoperta di un Dio personale in dialogo con l'uomo, non più un essere misterioso, ma un Dio col quale dialogare, un Dio da amare.
Il termine "Io sono colui che sono" echeggia e lo sottolinea nel suo Vangelo Giovanni citando in modo particolare "Io sono", e per due volte, infatti "giunta l'ora", Gesù domanda: "Chi cercate? Gli risposero: Gesù, il Nazareno. Disse loro Gesù: Sono io! Vi era là con loro anche Giuda, il traditore. Appena disse Sono io, indietreggiarono e caddero a terra." (Giovanni 18,4-6)

Riprendendo il discorso del roveto, Dio, il padrone del futuro annuncia: viene da voi, infatti "Poi disse: Dirai agli Israeliti: Io-Sono mi ha mandato a voi." (Esodo 3.14b) che per quanto detto sarebbe Io-Sarò, appunto "il futuro, mi ha inviato!"
Mosè è quindi il profeta per antonomasia perché annuncia il futuro che è Dio, il padrone della storia!
Ciò detto, il testo continua e dà, comunque, soddisfazione al richiedente perché: "Dio aggiunse a Mosè: Dirai agli Israeliti: Il Signore , il Dio dei vostri padri, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione." (Esodo 3,15)
Il testo, di fatto, annota ancora che il "Dio" che parla è proprio "'Elohim" cioè l'autorità in pienezza di tutti gli angeli del cielo e rivela ora proprio che Lui, stesso è proprio .
È questo, così, il versetto Esodo 3,15 il momento dei momenti, la Sua rivelazione.
Quello è proprio "haShem" il Nome di Dio che si presentò ai padri che si presenta ora e che sarà il futuro d'Israele.
Più avanti al versetto 18 si definisce proprio ancora YHWH e suggerisce cosa dovranno dire al Re d'Egitto "Il Signore, Dio degli Ebrei, si è presentato a noi".

IHWH 'Elohe i'briim,

La domanda è, ma se è il Signore, il Dio degli Ebrei, popolo che allora nemmeno esisteva, perché senza terra, un capo, una legge, i cui figli venivano uccisi, perché è da parlarne ed è così importante saperne di più?
Implicito in quella definizione c'è che il Re d'Egitto non lo riconoscerà, per il Faraone resterà sarà solo il Dio degli ebrei.
In questo versetto Esodo 3,18 si presenta così come Signore cioè YHWH e Dio "'Elohi" per ben due volte, e lo riporto anche in ebraico, indi lo decripto col mio metodo presentando anche la dimostrazione.

Esodo 3,18 - "Essi ascolteranno la tua voce e tu e gli anziani d'Israele andrete dal re di Egitto e gli riferirete: Il Signore, Dio degli Ebrei, si è presentato a noi. Ci sia permesso di andare nel deserto a tre giorni di cammino, per fare un sacrificio al Signore, nostro Dio."






"Porterà la risurrezione ; dal seno () porterà la potenza . Rovesciandola il serpente arderà (). A casa dall'Unico tutti verranno condotti . Questi , versati tra gli angeli saranno per la rettitudine divina da Dio nei viventi guizzata . La rettitudine nei viventi scesa nei corpi sarà ai viventi a recare l'origine dell'amarezza a finire . Nei viventi la divinità sarà riportata ; la forza della perversità del maledetto sarà uscita . Nell'aldilà saranno a stare i viventi tra gli angeli . Avverrà che li porterà dal tempo fuori ; finirà () per la rettitudine entrata l'angelo . Dall'Unico le generazioni ( = ) rette nel terzo (giorno = l'ottavo, il terzo dalla creazione dell'uomo), finiti i giorni vivranno a casa rivestiti a banchettare (). E sacrificato nel mondo il serpente dal Signore ; in Dio entreranno a stare tra gli angeli i portati ."

Implicito allora è il prendere una decisione: da quale parte stare?
O si è parte della sua squadra o di quella che lo rifiuta che ha per simbolo di nemico, il Re d'Egitto?
C'è poi un'altra considerazione "Dio degli ebrei ", ma se si spezza tale parola, è il radicale del verbo "passare" e è "iam" è mare, cioè sono quelli che "a passare saranno il mare " profezia che si avvererà contro ogni aspettativa del Faraone.
Ecco che subito mi sento anch'io partecipe e coinvolto come anche San Paolo attesta ed ha interpretato: "Non voglio infatti che ignoriate, o fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nuvola, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nuvola e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo." (1Corinzi 10,1-4)
Chiunque nato da madre ebrea è ebreo, e chi vuol far parte dei discepoli di Gesù sa che ha una madre ebrea, Maria, affidatagli sotto la croce, perciò è ebreo e quel dio degli ebrei è il suo Dio.
Dalla croce, infatti, "Gesù, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: Donna, ecco il tuo figlio! Poi disse al discepolo: Ecco la tua madre! E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa." (Giovanni 19,26s)
Mosè non poté vedere il volto del Signore anche se lo chiederà con insistenza in un'altra occasione nel medesimo libro dell'Esodo si legge che Mosè disse al Signore: "Mostrami la tua Gloria!" Il Signore rispose: "tu non potrai vedere il mio volto, perché nessun uomo può vedermi e restare vivo. Aggiunse il Signore: Ecco un luogo vicino a me. Tu starai sopra la rupe: quando passerà la mia Gloria, io ti porrò nella cavità della rupe e ti coprirò con la mano finché sarò passato. Poi toglierò la mano e vedrai le mie spalle, ma il mio volto non lo si può vedere." (Esodo 33,18-23)
In questo caso per "spalle " è "'acharì" .
Una lettura postuma di con l'evento di Cristo che ha detto "Chi ha visto me ha visto il Padre" (Giovanni 14,9) è: "in un fratello nel corpo sarò ".
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