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PER RICORDARSI DOVE SONO LE NOSTRE RADICI
di Alessandro Conti Puorger

SOLILOQUIO SULL'UOMO E L'ALLEGORIA DELL'ALBERO
Una mia meditazione iniziava così: "Se l'uomo viene dal cielo là torna".
Nella primavera del 2008, accadde che, invitato a Fiè in Val Gardena al matrimonio della figlia di un mio caro amico che sposava un giovane del luogo, alcuni invitati che mi conoscevano si sono accorti e m'hanno fatto notare che su una panchina del sagrato della chiesa c'era targhetta di cui la foto sottostante.

la targhetta Riprendeva l'inizio di quel mio articolo, riportava il mio nome e su una panchina adiacente ce n'era un'analoga con un pensiero di Sant'Agostino.
Il mio amico non ne sapeva nulla e la figlia nemmeno.
Immaginate la mia sorpresa, tra l'altro era in un posto dove non avrei mai pensato d'andare se non ci fosse stato quel evento e mi domandai che probabilità poteva avere un caso del genere, tanto più che sono un sedentario che abita a Roma a 750 Km di distanza.
Mi confortò il pensare che il mio pubblicare in Internet non è come l'invio di messaggi in bottiglia, ma c'erano altri che vanno alle loro radici!
Sono le radici che ritengono essere quelle della famiglia umana, i fondamentali da cui questa ha avuto origine, che parlano della sua elezione nel creato.
Le radici implicano però il concetto di albero e, allora, vado subito al sodo.
C'è, appunto, chi ritiene la nostra radice nei cieli, cioè la nostra origine è l'aldilà.
Impertinente uno spiritello della mente: Come lo sai? Ci sei stato? Sei ritornato?
Stessa domanda si può fare a chi non crede nell'aldilà: Come sai che non c'è?
L'ateo non può dimostrare la non esistenza con prove scientifiche inconfutabili; lo scientismo, infatti, ha dei limiti.
La ragione opera in questo mondo, ma non s'oppone ad altre possibilità; su queste può solo concludere che non è in grado di dimostrarle.
Voltaire (1694-1778) sull'anima e la vita dopo la morte sosteneva: "L'anima è come il ronzio di un'ape. Forse il ronzio dell'ape resterà quando non ci sarà più l'ape?"
Questo sapiente aveva prove certe che Dio non esiste?
È però certo che se c'è una causa prima, il Dio Creatore, l'esistente per antonomasia, questi non si dimentica del ronzio di quel ape e lo può far rivivere.
Baruch Spinoza (1632 -1677) diceva: "A nessuna cosa meno che alla morte pensa l'uomo libero e la sua sapienza non è meditazione della morte, ma della vita", però la morte è un fatto oggettivo che relativizza la vita dell'uomo. Non è da confondere libertà con saggezza e non si può dire che un uomo libero del genere che non mediti sulla morte si possa definire anche saggio.
"Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" (Giovanni 8,32) dice Gesù di Nazaret e verità è che si muore, perciò non pensarci non rende di certo nemmeno liberi.
La risurrezione, la cui prova provata è Cristo Risorto, apparso a tanti nella sua gloria, è gioia totale che supera la morte ed è solo vita raggiante ed in un tale prospettiva può non solo rivivere il ronzio di quel ape, ma l'ape stessa.
Sotto questa aspetto è utile una festa che ci ricordi le nostre radici.
Quale miglior motivo dei una festa che il ricordarci che siamo uomini "liberi" dalla morte grazie alle nostre radici.
Questa festa per i cristiani è la Pasqua che presenta la gloria della risurrezione.
Guardando però nelle tradizioni in effetti, c'è una festa ebraica che riguarda l'albero e le sue radici!
Detta così parrebbe una festa ecologista, ed è comunque anche una festa ebraica.
Gesù Cristo avrà certamente portato a compimento anche tale festa!
Vediamo un po', Ebreo viene da "e'boer" , "regione posta aldilà", perciò, di fatto, etimologicamente per la lingua ebraica è "ebreo" chi è di una regione del genere, così lo è chi viene dal cielo che sta "nell'aldilà"; allora, chi crede che la propria origine sia nell'aldilà da cui ritiene di venire e auspica di tornare alla fine del proprio viaggio, è Ebreo!
Con quelle stesse lettere v'è il termine "e'bur" "il prodotto", legato in pratica allo stesso radicale .
Pensando all'aldilà se ci fosse un albero del cielo questo darebbe come prodotto, un frutto celeste.
Ora, le lettere ebraiche "e's" di "albero - legno", per l'albero terreno ci dicono "si vede salire ", ma per l'ambivalenza salire-scendere del segno della lettera di un eventuale albero celeste ci dicono "si vede scendere ", vale a dire si vede pendere.
Riferito a prodotto "e'bur" si può spezzare in - quindi si vede il e questo viene da in cui ci sono l'idee di "frumento", "bar", e di "puro" e di "figlio", questi in aramaico.
Da un albero, da un legno può pendere un prodotto.
Da un legno si vide pendere un figlio! Ci parla di un crocifisso.
Con i significati grafici delle lettere, "e'bur" si può spezzare in "si vede puro ", come potrebbe essere un frutto dell'aldilà...
Ho voluto andare più a fondo su tale questione e riporto il succo di quanto trovato e pensato al riguardo dell'albero e delle norme della Torah sui frutti.
L'albero è un elemento prezioso della natura e se secolare, imponente, ombroso, pare incurante del tempo.
Dà un senso di stabilità che contrasta con l'idea della finitezza della natura umana, della sua caducità e fugacità ed apre le porte a ricordare i nostri avi.
Le querce millenarie sono i santuari delle tradizioni, della continuità che non è interrotta da morte, odio e da vicende umane.
Il Deuteronomio (20,19s) prescrive il rispetto dell'albero da frutto del nemico addirittura in tempo di guerra: "Quando cingerai d'assedio una città per lungo tempo, per espugnarla e conquistarla, non ne distruggerai gli alberi colpendoli con la scure; ne mangerai il frutto, ma non li taglierai, perché l'albero della campagna è forse un uomo, per essere coinvolto nell'assedio? Soltanto potrai distruggere e recidere gli alberi che saprai non essere alberi da frutto..."
Sotto gli alberi piantati dai genitori gli uomini crescono i loro figli.
Nell'antica giudea alla nascita di un figlio o di una figlia si piantava un albero e alla vigilia del matrimonio si dice che il loro albero era tagliato per farne i pali del baldacchino nuziale.
La prima composizione inserita del libro dei Salmi inizia così: "Beato l'uomo che non segue il consiglio degli empi, non indugia nella via dei peccatori e non siede in compagnia degli stolti; ma si compiace della legge del Signore, la sua legge medita giorno e notte. Sarà come albero piantato lungo corsi d'acqua, che darà frutto a suo tempo e le sue foglie non cadranno mai; riusciranno tutte le sue opere." (Salmo 1,1s)
La "legge", ripetuta 2 volte, in effetti, sono le "torot" che ci propongono le Sacre Scritture e la vita; vengono comunque dal Signore, quindi quei corsi d'acqua di cui parla il Salmo 1, sono acque di un mondo superiore.
Il libro dell'Apocalisse, infatti, segnala nella Gerusalemme celeste: "...un fiume d'acqua viva limpida come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell'Agnello. In mezzo alla piazza della città e da una parte e dall'altra del fiume si trova un albero di vita che da' dodici raccolti e produce frutti ogni mese; le foglie dell'albero servono a guarire le nazioni." (Apocalisse 22,1s)
Quelle acque escono dal costato di Cristo appeso alla croce il frutto celeste.
Nei cieli "shemaim" , infatti, vi sono le acque "maim" che sono state separate nel secondo giorno della creazione, tramite il firmamento, dalle acque inferiori, quelle fisiche, che portano alimento anche agli alberi della terra.
Queste sono separate nel terzo giorno e fanno nascere gli alberi, le prime creature vive che spuntano sulla terra secondo Genesi 1.
Ecco che appare evidente il parallelo tra l'albero che ha le radici in terra e si alimenta delle acque della terra e l'uomo le cui radici sono in cielo ed ha bisogno di un cibo spirituale che viene dai cieli, la parola di Dio.
L'uomo perciò, a tutti gli effetti, è un albero che ha le radici in cielo e da cui vengono frutti in questa terra.
Gli uomini sono "alberi che camminano" dirà il cieco guarito in Marco 8,24.
Il frutto è "perì" ove, per prima lettera, troneggia la che riferita a Dio è la Sua bocca, la Parola o Verbo.
Il frutto allora è il "Verbo che in un corpo sarà ".
L'attesa di tutta la creazione è che si verifichi questa profezia per proclamare: "La terra ha dato il suo frutto. Ci benedica Dio..." (Salmo 67,7)
L'attesa era di un frutto particolare che riportasse la "benedizione".

"Il giusto fiorirà come palma, crescerà come cedro del Libano; piantati nella casa del Signore, fioriranno negli atri del nostro Dio. Nella vecchiaia daranno ancora frutti, saranno vegeti e rigogliosi, per annunziare quanto è retto il Signore: mia roccia, in lui non c'è ingiustizia." (Salmo 92,13-16)
Su questo tema ci conforta anche il pensiero del profeta Geremia: "Benedetto l'uomo che confida nel Signore e il Signore è sua fiducia. Egli è come un albero piantato lungo l'acqua, verso la corrente stende le radici; non teme quando viene il caldo, le sue foglie rimangono verdi; nell'anno della siccità non intristisce, non smette di produrre i suoi frutti." (Geremia 17,7s)
Il profeta Michea mette queste parole in bocca di Dio che sulla terra cerca come chi va a racimolare tra gli alberi da frutto: "Ahimè! Sono diventato come uno spigolatore d'estate, come un racimolatore dopo la vendemmia! Non un grappolo da mangiare, non un fico per la mia voglia. L'uomo pio è scomparso dalla terra, non c'è più un giusto fra gli uomini." (Michea 7,1s)
Nei Vangeli (Matteo 21,19; Marco 11,12-14,20-24) Gesù, evidentemente, ripropone questa immagine quando va a cercare frutti nel fico; il padrone del campo, cioè figurativamente il Signore "aveva un fico piantato nella vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò" e dice all'agricoltore: "Ecco, son tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico, ma non ne trovo. Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno? Ma quegli rispose: Padrone, lascialo ancora quest'anno finché io gli zappi attorno e vi metta il concime e vedremo se porterà frutto per l'avvenire; se no, lo taglierai". (Luca 13,6-9)
Il parallelismo tra l'uomo e gli alberi è poi evidente nei Vangeli:
  • Giovanni Battista nella sua predicazione diceva: "Fate dunque opere degne della conversione e non cominciate a dire in voi stessi: Abbiamo Abramo per padre! Perché io vi dico che Dio può far nascere figli ad Abramo anche da queste pietre. Anzi, la scure è già posta alla radice degli alberi; ogni albero che non porta buon frutto, sarà tagliato e buttato nel fuoco." (Luca 3,8s)
  • "Non c'è albero buono che faccia frutti cattivi, né albero cattivo che faccia frutti buoni. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dalle spine, né si vendemmia uva da un rovo. L'uomo buono trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore; l'uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male, perché la bocca parla dalla pienezza del cuore." (Luca 6,43-45)
In tale contesto gli uomini malvagi sono "...alberi di fine stagione senza frutto, due volte morti, sradicati..." (Giuda 12)
Il profeta Geremia sulla stessa scia del Salmo 1 dice: "Maledetto l'uomo... il cui cuore si allontana dal Signore. Sarà come un tamerisco nella steppa, quando viene il bene non lo vede; dimorerà in luoghi aridi nel deserto, in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere." (Geremia 17,5)
Ciò che è là "come tamerisco nella steppa" è ove vicine tra loro ci sono tre volte le lettere "a'r" di "nemico" e ricordano la parabola della zizzania ove Gesù commenta: "Un nemico ha fatto questo." (Matteo 13,28)
Questa allegoria tra l'uomo e l'albero è da tenere presente nel prosieguo di questa meditazione che s'interessa, come si sarà compreso, di una festa particolare, quella dell'albero.

LA TERRA PROMESSA
Tra i libri della Bibbia i cinque libri della Torah propongono IHWH che libera il popolo d'Israele dalla servitù dell'Egitto e lo conduce verso la Terra Promessa.
In definitiva il "proprietario" del popolo e della terra è però solo Lui.
Il libro del Deuteronomio, infatti, ci dice che da IHWH, il Signore, la Terra Promessa è data in eredità al suo popolo:
  • 4,21 - "...passato il Giordano... fertile terra che il Signore Dio tuo ti dà in eredità."
  • 12,10 - "...passato il Giordano e abiterete nel paese che il Signore vostro Dio vi dà in eredità..."
Di fatto quella è una profezia, perché in definitiva quella terra fu sì messa a disposizione d'Israele, ma in effetti, dice il libro del Levitico, restò di Dio: "Le terre non si potranno vendere per sempre, perché la terra è mia e voi siete presso di me come forestieri e inquilini. Perciò, in tutto il paese che avrete in possesso, concederete il diritto di riscatto per quanto riguarda il suolo. Se il tuo fratello, divenuto povero, vende una parte della sua proprietà, colui che ha il diritto di riscatto, cioè il suo parente più stretto, verrà e riscatterà ciò che il fratello ha venduto. Se uno non ha chi possa fare il riscatto, ma giunge a procurarsi da sé la somma necessaria al riscatto, conterà le annate passate dopo la vendita, restituirà al compratore il valore degli anni che ancora rimangono e rientrerà così in possesso del suo patrimonio. Ma se non trova da sé la somma sufficiente a rimborsarlo, ciò che ha venduto rimarrà in mano al compratore fino all'anno del giubileo; al giubileo il compratore uscirà e l'altro rientrerà in possesso del suo patrimonio." (Levitico 25, 23-28)
Chi ha diritto di riscatto è il "go'el" il redentore.
Il popolo può godere dei prodotti della terra che fu spartita tra le varie famiglie dei vari casati delle tribù al momento della conquista della Terra Promessa.
Il tutto è contemplato nella Torah che aspira a far attuare un alto ideale di giustizia e d'uguaglianza sociale, come s'evince da questo brano del libro del Levitico sull'istituzione del Giubileo.

"Conterai sette settimane di anni, cioè sette volte sette anni; queste sette settimane di anni faranno un periodo di quarantanove anni. Al decimo giorno del settimo mese, farai echeggiare il suono del corno; nel giorno dell'espiazione farete echeggiare il corno per tutta la terra. Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nella terra per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia. Il cinquantesimo anno sarà per voi un giubileo; non farete né semina né mietitura di quanto i campi produrranno da sé, né farete la vendemmia delle vigne non potate. Poiché è un giubileo: esso sarà per voi santo; potrete però mangiare il prodotto che daranno i campi. In questo anno del giubileo ciascuno tornerà nella sua proprietà. Quando vendete qualcosa al vostro prossimo o quando acquistate qualcosa dal vostro prossimo, nessuno faccia torto al fratello. Regolerai l'acquisto che farai dal tuo prossimo in base al numero degli anni trascorsi dopo l'ultimo giubileo: egli venderà a te in base agli anni di raccolto. Quanti più anni resteranno, tanto più aumenterai il prezzo; quanto minore sarà il tempo, tanto più ribasserai il prezzo, perché egli ti vende la somma dei raccolti. Nessuno di voi opprima il suo prossimo; temi il tuo Dio, poiché io sono il Signore, vostro Dio." (Levitico 25,8-17)
Questo criterio, che risente del pensiero del Salmo 24 di Davide che inizia con "Del Signore è la terra e quanto contiene, l'universo e i suoi abitanti", in effetti, trovò applicazione in Israele fino all'esilio di Babilonia.

le 12 Trubł In definitiva, la terra era data solo in concessione al popolo originario.
Tale concessione era cedibile, ma ogni 50 anni ritornava lo stato d'origine.
Quando nel XII secolo a.C. il popolo d'Israele, guidato da Giosuè, si insediò in Palestina, il territorio di "'Eres Ishra'el" fu diviso in undici parti, in ognuna delle quali si stabilì una tribù.
Alla tribù di Levi, i cui membri era affidato il compito di sorvegliare il Tabernacolo e il Tempio, di cantare, suonare, assistere e di guardiani tra cui c'erano i sacerdoti addetti ai sacrifici e ai riti, non fu però assegnato un territorio: "...alla tribù di Levi non aveva assegnato eredità: i sacrifici consumati dal fuoco per il Signore, Dio di Israele, sono la sua eredità, secondo quanto gli aveva detto il Signore" (Levitico 13,14).
La ripartizione della Terra Promessa tra le altre 12 tribù avvenne per sorte (Giuseppe = Efraim e Manasse) alla presenza del sommo sacerdote Eleazaro, di Giosuè e di 10 nominati da Dio. (Giosuè 13,7;14,1,2,6; Numeri 34,17-29).
Le singole eredità riportate dalle varie tribù indicate nella mappa qui sopra sono descritte in Giosuè:
  • Giosuè 13,8-32 - Ruben, Gad e metà di Manasse;
  • Giosuè 15,1-63 - per la tribù di Giuda;
  • Giosuè 16,1-10 - per le tribù di Giuseppe, Efraim e Giosuè 17,1-13 - mezza tribù di Manasse;
  • Giosuè 18,11-28 - per Beniamino;
  • Giosuè 19,1-9 - per Simeone;
  • Giosuè 19,10-16 - per Zabulon;
  • Giosuè 19,17-23 - per Issacar;
  • Giosuè 19,24-31 - per Aser;
  • Giosuè 19,32-39 - per Neftali;
  • Giosuè 19,40-48 - per Dan.
Come ben si comprende i frutti della terra sono il risultato di due contributi, della terra stessa e dell'opera delle mani dell'uomo.
Nella simbologia del frutto promesso venuto dal cielo, il Messia, il Verbo, del pari, è sintesi di natura divina e umana.
"Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse" (Genesi 2,15) indi la prima coppia doveva coltivare anche l'albero della vita e quello della "conoscenza del bene e del male"!
Questo albero della conoscenza che comportava una assimilazione-elaborazione anche da parte dell'uomo implicava un'istruzione e verifica dell'operato dell'uomo stesso nella coltivazione, perché l'albero non aveva ancora un risultato certificato (era il primo albero perché altri uomini che dovevano conoscere la verità non c'erano stati) dipendendo dal reagire dell'uomo e... allora non ne poteva mangiare... ancora ed a tale riguardo vedremo poi che qualche regola della Torah ci può far comprendere di più.

Secondo la Torah i frutti degli alberi della Terra Promessa data in concessione a Israele Dio li lascia all'uomo che contribuisce a produrli, ma questi è tenuto a pagare un canone e tale canone è la decima, fatte salve altre offerte spontanee.
Abramo diede la decima "mash'er" d'ogni cosa a Melchisedek che lo benedì (Genesi 14, 18-20) e il nipote "Giacobbe fece un voto, dicendo: Se Dio è con me, se mi protegge durante questo viaggio che sto facendo, se mi dà pane da mangiare e vesti da coprirmi, e se ritorno sano e salvo alla casa di mio padre, il Signore sarà il mio Dio e questa pietra, che ho eretta come monumento, sarà la casa di Dio; di tutto quello che tu mi darai, io certamente ti darò la decima." (Genesi 28,20-22)
Ed ecco cosa comporta la Torah:
  • "Ogni decima della terra, sia delle raccolte del suolo, sia dei frutti degli alberi, appartiene al Signore; è cosa consacrata al Signore. Se uno vuole riscattare una parte della sua decima, vi aggiungerà il quinto. Ogni decima dell'armento o del gregge, il decimo capo di tutto ciò che passa sotto la verga del pastore, sarà consacrata al Signore." (Levitico 27,30-32)
  • "Ai figli di Levi io do come proprietà tutte le decime in Israele in cambio del servizio che fanno nella tenda di convegno". (Numeri 18,21)
Anche i Leviti però pagavano la loro decima come risulta da: "Parlerai inoltre ai leviti e dirai loro: Quando riceverete dagli Israeliti le decime che io vi do per conto loro in vostro possesso, ne preleverete un'offerta secondo la rituale elevazione da fare al Signore: una decima della decima..." (Numeri 18,26)
La decima era pagata ogni anno e portata al Tempio ai sacerdoti, ma ogni tre anni era lasciata al povero:
  • "Alla fine di ogni triennio metterai da parte tutte le decime del tuo provento del terzo anno e le deporrai entro le tue città; il levita, che non ha parte né eredità con te, l'orfano e la vedova che saranno entro le tue città, verranno, mangeranno e si sazieranno, perché il Signore tuo Dio ti benedica in ogni lavoro a cui avrai messo mano." (Deuteronomio 14,28s)
  • "Quando avrai finito di prelevare tutte le decime delle tue entrate, il terzo anno, l'anno delle decime, e le avrai date al levita, al forestiero, all'orfano e alla vedova perché ne mangino nelle tue città e ne siano sazi, dirai dinanzi al Signore tuo Dio: ho... obbedito alla voce del Signore mio Dio; ho agito secondo quanto mi hai ordinato. Volgi lo sguardo dalla dimora della tua santità, dal cielo, e benedici il tuo popolo d'Israele e il suolo che ci hai dato come hai giurato ai nostri padri, il paese dove scorre latte e miele!" (Deuteronomio 26,12-15)
Di fatto abbiamo visto che agli antichi Israeliti la Terra fu solo promessa in eredità, ma è da considerare che la Terra Promessa è figura di quella nei cieli.
Tutti i credenti aspettano "nuovi cieli e una terra nuova, nei quali avrà stabile dimora la giustizia" (2Pietro 3,13) e di questa, grazie a Gesù Cristo, i cristiani sanno già che ne sono divenuti eredi.
Un'eredità è, infatti, soggetta alla regola che può passare all'erede solo se muore il testatore e su ciò argomenta la lettera agli Ebrei (9,15-17) quando, parlando di Gesù Cristo, dice: "Per questo egli è mediatore di una nuova alleanza, perché, essendo ormai intervenuta la sua morte per la redenzione delle colpe commesse sotto la prima alleanza, coloro che sono stati chiamati ricevano l'eredità eterna che è stata promessa. Dove infatti c'è un testamento, è necessario che sia accertata la morte del testatore, perché un testamento ha valore solo dopo la morte e rimane senza effetto finché il testatore vive."
Ecco che è lui il "go'el" il redentore che ha riscattato per noi la Terra Promessa e ne siamo diventati eredi, perché chi ne aveva il diritto ce l'ha passata con la sua morte e ce l'ha attestato con la sua risurrezione: "Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io." (Giovanni 14,2s)

LE DECIME - TASSA DELLA TERRA PROMESSA
Le decime ci parlano di un paradiso fiscale ove pagare le tasse è festa.
La Torah dice che le decime sono un patto sancito con Dio prima dell'epoca del regni d'Israele quando a tutti gli effetti erano una forma di tassazione che veniva versata a Dio, vero Re d'Israele; quindi era tassa di Stato.
In genere la decima d'ogni coltivazione e/o cespite era versata o comunque messa da parte a raccolto o ad introito avvenuto.
Il ciclo del calendario delle decime relative ai prodotti della terra era settennale:
  • 1° e 2° anno per i sacerdoti del Tempio di Gerusalemme;
  • 3° anno si teneva in casa per i poveri, orfani e vedove e Leviti in zona;
  • 4° e 5° anno come 1° e 2°;
  • 6° anno come nel 3°;
  • 7° si lasciava riposare la terra.
Le mitzvot più importanti collegate alle decime sono:
  • Non tardare l'offerta dal granaio e dal frantoio, da Esodo 22,28;
  • Serbare la decima di quanto piantato nell'anno per i Leviti, da Numeri 18,24;
  • I Leviti diano ai Sacerdoti la decima della decima ricevuta, da Numeri 18,26;
  • I frutti del 4° anno di un albero sono da offrire al Signore, Levitico 19,24;
  • Il Sacerdote impuro non può mangiare cose consacrate, Levitico 22,4;
  • L'ospite o salariato del Sacerdote non mangi cose consacrate, Levitico 22,10;
  • La figlia del Sacerdote sposata con un estraneo "chalalah" non può mangiare cose consacrate, Levitico 22,12;
  • Le decime del frumento, del mosto, dell'olio, i primogeniti del bestiame, quanto consacrato per voto e le offerte volontarie, sono da mangiare davanti al Signore nel luogo che avrà scelto da Deuteronomio 12,17s;
  • Mettere da parte la decima di quanto prodotto nel terzo anno dalla semente da Deuteronomio 14,22;
  • Le decime dei poveri del 3° e 6° anno, Deuteronomio 14,28;
  • Non mangiare in stato d'impurità o lutto la decima, Deuteronomio 26,14;
  • Dichiarare al Signore al 4° e 7° anno le decime, Deuteronomio 26,13.
Il Levitico 25,2-5 al riguardo recita: "...Quando entrerete nel paese che io vi do, la terra dovrà avere il suo sabato consacrato al Signore. Per sei anni seminerai il tuo campo e poterai la tua vigna e ne raccoglierai i frutti; ma il settimo anno sarà come sabato, un riposo assoluto per la terra, un sabato in onore del Signore; non seminerai il tuo campo e non poterai la tua vigna. Non mieterai quello che nascerà spontaneamente dal seme caduto nella tua mietitura precedente e non vendemmierai l'uva della vigna che non avrai potata; sarà un anno di completo riposo per la terra."

Tutto ciò risulta sinteticamente spiegato nel libro deuterocanonico di Tobia (1,6-8), ove si legge: "Io ero il solo che spesso mi recavo a Gerusalemme nelle feste, per obbedienza ad una legge perenne prescritta a tutto Israele. Correvo a Gerusalemme con le primizie dei frutti e degli animali, con le decime del bestiame e con la prima lana che tosavo alle mie pecore. Consegnavo tutto ai sacerdoti, figli di Aronne, per l'altare. Davo anche ai leviti che allora erano in funzione a Gerusalemme le decime del grano, del vino, dell'olio, delle melagrane, dei fichi e degli altri frutti. Per sei anni consecutivi convertivo in danaro la seconda decima e la spendevo ogni anno a Gerusalemme. La terza decima poi era per gli orfani, le vedove e i forestieri che si trovavano con gli Israeliti. La portavo loro ogni tre anni e la si consumava insieme, come vuole la legge di Mosè."

La prima decima "Ma'aser" del raccolto era da separare, dopo le offerte volontarie o "Terumah" per i Kohanim, e prelevare per i Leviti, poi si prelevava la "Ma'aser Sheni", la decima sul restante, da consumarsi da parte del proprietario del raccolto nel pellegrinaggio a Gerusalemme e, infine la, "Ma'aser Ani" o decima dei poveri, prelevata sul restante del raccolto.
In definitiva la "prima decima" spettava ogni anno ai Leviti, sul rimanente si applicava una seconda decima che nel primo, secondo, quarto e quinto anno rimaneva al produttore con l'obbligo di consumarla a Gerusalemme e nel terzo e sesto anno era versata ai poveri.
Come si comprende ogni anno era diversa l'esecuzione delle Mitzvoth e occorreva determinare un momento preciso di passaggio tra i vari cicli produttivi per calcolare se la coltivazione riguardava l'anno di tipo 1°, 2°, 4° o 5°, in cui la decima il produttore doveva portarla o trasformarla in denaro da recare a Gerusalemme o anni tipo 3° o 6°.

C'è poi una regola che pare aprire un varco per capire l'enigma dell'albero della conoscenza del bene e del male dell'Eden, di quando il racconto del libro della Genesi dice: "Il Signore Dio diede questo comando all'uomo: Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti". (Genesi 2,16s)
La Torah, infatti, nel libro del Levitico proibisce di mangiare i frutti prodotti nei primi tre anni di vita di un albero, regola dell'"orlah", che recita: "Quando sarete entrati nel paese e vi avrete piantato ogni sorta di alberi da frutto, ne considererete i frutti come non circoncisi; per tre anni saranno per voi come non circoncisi; non se ne dovrà mangiare. Ma nel quarto anno tutti i loro frutti saranno consacrati al Signore, come dono festivo. Nel quinto anno mangerete il frutto di quegli alberi; così essi continueranno a fruttare per voi. Io sono il Signore, vostro Dio." (Levitico 19,23-25)
Gli alberi da frutto prima di tre anni sono da considerare come "non circoncisi" ossia impuri "'erelim" per questo motivo questa regola di non mangiare dei frutti degli alberi troppo giovani è ricordata come regola dell'"orlah" .
Il parallelo con la disposizione della Torah sugli alberi nuovi supporta l'idea che nell'Eden occorreva che l'uomo facesse esperienza col suo rapporto con Dio e poi gliene avrebbe dato da mangiare ... doveva solo aspettare un po'.
D'altronde Dio non aveva prima detto alla coppia in Genesi 1,29 queste parole?

"Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo."

Gli altri alberi davano frutti certi, ma quello dipendeva anche di come la conoscenza fosse filtrata dall'uomo.

Nel Talmud Babilonese i trattati del "Séder Zeraìm" riguardano "Pea" - angolo del campo, "Demài" - dubbi sui prelevamenti delle decime, "Kilàim" - mescolanze, "Sheviìth" - anno sabbatico, "Terumòth" - offerte ai sacerdoti, "Maasseròth" - decime ai leviti e ai poveri, "Maassèr shenì" - regole della seconda decima, "Challà" - prelevamenti dell'impasto, "Orlà" - frutti impuri degli alberi nei primi anni, "Bikkurìm" - primizie.

Per il calcolo delle decime e per tutti i conteggi connessi con gli alberi e i loro frutti occorreva così stabilire la data d'inizio dell'anno fiscale in modo tale che i frutti nati o iniziati a maturare prima della data stabilita appartiene all'anno precedente, e se è nato dopo è dell'anno in corso.
Il periodo considerato più opportuno era quello della formazione di gemme, quando le precipitazioni autunnali e invernali sono ormai passate.
È però da tener conto che la terra d'Israele anticipa quei periodi di un paio di mesi rispetto al nostro 21 marzo.
Nel definire la data la Mishnà, nel trattato Rosh Hashana, seguì il criterio di Hillel basato sul clima di Gerusalemme e scelse il 15 del mese di "shevat".
Quel giorno è detto "Tu B'Shevat" "il nuovo anno degli alberi", "Rosh HaShanah La'Ilanot" Capodanno degli alberi.
Accade così che nell'ebraismo vi sono più capodanni:
  • civile, nel senso della cultura occidentale, la festa di Rosh haShana il 1° di Tishrì che apre i dieci giorni penitenziali che precedono lo Yom Kippur;
  • 1 del mese di Nisan, il mese di Pesach, capodanno religioso delle feste;
  • il 15 di Shevat, capodanno agricolo o fiscale.
Questi sono i nomi dei mesi ebraici : Tishri, Cheshvan, Kislev, Tevet, Shevat, Adar (Adar Sheni), Nisan, Iyar, Sivan, Tammuz, Av, Elu.

Adar Sheni o secondo Adar è un 13° mese aggiunto per far quadrare i conti del calendario lunisolare ebraico il cui ciclo è composto di 19 anni, 12 di 12 mesi e 7 embolismici di 13 mesi (3°, 6°, 8°, 11°, 14°, 17° e 19°) per un totale di 235 mesi lunari.
Il mese di "Shevat" o "Shevet" cade nel segno zodiacale dell'acquario o "mazal Dlì" e corrisponde a Gennaio - Febbraio del calendario Giuliano.

LA FESTA DI " TU B'SHEVET"
" Tu B'Shevet" a tutti gli effetti è un capo d'anno e come tale comporta l'idea di festa; è però ancora una festa minore e dura un solo giorno, ma pur se comporta presenza lavorativa è comunque festa ed in tale giorno sono evitate manifestazioni di tristezza, come le orazioni funebri.
Nel 2011, ad esempio, la festa degli alberi del 15 di "Shevet" corrispose, secondo complicati calcoli, al 20 Gennaio.
Occorre un chiarimento su perché si dica " TU B'Shevet" .
Ogni lettera ebraica è anche un numero e il 15 sarebbe, in effetti, 10+5 = Yod-He = , ma tali due lettere richiamano il nome di IHWH ed allora, per rispetto, il 15 viene espresso come 9+6 = tet+waw = ed ecco perché quel " TU", che appunto vuol indicare il 15.
Alcuni dicono che il nome di questo mese "Shevet" si riferisce alla parola "Shabatu", derivante dagli strumenti che venivano usati per percuotere, colpire, con possibile allusione alle piogge battenti di questo mese, vale a dire delle mazze.
Le lettere ebraiche della parola "Shevat" definiscono, infatti, le parole "tribù, verga, scettro", "bastone di comando o d'appoggio", quindi, evocano il significato di ciò che è dovuto allo scettro, al bastone di comando, al Signore, e nelle stesse lettere c'è un senso di festa perché se " Tu B'Shevet" si scrive - c'è pure un "porta bene alla tribù ", al clan.
Ciò che si festeggia è la chiusura dell'anno di raccolto e si ringrazia per quanto ricevuto e ci si augura anche che il prodotto dell'anno successivo sia migliore e più abbondante di quello precedente.
La celebrazione del " Tu B'Shevet", nel medioevo ha subito un'evoluzione fino alla forma attuale di festeggiamento a cui hanno contribuito i cabalisti.
Nel XVI secolo Rabbi Yitzchak Luria di Safed e i suoi discepoli gettarono le basi per l'ordinamento del rito, prendendo ispirazione dal Seder di Pasqua, ma un rito vero e proprio risale agli inizi del XVIII secolo ed è documentato per la prima volta nell'opera cabalistica Chemdat Yamim, rito di cui dirò in altro paragrafo.
La festa è legata alla Terra Promessa e la si ricorda in modo particolare, perché si mangiano vari frutti, soprattutto delle 7 specie di Israele - melograno, orzo, grano, fico, uva, dattero, oliva - (Vedi Deuteronomio 8,2-11) ed altri ricordati nella Bibbia, come mandorle, pistacchi, noci, agrumi e di ogni altro tipo di frutto.
Altri modi di ricordare questo giorno sono cerimonie di piantagione d'alberi.
A ciò hanno contribuito l'opportunità di poter esercitare l'agricoltura nella terra promessa e l'influsso della cultura americana della festa dell'arbor day, nata il 10 Aprile 1872 a Nebraska City negli Stati Uniti - ideatore J. Sterling Morton.
Per educare i giovani si usa in molti luoghi anche fuori dalla terra d'Israele di piantare un albero a " Tu B'Shevet".

MANGIARE LE PRIMIZIE
Da bambino mia mamma, cattolica, apostolica romana, mi diceva "ogni volta che nell'anno mangi un frutto che non hai ancora mangiato in quello stesso anno per te è una primizia e devi ringraziare il Signore dicendo: Lo mangio in nome di Dio!"
Certo è una buona norma evidentemente derivata o echeggiante qualche mitzvot che si trova nella Torah.
Sono così andato a cercare tra le varie mitzvot che richiamano le primizie e ho trovato: "Il meglio delle primizie del tuo suolo lo porterai alla casa del Signore, tuo Dio." (Esodo 23,19-34,26)
Ecco che da bambino pur se non avevo un campo da coltivare entrando in possesso di un frutto che per me era una primizia ero indotto a portarlo al Signore col pensiero e mangiarlo con tutto rispetto in Suo Nome.
Proseguendo ho trovato:
  • "Nessun estraneo mangerà le cose sante: né l'ospite di un sacerdote o il salariato potrà mangiare le cose sante. " (Levitico 22,10)
  • Al Sacerdote."...darai le primizie del tuo frumento, del tuo mosto e del tuo olio e le primizie della tosatura delle tue pecore; perché il Signore tuo Dio l'ha scelto fra tutte le tue tribù, affinché attenda al servizio del nome del Signore, lui e i suoi figli sempre." ( Deuteronomio 18,4s e Esodo 23,19)
Ecco che quel "Nessun estraneo mangerà le cose sante" mi porta alla domanda, ma che c'entri tu cristiano con tutto ciò?
A tutti gli effetti la Santa Famiglia di Nazareth, ebrei tra ebrei, si sottomise con gioia alle mitzvot d'Israele, anche loro furono soggetti alle decime e certamente Giuseppe essendo carpentiere s'interessò di legno e di alberi.
Il sacramento del battesimo ricevuto regala al cristiano la grazia di divenire fratello di Cristo, quindi di far parte di quella Santa Famiglia e di ricevere l'investitura di profeta, re e sacerdote, quindi d'erede della terra promessa.
Tutto ciò mi collega a giorni e sentimenti vissuti da questa mia Famiglia d'origine che mi collega ai cieli.
Ciò, unito a curiosità e affetto nati per le questioni bibliche, mi fa interessare di questa festa degli alberi che apre a tanti significati simbolici importanti e mi porta cercare una festa analoga nel cristianesimo.
Mi ronzano, peraltro, nelle orecchie le parole di San Paolo:
  • nella 2Timoteo14-16, "Tu però rimani saldo in quello che hai imparato e di cui sei convinto, sapendo da chi l'hai appreso e che fin dall'infanzia conosci le sacre Scritture: queste possono istruirti per la salvezza, che si ottiene per mezzo della fede in Cristo Gesù. Tutta la Scrittura infatti è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona."
  • in 1Corinzi 10, "Non voglio infatti che ignoriate, o fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nuvola, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nuvola e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo."
Ecco che questi passi mi confermano come sia giusto sentire con particolare vivezza l'appartenenza alla storia di salvezza e d'eredità alla Terra Promessa.
Le vicende bibliche della liberazione del popolo d'Israele sono figura anche della storia personale che Dio vuole compiere con ciascun uomo tirandolo fuori dall'idolatria pratica e dai condizionamenti per renderlo libero e ricevere l'eredità di una Terra Promessa.

Al riguardo è da sottolineare un brano nel libro del Deuteronomio 26,1-15:

"Quando sarai entrato nel paese che il Signore tuo Dio ti darà in eredità e lo possederai e là ti sarai stabilito, prenderai le primizie di tutti i frutti del suolo da te raccolti nel paese che il Signore tuo Dio ti darà, le metterai in una cesta e andrai al luogo che il Signore tuo Dio avrà scelto per stabilirvi il suo nome. Ti presenterai al sacerdote in carica in quei giorni e gli dirai: Io dichiaro oggi al Signore tuo Dio che sono entrato nel paese che il Signore ha giurato ai nostri padri di darci. Il sacerdote prenderà la cesta dalle tue mani e la deporrà davanti all'altare del Signore tuo Dio e tu pronuncerai queste parole davanti al Signore tuo Dio: Mio padre era un Arameo errante; scese in Egitto, vi stette come un forestiero con poca gente e vi diventò una nazione grande, forte e numerosa. Gli Egiziani ci maltrattarono, ci umiliarono e ci imposero una dura schiavitù. Allora gridammo al Signore, al Dio dei nostri padri, e il Signore ascoltò la nostra voce, vide la nostra umiliazione, la nostra miseria e la nostra oppressione; il Signore ci fece uscire dall'Egitto con mano potente e con braccio teso, spargendo terrore e operando segni e prodigi, e ci condusse in questo luogo e ci diede questo paese, dove scorre latte e miele. Ora, ecco, io presento le primizie dei frutti del suolo che tu, Signore, mi hai dato. Le deporrai davanti al Signore tuo Dio e ti prostrerai davanti al Signore tuo Dio; gioirai, con il levita e con il forestiero che sarà in mezzo a te, di tutto il bene che il Signore tuo Dio avrà dato a te e alla tua famiglia. Quando avrai finito di prelevare tutte le decime delle tue entrate, il terzo anno, l'anno delle decime, e le avrai date al levita, al forestiero, all'orfano e alla vedova perché ne mangino nelle tue città e ne siano sazi, dirai dinanzi al Signore tuo Dio: Ho tolto dalla mia casa ciò che era consacrato e l'ho dato al levita, al forestiero, all'orfano e alla vedova secondo quanto mi hai ordinato; non ho trasgredito, né dimenticato alcuno dei tuoi comandi. Non ne ho mangiato durante il mio lutto; non ne ho tolto nulla quando ero immondo e non ne ho dato nulla per un cadavere; ho obbedito alla voce del Signore mio Dio; ho agito secondo quanto mi hai ordinato. Volgi lo sguardo dalla dimora della tua santità, dal cielo, e benedici il tuo popolo d'Israele e il suolo che ci hai dato come hai giurato ai nostri padri, il paese dove scorre latte e miele!"

Si, per ciascuno è importante riconoscere l'opera del Signore nella propria vita e prendere atto che Dio ha compiuto meraviglie nella propria storia, riconoscere cioè che la storia ha una traiettoria e che gi avvenimenti si muovono da un inizio ad una fine in un cammino diretto da Dio alla redenzione.
Chi ero? Da dove vengo? Cosa sono ora? Perché? Per merito di chi?
Sono domande a cui quel pio ebreo nel presentare le primizie in quel brano del Deuteronomio risponde, brano che ci propone come sia fondamentale il riconoscere l'opera di Dio e agire di conseguenza in suo nome facendo agli altri il bene come lo si è ricevuto, comportandosi da padre per l'orfano, la vedova, i poveri e i forestieri, partecipando all'opera di Dio per la costruzione di un Santuario ideale in questo mondo figura di quello celeste.
Dice: "Ho dato... al forestiero, all'orfano e alla vedova in accordo a tutti i Tuoi comandamenti... perché non ho dimenticato", in definitiva non ho dimenticato chi sono e come mi sono formato, che in definitiva anche io sono figlio della storia della Bibbia!

IL SEDER DI "TU BISHEVAT"
Rav Shalom Bahbout ha curato la stampa del testo con traduzione italiana del "Seder Tu Bishvat per il Capodanno degli alberi" (1986 e 2000 - edizioni Lamed) pubblicato in Internet, è entrato nel rituale di molte famiglie ebraiche.
In questo giorno non è trascurata comunque la tradizione di mangiare frutta di specie diverse almeno in un pasto della giornata.
È importante mangiare frutti e benedire.
Come nel Seder di Pasqua la festa ruota su quattro bicchieri di vino:
  • il primo di vino bianco;
  • il secondo bianco con un po' di rosso;
  • il terzo mezzo bianco e mezzo rosso;
  • il quarto tutto di rosso.
In campo fisico rappresentano il graduale cambiamento della natura nei due mesi che passano per arrivare alla festa di Pesach ove i campi e gli alberi dall'essere nudi iniziano a colorarsi fino al rosso di alcune gemme e frutti e a Pesach le colline di Gerusalemme sono coperte di ranuncoli rossi.
Nell'ambito spirituale il vino bianco rappresenta la forza naturale, quindi l'istinto, e il rosso la capacità data da Dio all'uomo di modificarsi, onde quei bicchieri sanciscono la progressiva liberazione dell'uomo; come la natura si svincola dal rigore invernale per dare le nuove gemme l'uomo che accetta l'opera del Signore nella propria vita è liberato per dare buoni frutti che sono di tre specie:
  • che si possono mangiare completamente, come i fichi;
  • di cui si può mangiare l'esterno, ma si getta l'interno come i datteri;
  • con guscio o buccia esterna da gettare come melograno e noci.
La parte commestibile è la parte più sacra del frutto, i noccioli l'impurità e le bucce una barriera per la parte sacra, così ogni uomo ha una parte nobile e deve imparare a purificarsi ad individuare la propria buccia e i propri noccioli.
La "buccia", "qelippà" è simbolo del male.
È questo di "Tu B'Shevet" un memoriale in un certo senso simile a quello di Pesach; ed ecco che in ambito cristiano una festa dell'albero ha senso se riferito alla Pasqua del Signore!
Anche tra i cristiani a Pasqua ci si ripete la promessa che echeggia nei Seder pasquale ebraico "Hashana haba'a b'Yrushalayim", "L'anno prossimo a Gerusalemme", perché la nuova Gerusalemme è la capitale del Gran Re della Terra Promessa dei cieli ove il Messia ci farà entrare e ciò può avvenire solo come dono di Dio; non si può conquistare con le armi e con le nostre sole forze.
Si legge, infatti, in Deuteronomio 8,2-11:

"Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere in questi quaranta anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore e se tu avresti osservato o no i suoi comandi... Il tuo vestito non ti si è logorato addosso e il tuo piede non si è gonfiato durante questi quaranta anni... Riconosci dunque in cuor tuo che, come un uomo corregge il figlio, così il Signore tuo Dio corregge te... il Signore tuo Dio sta per farti entrare in un paese fertile: paese di torrenti, di fonti e di acque sotterranee che scaturiscono nella pianura e sulla montagna; paese di frumento, di orzo, di viti, di fichi e di melograni; paese di ulivi, di olio e di miele, paese dove non mangerai con scarsità il pane, dove non ti mancherà nulla... Mangerai dunque a sazietà e benedirai il Signore Dio tuo a causa del paese fertile che ti avrà dato. Guardati bene dal dimenticare il Signore tuo Dio così da non osservare i suoi comandi, le sue norme e le sue leggi..."

In quel 'Erez chittaà usheorah ve ghoefen ute'enah ve rimmòn,' erez zàit shèmen ùdvàsh cioè "paese di frumento, di orzo, di viti, di fichi e di melograni; paese di ulivi, di olio e di miele" c'è il succo del senso di "Tu B'Shevet".
In quel giorno allora si consumano almeno i 7 prodotti caratterizzanti la Terra Promessa frumento, orzo, uva, fichi, melograni, olive e miele e il miele può sostituirsi con i datteri.
Si cerca di mangiare il maggior numero di tipi di frutti diversi, quei 7 oppure 12 e fino a 30 tipi intercalati da quei 4 bicchieri di vino e da benedizioni e letture di passi di Sacre Scritture ad hoc.
I primi due frutti di Deuteronomio 8,8, sono "chittah" - grano e "sh'eorah" - orzo ove il grano è considerato cibo per l'uomo e l'orzo per l'animale; in ogni uomo c'è infatti un'anima "nefoesh" animale e un'anima divina la "nishmat" (Genesi 2,7) e per ciascuna c'è un cibo, il grano per l'uomo e l'orzo più rozzo per l'animale, infatti, mentre quella animale è presa dai piaceri del mondo il compito dell'uomo è lavorare il proprio campo incolto ad amare Dio e far frutti buoni.
Il grano è completamente commestibile e si cita il versetto "...li nutrirei con fiore di frumento, li sazierei con miele di roccia." (Salmo 81,17)
Il terzo frutto di quel versetto del Deuteronomio è l'uva, quello della vite - "ghèfen" e, viene considerato che il chicco d'uva lascia intravedere i semi che contiene, così guardando un fedele alla luce dello Spirito Santo si può vedere che c'è seme buono in lui.
Questo frutto, lavorato dall'uomo, porta al vino che dà gioia ed allegrezza "...servite il Signore nella gioia." (Salmo 100,2)
Ricorda che ogni azione dell'uomo che è con Dio può essere fatta con gioia.
Il calore della famiglia e della vita domestica del desco nei giorni di festa è sancito infatti dal vino, frutto della vite e del lavoro dell'uomo: "La tua sposa come vite feconda nell'intimità della tua casa..." (Salmo 128,3a)
C'è poi il fico - "te'enah" che con le sue foglie fornì il vestito per coprire la nudità della prima coppia, segno del rivestirsi spirituale che, dicono i saggi d'Israele, sono 3 indumenti, il pensiero, la parola e l'azione che debbono essere però tutti concordi.
Nel Seder "B'Shevat" si trovano poi alcune similitudini del fico alla Torah:
  • il fico è tutto buono da mangiare come pure la Torah. (Jalkut Shim'oni)
  • i frutti del fico si colgono un po' per volta, così è per la Torah. (Bemidebar Rabbà)
  • nell'albero del fico finché cerchi trovi frutti così la Torah più si studia più insegnamenti ne derivano. (TB Eruvin)
  • il fico ha radici morbide, ma s'infiltrano nella roccia. (Talmud Jerusahalmi)
Il quinto frutto è il melograno - "rimmòn" .
Nell'ebraismo è paragonato al fedele che è pieno di "mizvòt" come ogni melograno è pieno di chicchi che sono come bimbi raccolti attorno a colui che insegna.
I riferimenti più interessanti sono nel Cantico dei Cantici:
  • 6,7 "Come spicchio di melagrana la tua gota" ove traducono "rakkatech" non gota, ma tempia e suggeriscono di leggere "rekatech" da cui si deduce i più vuoti sono pieni di mitzvot come i melograni;
  • 7,13 "Di buon mattino andremo alle vigne; vedremo se mette gemme la vite, se sbocciano i fiori, se fioriscono i melograni: là ti darò le mie carezze!", dicono sono i fanciulli che studiano la Torah seduti in fila come i chicchi di melograno.
Il sesto frutto è l'oliva da olivo "zait", da cui s'estrae l'olio che esce solo quando schiacciata e così è chi accetta le prove del Signore: "Passando per la valle del pianto la cambia in una sorgente, anche la prima pioggia l'ammanta di benedizioni. Cresce lungo il cammino il suo vigore, finché compare davanti a Dio in Sion." (Salmo 84,7s)
L'olivo è il frutto da cui viene l'olio dell'unzione del Messia e ci accoglierà: "...come virgulti d'ulivo intorno alla tua mensa." (Salmo 128,3b)
Come l'ulivo non perde mai le foglie né d'estate né d'inverno, così Israele - il popolo di Dio - non avrà fine nel mondo a venire.
Come l'olio non si mescola con altri liquidi così Israele si distingue dalle altre nazioni. (Talmud Bavli, Menachot)
Il 7° frutto, il dattero con la sua dolcezza è il servizio fatto con piacere: "Il giusto crescerà come palma, crescerà come cedro del Libano." (Salmo 90,13)
Altri frutti che si usa mangiare in quel giorno sono quelli:
  • del mandorlo, in ebraico "shaked" dal radicale di "vegliare", il Signore stesso vi allude quando dice: "Che cosa vedi, Geremia? Risposi: Vedo un ramo di mandorlo. Il Signore soggiunse: Hai visto bene, poiché io vigilo sulla mia parola per realizzarla." (Geremia 1,11)
    "Il giorno dopo, Mosè entrò nella tenda della testimonianza ed ecco il bastone di Aronne per il casato di Levi era fiorito: aveva prodotto germogli, aveva fatto sbocciare fiori e maturato mandorle." (Numeri 17,23)
    I suoi fiori, dai petali bianchi o rosei, compaiono prima delle foglie e sembrano uscire dal sonno dell'inverno e la loro comparsa annuncia la rinascita della natura e il suo frutto è la mandorla che si dice "luz".
  • del cedro che ha un frutto di bello aspetto "perì 'es hadar" (Levitico 23,40) simbolo d'incorruttibilità in quanto il suo legno non marcisce e fu utilizzato nella costruzione del Tempio di Salomone.
    Ezechiele17,22-24 utilizza il cedro come simbolo del Messia e del suo Regno.
Poi si mangiano, ancora, pere, mele, noci.
Tutto ciò è importante perché fa meditare sui doni di Dio e sulla nostra condizione di creature privilegiate, e soprattutto della nostra elezione a figli introdotti all'eredità della Terra Promessa.

I SIGNIFICATI SIMBOLICI
Con "Tu-bishevat" sono richiamate e sottolineate alcune idee importanti.

Il rispetto della creazione e del Creatore
Con tale festa familiare è esaltata l'opera del Creatore e lo si ringrazia per i doni che elargisce e ci si raccorda idealmente con la volontà del Creatore che pose l'uomo nel giardino dell'Eden - Genesi 2,15 - perché lo coltivasse e lo custodisse.

Amore per la Terra d'Israele e per Gerusalemme che sono state il teatro fisico in cui s'è sviluppata gran parte della storia della salvezza e vi sono vissuti i profeti e il nostro Signore Gesù Cristo ha operato segni e prodigi.
A Gerusalemme è stato crocifisso, è morto ed è risorto, vi è avvenuta la discesa dello Spirito Santo che ha formato la Chiesa nostra madre da cui è partita l'evangelizzazione fino ai confini della terra.
Vi sono memorie concrete che ci legano a quella terra, alla sua storia, alla sua geografia, ai suoi frutti che ce ne ricordano la sacralità e ci fanno sentire la concretezza della vita di nostro Signore.

La solidarietà sociale col ricordo delle antiche forme di tassazione tramite le decime, sistema spontaneo in cui si persegue una ridistribuzione.
Porta al ringraziamento a Dio fonte d'ogni ricchezza e chiama alla generosità come il Signore è stato con noi, e fa meditare sul come riparare individualmente ad evidenti sperequazioni e fa decidere atti riparatori.

Riflessione sulla natura dell'uomo, creatura.
Attraverso il simbolismo degli alberi è proposta una riflessione sulle origini dell'uomo, sulla sua dipendenza delle risorse naturali e spirituali, sulla sua potenzialità di produrre frutti buoni e utili, sulla sua forza e sulla sua debolezza, sul suo destino.

Riflessione sulla corresponsabilità nella storia dell'umanità che ha subito una svolta per la decisione dell'uomo di allontanarsi da Dio mangiando di un frutto proibito e si cerca di ripartire mangiando di tutti gli altri alberi del giardino per ricollocarci idealmente con la volontà divina quale presa di coscienza di responsabilità e di riparazione.

È aggiunto poi dai qabbalisti un percorso di meditazione tra realtà visibili e invisibili, un rapporto con le realtà nascoste con un percorso simbolico tra le diverse specie di frutta e i colori del vino, suggerendo un viaggio tra i mondi diversi, tra la Giustizia e la Misericordia, con l'intenzione di contribuire a riparare il mondo visibile dove viviamo.

IL GIUBILEO CRISTIANO
Dalla festa degli alberi si passa facilmente al pensiero della redenzione.
L'uomo, infatti, in definitiva è come un albero che ha radici nel cielo, ma con il peccato originale è come se avesse ricevuto un innesto fraudolento in terra che gli fa produrre frutti non buoni e rende il tutto immondo.
C'è un versetto nel Vangelo di Matteo che fa trapelare come questo pensiero fosse attuale, tanto che lo stesso Signore Gesù pare avere un'idea del genere.
Leggiamo attentamente il seguente brano:

"...riunita la folla, disse loro: Ascoltate e comprendete bene! Non ciò che entra nella bocca rende impuro l'uomo; ciò che esce dalla bocca, questo rende impuro l'uomo! Allora i discepoli si avvicinarono per dirgli: Sai che i farisei, a sentire questa parola, si sono scandalizzati? Ed egli rispose: Ogni pianta, che non è stata piantata dal Padre mio celeste, verrà sradicata. Lasciateli stare! Sono ciechi e guide di ciechi. E quando un cieco guida un altro cieco, tutti e due cadranno in un fosso! Pietro allora gli disse: Spiegaci questa parabola. Ed egli rispose: Neanche voi siete ancora capaci di comprendere? Non capite che tutto ciò che entra nella bocca, passa nel ventre e viene gettato in una fogna? Invece ciò che esce dalla bocca proviene dal cuore. Questo rende impuro l'uomo. Dal cuore, infatti, provengono propositi malvagi, omicidi, adulteri, impurità, furti, false testimonianze, calunnie. Queste sono le cose che rendono impuro l'uomo; ma il mangiare senza lavarsi le mani non rende impuro l'uomo". (Matteo 15,10-20)

Gesù fa proprio il paragone con una pianta e i frutti sono quelli che escono dalla bocca e gemmano dal cuore e dimostrano che v'è stato un innesto impuro.
Occorre che Dio provveda a togliere questo innesto.
Dio, così, in effetti, ha preparato un popolo, alberi piantati dal Signore: "Come sono belle le tue tende, Giacobbe, le tue dimore, Israele! Sono come torrenti che si diramano, come giardini lungo un fiume, come àloe, che il Signore ha piantati, come cedri lungo le acque." (Numeri 24,5s)
Era come vigna maestosa, da cui nascerà il redentore e Isaia 5 parla di una vigna piantata con cura dal Signore che però produce uva selvatica, cioè demoniaca; un nemico ha fatto questo, e pure il profeta Geremia ce lo dice: "Ti avevo piantato come vigna scelta, tutta di vitigni genuini; come mai ti sei mutata in tralci degeneri di vigna bastarda?" (Geremia 2,21) e supplica il Signore "Perché le cose degli empi prosperano? Perché tutti i traditori sono tranquilli? Tu li hai piantati ed essi hanno messo radici, crescono e producono frutto; tu sei vicino alla loro bocca, ma lontano dai loro cuori." (Geremia 12,1s)
I frutti degli empi, che vengono dal loro cuore, sono malvagi!
Occorre un rimedio.
Tutto ciò porta alla festa della redenzione, al Giubileo.

Il Giubileo, detto anche Anno Santo, anno di remissione dei peccati e delle pene per i peccati, per i cristiani è indetto dalla Chiesa.
Può essere ordinario, in scadenze prestabilite, o straordinario per qualche avvenimento particolare e la sua durata varia da pochi giorni ad un anno.
Il primo giubileo cristiano è idea medievale e fu indetto da Bonifacio VIII nell'anno 1300, ma ha radici nell'Antico Testamento a cui associa la prassi del pellegrinaggio e della penitenza.
I primi giubilei straordinari risalgono al XVI secolo.
Dal 1300 al 2009 sono stati promulgati 28 Giubilei, l'ultimo, a cavallo tra il 2008 e il 2009 è stato proclamato dal Papa Benedetto XVI per il bimillenario della nascita dell'apostolo Paolo.
I giubilei ordinari sono indetti ormai ogni 25 anni.

Nel XX secolo si ricordano così i giubilei ordinari 1900, 1925, 1950, 1975, 2000 e i giubilei straordinari del 1933 e del 1983 indetti rispettivamente da Pio XI e da Giovanni Paolo II per i 1900 e i 1950 anni della Redenzione.
Papa Giovanni Paolo II (1978-2005) è l'unico Papa che ha celebrato due Giubilei, quello del 1983 e del 2000.
Le fondamenta del Giubileo sono nella Torah e il termine deriva da "Jubilaeum" che viene da parole ebraiche "Jobel" - ariete per il suono del corno che si usava da "Jobil" - richiamo, con cui si annunciava il tempo Jobal cioè della remissione.
Nel capitolo 25 del Levitico, già citato, ogni 49 anni il popolo ebraico era richiamato al suono del corno e il 50° anno era proclamato il Jobal o remissione in possesso dei vecchi terreni di proprietà e di liberazione degli schiavi.
La legge, abbiamo visto, stabiliva che la terra per tutto l'anno riposasse.
Le case e i campi tornavano senza indennizzo al primo proprietario.
La figura del Messia è strettamente legata a tale anno di grazia come precisa il profeta Isaia "Lo spirito del Signore Dio è su di me perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione; mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l'anno di misericordia del Signore, un giorno di vendetta per il nostro Dio" (Isaia 61,1-2) e che Gesù in Luca 4,16-21 annuncia quale atto in essere nella sinagoga di Nazaret.

È mia convinzione che tutta la Torah e di conseguenza le Sacre Scritture contenute nella Tenak o Bibbia ebraica abbiano una seconda faccia:
  • relativa al Messia, e alla sua epopea, fine ultimo della rivelazione;
  • ottenibile con una lettura che dia valenza ai significati grafici delle singole lettere ebraiche che in definitiva sono icone di concetti e da un aggruppamento di lettere adiacenti anche diverso da quello che si fa nella lettura tradizionale.
Tutto ciò l'ho espresso, definito e provato da tempo nelle varie rubriche dei questo mio sito, in particolare in "Lettere ebraiche e codice Bibbia" ove, tra l'altro ho inserito in "Parlano le lettere" il metodo con regole e significati delle lettere stesse per ottenere la decriptazione di cui tanti esempi sono in "Decriptazione Bibbia".
Prendo da esempio il versetto Levitico 25,9 "Al decimo giorno del settimo mese, farai echeggiare il suono del corno; nel giorno dell'espiazione farete echeggiare il corno per tutta la terra."

Ricopio il testo dalla Bibbia ebraica senza segni di vocalizzazione.




La prima regola è riferire il decriptato al Cristo, il Messia ed ecco che tale parola si illumina quando per due volte è ripetuta la parola "corno", "shofar" .
Il Messia è "...l'ariete impigliato con le corna in un cespuglio" (Genesi 22,13) che vide Abramo offerto da Dio in sostituzione del figlio Isacco è figura del Messia che annuncerà la risurrezione ed allora il corno "shofar" è "la risurrezione che porterà a fruttificare ()."
Procedo con queste idee a trovare la seconda faccia di quel versetto:

"Ed uscirà in azione da dentro il corpo del Crocefisso il corno (la risurrezione . La porterà a soffiare dal corpo ). Squillerà (tutti i corpi riporterà in azione nel mondo ). Dentro le tombe sbarrate la risurrezione entrerà a riaccendere nell'interno l'agire . Sarà dentro sentita dal nemico serpente che dal chiuso sbarrato in esilio si porterà . I viventi usciranno perdonati . Risaranno vivi . Per tutti passando porterà simili () al Verbo i corpi . Da dentro le prigioni i corpi si rialzeranno retti a vivere ."

Ecco che a conclusione presento tutto di seguito il lavoro di decriptazione dei 55 versetti del capitolo 25 del libro del Levitico che, tra l'altro, tratta proprio del Giubileo.
Prima, per comodità del lettore, riporto il testo dell'ultima traduzione C.E.I. e poi la decriptazione tutta di seguito.

LEVITICO 25 - TESTO C.E.I.
Levitico 25,1 - Il Signore parlò a Mosè sul monte Sinai e disse:

Levitico 25,2 - Parla agli Israeliti dicendo loro: Quando entrerete nella terra che io vi do, la terra farà il riposo del sabato in onore del Signore:

Levitico 25,3 - per sei anni seminerai il tuo campo e poterai la tua vigna e ne raccoglierai i frutti;

Levitico 25,4 - ma il settimo anno sarà come sabato, un riposo assoluto per la terra, un sabato in onore del Signore. Non seminerai il tuo campo, non poterai la tua vigna.

Levitico 25,5 - Non mieterai quello che nascerà spontaneamente dopo la tua mietitura e non vendemmierai l'uva della vigna che non avrai potata; sarà un anno di completo riposo per la terra.

Levitico 25,6 - Ciò che la terra produrrà durante il suo riposo servirà di nutrimento a te, al tuo schiavo, alla tua schiava, al tuo bracciante e all'ospite che si troverà presso di te;

Levitico 25,7 - anche al tuo bestiame e agli animali che sono nella tua terra servirà di nutrimento quanto essa produrrà.

Levitico 25,8 - Conterai sette settimane di anni, cioè sette volte sette anni; queste sette settimane di anni faranno un periodo di quarantanove anni.

Levitico 25,9 - Al decimo giorno del settimo mese, farai echeggiare il suono del corno; nel giorno dell'espiazione farete echeggiare il corno per tutta la terra.

Levitico 25,10 - Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nella terra per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia.

Levitico 25,11 - Il cinquantesimo anno sarà per voi un giubileo; non farete né semina né mietitura di quanto i campi produrranno da sé, né farete la vendemmia delle vigne non potate.

Levitico 25,12 - Poiché è un giubileo: esso sarà per voi santo; potrete però mangiare il prodotto che daranno i campi.

Levitico 25,13 - In quest'anno del giubileo ciascuno tornerà nella sua proprietà.

Levitico 25,14 - Quando vendete qualcosa al vostro prossimo o quando acquistate qualcosa dal vostro prossimo, nessuno faccia torto al fratello.

Levitico 25,15 - Regolerai l'acquisto che farai dal tuo prossimo in base al numero degli anni trascorsi dopo l'ultimo giubileo: egli venderà a te in base agli anni di raccolto.

Levitico 25,16 - Quanti più anni resteranno, tanto più aumenterai il prezzo; quanto minore sarà il tempo, tanto più ribasserai il prezzo, perché egli ti vende la somma dei raccolti.

Levitico 25,17 - Nessuno di voi opprima il suo prossimo; temi il tuo Dio, poiché io sono il Signore, vostro Dio.

Levitico 25,18 - Metterete in pratica le mie leggi e osserverete le mie prescrizioni, le adempirete e abiterete al sicuro nella terra.

Levitico 25,19 - La terra produrrà frutti, voi ne mangerete a sazietà e vi abiterete al sicuro.

Levitico 25,20 - Se dite: Che mangeremo il settimo anno, se non semineremo e non raccoglieremo i nostri prodotti?

Levitico 25,21 - io disporrò in vostro favore la mia benedizione per il sesto anno e la terra vi darà frutti per tre anni.

Levitico 25,22 - L'ottavo anno seminerete, ma consumerete il vecchio raccolto fino al nono anno; mangerete del raccolto vecchio finché venga il nuovo.

Levitico 25,23 - Le terre non si potranno vendere per sempre, perché la terra è mia e voi siete presso di me come forestieri e ospiti.

Levitico 25,24 - Perciò, in tutta la terra che avrete in possesso, concederete il diritto di riscatto per i terreni.

Levitico 25,25 - Se il tuo fratello cade in miseria e vende una parte della sua proprietà, colui che ha il diritto di riscatto, cioè il suo parente più stretto, verrà e riscatterà ciò che il fratello ha venduto.

Levitico 25,26 - Se uno non ha chi possa fare il riscatto, ma giunge a procurarsi da sé la somma necessaria al riscatto,

Levitico 25,27 - conterà le annate passate dopo la vendita, restituirà al compratore il valore degli anni che ancora rimangono e rientrerà così in possesso del suo patrimonio.

Levitico 25,28 - Ma se non trova da sé la somma sufficiente a rimborsarlo, ciò che ha venduto rimarrà in possesso del compratore fino all'anno del giubileo; al giubileo il compratore uscirà e l'altro rientrerà in possesso del suo patrimonio.

Levitico 25,29 - Se uno vende una casa abitabile in una città cinta di mura, ha diritto al riscatto fino allo scadere dell'anno dalla vendita; il suo diritto di riscatto durerà un anno intero.

Levitico 25,30 - Ma se quella casa, posta in una città cinta di mura, non è riscattata prima dello scadere di un intero anno, rimarrà sempre proprietà del compratore e dei suoi discendenti; il compratore non sarà tenuto a uscirne al giubileo.

Levitico 25,31 - Però le case dei villaggi non attorniati da mura vanno considerate come parte dei fondi campestri; potranno essere riscattate, e al giubileo il compratore dovrà uscirne.

Levitico 25,32 - Quanto alle città dei leviti e alle case che essi vi possederanno, i leviti avranno il diritto perenne di riscatto.

Levitico 25,33 - Se chi riscatta è un levita, in occasione del giubileo il compratore uscirà dalla casa comprata nella città levitica, perché le case delle città levitiche sono loro proprietà, in mezzo agli Israeliti.

Levitico 25,34 - Neppure campi situati nei dintorni delle città levitiche si potranno vendere, perché sono loro proprietà perenne.

Levitico 25,35 - Se il tuo fratello che è presso di te cade in miseria ed è inadempiente verso di te, sostienilo come un forestiero o un ospite, perché possa vivere presso di te.

Levitico 25,36 - Non prendere da lui interessi né utili, ma temi il tuo Dio e fa' vivere il tuo fratello presso di te.

Levitico 25,37 - Non gli presterai il denaro a interesse, né gli darai il vitto a usura.

Levitico 25,38 - Io sono il Signore, vostro Dio, che vi ho fatto uscire dalla terra d'Egitto, per darvi la terra di Canaan, per essere il vostro Dio.

Levitico 25,39 - Se il tuo fratello che è presso di te cade in miseria e si vende a te, non farlo lavorare come schiavo;

Levitico 25,40 - sia presso di te come un bracciante, come un ospite. Ti servirà fino all'anno del giubileo;

Levitico 25,41 - allora se ne andrà da te insieme con i suoi figli, tornerà nella sua famiglia e rientrerà nella proprietà dei suoi padri.

Levitico 25,42 - Essi sono infatti miei servi, che io ho fatto uscire dalla terra d'Egitto; non debbono essere venduti come si vendono gli schiavi.

Levitico 25,43 - Non lo tratterai con durezza, ma temerai il tuo Dio.

Levitico 25,44 - Quanto allo schiavo e alla schiava che avrai in proprietà, potrete prenderli dalle nazioni che vi circondano; da queste potrete comprare lo schiavo e la schiava.

Levitico 25,45 - Potrete anche comprarne tra i figli degli stranieri stabiliti presso di voi e tra le loro famiglie che sono presso di voi, tra i loro figli nati nella vostra terra; saranno vostra proprietà.

Levitico 25,46 - Li potrete lasciare in eredità ai vostri figli dopo di voi, come loro proprietà; vi potrete servire sempre di loro come di schiavi. Ma quanto ai vostri fratelli, gli Israeliti, nessuno domini sull'altro con durezza.

Levitico 25,47 - Se un forestiero stabilito presso di te diventa ricco e il tuo fratello si grava di debiti con lui e si vende al forestiero stabilito presso di te o a qualcuno della sua famiglia,

Levitico 25,48 - dopo che si è venduto ha il diritto di riscatto: lo potrà riscattare uno dei suoi fratelli

Levitico 25,49 - o suo zio o il figlio di suo zio; lo potrà riscattare uno dei consanguinei della sua parentela o, se ha i mezzi per farlo, potrà riscattarsi da sé.

Levitico 25,50 - Farà il calcolo con il suo compratore, dall'anno che gli si è venduto all'anno del giubileo; il prezzo da pagare sarà in proporzione del numero degli anni, valutando le sue giornate come quelle di un bracciante.

Levitico 25,51 - Se vi sono ancora molti anni per arrivare al giubileo, pagherà il riscatto in ragione di questi anni e in proporzione del prezzo per il quale fu comprato;

Levitico 25,52 - se rimangono pochi anni per arrivare al giubileo, farà il calcolo con il suo compratore e pagherà il prezzo del suo riscatto in ragione di quegli anni.

Levitico 25,53 - Resterà presso di lui come un bracciante preso a servizio anno per anno; il padrone non dovrà trattarlo con durezza sotto i suoi occhi.

Levitico 25,54 - Se non è riscattato in alcuno di questi modi, se ne andrà libero l'anno del giubileo: lui con i suoi figli.

Levitico 25,55 - Poiché gli Israeliti sono miei servi; essi sono servi miei, che ho fatto uscire dalla terra d'Egitto. Io sono il Signore, vostro Dio."

LEVITICO 25 - DECRIPTAZIONE
Levitico 25,1 - A portarsi saranno le api dal Signore. In Dio i viventi risorti entreranno. Dentro gli entreranno nel corpo, dal foro saranno inviati a stare dal potente Unico a vivere col corpo.

Levitico 25,2 - Le api dell'Unigenito nel cuore inviate saranno. Sarà stata bruciata nei corpi la primitiva potenza che portò alle origini la ribellione. La maledizione nei viventi così sarà finita. A casa dell'Unico li condurrà. Delle origini la potenza rientrata, inizieranno coi corpi a salire nell'Unigenito nel risorto corpo. Il Figlio tutti invierà al Potente, così li porterà di sabato fuori dal mondo. All'Unico col corpo saliranno alla luce a casa dal colle col Signore.

Levitico 25,3 - Il Risorto li risorgerà. La luminosa energia sarà negli uomini a colpire il male. Il demonio che li rendeva infermi, arso dal fuoco dell'ardente energia sarà nei viventi finito. Di questi, che i viventi infiacchiva, il verme arderà. L'origine ne distruggerà completamente. L'Unigenito lo finirà, da tutti da dentro lo condurrà a venire fuori.

Levitico 25,4 - "E da dentro l'angelo per il fuoco fuori uscirà con (gli altri) sette, di sabato". Per il fuoco dentro completamente portato, l'angelo si porterà fuori, sarà fuori il negativo dai corpi. "Giù di sabato con potenza il Signore del demonio in tutti l'origine finirà, colpirà il cattivo e così il verme in tutti verrà potato".

Levitico 25,5 - L'Unigenito alla fine per distruggerlo sarà a chiuderlo. Versato giù sarà dai corpi, in prigione lo finirà. A versarlo giù lo recherà dai corpi e verrà afflitto a casa dentro nell'esistenza dal "Nazireo" retto. Per il serpente venne l'angustia in un "anno sabbatico", fu all'esistenza dal serpente in terra.
(Il criptato di questo versetto è una profezia che anticipa il brano di Luca 4,16-21 "Si recò a Nazaret dove era stato allevato; ed entrò di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto: Lo Spirito del Signore è sopra di me... e predicare un anno di grazia del Signore." Il criptato di questo versetto unito con il precedente, soprattutto nella parte in corsivo fa rammentare come nei vangeli molteplici sono le occasioni evidenziate in cui Gesù opera le sue guarigioni di sabato. Ciò evidentemente vuole evidenziare che erano venuti i tempi messianici; il Messia opererà nel giorno di sabato per compiere le profezie. L'anno di grazia può indicare un anno giubilare.)

Levitico 25,6 - Lo porterà fuori dall'esistenza alla fine. Uscirà per il fuoco dentro finito. Uscirà per l'Unigenito dai corpo arrostito, così i viventi il serpente mangeranno. Uscirà dal cammino, e il serpente si vedrà da solo arso, portato con potenza dall'Unigenito tra i morti. Con la rettitudine avrà portato del Potente il disegno. A stare nei corpi la rettitudine avrà recato e il serpente dimorante spegnerà, straniero sarà nel seno dei viventi per la rettitudine.

Levitico 25,7 - Ed il potente bestiale arderà, il vigore sarà fuori, l'Unigenito lo brucerà nelle moltitudini, delle origini nei corpi si rialzerà la rettitudine completa nell'esistenza. La sposa col Crocifisso, che dentro la (rettitudine) recarono, verranno il serpente a mangiare.
(Questo è il pasto messianico del Leviatano e del Behamot, cioè del bestiale, che la tradizione ebraica pone come atto finale del Messia dopo la risurrezione dei morti).

Levitico 25,8 - E nel foro del Verbo nel corpo sul colle tutti così il settimo sabato (da quello della vigilia della Pasqua di risurrezione di tutti i viventi), al termine, i risorti inviati saranno a vivere nel risorto dentro, ad opera dell'energia saranno i viventi portati dal mondo, saranno portati in cammino dei giorni nel settimo (cioè nell'ambito del settimo periodo della creazione) nel sabato finale usciranno (cioè alla vigilia della Pentecoste dell'Ultimo anno che sarà un anno giubilare), gli anni dei viventi finiti, il risorto a vedere li porterà i quattro esseri viventi (Vedi Ezechiele 1,5s) alla luce degli angeli usciranno.
(Vedi: "La durata della creazione")

Levitico 25,9 - Ed uscirà in azione da dentro il corpo del Crocefisso la risurrezione. La porterà a soffiare dal corpo. Tutti i corpi riporterà in azione nel mondo. Dentro le tombe sbarrate la risurrezione entrerà a riaccendere nell'interno l'agire. Sarà dentro sentita dal nemico serpente che dal chiuso sbarrato in esilio si porterà. I viventi usciranno perdonati. Risaranno vivi. Per tutti passando porterà simili al Verbo i corpi. Da dentro le prigioni si rialzeranno retti a vivere.

Levitico 25,10 - Santi, puri, verranno per la risurrezione. Per l'energia del Crocifisso uscita dalla quinta costola saranno liberati dall'angelo (ribelle). Fuori si recheranno alla convocazione finale. Col vestito dei corpi si porteranno le moltitudini da dentro la terra. Il potente maligno nel fuoco dentro sarà ad entrare, sarà portato a logorare da Lui. La fine dell'esistenza del serpente con la rettitudine nei viventi porterà. Il fuoco dentro della purezza delle origini sarà riacceso. La maledizione dell'Unico dal petto il Crocefisso gli recò, (quando) da uomo Dio la vita sul Monte Calvo nella tomba crocefisso si riportò, (allora) il Crocifisso il fuoco/la risurrezione a casa gli riportò.

Levitico 25,11 - Un ruscello Lui alla luce inviò dalla croce al mondo. Dalla quinta costola, fu a liberare l'energia, uscì dal Crocefisso fuori. Fu ad uscire in cammino la Madre dal serpente. Inizierà del Crocefisso la stirpe a portare ed il serpente verrà abbattuto giù dai corpi. E (per il ruscello) verrà un'inondazione ad esistere. Fuori la portò il serpente a venire da dentro giù dal corpo e venne dal Nazireo-Nazareno a stare nel mondo.

Levitico 25,12 - La rettitudine fu la forza che portò da dentro al serpente nel mondo e l'Unigenito la versò per aiutare. Dal risorto Crocefisso fu ad uscire al serpente la retta Madre. A vivere con gli apostoli uscì per illuminare aiutando il mondo, indica che l'originaria prigione finirà completamente, a casa li porterà l'Unigenito tutti fuori.

Levitico 25,13 - A casa risorto dagli apostoli il Crocifisso rientrò, "gli fu portata dentro la potenza" (in un giubileo) al mondo, riverrà, a tornare porterà gli uomini da Dio. I fratelli questi alla fine riporterà.
(Il senso è duplice, sia nei riguardi della potenza rientrata nel Cristo sia del giubileo. Il criptato può infatti indicare sia la potenza delle forze nel corpo rientrategli per risorgerlo in occasione della prima venuta, sia la potenza con cui riverrà nella seconda. Egualmente potrebbe voler dire che quando risorse fu un anno giubilare - Vedi 25,5 - ed/oppure potrebbe voler dire che tornerà in corrispondenza di un anno giubilare, tutte e quattro le letture sono possibili; e tutte in linea con la fede cristiana.)

Levitico 25,14 - E così risarà alla fine dai viventi. L'Agnello si riporterà vivo dal serpente, con le piaghe nel corpo potente. Vedranno che in vita fu il Crocifisso retto che all'Unico si riportò. Si riverserà con gli angeli al mondo. Ai viventi sarà la conoscenza che in vita furono a crocifiggere così Dio. Tutti porterà ad abitare dall'Unico. La forza della risurrezione verrà ai fratelli ad essere recata.

Levitico 25,15 - Dentro tra i viventi raccontarono della risurrezione gli apostoli. Fu in vita di fratelli un corpo al mondo. Dal ruscello dal Crocifisso versato con gli apostoli uscì la vita. Vennero dai popoli, furono i segni della rettitudine dentro per i viventi a scrivere del risorto. Dagli apostoli rifù il Crocifisso in casa a riportarsi. Rivenne a stare con le piaghe nel corpo in cammino.

Levitico 25,16 - Con potenza a parlare furono alle moltitudini che a rientrare il Risorto degli apostoli fu dai morti, che col corpo a casa rientrò vivo. Da fondamenta il Crocifisso li portò, e il potente soffio fu dal seno dal Cuore ad uscirgli. Dal Risorto inviati furono con la Madre. Indicò che nel seno (di Lei) c'era il Cuore (lo stesso Cuore di Lui) per i viventi formare. Del Crocefisso reca la rettitudine. Furono alla prova a far frutti, il raccolto per Lui di viventi retti, un corpo in cammino.

Levitico 25,17 - E con potenza l'Unigenito alla fine si riporterà con gli angeli e gli uomini verranno a vedere che in vita fu alla croce recato e sarà alla vista di tutti i viventi che Dio al mondo era stato con la rettitudine. Così nell'esistenza ad incontrarli era stato il Signore! Dio al mondo risarà così dai viventi.

Levitico 25,18 - Ed in azione in dono per tutti i viventi verrà le tombe a rovesciare. La forza riporterà. Porterà l'Unigenito completa la liberazione, la soffierà dal cuore, sarà completo il fuoco all'essere ribelle recato e per l'azione risorti saranno, integri verranno in vita riportati. Sarà di sabato che dai viventi per l'azione potente entrata dall'Unigenito dai corpi scenderà il serpente che dentro i cuori si chiude.

Levitico 25,19 - E per l'energia il drago uscirà che entrò alle origini nei corpi scese col frutto della perversità che mangiarono. In tutti i viventi il serpente con i sette (che lo accompagnano; i peccati capitali) si portò ad abitare. Della purezza la potenza dentro nei cuori racchiusa dall'Altissimo uscì.

Levitico 25,20 - E così fu che completamente alle origini l'essere ribelle si portò nei viventi ad entrare da abitacolo, la rettitudini nei cuori bruciò. Per l'angelo entrò nel mondo la schiavitù del tempo. Al mondo l'angelo serpenti originò inviando il seme si portò di serpenti ad iniziare l'angelo una congregazione che venne alla fine dentro a portarsi, iniziò un drago a portarsi.
(Il drago è l'insieme di tutti i serpenti nati dall'angelo ribelle; infatti, per il criptato si può definire: "tutti gli angeli" - ribelli - è contro la stirpe di questi che combatterà la stirpe della Donna.)

Levitico 25,21 - Si portò giù affinché fosse finita; fu a venire dentro un corpo la rettitudine completa per stare nel cammino della vita. Dentro per bruciare l'angelo uscì, entrò al sesto (dei giorni) finito (cioè nel settimo giorno) ad operare. Finalmente venne, segni dentro recò l'Unigenito al mondo del serpente,
(La parte finale può avere due letture)
a - per tre uscì di anni tra i viventi ;
b - nella terza parte uscì degli anni tra i viventi .
(La 'a' - sarebbe relativa ai tre anni del ministero pubblico di Gesù, la 'b' - indicherebbe invece il momento della prima venuta del Signore rispetto ai giorni della creazione, il punto focale della storia della salvezza di Galati 4,4 "Ma quando venne la pienezza dei tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da Donna, nato sotto la legge." La lettura 'b' induce il seguente ragionamento: il Signore sarebbe venuto sulla terra nella ultima delle tre parti del settimo giorno della creazione, precisamente alla fine della seconda delle tre parti in cui è divisibile questo giorno, cioè finito il giorno 6 al momento 666/1000 degli anni di durata dell'ultimo giorno della creazione. Cioè, il tempo opportuno, la pienezza del tempo fu quando il potere del demonio era al massimo, infatti, quel numero con tutti 6 lo indica. Vedi Apocalisse 13,18.)

Levitico 25,22 - Portato questi dal male in croce, la Madre dall'Unigenito alla fine uscì. Il Risorto la guiderà all'ottavo (giorno), riporterà dall'Unico tutti puri i viventi, invierà del mondo il frutto. Saranno risorti per l'energia che in azione in aiuto entrerà bruciando l'angelo nel mondo. Uscirà per tutti il dono del tempo eterno. A casa li porterà all'Unico tutti. Uscirà alla fine con l'Unigenito la sposa. Condotta sarà alla luce tra gli angeli.

Levitico 25,23 - Ed entrò l'Unigenito nel corpo. Scese dal serpente con l'originaria purezza. L'Agnello del Potente per sterminare alla fine il maligno uscì in terra con la rettitudine a stare nel cammino. Nel corpo fu della Madre portato, al termine lo portò alla luce, in casa fu a vivere, ricominciò la purezza a dimorare nell'esistenza.

Levitico 25,24 - E dentro la prigione di un corpo scese l'Unigenito. Si chiuse questi completamente anelando di redimere il mondo. Per finire il drago si portò il Potente in terra.

Levitico 25,25 - Così fu la forza ai viventi a riportare della rettitudine delle origini in vita da ardente piaga per il verme. L'Unigenito alla prigione di questi alla fine si recò affinché dentro per l'Unico la redenzione portasse. Al mondo la guerra al primo serpente fu a recare, e in cammino la maledizione dell'Unico con la purezza di un vivente retto alla vista in vita gli portò.

Levitico 25,26 - E dell'Unico è il disegno di affaticare le forze nell'esistenza del serpente portandogli in cammino l'Unigenito che potente porterà fuori un fuoco per affliggerlo. Sarà all'essere impuro a recare la contesa. Inizierà così un aiuto ad esistere, la redenzione alla fine recherà.

Levitico 25,27 - E l'artefice venne negli anni a vivere dai viventi. Così in un corpo si recò ed al mondo in dono dentro venne. L'Eterno miracolosamente alla luce da Donna dal corpo in vita l'Agnello dal serpente portò per rientrare in possesso del suo patrimonio.

Levitico 25,28 - E dall'Unico in pienezza dai viventi giù l'Unigenito uscì. Fu per amore ad essere al mondo. Infiammato con forza a casa del serpente si recò. Per chi è in vita il prezzo portava dentro a stare per aiutare ad uscire. Ad abbattere l'angelo dal mondo l'Unigenito finalmente recherà per sempre. Della risurrezione l'energia per tutti uscirà. In un giubileo li porterà ad essere su dal Padre. Sarà dentro la potenza riportata con la risurrezione. A casa con potenza i fratelli da Questi alla fine porterà.

Levitico 25,29 - Porterà dell'Unico ad esistere il disegno che fossero i viventi retti col corpo a casa a stare. Alla fine ai viventi porterà la risurrezione dentro in azione. Saranno i corpi dalle tombe riportati vivi. La perversità sarà finita nel mondo. Dal cammino del primo dei serpente la fine porterà per sempre, tutti libererà, l'angelo finirà. Per i viventi il prezzo ha portato nei giorni; dai morti ad esistere la redenzione completa avrà portato.

Levitico 25,30 - E l'Unigenito dei viventi dal serpente delle origini sarà il redentore. Si vide (il riscatto) col sangue dal serpente l'Unigenito su un colle portato. Alla luce tra lamenti dal crocefisso ai viventi fu la Madre ad uscire versata con l'acqua. Ad uscire fu da casa/dentro del Crocifisso. L'Unigenito risorto col corpo a casa in azione rifù alla vista. Alla luce un corpo potente di fratelli a vivere uscì. Per il serpente alzerà nei viventi la forza per finirlo. Tutta la potenza versò agli apostoli, al mondo vennero portati per partorire un corpo al Crocefisso che sarà a recare al serpente guai; salirà con l'Unigenito a casa in quel giubileo.

Levitico 25,31 - E dentro il Crocifisso sarà al mondo chiuso giù nel corpo. Sarà in vita della Donna nel corpo per annullare il serpente per entrare nel midollo dei viventi. Per aprire il ritornare sarà a spadroneggiare sul demonio nel mondo. Uscirà dell'Unigenito il corpo ad alzarsi. Sarà le tombe il Risorto dentro per redimere ad aprire, alla fine riusciranno all'esistenza al mondo, li accompagnerà per portarli a casa, in un giubileo saranno a salire dall'Unico.
(Apocalisse 12,4s "Il drago si pose davanti alla donna che stava per partorire per divorare il bambino appena nato. Essa partorì un figlio maschio...)

Levitico 25,32 - E dal nemico saranno fuori. Accompagnerà a stare i viventi a casa. Tutti saranno alla Città (la Gerusalemme del cielo) i fratelli. Questi integri in cammino da Dio tutti col corpo vivi, finito dall'esistenza fuori il serpente, la potenza avrà riportato ad esistere nei viventi.

Levitico 25,33 - E dall'Unigenito la risurrezione dei corpi avrà afflitto il primo dei serpenti. Dai viventi per l'energia uscirà. La potenza riportata sarà ai viventi e verranno fuori vivi. Nella piaga col corpo dentro saranno del Crocifisso a portarsi. Si vedranno stare nel corpo dell'Unigenito, vi si chiuderanno. Questi tutti porterà dentro in un giubileo, retti saranno, a casa del Crocifisso saranno, alla Città usciranno del Potente e saranno i viventi di Lui (dell'Unigenito) fratelli. Questi puri dentro alla fine riporterà retti; dentro per l'energia sarà stata l'esistenza bruciata dai corpi del primo dei serpente.

Levitico 25,34 - Ed il demonio fuori dai viventi caccerà. Per l'azione dai corpi sarà rientrare la pienezza; risaranno i viventi così col corpo retti. Sarà dall'Unigenito imprigionato questi. Finirà il peccare perché la perversità originata dal serpente uscirà dai viventi.

Levitico 25,35 - E così la forza sarà nella vita riportata della rettitudine delle origini. Racchiusa sarà ad ardere nei viventi. Dai cuori uscirà la forza dell'essere impuro che si vedrà con piaghe portato dalla prigione chiuso nei ceppi. Alla fine a casa porterà i pellegrini e tutti ricondurrà dallo stare in esilio e vivranno i popoli rettamente.

Levitico 25,36 - Il primo dei serpenti alla fine verserà in prigione. Vivi verranno portati gli angeli (ribelli) in un fuoco ad essere arsi e la fine della turba completamente sarà e risarà nei corpi l'originaria purezza, la maledizione fuori sarà così portata dalla vita, i fratelli saranno così portati a vivere rettamente.

Levitico 25,37 - Verrà al trono il Verbo con la sposa. L'Unigenito finirà il drago, con potenza porterà dentro gli angeli (ribelli) nel fuoco ad ardere, dentro la figliolanza sarà a finire del serpente; verrà il drago divorato dalla rettitudine.

Levitico 25,38 - Ad incontrare fu il Signore il primo dei serpenti al mondo con la forza della rettitudine da vivente. Da Donna dal corpo uscì, si portò per la sozzura finire, fu a venire da retta Madre a vivere in terra. Alla contesa col corpo fu per la vita del serpente finire. In croce il serpente per la rettitudine la vita dell'Unigenito finì, per iniziare un corpo giù retto gli apostoli in azione inviò. Il Crocifisso sarà a riportarsi alla fine in cammino dai viventi potente. Il maledetto ad uscire sarà dai viventi.

Levitico 25,39 - E così fu la forza ai viventi portata della rettitudine, nei fratelli fu così in azione, dalle piaghe portò l'energia, di viventi un corpo retto in cammino a stancare l'abominevole da sbarramento dentro recò il Servo Crocifisso per servire.

Levitico 25,40 - Così il disegno sarà completato, tutti avrà portato dalla schiavitù fuori. Sarà ad uscire nell'agire dei viventi la rettitudine per sempre, brucerà l'angelo finalmente, uscito sarà da dentro il serpente spazzato, a casa alla conoscenza per vivere rettamente.

Levitico 25,41 - Portati saranno su dall'Unico nel seno. Dalla piaga fuori li porterà l'Unigenito e da figli saranno portati a vederlo da vivi, e porterà risorte a casa da Dio le genti, tutte riporteranno verso i possedimenti il Crocifisso. Dal Padre saranno i riportati, saranno restituite.

Levitico 25,42 - Così saranno per il Servo ad essere dal mondo vivi, beati fuori portati su verranno, saranno dall'Unico integri vivi dalla terra a vivere. Saliti con i corpi saranno alla pienezza, fu per i viventi l'Agnello a portare con la vita il prezzo in croce; servì.

Levitico 25,43 - Il Potente venne col corpo per aiutare, al mondo ad abitare si portò, dentro a fruttificare la rettitudine recò, fu nei corpi per l'Unigenito finita nei viventi la maledizione, risaranno retti.

Levitico 25,44 - Ed il Servo così riporterà alle origini gli uomini. Retti alla beatitudine saranno ad entrare, sarà riportata la potenza che anelavano, verranno i popoli a vivere dell'Unico alla luce col corpo alla pienezza dentro saranno, a casa tutti risaranno; anelavano vivi d'entrarvi, i viventi ad essere ristabiliti li porterà il servo e dall'Unico vivranno.

Levitico 25,45 - E in cammino i viventi dalla piaga inviati saranno ad entrare nel Crocifisso. Li porterà risorti a casa, saranno vivi ad entrare, pellegrini saranno nel seno vivi retti a vivere i viventi usciti dai morti per la versata energia. E si porteranno vivi i viventi sul Monte Calvo a chiudersi nel Crocifisso. Dai viventi l'Unigenito avrà bruciato il male, i viventi così a vivere felici dal mondo rinati li porterà dentro, dalla terra retti a vivere li porterà fuori, saranno portati in cammino alla pienezza, nel petto gli entreranno.

Levitico 25,46 - E reca dal mondo alla fine ad ereditare. Tutti i viventi verranno a vivere col Potente Figlio. Saranno così a vivere dall'Unico. Agnelli saranno per rettitudine. Vivi, potenti con i corpi risorti dal Crocefisso alla proprietà rientreranno, guizzeranno in alto a vivere. A casa dal mondo gli uomini il Servo porterà e dentro fratelli saranno rettamente a vivere, figli saranno retti di Dio gli uomini, a casa dell'Unico a vivere li porterà. Il serpente verrà dominato, dentro col bastone a casa l'avrà trattato duramente.

Levitico 25,47 - Porterà così nell'esistenza la salvezza. In cammino sarà ad aiutarli. All'albergo li porterà dallo stare in esilio. I popoli retti porterà. I viventi così fratelli saranno, come parenti li porterà e l'invierà in patria. Il serpente dal cammino nei corpi avrà finito, e l'aveva giurato che dai viventi con la rettitudine dai corpi l'avrebbe sradicato, li libererà dalla rovina con la guerra.

Levitico 25,48 - Per i fratelli col corpo fu dall'angelo, da prezzo per il riscatto entrò in croce al mondo. Fu ad entrare per il serpente un asta nell'Unigenito. Dal chiuso il sangue per i fratelli fu a recare. Per affliggere il primo dei serpenti gli apostoli recò.

Levitico 25,49 - Al tizzone essere impuro l'Unigenito portò da casa gli apostoli per amore e furono in cammino, al primo dei serpenti. Per la ricusazione recarono ai viventi (l'annuncio) della risurrezione. L'Unigenito col corpo a casa per illuminare il corpo (degli apostoli) si portò vivo. Liberatosi, dalla grotta si riportò. Furono dal superbo serpente gli apostoli a portarsi, dell'Unico portarono al mondo la risurrezione, la forza nel cammino uscì, furono d'aiuto nel portarla, recano gli apostoli il salvatore.

Levitico 25,50 - E dalla tomba risorto a casa vivo versò gli apostoli. Fuori li portò ai viventi per illuminarli. L'inviò ai confini del mondo. Di viventi retti un corpo recano, li accompagna sempre il Risorto, gli apostoli il segno portarono nell'esistenza della rettitudine in pienezza. Parlano ai viventi, alla vita retta nel corpo li portano dentro col racconto del Risorto che inviò la forza alla madre della rettitudine. Nei giorni della risurrezione il fornello furono; nell'esistenza in azione ai viventi la recarono.

Levitico 25,51 - Dai popoli a testimoniare alle moltitudini si portarono, a tutti dentro della risurrezione gli apostoli furono a parlare, il Verbo fu al mondo ad inviare ad esistere con la risurrezione la forza dentro per il riscatto, il Crocifisso recò il prezzo, il Verbo per riacquistarli in croce si portò.

Levitico 25,52 - Ed origina la Madre dal seno il cuore degli angeli nella carne, dentro li illuminano gli apostoli, saranno a vivere per sempre. In un anno alla fine usciranno di un giubileo e nelle tombe della risurrezione dentro la potenza si porterà, così per il soffio saranno risorti, per l'angelo sarà a portarsi un forte fuoco, sarà dentro a venire il riscatto del Crocifisso a portare.

Levitico 25,53 - Così per la risurrezione retti saranno i corpi, un fuoco per l'angelo entrerà dentro, bruciato per l'energia entrata, sarà fuori dalle esistenze ad uscire; per l'azione reciderà l'origine, precipiterà l'angelo con forza, dentro farà frutto in tutti, in azione sarà l'energia che li farà retti.

Levitico 25,54 - Li condurrà dall'Unico alla pienezza. Saranno riscattati dentro dalla maledizione. Portati saranno su dal Padre, alla luce degli angeli alla fine usciranno; un fiume si porterà fuori dall'Unigenito e figli saranno recati, a vederlo da vivi li condurrà.

Levitico 25,55 - Al maligno dentro inviato sarà stato un forte fuoco dal corpo dell'Unigenito. Il serpente si vedrà solo essere stato nel seno separato. Sarà, uscito dai viventi, il solo bruciato. Dai corpi fuori si porterà giù. Verrà la forza dall'Unigenito che riporterà la purezza della vita delle origini. I corpi si rialzeranno. I viventi su con i corpi risaranno a vivere. All'Unico inviati saranno dal Signore, la maledizione uscita sarà così dai viventi.

LE RADICI DEL NOSTRO ALBERO
Quanto ottenuto, nato da considerazioni sulla festa degli alberi, fa comprendere come a questa il Giubileo e le vicende del Messia sono strettamente correlati.
C'è un midrash nel libro dei Giudici in cui gli alberi parlano.
Questo passo porta un ulteriore contributo a far concludere che la simbologia dell'albero nasconde aspetti che riguardano da vicino gli uomini.
Gli alberi generici rappresentano gli abitanti di quel tempo di Sichem.

"Si misero in cammino gli alberi per ungere un re su di essi. Dissero all'ulivo: Regna su di noi. Rispose loro l'ulivo: Rinuncerò al mio olio, grazie al quale si onorano dèi e uomini, e andrò ad agitarmi sugli alberi? Dissero gli alberi al fico: Vieni tu, regna su di noi. Rispose loro il fico: Rinuncerò alla mia dolcezze e al mio frutto squisito, e andrò ad agitarmi sugli alberi? Dissero gli alberi alla vite: Vieni tu, regna su di noi. Rispose loro la vite: Rinuncerò al mio mosto che allieta dèi e uomini, e andrò ad agitarmi sugli alberi? Dissero tutti gli alberi al rovo: Vieni tu, regna su di noi. Rispose il rovo agli alberi: Se in verità ungete me re su di voi, venite, rifugiatevi alla mia ombra; se no, esca un fuoco dal rovo e divori i cedri del Libano." (Giudici 9,8-15)

I più nobili rifiutarono per continuare nel proprio prezioso servizio, ma il pruno della steppa, che serve solo per essere bruciato si prestò e gli Israeliti di Sichem infatti rimasero scottati.
In "Il figlio di Gedeone, Abimelek - un racconto criptato" ho tra l'altro decriptato anche questo brano di cui riporto il versetto il risultato del versetto Giudici 9,15 "Portati che saranno dall'Unico vivi, col corpo entreranno nell'Unico nel cuore avendo sbarrato la maledizione che per l'albero (del bene e del male) ci fu per i viventi all'origine. La vita dentro dell'Unico nei morti riverrà. A rivivere per il Messia saranno i viventi. Verranno a stare potenti nel Regno dell'Altissimo come vivevano dentro all'origine. Li porterà nell'assemblea convertiti. Giù il serpente sarà stato portato dal primogenito nei viventi annullato, ne avrà finito giù l'origine del peccare. Dell'angelo (ribelle) entrato all'origine nei cuori l'impurità finirà unitamente alla prigione. In bella forma questi saranno a rientrare del Potente a casa da figli."
Il tema del decriptato è lo stesso del brano di Levitico 25.
Dopo tutto quanto detto al riguardo rileggo quanto dice il libro della Genesi sulla creazione degli alberi: "Dio disse: Le acque che sono sotto il cielo, si raccolgano in un solo luogo e appaia l'asciutto. E così avvenne. Dio chiamò l'asciutto terra e la massa delle acque mare. E Dio vide che era cosa buona. E Dio disse: La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto, che facciano sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la sua specie. E così avvenne: la terra produsse germogli, erbe che producono seme, ciascuna secondo la propria specie e alberi che fanno ciascuno frutto con il seme, secondo la propria specie. Dio vide che era cosa buona. E fu sera e fu mattina: terzo giorno." (Genesi 1,9-13)
Beh in questo racconto gli alberi sono creati addirittura senza che vi sia ancora il sole che là pare creato nel 4° giorno.
Quelli della Bibbia così sono alberi particolari, radicati in terra direttamente dal Signore senza che vi sia bisogno del sole, immagini di alberi celesti.
(Vedi: "Spirito creato in 7 tappe - Genesi codice egizio-ebraico" articolo in .pdf in "Ricerche di verità")
Poi, ecco il secondo racconto della creazione in Genesi (2,4-10): "Queste le origini del cielo e della terra, quando vennero creati. Quando il Signore Dio fece la terra e il cielo, nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata - perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla terra e nessuno lavorava il suolo e faceva salire dalla terra l'acqua dei canali per irrigare tutto il suolo - allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente. Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l'uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, tra cui l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male. Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi."
Qui l'uomo è creato prima delle piante e collocato nel giardino, proprio come fosse "l'albero" più importante perché... doveva dare il frutto particolare.
Quel frutto penderà poi dal legno della croce.
Legno e albero in ebraico sono e's .
Dice San Paolo "Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, diventando lui stesso maledizione per noi, come sta scritto: Maledetto chi pende dal legno, perché in Cristo Gesù la benedizione di Abramo passasse alle genti e noi ricevessimo la promessa dello Spirito mediante la fede." (Galati 3,13s)
Ne consegue che la croce su cui fu innalzato e crocifisso Gesù è albero di vita e ci porta a considerare come vera festa dell'albero quella della esaltazione della Santa Croce, 14 settembre.
La seguente antica omelia pasquale sull'albero della croce è la più consona conclusione di questa meditazione.

"La croce gloriosa del Signore risorto è l'albero della mia eterna salvezza.
Di esso mi nutro, di esso mi pasco, nelle sue radici effondo le mie radici, nei suoi rami mi distendo. La sua rugiada mi inebria, il suo spirito, come soffio delizioso, mi feconda. Alla sua ombra ho posto la mia tenda, e ho trovato riparo dalla canicola, per i suoi fiori fiorisco, dei suoi frutti mi delizio e mi sazio, e colgo a mio piacimento i frutti preparati per me fin dalle origini. Nella fame questo albero è il mio nutrimento, sorgente per la mia sete, nella nudità il mio vestimento; le sue foglie sono spirito di vita e non foglie di fico. Nel timore questo albero è la mia difesa, quando vacillo è il mio sostegno, quando combatto è il mio premio, quando vinco è il mio trofeo. Questo albero è per me l'angusto sentiero e la via stretta, è la scala di Giacobbe, è la via degli angeli, alla cui cima è inchiodato il Signore. Questo albero di dimensioni cosmiche si è elevato dalla terra al cielo, fondamento di ogni cosa, è il pilastro dell'universo, ossatura del mondo intero, vincolo universale che tiene unita la instabile natura umana, rendendola stabile con i chiodi dello Spirito, affinché unita a Dio non possa più separarsene. Albero, la cui cima tocca il cielo, con i suoi piedi conferma la terra, nelle cui braccia aperte brilla l'amore infinito che era e che sarà tutto in tutte le cose e che è dappertutto."


Tra gli inni di questa festa si trova questa considerazione:

"...avendo una volta gustato la morte sotto l'albero proibito, Adamo ha ritrovato la vita sotto l'albero della croce; ormai, Signore, può godere nuovamente delle delizie del paradiso... perché come un altro paradiso la chiesa possiede adesso... un albero di vita: la tua Croce vivificante".

Del resto nella visione della nuova Gerusalemme del libro dell'Apocalisse, non vi è più traccia dell'albero della conoscenza del bene e del male, ma solo di quello della vita.
Questa meditazione, conclusa il 20 Gennaio 2011, festa di Tu B'Shevet dell'anno 5771 da Adamo (per la Torah l'anno 1 inizia il 6 ottobre 3761 a.C.) m'ha portato a scoprire in un modo nuovo la festa dell'Esaltazione della Santa Croce - il 14 settembre d'ogni anno - che fa proprio meditare i cristiani sulle proprie radici.

a.contipuorger@gmail.com

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