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LA SPOSA IN ESTASI - APPUNTI DI QABBALAH DI UN CRISTIANO
di Alessandro Conti Puorger

CERCARLO NELLA TORAH CON LE LETTERE
Il mio amore mi scrive biglietti segreti con calligrafia e segni particolari.
In tal guisa considero il testo della Tenak o Bibbia con i segni ebraici.
Lui, l'amore personificato, il Figlio di David:
  • nel Vangelo di Giovanni ha asserito che quei libri parlano di Lui: "Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me." (Giovanni 5,39)
  • nel Vangelo di Matteo ha detto che ogni lettera della Torah sarà compiuta nelle sue vicende e in quelle avvenire, "Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto." (Matteo 5,18s)
Quelle pagine dell'Antico Testamento, perciò, lette con attenzione, con i segni liturgici allora usati, senza perdere nemmeno una lettera, e che leggeva Lui stesso nelle sinagoghe come a Cafarnao e a Nazaret, fanno sì che l'amato, nel segreto, si svela a chi lo cerca.
Quei segni sono cioè capaci di rendere presente la persona nascosta, Lui stesso che è uscito da quei testi ed è entrato come persona vivente nella storia del mondo.
All'esordio della mia ricerca in "Decriptare le lettere parlanti delle Sacre Scritture ebraiche" scrivevo che sulla tesi di una lettura anche come pittogrammi di tali lettere delle Sacre Scritture, sono a favore i seguenti elementi:
  • il testo dell'Antico Testamento ebraico e le relative lettere sono restati congelati nella forma attuale prima dell'ignoranza dei geroglifici (perdurata dal IV a fine XIX secolo d.C.);
  • le lettere sono soltanto consonanti, come in egiziano;
  • nei testi antichi non c'erano i segni delle vocali;
  • le parole non erano separate tra loro;
  • le lettere erano spaziate tutte egualmente tra loro;
  • non c'erano forme particolari per indicare lettere di fine parola;
  • non v'era indicazione di versetti.
Era evidente che tali elementi erano stati osservati in passato dagli attenti scrutatori ebrei e m'avrebbero portato, pur essendone estraneo, a passare vicino a quanto era già stato sondato dalla Qabalah, visto e considerato come quelle lettere sono importanti per tale tradizione.

Qabbalah o qabalah , in ebraico significa, infatti, "tradizione", quindi, tradizione sapienziale ed indica gli insegnamenti esoterici del giudaismo e del misticismo giudaico, in particolare le forme che assunse dal secolo XII del Medioevo come, almeno così si proponeva, sviluppo di movimenti esoterici del giudaismo che si evolsero dalla fine del Secondo Tempio.
Si basa sul "Sepher ha-Zohar", Libro dello Splendore, l'opera pseudoepigrafica attribuita a Mosè de Leon, e sugli scritti di Abulafia e Nahmanide e loro scuole fino a Luria e di altri contemporanei.
Mi sono perciò trovato a leggere pagine di quella tradizione e quando ho incontrato questioni che portavano acqua alla mia ricerca prendevo appunti ed ecco questo articolo, rilettura, ragionata di quelle note sedimentate, articolo che, di fatto, è la prosecuzione di "Le 22 sacre lettere - Appunti di un qabalista cristiano" inserito qui, nella rubrica "Lettere ebraiche e codice Bibbia".

I cieli della qabbalah Dalla qabalah, infatti, è considerata l'idea che dalla Tenak si possono ottenere più interpretazioni di uno stesso versetto.
Nel profeta Geremia, infatti, si trova "La mia parola non è forse come il fuoco - oracolo del Signore - e come un martello che spacca la roccia?" (Geremia 23,29) ed è questa un'immagine che è stata commentata proponendo che come sono tante le schegge e le scintille di un martello che colpisce la roccia sono pure molteplici i sensi che possono scaturire da un singolo versetto, da una singola parola, da una singola lettera delle antiche Sacre Scritture ebraiche, se scritte con i segni originari.
Pensiero analogo pare trovarsi in Salmo 62, "parola" e dalle scuole rabbiniche, 12 "Una cosa ha detto il Signore: due ne ho udite", e tali idee non erano certo sfuggite agli attenti cultori della "parola" e dalle scuole rabbiniche.
In "Qabbalah" di Moshé Idel 9,2 (Adelphi 2010) trovo ulteriori elementi che rafforzano in modo evidente ciò che ero certo venisse considerato.
Jacob ben Sheshet, qabalista spagnolo di Girona del XIII secolo, infatti, scriveva che il testo non vocalizzato della Bibbia poteva essere interpretato secondo diversi significati, in funzione delle varie vocalizzazioni delle lettere.
Sosteneva anche che il Sefer Torah sarebbe bene che non venisse vocalizzato onde interpretare le singole parole nei vari modi come si possono leggere.
Sono queste alcune regole del mio sistema di decriptazione in "Parlano le lettere" che rende possibile leggere pagine di secondo livello dai testi biblici, ingessati invece con la traduzione in greco dei Settanta e successive.
Altro qabalista, Bahya ben Asher, scriveva: "Il Rotolo della Torah è senza vocali per permettere all'uomo di interpretare tutto ciò che desidera dal momento che le consonanti senza vocali offrono svariate interpretazione distinguersi in numerose scintille. Questo è il motivo per cui non scriviamo le vocali del Rotolo della Torah, perché il significato di ogni parola si accorda alla sua vocalizzazione e, quando essa è vocalizzata, non ha che un unico significato; invece senza vocali, l'uomo può interpretare varie cose meravigliose e sublimi."
Quel "interpretare tutto ciò che desidera" va evidentemente mitigato aggiungendo, "relativamente al soggetto del discorso, Lui il Nome", con riferimento a fatti ed eventi che gli si possono attribuire, appunto "cose meravigliose e sublimi."
Si limitavano a ciò, cioè alla diversa vocalizzazione, perché questi, forse, almeno non tutti, avevano realizzato che i testi più antichi non erano nemmeno suddivisi in parole cananee, altrimenti sarebbero stati ancora più determinati e le variabili per ottenere interpretazioni aggiuntive sarebbero state in numero maggiore.
Alcuni versetti del libro di Giobbe vennero poi ad interpellare l'intelletto di un qabalista, precisamente: "Ma la sapienza da dove si estrae? E il luogo dell'intelligenza dov'è? L'uomo non ne conosce la via, essa non si trova sulla terra dei viventi." (Giobbe 28,12-13)
Eppure per chi crede nel Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, c'è qualcosa che viene dal cielo e non è della terra in cui c'è la Sapienza.
La risposta ovviamente è: il Rotolo della Torah!
Quei versetti di Giobbe però continuano così: "L'oceano dice: Non è in me! e il mare dice: Neppure presso di me!" (Giobbe 28,14)
Se si considera la Torah come un abisso, un oceano, che pur deve contenere la verità e questo "dice: Non è in me!" è da interpretare solo che "un solo significato non è in me", cioè la Torah è da scandagliare, ma la verità c'è!
Si conclude allora che "Il rotolo comprende tutti gli aspetti e tutti i significati profondi... e tutti interpretati in relazione ad ogni singola lettera, aspetto dentro aspetto, segreto dentro segreto e non ci è noto un limite, come è scritto: L'abisso dice - un singolo significato - Non è in me!"

(In Appendice presenterò decriptati i 28 versetti dell'intero capitolo 28 di Giobbe e si comprenderà che la Sapienza è ora in circolazione nel mondo con l'annuncio del Risorto.)

Abramo Abufalia di Saragozza, mistico spagnolo del XII secolo di origini e cultura ebraiche, sulla Torah prendendo forza dal trattato Avot del Talmud, dice: "Voltala e rivoltala, perché essa contiene tutto".
Qui è da comprendere bene: Tutto che?
Vogliamo far parlare la Torah di scienza, di fisica, di biologia in modo assoluto per cadere in errori del passato?
Sono perciò d'accordo e non sono d'accordo!
La verità c'è, ma è una sola, quanto riferibile al Messia con le singole lettere.
Il qabalista Menachem Recanati vissuto in Italia centrale tra la fine XIII e il XIV secolo insisteva: "Tutte le scienze sono implicite nella Torah, giacche non esiste niente al difuori di essa"; scriveva così perché quanto si sa di Dio, è eguale a quanto sta nella Torah e tutte le scienze sono certamente in Dio, ma non è detto che queste fossero la mira della Sua rivelazione.
Ciò vale anche dopo la venuta di Cristo, perché Lui ci ha rivelato completamente il Padre rendendo compiuto visibile, udibile, toccabile e "mangiabile e bevibile" quanto era nascosto, segreto nella Torah, ma non per questo ci ha spiegato la teoria della relatività.
Ciò non vuol dire però che quei libri della Bibbia intendano spiegarci tutte le scienze, ma solo vogliono presentarci Lui e il suo amore.

Quei libri sono altro; sono appunto una lettera d'amore che ci ha mandato il Creatore attraverso menti elette ed illuminate ed, è mia opinione, va letta cercando quel messaggio.
Ciascuno - considerato entità irripetibile, uomo amato, a cui tutta la creazione e la redenzione è disponibile per produrne il più consono sviluppo esistenziale e farlo pervenire alla dimensione di uomo adulto nella fede e soprattutto nella carità per essere compagno del Signore - è chiamato a leggere un messaggio personale del Cristo a sé medesimo.
Ognuno è chiamato così a scrivere la propria Torah, di quanto cioè ha compreso sul messaggio dell'amato.
Io, allora, così in quei libri cerco e trovo, quale unica verità, una profezia totalizzante sul Cristo, che mi spinge ad essere saldo con gioia nella fede, null'altro è essenziale.
Per chiarire subito prendendo spunto dal versetto di Geremia da cui sono partito "La mia parola non è forse come il fuoco - oracolo del Signore - e come un martello che spacca la roccia?" (Geremia 23,29) ove, come spesso capita nei capitoli delle consolazioni di Geremia (30-31), è ripetuto "Oracolo del Signore", il che fa attendere un messaggio di 2° livello particolarmente pregnante.
Scrivo il versetto con le lettere ebraiche che si trovano nella Bibbia masoretica, ma senza la segnatura delle vocali.



Applico le regole del mio metodo e rivolgendo il pensiero al Messia trovo:

"Uscito dal Potente si portò l'origine della rettitudine nel mondo .
La Parola era !
La rettitudine ad una donna () inviò.
Dalla madre il Signore si recò .
Rettamente il Verbo l'utero fu ad accenderLe .
Fu il Verbo a scendere .
Giù in pienezza il Potente vedranno !"

Estrarre da ogni versetto vicende del Messia comprovate dai Vangeli, per un cristiano è estrarre Verità, atto esplicitante dalla Torah, lettura d'un messaggio d'amore realizzato da parte del Diletto!
È Lui l'Adam Kadmon di cui parla la Qabalah: "...Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire." (Romani 5,14)
È evidente che entrare nello studio della Torah con una idea del genere non fa più essere uno qualsiasi, ma quel tale viene partecipe di segrete cose, uomo di fiducia del palazzo della Torah e vi si muove cercando i ritrovi segreti.

L'Abufalia però ammetteva anche di prendere le lettere delle parole della Bibbia ebraica di dar loro altre combinazioni e leggere anche quelle, facendosi forza da un versetto di Isaia, il 41,23a che la C.E.I. traduce così:

"Annunciate quanto avverrà nel futuro e noi riconosceremo che siete dèi."



"hagidu ha 'otiot le'achor, vened'ah ki 'Elohim 'attem"

La parola può avere infatti due significati, dal radicale venire , quindi "quanto avverrà" o anche plurale di , in effetti , anche per lettera dell'alfabeto, segno, miracolo.
Ora Abufalia traduceva in questo modo: "Pronunciate le lettere al contrario e sapremo che anche voi siete Dio."
Ciò è come dire prendiamo le lettere da sole, hanno proprietà creatrici.
Ne seguirono secoli dopo aberrazioni come il tentativo del "golem" e amuleti con frasi e parole magico pseudocreatrici tipo Aber kadaber, il famoso Abracadabra.
Certo quelle lettere hanno proprietà particolari, ma solo se unite da una volontà superiore, quella che ci ha dato la Torah altrimenti potremmo prendere anche pagine di un giornale ebraico e sarebbe lo stesso?
No! Non si deve cambiare l'ordine delle lettere nella Torah, sarebbe un'altra libro e il messaggio non sarebbe in qualità.
Ho provato con lo stesso criterio che ho usato prima a decriptare l'intero versetto Isaia 41,21 e ho ottenuto un pensiero analogo a quello di Geremia, sull'incarnazione dell'Unigenito: "Uscito in cammino è. L'aiuto reca al mondo. Dall'Unico finalmente è stato portato per finire il serpente delle origini. Chiuso si porta in un corpo. E l'energia, la conoscenza escono con la rettitudine nell'esistenza. Di Dio al mondo è in vita l'Unigenito puro. Dell'Unico la Parola tutta sta in un cuore. Si è da casa portato col bastone per finire il male, si porta a seccarlo, in azione esce e, inviato col corpo, guai dall'Uno gli reca."

L'UOMO INTEGRALE DI CORPO E DI SPIRITO
Nei libri della Bibbia, essendo l'antropologia sostenuta dalla creazione da parte di Dio in cui tutto è "molto buono", anche il rapporto sessuale col suo piacere sottolinea e cementa l'unione, voluta coscientemente per tutta la vita da tre persone, l'uomo, la donna e Dio, per la comunione, il reciproco sostegno nella procreazione e nell'educazione dei figli, ove esercitarsi ad amare quale palestra di una eterna comunione col Creatore.
Nell'ebraismo e nel cristianesimo non c'è così alcuna idea che i rapporti sessuali nell'ambito del matrimonio siano peccaminosi.
Solo una frangia minoritaria "puritana" che suppose il peccato di Adamo ed Eva e quindi la decadenza della discendenza per un peccato di sesso e non per una disobbedienza ontologica provocò una visione pessimistica della condizione umana.
Nel giudaismo dei proseliti degli ultimi secoli dell'apocalittica giudaica prima di Cristo, per il contatto con la cultura greca nel concetto di puro e impuro, s'introdusse il concetto di "porneia".
Nacquero così frange sessuofobe prima dell'era volgare come i settari di Qumran e la setta dei Terapeuti.
Nel Nuovo Testamento scritto in greco iIl termine "eros" non compare neppure una volta, ma solo quello di "agape" o "filia".
Per contro nell'Antico Testamento in ebraico, esiste un unico termine "'ahavah", amore che comprende tutti gli aspetti dell'amore, eros, libido, passione, tenerezza, amicizia, amore fraterno, filantropia, amore spirituale per Dio e per gli uomini.
La filosofia Aristotelica diffonderà una visione negativa del corpo e la traduzione dei 70 già iniziò ed espungere aspetti legati alla sessualità differenziando con termini che distinguevano in modo soggettivo quel l'unico concetto che nell'uomo ha tante sfaccettature e pulsioni.
Il peccato di "porneia" fu esaltato in negativo e la sessualità stessa fu essenza di peccato.

Nei testi della letteratura profetica e nel "Cantico dei cantici", la dimensione che oggi potremo definire erotica, ma che è un oggettivo puro semplice rapporto d'amore, fu però scelto per descrivere in modo allegorico l'intensità del rapporto tra Dio e Israele, quindi tra Dio e ogni anima e poi tra Cristo e la Chiesa.
Lo stesso giudaismo rabbinico coevo e successivo, peraltro, risente di un pensiero del genere quando osserva, se non esistesse l'istinto cattivo: "l'uomo non costruirebbe case, non si sposerebbe, non avrebbe figli e non si dedicherebbe agli affari". (Genesi Rabbah 9,7)
Cosicché quegli stessi testi talmudici sono a considerare la misteriosa necessità anche dell'istinto cattivo.
Peraltro la tradizionale ebraica è convinta che l'unione sessuale fra uomo e donna, compiuta in santità, coinvolge la divina presenza della "Shekinah".
L'unione fisica, così non allontana l'uomo dalla divinità, anzi nel pensiero rabbinico e nella mistica ebraica è strumento per chiamarla a collaborare alla procreazione.
D'altronde nel matrimonio cristiano i ministri sono l'uomo, la donna e Dio stesso e il matrimonio è elevato a sacramento di servizio per il mondo come i Santi Ordini.
L'idea di San Paolo in 1Corinzi 7,32-34 resta un consiglio per chi voglia seguire un cammino ascetico, ma di fatto non ha influito più di tanto nella teologia e quel consiglio fu assorbito dall'idea dei "voti" fatti per entrare nello stato monacale da chi ritiene che la condizione verginale sia la più appropriata per vivere il proprio rapporto con Dio.
San Paolo, peraltro, riconosce l'integralità dell'atto nel matrimonio quando dice "Non rifiutatevi l'un l'altro, se non di comune accordo e temporaneamente, per dedicarvi alla preghiera. Poi tornate insieme, perché Satana non vi tenti mediante la vostra incontinenza." (1Corinzi 7,5)
Pur tuttavia sulla scia apocalittica di Qumran e dei Terapeuti puritani sul sesso e degli influssi della gnosi greco romana nel pensiero di alcuni autori cristiani dei primi secoli si trovano anche posizione estreme (Origene, Girolamoe, Agostino), atteggiamenti completamente enucleati con la dottrina del matrimonio e la riscoperta del valore della corporeità e della sessualità da parte dell'illuminato Concilio Vaticano II.

Tra l'altro qualche aspetto di misogenia per alcune affermazioni di "Qohelet" o dei "Proverbi" entrò anche nel rabbinismo mediovale, passato poi nel Chassidismo tedesco dei secoli XII-XIII e nel Chassidismo polacco dei secoli XVII e XVIII, fino agli Haredim ultra-ortodossi spariti con la Shoà che dice s'unissero attraverso un foro del lenzuolo per ridurre il piacere e non vedere le rispettive nudità.
A ciò s'oppone una visione "solare" ove quel rapporto santo in una santa unione esalta la capacità d'accrescere l'immagine di Dio sulla terra e di attrarre su di essa la presenza divina.

La proibizione contenuta in alcuni passi della Bibbia ebraica d'accostarsi a donna prima di una battaglia o per i sacerdoti, prima di celebrare atti di culto, non è da configurare in contaminazione di tipo morale, bensì in timori di depotenziamento per l'uomo in momenti che deve affrontare tali compiti nella pienezza delle forze.
Il concetto di impuro non implica connotazioni di tipo morale.
Mestruazione, polluzione, contatti con cadaveri, malattie, sono fatti incolpevole e la contaminazione deriva solo che queste rivelano un contatto diretto con entità che implica la sfera "sacra" non sotto controllo dell'uomo, cioè la puerpera, il flusso mestruale, l'atto sessuale e il sesso stesso sono connessi al "principio vitale" sentito come appartenente alla sfera del divino.

Una luce nell'ebraismo su tale situazione fu la "Lettera sulla santità" in 6 capitoli, nota anche come "Porte della giustizia" e "Il segreto dell'unione sessuale" della fine del secolo XIII attribuita al cabbalista castigliano, discepolo di Abulafia, Yosef Gikatilla (1246 ca.-1325) citata già da Menachem Recanati nella prima metà del XIV secolo. e Yeoshua' ibn Shuaib (prima metà del secolo XIV).
Segnalo di questa solo questioni essenziali dei vari capitoli:
  1. introduzione sulla chiamata di Israele alla santità;
  2. l'essenza dell'unione se compiuta al momento giusto nell'ambito del matrimonio e con la giusta intenzione, è cosa santa e un atto di "conoscenza", processo d'unione delle Sefirot maschili e femminili;
  3. sul tempo dell'unione, in quanto è da scegliere il tempo opportuno e più adatto per l'unione coniugale, cioè è la notte dello Shabbat, notte in cui Dio ricrea le anime e dona un supplemento di anima a quella dei sei giorni feriali;
  4. il cibo adatto all'unione, poco e Kasher;
  5. il potere dell'intenzione e dell'immaginazione nell'atto coniugale sentendosi in comunione con la Shekinah;
  6. la qualità dell'atto stesso nel senso che debbono correre tra loro parole, idee desiderio e passione giuste, entrambi in piena coscienza e volontà, ovviamente con grazia e senza alcuna violenza e non nel sonno, ma in piena comunione col Creatore.
L'uomo è una sintesi di spirito e corpo, non è un angelo e non è un animale, la sessualità fa parte del suo essere e Dio vide che è cosa buona che crescessero e procreassero in modo ordinato.
Tutto qui, il resto è esaltare una o l'altra componente dell'uomo, il che non è secondo la volontà di Dio.
Perciò si ama Dio con tutto se stesso anche il corpo desidera la "risurrezione della carne" di venire glorificato.

L'UNIONE MISTICA
Nel mondo biblico dell'Antico Testamento il contatto con la divinità avveniva attraverso teofanie, apparizioni d'angeli a persone particolari, a patriarchi - Noè, Abramo, Isacco, Giacobbe - in genere a profeti e spesso con sogni nel sonno.
Questo, simile alla morte per certi versi, è un modo che fa uscire l'uomo dalla realtà ove con gli occhi fisici siamo sempre nel dubbio e pur se li teniamo aperti andiamo pur sempre a tastoni nelle realtà che ci superano.
Il profeta per antonomasia è Mosè a cui Dio si manifestò con continuità per almeno 40 anni dopo la teofania del roveto ardente.
Quella di Mosè fu una esperienza di contemplazione del Santo, misteriosa in greco "mystikòs", quindi mistica.
Quanto Mosè ha comunicato con i Sacri Scritti della Torah che la tradizione gli attribuisce non è inteso però a far percepire l'esperienza personale che riceveva in quei contatti, perché oggettivamente incomunicabile, come del resto è ineffabile lo stesso Nome di Dio.

Scrive Ezra di Gerona, qabalista del XIII secolo: "Il Giusto eleva la sua anima incontaminata e pura alla santa anima superiore, essa si unisce ("hityached" da "'ached" = Uno) con quella e conosce le cose future."
Quanto profetizza il profeta è, quindi, espressione di quanto ricevuto in tale unione e questa è l'unione mistica.
Nell'anima, allora, come in uno specchio, si riflettono realtà superiori.
In ciò paiono trovarsi idee platoniche rivisitate.
Nel Simposio di Platone, alla fine del discorso che Socrate fa sull'Eros fa riferimento a quel momento della vita "che più di ogni altro merita di essere vissuto", in cui si contempla il Bello-in-sé, e ci si sente pronti "pur di vedere l' amato e stare sempre insieme a lui, a non mangiare e bere se fosse possibile, ma contemplarlo solo e stare con lui" e in cui diventiamo immortali.
Plotino nelle Enneadi propone: "Questo è il fine dell' Anima: aver contatto con la luce di Lui e vedere la luce con la luce, ma non con la luce di qualcosa altro. Egli infatti è la stessa luce grazie alla quale essa può vedere... Ma come può avvenire questo? Spogliati di tutto!"
Di fatto idee del genere sono estraibili anche dal libro deutero canonico della Sapienza, che come espediente letterario è attribuito a Salomone, ma che è databile alla fine del 1° secolo a.C..
Queste realtà superiori donano, infatti, all'uomo la "Sapienza" espressione comunicata di Dio.
Riguardo a questa il libro della Sapienza dice:

"In essa c'è uno spirito intelligente, santo, unico, molteplice, sottile, mobile, penetrante, senza macchia, terso, inoffensivo, amante del bene, acuto, libero, benefico, amico dell'uomo, stabile, sicuro, senz'affanni, onnipotente, onniveggente e che pervade tutti gli spiriti intelligenti, puri, sottilissimi. La sapienza è il più agile di tutti i moti; per la sua purezza si diffonde e penetra in ogni cosa. È un'emanazione della potenza di Dio, un effluvio genuino della gloria dell'Onnipotente, per questo nulla di contaminato in essa s'infiltra. È un riflesso della luce perenne, uno specchio senza macchia dell'attività di Dio e un'immagine della sua bontà. Sebbene unica, essa può tutto; pur rimanendo in se stessa, tutto rinnova e attraverso le età entrando nelle anime sante, forma amici di Dio e profeti." (Sapienza 7,22-27)

Se l'unione è completa è vinta totalmente l'inclinazione al male.
Ogni uomo è chiamato a questa unione e vi tende inconsapevolmente.
San Paolo riconosce un'esperienza del genere nella conversione, moto spontaneo di un'anima per aderire alla verità del Cristo:

"Fino ad oggi, quando si legge Mosè, un velo è steso sul loro cuore; ma quando ci sarà la conversione al Signore, quel velo sarà tolto. Il Signore è lo Spirito e dove c'è lo Spirito del Signore c'è libertà. E noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l'azione dello Spirito del Signore." (2Corinzi 3,15-18)

Quel velo è l'incomunicabilità dell'esperienza che può essere solo personale e che si attua per azione dello Spirito.
Questa adesione è in grado di togliere gli effetti del peccato originale, cioè l'inclinazione cattiva.

L'unione mistica diviene completa per tutti dopo la vita terrena, quando l'anima si unisce con Dio per sempre: "Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è." (1Giovanni 3,2)

LA MORTE DEL GIUSTO
Così, semplicemente, il libro del Deuteronomio ci dice della morte di Mosè: "Mosè aveva centoventi anni quando morì; gli occhi non gli si erano spenti e il vigore non gli era venuto meno." (Deuteronomio 34,7)
Non fu quindi una morte dovuta a vecchiaia e a malattia, ma fu un passaggio voluto da Dio.
Si addormentò e si svegliò con Lui.
Fu un premio!
Il Signore aveva fatto vedere da lontano, da Monte Nebo, a Mosè la terra ove avrebbe introdotto il popolo, ma a lui, Mosè che aveva terminato il proprio compito, ormai spettava la vera terra promessa, il cielo.
Nell'articolo "Le benedizioni di Giacobbe e di Mosè" al paragrafo "La morte di Mosè (Deuteronomio 34) ", in cui tra l'altro ho inserito con i miei criteri l'intera decriptazione del capitolo 34 del Deuteronomio, ho riportato anche due midrash che hanno elaborato e dilatato quel l'istante della morte del grande profeta.
"Preziosa agli occhi del Signore è la morte dei suoi fedeli" dice il Salmo 116,15 e in relazione a questo va filtrato il versetto Deuteronomio 34,5: "Mosè, servo del Signore, morì in quel luogo, nel paese di Moab, secondo l'ordine del Signore."
I segni ebraici usati per questo versetto vanno esaminati attentamente.



Con soggetto Mosè quei segni in base a "Parlano le lettere" "si possono leggere:

"A portarsi fu da uomo illuminato tra i viventi Mosè che servì il Signore dentro la terra . A vivere lo portò dal Padre , al venir meno fu col Signore ."

Che Mosè, come Elia, fu portato in cielo, è raccontato nell'apocrifo "Ascensione di Mosè", è in linea con l'episodio della trasfigurazione raccontato dai Vangeli sinottici in cui Gesù appare con vesti sfolgoranti tra Mosè ed Elia.
C'è un commento rabbinico legato ai segni a fine di quel versetto, che s'è soffermato a considerare, pare proprio in linea col mio metodo, interpretandoli come "sopra la bocca ci fu il Signore ", come se Dio stesso l'avesse baciato.
Da questa idea fu prodotto un midrash: "Si udì una voce dal cielo che disse a Mosè: Mosè, è la fine, il tempo della tua morte è venuto. Mosè disse a Dio: Ti supplico, non mi abbandonare nelle mani dell'angelo della morte. Ma Dio scese dall'alto dei cieli per prendere l'anima di Mosè e gli disse: Mosè, chiudi gli occhi e Mosè li chiuse; poi disse: Posa le mani sul petto e Mosè così fece; poi disse: Adesso accosta i piedi e Mosè li accostò. Allora Dio chiamò l'anima di Mosè dicendole: Figlia mia, ho fissato un tempo di 120 anni durante il quale tu abitassi nel corpo di Mosè. Ora è giunta la tua fine; parti, non tardare. E l'anima: Re del mondo, io amo il corpo puro e santo di Mosè e non voglio lasciarlo. Allora Dio baciò Mosè e prese la sua anima con un bacio della sua bocca, poi Dio pianse per la morte di Mosè."

Rispetto a questo racconto Daniel Lifschitz in "Mosè lotta con la Morte" (EDB) aggiunge:

"...Rispose l'anima: Signore dell'universo, esiste forse un corpo più puro di quello di Mosè? Perciò lo amo e non voglio lasciarlo. Ti porrò sotto il mio trono celeste, insieme agli angeli, promise il Signore. Meglio per me rimanere nel corpo di Mosè che trovarmi con gli angeli, protestò l'anima. È puro tanto quanto gli angeli, benché viva sulla terra. Ti prego, lasciami nel corpo di Mosé. Dopo che il Santo, benedetto sia, ebbe udito l'anima di Mosè attestare la purezza del suo corpo, baciò Mosè, e l'anima fece l'esperienza dell'indicibile gioia della Sheckinah del Signore (l'aspetto femminile di Dio), gioia incomparabilmente più grande di quella provata rimanendo nel corpo di Mosè e tornò, senza più resistere nel seno del Santo, benedetto sia."

La morte di Mosè fu così considerata la conclusione di un'esperienza mistica, da una estasi momentanea ad una estasi eterna.
Menahem ben Benjamin Recanati, italiano, qabalista del XII secolo ebbe a scrivere: "Sappi che proprio come il frutto maturo cade dall'albero e non ha bisogno più di restarvi unito, lo stesso avviene all'unione dell'anima col corpo. Quando l'anima ha raggiunto ciò che è in grado di raggiungere, si unisce all'anima superiore: in tal modo essa rimuoverà la sua veste di polvere, si separerà dal suo luogo e si unirà alla Shekinah, questa è la morte per bacio."
In definitiva l'estasi è morte temporanea ed entrare nella vera vita.

In parallelo c'è la vita alla sequela di Cristo che, col parallelismo ora fatto del frutto, si può considerare un'estasi continua.
È già l'entrare nella vita eterna al Suo servizio, come ci suggerisce la pagina della vite e dei tralci: "Io sono la vite vera e il Padre mio è l'agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla... Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena." (Giovanni 15,1-11)

CONGIUNGERSI CON DIO
La parola ebraica per "colla" è "devek" , radice di "devequt", concetto importante nella storia del pensiero ebraico, nel chassidismo e del misticismo, sinonimo di dedizione verso un particolare obiettivo in special modo per la "congiunzione" o "attaccare se stessi" a Dio in tutti gli ambiti della vita.
Per ricongiungersi occorre seguire una via e lo si può solo se vi è una traccia in terra per ricongiungersi.
Se si trova è da seguire con determinazione e fedeltà.
L'ebraismo sostiene che la via sicura è la Torah.
Lo studio della Torah e dei 613 precetti o "mitzvot" aiuta.
Lo scopo non è una ricompensa, ma recepire attraverso quel vasto messaggio le indicazioni della finalità della propria esistenza che si riveleranno ad ogni uomo che la scruta.
Questa via, dice la tradizione ebraica, è insita nella Torah perché è pervasa dallo Spirito di Dio.

Evidentemente si può trovare anche attraverso la Torah, ma per come è conformata... lo dico a me, attenzione!

Un raccontino istruttivo fa comprendere meglio: "Il grande re fu grato a due persone semplici per la loro devozione e decise di mostrare la sua gratitudine invitandoli a palazzo. I due non vi erano mai stati prima e avevano visto il re sono in occasioni di feste pubbliche, quindi, trepidanti ed eccitati, andarono a palazzo. Il primo vedendo quelle ricchezze, si fermò ad ammirare le grandi sale e gli arredi, ma non andò oltre. L'altro più saggio che desiderava vedere il re, non si fece distrarre dagli ornamenti e vide il re nella camera interna."
Cioè occorre andare all'essenza e non farsi prendere dai particolari.
La Torah, infatti, come un grande arazzo presenta scene con molti colori, ma occorre andare alla trama ed all'ordito che ci parlano del Messia.
Si racconta di come nei momenti d'estasi mistica, Schneur Zalman di Liadi (1745-1812) fondatore in Russia della scuola chassidica Chabad-Lubavitch, ebbe ad esclamare: "Dio, io non voglio il vostro giardino dell'Eden... voglio solo te!".
Il libro del Deuteronomio è costellato d'espressioni relative alla fedeltà ed alla adesione al Signore per avere la Vita.
  • 4,4 - "Voi che vi manteneste fedeli ( attaccati) al Signore vostro Dio siete oggi tutti in vita."
  • 10,20 - "Temi il Signore tuo Dio, a lui servi, restagli fedele ( restagli attaccato) e giura nel suo nome."
  • 11,22 - "Poiché se osserverete diligentemente tutti questi comandi che vi dò e li metterete in pratica, amando il Signore vostro Dio, camminando in tutte le sue vie e tenendovi uniti a lui ( attaccati a lui)."
  • 13,5 - "Seguirete il Signore vostro Dio, temerete lui, osserverete i suoi comandi, obbedirete alla sua voce, lo servirete e gli resterete fedeli (cioè vi attaccherete a lui )."
  • 30,19-20 - "Prendo oggi a testimoni contro di voi il cielo e la terra: io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza, amando il Signore tuo Dio, obbedendo alla sua voce e tenendoti unito a lui ( attaccati a lui), poiché è lui la tua vita e la tua longevità, per poter così abitare sulla terra che il Signore ha giurato di dare ai tuoi padri, Abramo, Isacco e Giacobbe."
Lo stare aderenti a Lui, la devekut, però è il punto di partenza e non il fine.
Quindi occorre trovare un'intimità con Lui e comprendere quale sia la Sua volontà per la nostra vita.
Ci sono delle norme comportamentali generali, ma ciascuno, essendo un unico irripetibile, è chiamato a cercare la via che gli indicherà il Signore se gliela chiede.

San Paolo, fariseo, già attento e scrupoloso nel rispetto della Torah, predicava: "...riteniamo infatti che l'uomo è giustificato per la fede indipendentemente dalle opere della legge."
Si era reso conto di una evidenza: "Forse Dio è Dio soltanto dei Giudei? Non lo è anche dei pagani? Certo, anche dei pagani! Poiché non c'è che un solo Dio, il quale giustificherà per la fede i circoncisi, e per mezzo della fede anche i non circoncisi." (Romani 3,28-30)
Che traccia deve seguire il pagano?
La Torah vivente, il Messia quello che è il substrato della Torah!
Gesù di Nazaret si identificò inequivocabilmente come il Messia, quando nel discorso della montagna disse:
  • "Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno." (Luca 21,33)
  • "Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento." (Matteo 5,17)
Quanto scritto in quelle scritture dei Giudei parlava di Lui, ma Lui veniva non solo per loro, ma per rendere partecipi tutti di una giustificazione necessaria per arrivare a Dio.
Presenta se stesso il suo essere, il suo modo di comportarsi, una persona eterna, che apre a tutti la via dell'adesione a Lui e su quel nuovo Sinai promulga il succo della sua Torah: "In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli. Poiché io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli." (Matteo 5,18-20)
Che fare allora?
Attaccarsi a Lui!
Anche gli avversari gli riconoscevano una qualche autorità.
Si trova, infatti, nel Vangelo di Marco: "Mandarono da lui alcuni farisei ed erodiani, per coglierlo in fallo nel discorso. Vennero e gli dissero: Maestro, sappiamo che sei veritiero e non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno, ma insegni la via di Dio secondo verità." (Marco 12,13s)
Gesù poi indicò se stesso in questo modo: "Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me." (Giovanni 14,6)
La giustificazione avviene, infatti, con l'adesione a Lui.
Il discorso della Montagna, peraltro, si conclude in questo modo: "Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. In quel giorno molti mi diranno: Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demoni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi? Ma allora io dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l'iniquità! Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande." (Matteo 7,21-27)
Cioè non sono stati a Lui "attaccati"!
Con ciò chiama all'essenza del messaggio cristiano, chiede d'affidarci, nella fede, a Lui e di aderire con la vita alle sue parola.
Con l'annuncio del Vangelo s'è attuata la profezia: "Allora parlarono tra loro i timorati di Dio. Il Signore porse l'orecchio e li ascoltò: un libro di memorie fu scritto davanti a lui per coloro che lo temono e che onorano il suo nome." (Malachia 3,16)





Versetto importante in cui in ebraico si trova per tre volte , il Tetragramma Sacro, "Ha Shem", il Suo Nome.

"...inizia a colpire con energia . La Parola che portatasi è in vista è il Signore Uomo Dio con il corpo in azione al mondo portatosi (altre soluzioni congruenti: a pascolare si porta - ai compagni () del mondo si porta - per i miseri del mondo si porta - dal male a far uscire si porta ) e si è versato alla luce dentro a stare nel mondo , portatosi fuori ed è ad esaudire ciò che è scritto nei libri , in un innocente corpo porta l'energia del Potente ; la Parola inviata è , ha portato il Potente a stare in un corpo guai il Signore , li porta all'incantatore (al serpente che chiude/si nasconde alla luce ), dentro un forte fuoco , per i viventi si porta ."

Questa profezia ci porta inequivocabilmente al Suo Nome e quel fuoco che reca è la risurrezione che attendono.

LE VIE DELLA CONGIUNZIONE
Gli ebrei che cercano nell'ambito della Torah la via perfetta si domandarono, come poteva fare la massa non colta ad aderire al Signore, visto che non era in grado di scrutare la Torah?
Ogni ebreo però conosce almeno l'alfabeto e sa come è scritto il Santo Nome e tutti i suoi attributi; basta che mediti su quelli.
Questa fu la conclusione dei qabalisti del medioevo, infatti "Io, Rav Yitzahaq da Acco... dico all'élite come al volgo, che chiunque desideri conoscere il segreto della connessione della sua anima col superiore e la congiunzione del suo pensiero con il Dio elevato... deve porre di fronte ai propri occhi le lettere del nome di Dio."
Altro elemento di congiunzione è il canto e la musica come suggerisce l'idea del Salmo 33,1-3: "Esultate, giusti, nel Signore; ai retti si addice la lode. Lodate il Signore con la cetra, con l'arpa a dieci corde a lui cantate. Cantate al Signore un canto nuovo, suonate la cetra con arte e acclamate."
Il Signore attende un canto nuovo con la cetra e l'arpa a 10 corde, con una vita in cui i 10 comandamenti producano un canto nuovo.

L'idea di un'anima superiore, il prototipo, il conio e il sigillo di tutte le anime, è un pensiero fisso che porta all'idea qabalistica dell'Adam Kadmon un essere preesistente, una manifestazione trascendente di Dio che Dio stesse prese da modello per creare l'uomo fisico.
L'Adamo terreno fatto a immagine di Dio secondo quel pensiero fu creato a somiglianza dell'Adam Kadmon che sarebbe l'essere che il profeta Ezechiele vide durante una sua visione.
Dio si manifesta nel mondo, con tracce che si possono seguire, sempre più sottili, ampolle della sua essenza, le sefirot.
Queste dieci sefirot o sfere che elencherò di seguito, sono le "facce del Re", le vesti della Divinità, ma anche i raggi della luce che emana, i dieci gradi del Tutto, gli aspetti vari della sua manifestazione, come Egli appare, per i quali dal recondito si rivela con la Sua Shekhinà o presenza:
  • "keter", corona la volontà divina, "Kèther Elyòn", la "suprema corona" della Divinità;
  • "chokmah", saggezza, sapienza;
  • "binah", comprensione, intelligenza;
  • "chesed", amore o grazia di Dio;
  • "gevurah", potere la "potenza" di Dio giudicante;
  • "tiferet", bellezza o "Rachamim", la "misericordia" di Dio, mediatrice tra delle due precedenti Sefiròth;
  • "netzach", vittoria, la "stabile durata" di Dio;
  • "hod", gloria, la "maestà" di Dio;
  • "yesod", fondamento di tutte le forze generanti di Dio;
  • "Malkut", regno o presenza divina il "regno" di Dio, indicato per lo più nello Zòhar come "Knèseth Yisraèl", archetipo della comunità di Israele, o come "Shekhinà".
Tutto sarebbe stato creato con questa idea tramite la parola di Dio che si esplica con le 22 lettere dell'alfabeto, che sono anche numeri, onde 32 (le 10 sefirot come i 10 numeri + 22 lettere) sono le vie per trovarlo perché risalgono a Lui.
Tutte le anime umane avrebbero un'impronta di somiglianza con quella dell'Adam Kadmon.
Le sefirot a destra sarebbero "maschili" e quelle a sinistra "femminili", e un giusto equilibrio delle due è da conseguire; infatti, l'Adam dei racconti del libro della Genesi è una coppia di maschio e femmina ed è detto dalla Qabalah Du-Partzufin - "doppia faccia": come in "duo", coppia, maschio e femmina in un solo corpo, onde ai più alti stadi non c'è nessuna separazione tra maschile e femminile.
L'unione matrimoniale è l'ambito in cui è da cercare quel giusto equilibrio.
Da realtà spirituali sottili ed etere, le prime quattro, si attingono doni umani così:
  • da "volontà divina" si passa alla fede umana;
  • da "sapienza", la saggezza;
  • da "intelligenza", la capacità di comprendere;
  • da "amore", la comunione e la carità.
 Le sefirot Le ampolle successive, dicono i qabalisti, si sono rotte e produssero le manifestazioni più captabili, più vicine alle realtà materiali con cui è tappezzato, formato, composto, organizzato il creato, come ci appare.
Di quelle ampolle successive, a causa della rottura accade che nel mondo si trovano cocci, residui di scorie materiali "N'tzotzot" e "Klippot" frammenti che l'uomo con la sua devozione deve correggere, "takkun", onde riportare quelle realtà ai valori assoluti.
La prima coppia Adamo avrebbe compiuto ciò se unita, maschio e femmina, non avesse mangiato prematuramente dell'albero della conoscenza del bene e del male.

Due volte al giorno è da recitare lo Shemà che inizia: "Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno." (Deuteronomio 6,4) ed in questa parola fondamentale è appunto quell'UNO "'echad" .
Pensando a quell'UNO "'echad" è sentita la necessità di unificazione delle 10 sefirot e una meditazione è far confluire quelle 10 nell'UNO cioè l'"Alef" che è appunto il capo, l'inzio, quindi nel Keter la corona.
La seconda lettera di quell'UNO è la Het = 8 che è l'iniziale di "Chokmah" e porta con se altre 7 sefirot.
Resta quindi l'ultima "Malkut" o "Shekinah" che è la porta "dalet" per entrare nella realta divina dell'UNO.
Il nome della prima sefirot Keter, corona, ci porta subito sul capo del re il maestro delle sefirot, al Suo pensiero.
Ecco che se pensiamo a noi collegati e simili a Lui accade che:
  • il pensiero umano è causa della sua saggezza;
  • la sua saggezza è causa del suo intendimento;
  • il suo intendimento è causa della sua clemenza;
  • la sua clemenza è causa della reverenza verso il Creatore;
  • questo timore è causa della sua bellezza;
  • la sua bellezza è causa della sua vittoria;
  • la sua vittoria è causa del suo splendore;
  • il suo splendore è causa della sua essenza che è di sposo;
  • la sua essenza è causa del suo regno chiamato sposa.
Chi ha esplicato al solo e sommo grado questi passaggi integralmente?
Lui il Cristo!
Ed ogni passaggio è un mare da sondare nella meditazione.

Un modo ulteriore, denso di miriadi di sfaccettature, è meditare cercando di collegare le sefirot alle 10 parole della creazione, cioè i 10 disse di Genesi 1, e alle 10 parole dei comandamenti, così:
  • Non avrai altro Dio all'infuori di me con "Keter" e la "luce";
  • Non ti farai immagine di me con "Chokmah" e il "firmamento";
  • Non nominare il nome di Dio invano con "Binah" e "l'asciutto";
  • Ricordati di santificare il Sabato con "Chesed" e "germogli, semi, frutti";
  • Onora il padre e la madre con "Gevurah" e "luci nel firmamento";
  • Non uccidere con "Tiferet" e "esseri viventi nelle acque e nel cielo";
  • Non commettere adulterio con "Netzach" e "esseri viventi della terra";
  • Non rubare con "Hod" e "l'uomo a immagine e somiglianza di Dio";
  • Non dare falsa testimonianza con "Yesod" e "siate fecondi e riempite la terra";
  • Non desiderare, la moglie e la roba dell'altro con "Malkut o Shekinah e vi do seme e frutto".
La decima sfera, Malkuth, ad esempio, si collega bene col comandamento: "Non desiderare la casa del tuo prossimo. Non desiderare la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo". (Esodo 20,17)
L'attaccamento alle cose materiali è, infatti, l'inciampo da evitare, remora alla nostra elevazione, inganno che ci può far preferire la terra al cielo.

Riportando la questione all'albero sefirotico il qabalista, infatti, tende a risalire quell'albero per passare alle sefirot successive.
Ogni uomo risiede, infatti, stabilmente nella decima sfera, quella di Malkuth, la terra, il mondo visibile, rinnovato continuamente dalle energie delle sfere superiori ove c'è proiezione materiale delle sfere superiori.
L'adesione dell'uomo a Dio è la tensione che ha l'uomo per risalire lungo l'albero delle sefirot fino alla corona.
L'uomo è l'ultima delle realtà create ed è così rappresentabile con la lettera iod = 10, perché come la decima sefirot riceve il potere del Tutto e riceve in sé il Tutto.
L'uomo, la piccola "iod", che si scrive si deve unire a Lui la IOD di IHWH.
Il nome della lettera iod ha valore di ( = 10) + ( = 6) + ( = 4) = 20
L'uomo è comè a metà, come un semicerchio; solo se s'unisce alla iod del cielo si avrà che + = 20 e sarà un perfetto cerchio.
C'è un versetto particolare della Torah, il Deuteronomio 32,39 che riporto con le lettere ebraiche dal testo masoretico ed accanto l'ultima traduzione C.E.I.:

Ora vedete che io
io lo sono
e nessun altro è dio accanto a me.
Sono io che dò la morte e faccio vivere;
io percuoto e io guarisco
e nessuno può liberare dalla mia mano.

Grammaticalmente però è consentita anche questa traduzione letterale:

Ora vedete che io,
io sono Lui...!

I qabbalisti lo interpretano "Adesso vedi che io, anch'io sono Lui" come esprimere l'unione del divino con l'umano.
Rafforzano poi questo pensiero con la gematria, in quanto "Io, io sono Lui" cioè ha come valore 134 che corrisponde "a cerchio della profezia" che, del pari, ha valore 134.
Ciò li conforta nell'idea che il cerchio della perfezione contenga due "io".
Ogni anima viene da Lui, e desidera il ricongiungimento, ma in ciò è impedita per la congiunzione con la materia.
Occorre così che il nostro corpo, tutt'uno con l'anima sia glorificato e solo allora può ricongiungersi con l'anima che l'ha generata restando perfetta e individuale.
Avviene cioè secondo il Salmo 2,7: "Annunzierò il decreto del Signore. Egli mi ha detto: Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato" e il Salmo 82,6 "Io ho detto: Voi siete dèi, siete tutti figli dell'Altissimo".
Questo percorso però è impedito dall'istinto malvagio nell'uomo che l'ha invaso e frena quel ritorno.
L'unione dei semicerchi è metafora dell'unione mistica.
Nel versetto Numeri 10,2 "Fatti due trombe d'argento..." la parola "trombe" che è scritta "hatzotzerot" viene interpretato come "hatzi" - "tzurot" mezze forme.
L'uomo è costiutito da due mezze forme, l'unione in terra dell'uomo e di sua moglie lo rende simile a quando sarà unito col Signore.
Questi D = "impedito, sbarrato" a M = "alla vita" unendosi, quindi con l' diviene "'Adam" a immagine e somiglianza di Dio.
Del pari la singola anima dell'uomo materiale unendosi con l'Uno è riconosciuto simile e immagine del l'Adam Qadmon, il prototipo che Dio ama, l'Unico che gli è immagine e somigliante, l'Unigernito, il Verbo, il Cristo.
Chi, secondo Sholem in "Be-'iqqevot Mashiah" (p. 104) compie integralmente questo percorso restauratore è appunto il Messia: "L'anima del Re Messia si unisce all'albero della vita, egli è il Signore di tutti i tesori di suo Padre e attua restaurazioni (tiqqunim) in tutti gli aspetti dell'esistenza... in grazia della sua congiunzione con l'albero della vita tutto ciò che compie è una restaurazione."
In ciò c'è identità col pensiero cristiano: seguire il Messia è adesione con Dio.

L'uomo è un interrogativo continuo su se stesso.
I Qabbalisti arrivano a questa considerazione facendo questo equilibrismo.
Il valore gemiatrico delle lettere di uomo è ( = 1) + ( = 4) + ( = 40) = 45
Accade così che questa realtà oscilla continuamente tra:
  • una domanda "cosa?" in ebraico "mh" che pure vale ( = 40) + ( = 5) = 45;
  • il nome di Dio scritto in modo "de Alefin" con tutte lettere di IOD e le altre completate con 'Alef così che è pure, se si sostituiscono i numeri alle lettere, pari a 45.
Nel versetto della formazione dell'uomo in Genesi 2,7 "allora il Signore Dio plasmò ( yyitzer) l'uomo con polvere del suolo..." è usato una doppia IOD nello stesso versetto per il Signore Dio vi sono i due nomi principali 'Elohim e IHWH.
Hanno su ciò molto argomentato giustizia 'Elohim e misericordia IHWH inoltre le due IOD l'aspetto anteriore e posteriore dello 'Adam coppia (Alfabeto di Rabbi 'Aqiva).
Da cui l'idea che giustizia e misericordia erano originatamene uniti come la coppia primigenia e s'attende che: "Misericordia e verità s'incontreranno, giustizia e pace si baceranno." (Salmo 85,11)
Due IOD sono anche usate per definire in modo sintetico IHWH 'Adonai indicando la prima e ultima lettera di quei due che sono un unico Nome.
Sono come due partzufin di Lui, a immagine dell'uomo il maschile giustizia forza e il femminile misericordia clemenza.
Sarebbero i due volti dei cherubini sull'arca!
Ecco che il vino del Messia "Yayin" che ci viene dato nell'eucarestia cristiana anche in questo senso pare avere una finalità, ricordare che fornisce l'energia divina per il completamento del cerchio e la saldatura della nostra anima con la Sua!

ESPERIENZA NEL SEGRETO
Ciascun uomo ha intenso il desiderio d'esistere come individuo.
Per contro teme un'unione che lo facesse perdere nell'indifferenziato, cioè in una melassa divina, la propria identità.
Si rende però conto che qualcosa gli impedisce d'essere ancora al potenziale massimo e da questo desidera venir estratto per essere quanto potrebbe essere.
L'aspirazione è essere completato!
L'unione con Dio a tutti gli effetti è proprio un matrimonio è "trovare l'anima gemella" e vivere felici per l'eternità.
Dice la lettera agli Ebrei "noi riceviamo in eredità un regno incrollabile, conserviamo questa grazia e per suo mezzo rendiamo un culto gradito a Dio, con riverenza e timore; perché il nostro Dio è un fuoco divoratore." (Ebrei 12,28s), infatti "Il Signore tuo Dio è fuoco divoratore, un Dio geloso." (Deuteronomio 4,24)
La descrizione di "fuoco divoratore" "'ash 'ocolah" evoca infatti il desiderio di Dio che ciascuna anima sia sua moglie, una "Donna () dell'Unico sposa " rafforzato dal fatto che Lui è geloso , verbo che solitamente appunto si riferisce ad una moglie.
Ecco che il timore di perdersi sia pure in Dio non sussiste nel pensiero biblico.
Il rapporto sarà paritario di una sposa con uno sposo.
"Sì, come un giovane sposa una vergine, così ti sposerà il tuo architetto; come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te." (Isaia 62,5)
Questo del mangiare di Lui ci porta all'eucarestia cristiana, quel mangiare nasconde un matrimonio!
Una cosa ingoiata da un'altra ci porta, infatti, all'idea unitiva del primo matrimonio "...e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne." (Genesi 2,24)
Questa unione avviene nel segreto sacrale dell'intimità!
Quando l'uomo si congiunge con Dio è l'estasi, estremamente piacevole e dolce, ha ingoiato Dio nel suo cuore e diviene una sostanza nuova con Dio che di fatto è Lui che l'ha ingoiato.
Sono una identità nuova!
Una famiglia divina!
Il gusto di un cibo di fatto è non è descrivibile in modo compiuto ad un'altra persona che non l'ha mai provato, così è per il sapore, il gusto dell'estasi.
È questo segreto, celato, è "nistar" come si dice in ebraico da "soter" nascosto.
Così, è impossibile spiegare ad un altro l'amore di Dio che si sente nel proprio cuore.
Questo termine, "soter" nascosto, ci porta al libro di Errore. Il segnalibro non è definito. (Vedi: "Ester, un libro che... nasconde l'epopea del Messia" articolo in .pdf in "Attesa del Messia") ove non è mai nominato il nome di Dio, anche se ne sente dietro le quinte la presenza salvifica, nei riguardi però solo del popolo amico.
Il nome dell'eroina, in effetti, è Hadassa = mirto, ma era conosciuta come Ester, nome che in ebraico è legato appunto al verbo "nascondersi".
Dal punto di vista delle lettere se vi si volesse "nascondere" (dal radicale "avvolgere tutto il corpo ") un testo sul Messia con l'idea dell'incarnazione le lettere di nascondere lo consentono: "l'Unico riempirà uno scelto corpo .
Come si comprende l'incarnazione implica anche l'idea dell'incorporare, cioè di un matrimonio del Messia con l'umanità.
Non a caso nel discorso della montagna al capitolo 6 del Vangelo di Matteo si trova per ben 6 volte la parola "segreto":
  • 2-4 - "Quando dunque fai l'elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Quando invece tu fai l'elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà."
  • 5 e 6 - "Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà."
  • 16-18 - "E quando digiunate, non assumete aria malinconica come gli ipocriti, che si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa.Tu invece, quando digiuni profumati la testa e lavati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo tuo Padre che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà."
È questa la via segreta per preparare la comunione con Dio:
  • l'elemosina che ci fa uscire dall'egoismo;
  • la preghiera che ci libera dalla dimensione del tempo;
  • il digiuno che ci fa aspirare a un cibo spirituale.
VASI COMUNICANTI
Dio è "Signore" della storia.
Nasce però la domanda: l'uomo può influenzare la volontà di Dio e spostare il Suo comportamento da giusto a misericordioso e viceversa?
Un versetto del libro della Genesi, 18,17 apre questa eventualità, quando dice: "Il Signore diceva: Devo io tener nascosto ad Abramo quello che sto per fare...?"
Abramo, il padre nella fede, ci provò, discusse, con Dio, "Davvero sterminerai il giusto con l'empio?" (Genesi 18,23), patteggiò, quando Dio aveva deciso di distruggere Sodoma e Gomorra per i loro peccati.
Mosè con la preghiera tenendo le mani alzate indusse Dio a parteggiare per Israele nel combattimento contro gli amaleciti: "Quando Mosè alzava le mani, Israele era il più forte, ma quando le lasciava cadere, era più forte Amalek." (Esodo 17,11)
Mosè, egualmente, discusse e smosse la posizione di Dio nei confronti del popolo d'Israele che intendeva distruggere in occasione del grande peccato del vitello d'oro.
Gli portò davanti i meriti dei padri e gli disse "Ricordati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo e tutto questo paese, di cui ho parlato, lo darò ai tuoi discendenti, che lo possederanno per sempre. Il Signore abbandonò il proposito di nuocere al suo popolo." (Esodo 32,13s)
In campo cristiano, del pari, nel Vangelo di Giovanni, alle nozze di Cana: "Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: Non hanno vino. E Gesù le rispose: Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora. Sua madre disse ai servitori: Qualsiasi cosa vi dica, fatela." (Giovanni 2,3-5)
E Gesù fece il suo primo segno e trasformò l'acqua in vino.
La sposa così può far modificare le intenzioni dello sposo.

Il mondo sussiste perché Dio riconosce che vi sono dei Santi.
È santo chi entra in comunione con Lui e può avere su di Lui influenza; infatti, in un matrimonio vi è un rapporto di reciprocità.
Quando il popolo d'Israele benedice Dio allora la sua gloria aumenta ed è come se salisse in alto: "Esaltate il Signore nostro Dio, prostratevi allo sgabello dei suoi piedi, perché è santo." (Salmo 99,5)
C'è quindi una comunicazione diretta tra l'esistenza dell'uno e l'esistenza dell'altro e il versetto 10 Iod, del Salmo 145, peraltro alfabetico, ci propone: "Yod Ti lodino, Signore, tutte le tue opere e ti benedicano i tuoi fedeli."
Se sono retti ovviamente, prosegue quel Salmo al versetto 11: "Caf Dicano la gloria del tuo regno e parlino della tua potenza."
È stato osservato che quando Dio viene benedetto è come se divenisse più grande e più esteso.
È come un patriarca che ha figli e nipoti che risparmia e accumula per loro tanto più sono affezionati e retti, altrimenti spende per sé e per altri.
Proprio come vaso comunicante col suo popolo si comporta.
Se il condotto è aperto: "Con Dio noi faremo prodigi: egli calpesterà i nostri nemici." (Salmo 60,14), ma non sia mai che accada che: "La Roccia, che ti ha generato, tu hai trascurato; hai dimenticato il Dio che ti ha procreato!" (Deuteronomio 32,18)
Quel trascurarlo è come indebolirlo nei tuoi riguardi, ma se Israele osserva la "Berit", il patto "matrimoniale" con Lui: "Nessuno è pari al Dio di Iesurun, che cavalca sui cieli per venirti in aiuto e sulle nubi nella sua maestà." (Deuteronomio 33,26)
È come un infante alla mammella della madre, più succhia e più si nutre!
Certo il vino "yiyin" è segno di comunione ed evoca il segreto "sod" ed entrambi hanno valore gimetrico di 70. (Vedi: il paragrafo "Chi legge doppio è brillo" in "Decriptare le lettere parlanti delle Sacre Scritture ebraiche")
Quella parola vino contiene le due Iod ed è segno di una unione che produce energia .
Il pensiero delle due IOD ci porta alla parola vita "chai" il cui plurale è "chaiim" ed in questo modo è presentato nell'albero della vita in mezzo al giardino dell'Eden di Genesi 2,9 come l'albero quasi come un plurale duale, "l'albero delle due vite".
Dopo tutto questo discorrere delle due IOD viene spontaneo il pensare che quello è l'albero della vita del matrimonio col Signore ove i due vivranno la stessa vita.
Accade, infatti, che 2 unità che vivono la stessa vita fanno 70 come il vino e come il segreto: - - = 1+40+10+10+8+1 = 70.
L'esistenza del creato secondo il Talmud è condizionato da una decisione di Dio che sia accettata la sua Torah e la fede d'Israele è che l'adempimento delle mitzvot separano l'universo dal caos.
Nel trattato Avot in una versione del medioevo citata in Qabbalah di Moshè Idel 7,IV) "Per mezzo di 10 parole creatrici (ma'amaot) fu creato il mondo e su dieci comandamenti (dibberot) esso si mantiene."
(Pur senza sapere allora di questa chiosa in Avot in basi a tali pensieri ho sviluppato il mio articolo "Amore, navicella dell'uomo nuovo, astronauta del cielo" nella rubrica "Attesa del Messia")
Dopo il peccato d'Adamo Dio, secondo il pensiero della qabalah, si allontanò dal paradiso terrestre e sempre più in alto pose la sua residenza man mano che il peccato degli uomini diveniva sempre più grande.
La Shechinah fu però condizionata alla discesa dalla umana attività positiva dei patriarchi e poi dell'intero Israele (Midrash in Genesi Rabba XIX,7) finché Dio si insediò con la sua presenza nel Tempio di Salomone.
Nel cristianesimo ogni credente diviene suo trono.

COME OMBRA CHE TI COPRE
Il cercare il completamento della propria anima, il pezzo da cui siamo stati staccati, l'altra metà del conio, lo IOD, l'Essere che da stabilità al mio essere, Iod minuscolo, mi sono detto, questo è il vero lavoro che deve compiere l'uomo sulla terra!
Tale pensiero m'ha portato subito a questi due versetti dell'antico libro di Giobbe: "Non ha forse un duro lavoro l'uomo sulla terra e i suoi giorni non sono come quelli d'un mercenario? Come lo schiavo sospira l'ombra e come il mercenario aspetta il suo salario." (Giobbe 7,1-2)
Sono andato a cercare il testo con le lettere ebraiche e l'ho letto usando i significati grafici dei segni ebraici secondo "Parlano le lettere" ed esce chiaro questo discorso.




"Uscirà dal negativo per salire alla casa di Dio .
L'uomo si eleverà () dalla terra portandosi rettamente nei giorni del vagare () stando nel corpo .
Stando tra i vivi sarà a portarsi da retto servo , sarà illuminato dall'Unico .
Il Verbo su l'accompagnerà () portandolo retto dall'errare ().
A lanciargli () sarà una corda nel mondo .
Il Verbo in alto lo condurrà ."

Anche un'altra lettura è consentita con le stesse regole che ci dice la causa della nostra caduta:

"Nel mondo il serpente alle origini scese per abitarvi per la maledizione () dell'Unico .
Per infermare agì il serpente in terra , portò bruciature ai viventi , fu bruciata la rettitudine che esisteva nei corpi , i giorni (il tempo) portò .
La rettitudine in azione da casa al tempo della trebbiatura con l'ira scese , al serpente recò così il fuoco .
Un fornello fu rovesciato e al mondo il Verbo dall'alto lo portò ."

(In Appendice presenterò decriptati i 21 versetti dell'intero capitolo 7 di Giobbe.)

In quei versetto si trova "lo schiavo sospira l'ombra" e l'ombra è una delle Sue immagini.
Il Servo sospira proprio la sua ombra!
Maria di Nazaret, la serva di Dio, si sentì dire: "Le rispose l'angelo: Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio... Maria disse: Eccomi, sono la serva del Signore..." (Luca 1,35-38)
In ebraico ombra e per traslato tutela e protezione è "tzel" .
È chiaro che il significato grafico delle lettere danno spiegazioni esaurienti; infatti, la lettera "sade" o "tsade" = che indica "vedo salire o vedo discendere" unita alla lettera "lamed" "Potente o potenza" ci parla nel caso specifico con soggetto Dio, che scende o fa salire a lui con potenza.
Rammento che la coppia 'Adam in Genesi 1,26 è fatto a immagine di Dio e "immagine" in ebraico è "tzoeloem" ove appare + .
Si può così concludere che Dio è l'ombra, cioè "la protezione" del vivente.
I Salmi, peraltro, hanno vari riferimenti a tale concetto:
  • 17,8 - "Custodiscimi come pupilla degli occhi, proteggimi all'ombra delle tue ali."
  • 36,8 - "Quanto è preziosa la tua grazia, o Dio! Si rifugiano gli uomini all'ombra delle tue ali..."
  • 57,2 - "Pietà di me, pietà di me, o Dio, in te mi rifugio; mi rifugio all'ombra delle tue ali finché sia passato il pericolo."
  • 61,5 - "Dimorerò nella tua tenda per sempre, all'ombra delle tue ali troverò riparo";
  • 63,8 - "...sei stato il mio aiuto, esulto di gioia all'ombra delle tue ali."
Il Salmo 91,1 propone "Tu che abiti al riparo dell'Altissimo e dimori all'ombra dello Onnipotente...", estremamente interessante perché nello stesso versetto si trova sia ombra che riparo che nel caso specifico in ebraico in effetti è nel segreto:
  • abiti al riparo (segreto) dell'Altissimo ,
  • dimori all'ombra dello Onnipotente .
C'è, peraltro, una interessante osservazione dei qabalisti.
Prendono in esame: il versetto Esodo 3,14 quando Dio si rivela a Mosè.
Il versetto secondo la traduzione C.E.I. "Dio disse a Mosè: Io sono colui che sono!" (Esodo 3.14a) come la traduzione in greco dei 70.
In ebraico è: "'Ehiè 'asher 'Ehiè" , ma letteralmente, essendo "'Ehiè" il futuro del verbo essere è: "Sarò colui che sarò!"

È permessa anche una traduzione più immaginifica, di reciprocità, assai efficace : "Sarò come sarai", cioè se sarai con me io sarò con te!
Egualmente fanno una diversa traduzione del versetto del Salmo 121,5 "Il Signore è il tuo custode, il Signore è come ombra che ti copre, e sta alla tua destra." e leggono così: "Il Signore è come l'ombra della tua mano destra".
In definitiva si conclude che il rapporto tra Lui e il suo vero fedele è totale.
Pure in Qabbalah 8,I di Moshè Idel (Adelphi 2010) ho trovato estratto "Tola'at Ya'aqov" di Meir ibn Gabbay: "Il Signore è come la tua ombra. Come la tua ombra sorride di rimando a te che le sorridi e piange se tu piangi davanti a lei e se le mostri una espressione arrabbiata o un'espressione soddisfatta essa te la restituisce, così il Signore, il Santo, sia benedetto, è la tua ombra. Come tu sei con Lui, Egli è con te."
Perfetta è la comunione del Santo con Signore e questi si fa condurre ad operare, uno diviene immagine dell'altro.
Pensiero teosofico qabalistico, peraltro antichissimo, che si trova anche nel "Padre nostro" cristiano è "come in cielo così in terra".
Come l'uomo, se giusto, aggiunge forza e potenza nell'assemblea celeste, se malvagio l'indebolisce in quanto le entità inferiori sono modello delle superiori.
Tanto è profonda questa idea che si può pensare che al momento del Cantico del Mare, quando il versetto dice "Allora Mosè e gli Israeliti cantarono questo canto al Signore e dissero" (Esodo 15,1) poiché "yashir" oltre che cantarono si può anche tradurre "fece cantare".
Allora, quel fece cantare si può far riferire al Signore che in contemporanea, s'immagina, fece cantare nell'assemblea celeste il Cantico di Mosè e di Miriam.

DIO S'IMMEDESIMA CON L'UOMO
"Conosci te stesso e conoscerai te stesso e Dio" diceva l'Apollo di Delfo.
Beh, la mistica ebraico - cristiana parte dai due comandamenti che uniscono a questa diade di Dio con il se stesso anche l'altro:
  • "Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese di Egitto, dalla condizione servile. Non avere altri dèi di fronte a me." (Deuteronomio 5,6s)
  • "...amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore." (Levitico 19,18)
Tutto porta ad una identità, Io sono, il Signore ama nello stesso modo me e il mio prossimo e mi chiama a tale comunione.
L'uomo è un'estensione del divino sulla terra e da ciò deriva il comando di non uccidere il prossimo, di non derubarlo, di non dire falsa testimonianza, di non desiderare quanto gli appartiene.
È un altro me stesso, perché anche in lui c'è la stessa impronta divina.
Nella opera più famosa di Silesio, "Il Pellegrino Cherubico" (6 libri in versi) si trova: "Dio diviene ciò che io sono adesso e assume la mia umanità. Poiché io da Lui derivo il mio essere, per questo lo ha creato." (Johannes Scheffler 1624-1677 polacco, mistico e poeta cristiano, studiò filosofia e medicina all'università di Padova, da predicatore luterano, si converte al cattolicesimo e diventò Johannes Angelus Silesius, ossia "della Slesia")
Nel mondo, almeno io, ho preso i suoi vizi, tendo continuamente a cadere, quindi a decadere, ed è essenziale l'opera di redenzione del Cristo che attiva il programma di ritorno nell'intimo dei cuore e chiama ad un grande e glorioso percorso di riconquista della propria origine.
Dice, infatti, il Selenio: "Sono grande come Dio, egli è piccolo come me; Di me non può esser più alto, né io di lui più basso" e "È caro Dio a me quanto io a lui. Lo aiuto a serbare il suo essere, e lui aiuta me."

Altri pensieri del Selenio da ricordare sono:
  • "Và là dove non puoi! Guarda dove non vedi! Dov'è silenzio ascolta: è lì che parla Dio."
  • "Finché ami qualcosa, uomo, non ami nulla: Dio non è questo e quello, perciò lascia il qualcosa."
  • "Praticare l'amore è grande fatica: non solo si deve Amare, ma essere, come Dio, l'amore stesso."
Il distico che conclude il Pellegrino Cherubico: "Amico, basta ormai. Se vuoi leggere ancora, Và e diventa tu stesso la scrittura e l'Essenza!"
Ciò consolida l'idea che Dio nel mondo si palesa e si rafforza attraverso gli uomini ove ciascuno è chiamato ad una grande opera, a compiere cioè i comandamenti come dice il libro del Levitico: "Se seguirete le mie leggi, se osserverete i miei comandi e li metterete in pratica... Stabilirò la mia dimora in mezzo a voi e io non vi respingerò. Camminerò in mezzo a voi, sarò vostro Dio e voi sarete il mio popolo." (Levitico 26,3-12)
Per quel mettere in pratica, in effetti, è usato "e'ashitoem" , cioè il verbo fare, onde lo Zohar II,113a commenta. "Chiunque mette in pratica i precetti della Torah è cammini nelle Sue vie è considerato come facesse Dio nell'alto", cioè dice Dio in quel versetto del Levitico è come se aveste fatto me con loro.
Di fatto v'è una identificazione nell'ebraismo di Dio con la Torah.
Questa è però anche una differenza fondamentale col cristianesimo, Dio non è una scrittura sia pure sacra, ma si è fatto e si fa uomo.
Resta comunque che chi provoca corruzione in questo mondo tende a diminuire la Sua immagine e vale la regola opposta, chi compie un comandamento rafforza il Santo in questo mondo.

L'idea dei costruttori della torre di Babele era farsi un nome dice Genesi 11,4, ma vennero dispersi.
Davide invece fece un nome, dice così 2Samuele 8,13 "...Davide acquistò ancora fama..." che si può tradurre "fece David il Nome" e venne consolidato, come ci dice la sua storia nella Bibbia.
I primi volevano farsi un nome per se stessi il secondo invece, ci propone la Scrittura, di fatto diede gloria al Nome.
Cioè la sua fama è un derivato, ma ciò che fece in realtà fu affermare nel mondo IHWH, il Nome.
IHWH di fatto nessuno lo conosceva come tale, ma con Davide, con Gerusalemme e con i suoi Salmi e l'idea del Tempio è stato conosciuto nel mondo!
Subito dopo, nel versetto seguente - 2Samuele 8,14 - si trova, infatti, il Nome "...Il Signore salvava Davide in ogni sua impresa..." e addirittura il Nome completo Gesù il Signore!
Reciprocità totale!
Uno, David, faceva conoscere il Suo Nome sulla terra, mentre il Signore, lo salvava e non solo a lui, perché dalla sua discendenza verrà anche per noi la salvezza con Gesù .
Dio, infatti, piange nel segreto per l'uomo "Se non ascolterete, io piangerò in segreto dinanzi alla vostra superbia; il mio occhio si scioglierà in lacrime..." (Geremia 13,17), in effetti è "la mia anima piangerà in segreto" e chi ascolta sentirà il suo pianto per la nostra anima; è quel pianto ascoltato che lava dai peccati!
Man mano che desideriamo avvicinarlo e avvicinandoci si cerca di partecipare alla vita divina s'entra nel colloquio con Dio ci si rende conto che Lui interviene con partecipazione alla vita umana del soggetto che avvicina.
Ancora una volta si parla di segreto.
Quindi c'è un modo per trovare il "Padre che è nel segreto " (Matteo 6,18) pare proprio indicare il rotolo di TR e queste lettere ci ricordano la Torah, proprio in essa in modo segreto si incontra Lui.

APPENDICE - GIOBBE 7 - DECRIPTAZIONE
Riporto prima il testo dell'ultima traduzione C.E.I., poi tutto di seguito il testo decriptato.

Giobbe 7,1 - L'uomo non compie forse un duro servizio sulla terra e i suoi giorni non sono come quelli d'un mercenario?

Giobbe 7,2 - Come lo schiavo sospira l'ombra e come il mercenario aspetta il suo salario,

Giobbe 7,3 - così a me sono toccati mesi d'illusione e notti di affanno mi sono state assegnate.

Giobbe 7,4 - Se mi corico dico: Quando mi alzerò? La notte si fa lunga e sono stanco di rigirarmi fino all'alba.

Giobbe 7,5 - Ricoperta di vermi e di croste polverose è la mia carne, raggrinzita è la mia pelle e si dissolve.

Giobbe 7,6 - I miei giorni scorrono più veloci d'una spola, svaniscono senza un filo di speranza.

Giobbe 7,7 - Ricordati che un soffio è la mia vita: il mio occhio non rivedrà più il bene.

Giobbe 7,8 - Non mi scorgerà più l'occhio di chi mi vede: i tuoi occhi mi cercheranno, ma io più non sarò.

Giobbe 7,9 - Una nube svanisce e se ne va, così chi scende al regno dei morti più non risale;

Giobbe 7,10 - non tornerà più nella sua casa, né più lo riconoscerà la sua dimora.

Giobbe 7,11 - Ma io non terrò chiusa la mia bocca, parlerò nell'angoscia del mio spirito, mi lamenterò nell'amarezza del mio cuore!

Giobbe 7,12 - Sono io forse il mare oppure un mostro marino, perché tu metta sopra di me una guardia?

Giobbe 7,13 - Quando io dico: Il mio giaciglio mi darà sollievo, il mio letto allevierà il mio lamento,

Giobbe 7,14 - tu allora mi spaventi con sogni e con fantasmi tu mi atterrisci.

Giobbe 7,15 - Preferirei morire soffocato, la morte piuttosto che vivere in queste mie ossa.

Giobbe 7,16 - Mi sto consumando, non vivrò più a lungo. Lasciami, perché un soffio sono i miei giorni.

Giobbe 7,17 - Che cosa è l'uomo perché tu lo consideri grande e a lui rivolga la tua attenzione

Giobbe 7,18 - e lo scruti ogni mattina e ad ogni istante lo metta alla prova?

Giobbe 7,19 - Fino a quando da me non toglierai lo sguardo e non mi lascerai inghiottire la saliva?

Giobbe 7,20 - Se ho peccato, che cosa ho fatto a te, o custode dell'uomo? Perché mi hai preso a bersaglio e sono diventato un peso per me?

Giobbe 7,21 - Perché non cancelli il mio peccato e non dimentichi la mia colpa? Ben presto giacerò nella polvere e, se mi cercherai, io non ci sarò!

Giobbe 7,1 - Nel mondo il serpente alle origini scese per abitarvi per la maledizione dell'Unico. Per infermare agì il serpente in terra, portò bruciature ai viventi, fu bruciata la rettitudine che esisteva nei corpi, i giorni (il tempo) portò.

Giobbe 7,2 - La rettitudine in azione da casa al tempo della trebbiatura con l'ira scese, al serpente recò così il fuoco. Un fornello fu rovesciato e al mondo il Verbo dall'alto lo portò.

Giobbe 7,3 - Così l'angelo al mondo inviò l'ammalarsi. La croce fu per il serpente nell'esistenza. Stando nei corpi nella vita la malvagità portò. La notte recò per sviare i viventi. Per il serpente la vita un cesso fu.

Giobbe 7,4 - L'Unico alla Madre emise il seme, fu portato l'Unigenito alla ribellione, fu un uomo che fu dall'Unico a sorgere portato ai viventi d'aiuto. Alla conoscenza col corpo in una casa si portò. Il settimo segno (giorno) fu inviato; alle mammelle fu della Madre; dall'Eterno fu inviata alla luce la Parola.

Giobbe 7,5 - In un cuore acceso nella carne fu in un corpo in vita nel mondo, si portò in cammino stando in Gesù. La Parola nel corpo fu, nella pelle fu, a commuoversi si portò, fu un vivente l'Unigenito in pienezza. (Gesù, ad esempio, piange davanti al sepolcro di Lazzaro.)

Giobbe 7,6 - Fu in vita per essere disprezzato bastonato dai viventi. Da inviato fu l'Unigenito col corpo ai popoli. Della sposa si portò a casa, dell'Unico parlò in giro che si compiva la speranza.

Giobbe 7,7 - In un puro corpo la rettitudine fu con lo Spirito in vita. Fu il 'no' completo alla luce portato da casa in azione, fu inviato a stare dal serpente. Alla vista lo recò dalla croce ciò che nel Cuore portava dentro.

Giobbe 7,8 - Per il Potente venuto una luce si portò! Canti furono sentiti con forza dagli angeli, che nel corpo d'un primogenito furono a vedere che era stata inviata nell'esistenza la rettitudine. In una famiglia/casa s'era portato l'Unigenito; è stata inviata dell'energia l'essenza.

Giobbe 7,9 - Così dal serpente uscì per essere umiliato. L'energia portò ad esistere in cammino, la rettitudine degli angeli fu a portare nel corpo. La porta dell'inferno per il serpente inizia ad essere dall'alto aperta.

Giobbe 7,10 - Il Potente in un uomo si portò dentro. Dal peccare per liberare fu in croce portato, e il rifiuto fu con la rettitudine ad esistere in un corpo la cui energia porterà il peccare dal sangue a rovesciare e la vita riporterà.

Giobbe 7,11 - In cammino a ricusare fu il serpente delle origini. Dall'Unico il soffio fu dalla nube del Figlio ad uscire. Dentro scese in un corpo lo Spirito. (Gli uomini) saranno dall'Unigenito risorti. Saranno dalle tombe ad uscire. Dentro i viventi dai corpi l'angelo superbo che c'è...."

Giobbe 7,12 -...uscirà, ne sarà ricusata l'esistenza dall'Unigenito. Da uomo il Figlio pur retto, sarà in croce posto. Innalzato sarà da vivo dalle guardie.

Giobbe 7,13 - Per la rettitudine sarà l'Unigenito per i viventi con il corpo in croce. Sarà dalla croce inviato alla tomba. Della vita l'energia ci risarà. Agirà nel corpo il dono. Sarà risorto dal Padre. Alla luce sarà ad uscire, sarà a libero, così a casa risarà."

Giobbe 7,14 - Recò della tomba la fine. Indicò che l'energia c'era per aborrire la morte.
Portò la Madre dal petto. Fu la bella dalla croce. Un'arca nel tempo ad inviare fu.

Giobbe 7,15 - Portò dalla croce da dentro dal foro con l'acqua la grazia. Versato il respiro, fu a morire; in seno si rialzò la vita che riportò al Crocifisso l'esistenza.

Giobbe 7,16 - Con l'acqua originata dal foro dell'appeso guizzata dall'alto la Madre ai fratelli fu ad uscire. Dal sepolcro la vita ai viventi inviata fu. Per la rettitudine fu a riuscire con dentro la potenza nei giorni.

Giobbe 7,17 - Vivo n'uscì l'Unigenito, dagli apostoli si riportò risorto. Così fu dalla croce in cammino dagli afflitti apostoli a recarsi. Portò così che c'era salvezza dalla maledizione; fu a recare dal cuore la rettitudine."

Giobbe 7,18 - E dalla croce per punire, gli apostoli portò al serpente. Da dentro rovesciò un corpo che è della Madre al serpente. Il corpo cammina con ardore . Dalla croce dentro la grazia gli apostoli recano. ("Qualcuno gli disse: Ecco di fuori tua madre e i tuoi fratelli che vogliono parlarti." Ed egli rispondendo a chi lo informava, disse: "Chi è mia Madre e chi sono i miei fratelli. Poi stendendo la mano verso i suoi discepoli disse: Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli; perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre." Matteo 12,47-49)

Giobbe 7,19 - La rettitudine tra i viventi uscì. Dal serpente venne per il Risorto a vedere uscire in vita il destino. Il 'no' all'idolo inviato fu dall'Eterno a casa. Il serpente con azione forte dai corpi rovesciato sarà.

Giobbe 7,20 - Dal chiuso del Cuore dall'Unigenito in croce fu per i viventi del mondo originata col soffio dall'alto dal Potente la rettitudine. Inviata giù dal corpo uscì Adamàh (la nuova Donna), perché nel mondo la risurrezione ai viventi indicasse. Inviata fu al serpente a vivere una calamità. Nel cammino portò l'Unico ad esistere in azione di notte la Madre del risorto Unigenito. (Il peccato rompe il Cuore di Cristo e dal chiuso del Cuore dall'Unigenito in croce esce il perdono dei peccati, la Nuova Eva con il battesimo lo porterà al mondo.)

Giobbe 7,21 - Portò la Madre nel mondo per il serpente. Venne dal risorto Unigenito onde del peccato fosse a recare la fine. In azione, da dentro lanciata dall'Unigenito dalla croce, al peccare inviata è stata la rettitudine che sarà ad agire da segno per il mondo. Il serpente alla polvere con l'Unigenito risorto così dentro porterà a bruciare in un foro alla fine. All'angelo (ribelle) saranno portati guai, invierà lamenti.

APPENDICE - GIOBBE 28 - DECRIPTAZIONE
Riporto prima il testo dell'ultima traduzione C.E.I., poi tutto di seguito il testo decriptato.

Giobbe 28,1 - Certo, l'argento ha le sue miniere e l'oro un luogo dove si raffina.

Giobbe 28,2 - Il ferro lo si estrae dal suolo, il rame si libera fondendo le rocce.

Giobbe 28,3 - L'uomo pone un termine alle tenebre e fruga fino all'estremo limite, fino alle rocce nel buio più fondo.

Giobbe 28,4 - In luoghi remoti scavano gallerie dimenticate dai passanti; penzolano sospesi lontano dagli uomini.

Giobbe 28,5 - La terra, da cui si trae pane, di sotto è sconvolta come dal fuoco.

Giobbe 28,6 - Sede di zaffìri sono le sue pietre e vi si trova polvere d'oro.

Giobbe 28,7 - L'uccello rapace n'ignora il sentiero, non lo scorge neppure l'occhio del falco,

Giobbe 28,8 - non lo calpestano le bestie feroci, non passa su di esso il leone.

Giobbe 28,9 - Contro la selce l'uomo stende la mano, sconvolge i monti fin dalle radici.

Giobbe 28,10 - Nelle rocce scava canali e su quanto è prezioso posa l'occhio.

Giobbe 28,11 - Scandaglia il fondo dei fiumi e quel che vi è nascosto porta alla luce.

Giobbe 28,12 - Ma la sapienza da dove si estrae? E il luogo dell'intelligenza dov'è?

Giobbe 28,13 - L'uomo non ne conosce la via, essa non si trova sulla terra dei viventi.

Giobbe 28,14 - L'oceano dice: Non è in me! e il mare dice: Neppure presso di me!

Giobbe 28,15 - Non si scambia con l'oro migliore né per comprarla si pesa l'argento.

Giobbe 28,16 - Non si acquista con l'oro di Ofir né con l'onice prezioso o con lo zaffìro.

Giobbe 28,17 - Non la eguagliano l'oro e il cristallo né si permuta con vasi di oro fino.

Giobbe 28,18 - Coralli e perle non meritano menzione: l'acquisto della sapienza non si fa con le gemme.

Giobbe 28,19 - Non la eguaglia il topazio d'Etiopia, con l'oro puro non si può acquistare.

Giobbe 28,20 - Ma da dove viene la sapienza? E il luogo dell'intelligenza dov'è?

Giobbe 28,21 - È nascosta agli occhi di ogni vivente, è ignota agli uccelli del cielo.

Giobbe 28,22 - L'abisso e la morte dicono: Con i nostri orecchi ne udimmo la fama.

Giobbe 28,23 - Dio solo ne discerne la via, lui solo sa dove si trovi,

Giobbe 28,24 - perché lui solo volge lo sguardo fino alle estremità della terra, vede tutto ciò che è sotto la volta del cielo.

Giobbe 28,25 - Quando diede al vento un peso e delimitò le acque con la misura,

Giobbe 28,26 - quando stabilì una legge alla pioggia e una via al lampo tonante,

Giobbe 28,27 - allora la vide e la misurò, la fondò e la scrutò appieno,

Giobbe 28,28 - e disse all'uomo: Ecco, il timore del Signore, questo è sapienza, evitare il male, questo è intelligenza.

Giobbe 28,1 - In cammino per la forza della risurrezione, il Verbo i viventi reca dall'Unico risorti; in questi entrano. È questi una fune.

Giobbe 28,2 - La lancia di un vivente agì, del Verbo il corpo fu alla tomba, il Padre gli riinviò la forza, dalla tomba si riportò risorto.

Giobbe 28,3 - Versa il Risorto in vita gli incantatori, la sposa per finire il maligno è dal Crocifisso uscita; il Padre ha inviato l'ira il serpente porterà arrostito alla morte.

Giobbe 28,4 - Dal Verbo, la testa tra le spine, il lammàh si sentì, morì per gli stranieri, per un aculeo alla tomba fu. Il Vivente la vita riinviò, fu col corpo a rivelarsi dagli afflitti, l'Unigenito gli apostoli recò per bruciare il peccare.

Giobbe 28,5 - Giù con l'acqua la vita inviò, della guerra portò la fine. Col soffio uscirono gli apostoli dal Risorto, retti ai viventi li portò.

Giobbe 28,6 - Portò la Madre. Dal foro del Verbo fu il corpo, dal Padre inviato al mondo. Alla polvere alla fine questa il serpente porterà."
Giobbe 28,7 - Inviata dalla croce è al serpente la calamità. La Donna il peccare colpirà, col soffio il Crocifisso l'ha recata ad agire.

Giobbe 28,8 - Per il serpente inizia ad uscire in giro colei che l'arderà, portata dal Figlio per recare testimonianza della risurrezione.

Giobbe 28,9 - Dall'abominevole è per bruciare il delitto, è uno sbarramento, sgorgata per liberare; un corpo partorirà la Madre.

Giobbe 28,10 - Dalla croce un fiume dalla fessura del corpo venne il corpo prezioso della sposa; alla vista sono gli apostoli portati.

Giobbe 28,11 - A vivere nel pianto erano gli apostoli, il Crocefisso a casa entrò col corpo risorto e la Vergine spuntò alla luce.

Giobbe 28,12 - Con la Madre al mondo la sapienza esce in vita, la purezza desiderata dall'Unico è inviata, esce l'oggetto della speranza.

Giobbe 28,13 - Il 'no' è dagli uomini al nemico. Dalla croce un'azzima per il Padre. Dalla terra uscita per i viventi è la Madre.

Giobbe 28,14 - Dalla croce inizia a vivere un corpo, dall'Unigenito è uscito all'esistenza, l'amarezza annullerà dai popoli, d'aiuto sarà.

Giobbe 28,15 - Al serpente, che è intorno da leoncello, in croce col bastone un uomo abbatté, dal foro con l'acqua un corpo uscì. ("Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare." 1Pietro 5,8)

Giobbe 28,16 - Dal foro della punta di lancia la rettitudine con l'acqua ha portate. Il soffio fu sulle teste in casa col fuoco ad uscìre alla Madre (la 1a Pentecoste).

Giobbe 28,17 - Guai al nemico con gli apostoli escono, puri e retti sono, la purezza portano al mondo, il maligno colpiscono.

Giobbe 28,18 - Il corpo in cammino è col Risorto, le potenze, i principati colpiscono. Con gli apostoli ha recato in vita l'illuminata rettitudine; la sapienza uscita dal Figlio è con la Madre.

Giobbe 28,19 - Originati dal favo, i retti apostoli escono, il soffio nel cuoredella legge divina recano. Il Risorto li ha marcati nel cuore.

Giobbe 28,20 - Dall'Unigenito furono gli apostoli ai confini portati,fuori dalla putredine portarono i viventi; l'intelligenza uscì.

Giobbe 28,21 - E ha inviato la Vergine dal seno, sono gli apostoli all'esistenza, la sposa ha recato col soffio uscito dal Risorto, a vivere dalla destra, dal foro del Crocifisso il corpo uscì.

Giobbe 28,22 - Il Padre all'impuro l'angelo ha portato della morte. Originò l'Unigenito gli apostoli, l'energia gli portò, per amore li portò.

Giobbe 28,23 - La maledizione è in vita con gli apostoli retti alla perversità, gli recano la calamità; in azione escono con l'Unigenito risorto.

Giobbe 28,24 - Portati da Dio per bruciare il mondo; nei messaggeri è stato il cuore racchiuso; la perfezione del cielo è al mondo.

Giobbe 28,25 - Nell'agire la risurrezione portano del Crocefisso con lo Spirito per liberare; la voce portano ai viventi dell'Essere Vivente.

Giobbe 28,26 - La luce del Crocefisso recano, la vita del cuore versano e la via al Potente dal petto con la voce indicano.

Giobbe 28,27 - Iniziano gli stranieri all'Unico, li aprono alle scritture, escono dall'opprimere, in cammino la Madre alla legge le menti apre.

Giobbe 28,28 - E sono a parlare, escono ad arare, l'Unigenito indicano il Signore essere al mondo, sono fratelli retti in vita dalla perversità si scostano, vive la conosceza con l'intelligenza.

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