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VANGELI E PROTOVANGELI...

 
DA MALEDIZIONE A BENEDIZIONE
DA SUPERSTIZIONE A FEDE

di Alessandro Conti Puorger
 

PROCEDERE A TENTONI
Di superstizione, più o meno, pressoché tutte le "religioni" si sono lasciate invischiare; comunque, gli adepti o i fedeli spesso sono portati a viverle esaltandone gli aspetti magici.
Nel caso specifico del cristianesimo, se si va alla radice, in effetti, si dovrebbe concludere che non è una religione in senso stretto, ma è il credere e seguire una persona vivente, Gesù di Nazaret, il Cristo.
Nello stesso cristianesimo è perciò da fare distinzione tra gli aspetti propri di religione, affastellatisi nei secoli per soddisfare tradizioni popolari nei processi di inculturazione, e la fede cristiana.
Si può anche in questo, infatti, cadere nella superstizione se si vivono certi riti od usanze che ci offre la tradizione sacra sperando di condizionare il "destino".
Partendo dai testi biblici ho così approfondito l'esistenza di un lato non molto sondato che è quello che ha portato l'uomo, anche se rifugge dalle religioni, a subire aspetti superstiziosi, come astrologia e segni zodiacali, quando non cade in errori ancora più marcati.
Questo articolo, preparatorio, a quello che lo segue "Investighiamo sul peccato originale" in "Ricerche di verità" è assieme a questo ultimo, in definitiva, una personale meditazione unitaria su ciò che è sinteticamente detto il peccato d'origine.
Si vedrà come l'aspetto della divinazione e del sortilegio, per aumentare la conoscenza e divenire potente, operando anche con formule magiche per scimmiottare le proprietà intuite di Dio, è molto vicino alla tentazione che subì la prima coppia.
Sono questi atti la base di un tentativo di soppiantarne la funzione, indi, atti di assoluta ricerca d'indipendenza, ma nel contempo di soggezione al male che fanno uscire da quello stato di innocenza e di autentica semplicità con il Creatore e porta a scegliere vie contorte.
Il discorso è molto sottile, ma anche evidente, man mano che si segue.
Conseguenza finale è che il passaggio da religione, quale appiccicaticcio di norme e di prescrizioni, alla fede, cioè l'aderire alla persone di Cristo, costituisce il cambio di natura che elimina il peccato d'origine.
Dopo questa breve premessa entro quindi subito nel discorso.

L'uomo, nella vita, procede con curiosità e timore.
È l'uomo un animale, da "animatus", mammifero, bipede, che la scienza pone nella specie dei primati, ma per chi crede Dio su questo essere ha operato una scelta col soffio del Suo Spirito.
È così l'uomo un essere curioso di fatti nuovi, un grande esploratore della realtà, perché è come il vento, non sa da dove viene e dove và, o perlomeno l'ha "dimenticato".
È, infatti, razionalmente interessato ad approfondire tutti i fenomeni che si verificano o che incontra per trarne gli eventuali possibili vantaggi, ma nel contempo, in genere, ha paura di ciò che non conosce, perché sa bene che, almeno nei primi tempi, la novità sfugge dalle possibilità del proprio controllo.
Una certa teologia suggerisce, infatti, che la paura nasce nell'uomo per aver perso coscienza di chi è, in quanto la realtà oggettiva lo fa ritenere finito e morituro.
Ha, infatti, messo in dubbio ciò che suggerisce la fede monoteistica nel Dio di Abramo, d'Isacco e di Giacobbe, ossia che la propria esistenza è su una traccia indiscutibile d'amore, perché è espressione di un soffio volontario di Dio di cui ciascun uomo è portatore.
È nata però l'opinione che la propria origine pur se ignota è connessa ad una causa aleatoria, forse guidata da potenze e volontà ignote e terribili, il caso, il fato, il destino.
Il non conoscere come rapportarsi con la realtà così acuisce il timore.
Questo uomo ha preso atto che non è detto che abbia per sempre pane ed acqua assicurati e sa che comunque dovrà entrare in un mondo oscuro per lui, in una realtà che non conosce, la morte che forse è un azzeramento se non qualcosa di peggio.
Pochi sono gli "illuminati" da una fede incrollabile che presumono che da ciò, ossia dalla precarietà e dalla morte, prima o poi si può uscire e, solo alcuni, da quasi 2000 anni a questa parte, affermano che un uomo per primo è passato dalla morte alla vita ed ha annunciato la grazia per tutti, indi asceso al cielo ha chiaramente mostrato di aver assunto nella sua vita terrena la divinità di Dio Unico di cui è il Figlio atteso ed ha riaperto per l'umanità il Regno dei Cieli precluso da precedenti scelte errate.
Per l'umanità in genere la vita, invece, è una forma di navigazione definibile "a vista", per non dire a tentoni.
Quando del fenomeno o dell'evento incipiente non è prefigurabile l'esito, scatta un meccanismo d'autodifesa.
La domanda che si presenta nell'inconscio è: cosa ho fatto in altri casi in cui mi sono trovato in un'evenienza nuova?
Ecco... il ricordo... e questo porta a riprovare, ma aggravata, la paura che s'era già avuta; ciò a sua volta può recare la paura d'aver paura ed in casi limiti il timor panico!
Pur senza arrivare a tanto, quel pensiero di ritornare a precedenti eventi simili però non aiuta, perché la novità che si presenta è comunque diversa rispetto alle novità in precedenza vissute, onde l'esperienza allora acquisita non serve a nulla o a molto poco.

In molte popolazioni primitive comunque l'approccio alla gran quantità di fenomeni non sondati dalla scienza è stato ed è di tipo "religioso".
Molti eventi sono valutati come "numinosi", cioè esperienze extra-razionali, segni di una presenza invisibile, maestosa, potente e terribile che appunto ispira terrore, elemento base del "sacro".
Questo substrato dell'"homo religiosus" in qualche grado permane in tutti.
È come il ricordo di qualcosa d'intuito e sperato, ma unito al dubbio, vale a dire il non più certo!
Davanti ad una novità incombente poi le domande successive che emergono sono: chi può aiutarmi e/o darmi un suggerimento?
Queste domande hanno senso, perché fanno cercare l'esperto nel ramo.
Per eventi che oggettivamente ci superano, però, è come se ci si domandasse: a quale santo votarsi?
La risposta dell'inconscio a questa seconda domanda è:
  • nessuno per l'ateo;
  • la fortuna o il destino per l'uomo comune.
Tra queste due risposte nette c'è però tutta una frangia grigia, in cui si agita una certa aliquota di irrazionalità.
Oggi, nelle civiltà sempre più "evolute" il senso del "sacro" s'è notevolmente ridotto, pur sempre però è ancora grande il dominio della non conoscenza che è affrontato dai più con spirito laico.
Per contrappeso appaiono grandi frange di irrazionalità, quindi di manifestazioni superstiziose, ma il tutto produce un fatto dilagante, la perdita della fede vera.
Al riguardo, si pensi, infatti, alla massa di vaticini e pronostici astrologici di cui siamo inondati dai mass media.
L'uomo più religioso, invece, si rivolge a Dio, ma i modi per rivolgersi sono due:
  • un modo, che direi del religioso di fede, proprio degli illuminati che accennavo prima, che hanno fiducia che tutto viene da Dio, cioè che tutto concorre al proprio bene, anche ciò che pare il peggiore dei mali.
  • un modo religioso superstizioso, rifugiandosi in stravaganti pratiche di culto con l'intenzione di provocare il favore della divinità.
La discussione sull'esistenza del peccato originale legato ad una decisione di autonomia da Dio stabilito da una prima coppia di umani è il sapiente "midrash" che ci narra il 3° capitolo del libro della Genesi.
Per sfuggire alla stringente problematica che quel racconto solleva dai più viene osservato:
  • è un raccontino;
  • non c'è mai stata una prima e unica coppia;
  • perché uno avrebbe colpa per il peccato di un altro?
A tale ultimo riguardo propongo l'esempio di una malattie genetica che in genere passa di padre in figlio.
C'è stata come un'alterazione di un gene.
Ora, il peccato originale è come una malattia genetica, non è questione di colpa del neonato.
Eppure questo nostro grosso problema d'origine, che molti disconoscono, presenta come un segnale, una pustola che indirettamente ne dimostra l'esistenza.
La controprova è questa: è possibile che in questo nostro mondo, così all'avanguardia, razionale, illuminato e "moderno", praticamente la totalità di quotidiani, riviste, radio e televisioni, i mas media insomma, siano pieni di programmi di astrologia e di oroscopi e continuamente vi si parla di ascendenti e di zodiaco?
Eppure è così!
L'etimologia di "super - stizione" richiama, infatti, il "super" - "che sta", chi sta sopra, chi sovrintende a quel fenomeno, quindi s'entra a piedi pari nello animismo, vale a dire nelle religioni o pratiche di culto che ritengono qualità divine o soprannaturali in cose, luoghi o esseri materiali a cui attribuiscono proprietà spirituali o considerano entità settoriali su esse dominanti che occorre ingraziarsi, quindi un paganesimo pratico.
L'uomo nega Dio o vuole vivere come se non esistesse, però va in contraddizione con sé stesso.
Quando non arriva a soluzioni, basta una difficoltà e cade nella superstizione.
Certo è che il filo che divide la "superstizione" dalla "fede" può sembrare sottile, ma la linea di demarcazione è chiara.
Questa va, infatti, traguardata attraverso il pensiero che la superstizione consiste nel prestare onori divini ad una creatura o ad un oggetto o nell'onorare Dio in modo sbagliato.
Dio diventa così un dio a portata di mano e la superstizione pretende che quel dio faccia la propria volontà.
Ecco che s'entra nel campo degli idoli, quindi, degli amuleti e dei talismani e s'apre il campo al malocchio, alla magia, alla divinazione, allo spiritismo.
L'idea è così di ingraziarsi la divinità come ci si ingrazia il prossimo, legarla cioè a sé come se la divinità fosse uno sprovveduto che si lascia ingannare da regali ed oggetti che, peraltro lui stesso avrebbe creato.
Dice, infatti, il libro dei Proverbi: "Il dono è come un talismano per il proprietario: dovunque si volga ha successo." (Proverbi 17,8) ove per "talismano" è "pietra di grazia" .
Tale termine, affrontato con i criteri di leggere le lettere anche come ideogrammi (Vedi: "Parlano le lettere") dice di sé che è una pietra capace di indurre "il Padre ad inviare grazia ".
Il cristianesimo risponde che "dell'Unico il Figlio (è) la grazia ".
La fede, invece, si sottomette a Dio con un sia fatta la Tua volontà.
Così fece Giobbe come si legge nell'omonimo libro:
  • 1,20 quando fu colpito nei beni e nei figli, "Nudo uscii dal seno di mia madre, e nudo vi ritornerò. Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore!"
  • 2,10b quando fu colpito nella salute, "Se da Dio accettiamo il bene, perché non dovremo accettare il male?"
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