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VANGELI E PROTOVANGELI...

 
DA MALEDIZIONE A BENEDIZIONE
DA SUPERSTIZIONE A FEDE

di Alessandro Conti Puorger
 

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IL TERRENO DI COLTURA
Per il popolo del libro, i nostri fratelli maggiori, gli ebrei, aderenti a regole, comandamenti e dettami della Torah, tra cui appunto si trovano le fonti della normativa derivata che ho sopra citato del Catechismo cattolico, il malocchio e le altre realtà negative ci sono, ed eccome!
Nel folklore ebraico, ossia nella religiosità popolare - come del resto in quello cristiano ove si agitano santini, medaglie e acque sante - c'è una grande superstizione.
Questa ha origine antiche estabibliche di cui la Bibbia riporta l'eco di secoli e secoli di contatti con popoli delle più varie religioni e di come ha cercato di educare e ad evitare un male che era diffusissimo.
Possiamo ben dire che dove c'è religione c'è magia.
Come non prendere atto che dalle religioni più semplici ed immediate alle più complesse, nei modi del rapportarsi con la divinità è considerata esistere una forza maligna indipendente che perseguita il mondo e l'uomo, onde è collegabile al demonio lo scaturire con lo sguardo dall'occhio di un angelo cattivo che può operare fino a porre condizioni per provocare la morte dell'altro, sì che la superstizione attribuisce il 99% delle morti al malocchio.

Vi sarebbero così persone da evitare, più inclini a gettare il malocchio sugli altri.
Sarebbero perciò da evitare comportamenti, ostentazioni e stravaganze che possano attirare attenzione e invidia.
Si pensi che per evitare che la persona che viene lodata possa solo pensare che gli si getti il malocchio, si dice "senza malocchio" "belì a'yin hara'".
I festeggiati sono così i più esposti al malocchio e per protezione dovrebbero:

  • indossare lo scialle di preghiera, il "Tallit" con i loro "tzitzit";
  • essere vestiti con qualcosa di rosso;
  • portare del sale in tasca;
  • indossare un amuleto attorno al collo.
Gli ebrei orientali appongono in casa il segno di una mano da alt al malocchio.
Gli "tzitzit" sono i 4 fili di lana che vengono fatti passare dall'orlo dei 4 angoli dei "Tallit", fili intrecciati 5 volte, terminanti con 8 fili a ricordare i comandamenti di Dio come prescritto in Numeri 15,38-39 "Parla agli Israeliti e ordina loro che si facciano, di generazione in generazione, fiocchi agli angoli delle loro vesti e che mettano al fiocco di ogni angolo un cordone di porpora viola. Avrete tali fiocchi e, quando li guarderete, vi ricorderete di tutti i comandi del Signore per metterli in pratica; non andrete vagando dietro il vostro cuore e i vostri occhi, seguendo i quali vi prostituite."
Costituiscono quindi un monito agli altri che guardano di ricordarsi che il loro spirito cattivo può indurli ad atti non voluti coi loro occhi.

Chi sono questi spiriti, gli spiriti ribelli, quelli che si sarebbero ribellati a sottomettersi all'uomo fatto a immagine e somiglianza di Dio.
Questi spiriti volevano provare l'ebbrezza dell'incarnazione, e si introducevano, fenomeno del "dibbuk", in un corpo provocando vere e proprie possessione.
Questa può essere sia opera del maligno, ma per il folklore in cui trovò terreno l'antico pensiero del "ghilghul", può essere anche reincarnazione di anime da parte di spiriti dei morti, fatto che però è contrario all'insegnamento biblico.
In "Posseduti ed esorcisti nel mondo ebraico" (Jeffrey Howard Chajes traduzione di Laura Rescio Bollati Boringhieri, Torino pagg. 316) ho trovato al riguardo questo episodio illuminante.
Riguarda Isaac Luria mistico e fondatore della Qabbalah buriana del XVI secolo.

"Il gruppo di discepoli è accaldato, dopo una lunga marcia sotto il sole della Galilea. Finalmente incontrano un pozzo, e qualcuno attinge l'acqua per offrirla, in segno di rispetto, al maestro. Luria fissa gli occhi sulla brocca, a lungo, in prefetto silenzio. Assorto, lontano, sembra aver dimenticato l'arsura. Nessuno osa muoversi né parlare né tantomeno toccare il recipiente. Il Rabbi finalmente sorride: recita una benedizione, e poi beve, a piccoli sorsi. Si è concentrato così intensamente da vedere l'invisibile, e ora ne è certo, quel liquido è incontaminato, e non nuocerà. Non sono le malattie del fisico a preoccuparlo ma quelle dello spirito. Isaac Luria, il capo carismatico dei cabbalisti di Safed, lo sa bene: nell'acqua dei pozzi si annidano le anime. Dopo la morte del corpo, molti spettri vagano senza posa, costretti come sono a espiare gli errori commessi nelle vite precedenti. Si fanno sottili sottili, così da dissolversi nel l'aria, o sciogliersi nei liquidi. Appena trovano l'occasione, s'insinuano nelle membra di uomini e donne, oppure negli animali e nelle piante. Guai a chi li ingerisce senza accorgersene, poiché è obbligato a convivere con ospiti indesiderati e invadenti. I più sfortunati arrivano a collezionare parecchie di queste anime in pena. Scacciarle è un compito difficilissimo, e bisogna essere qabbalisti provetti per capire cosa vogliano gli intrusi, e quali siano le formule adatte a placarli e farli sloggiare. Nella seconda metà del Cinquecento, quando l'insegnamento mistico di Luria si diffuse dalla Terra d'Israele a tutta la diaspora, la trasmigrazione delle anime acquistò un posto importante nell'immaginario ebraico. I cabbalisti erano convinti che gli spiriti non viaggiassero quasi mai soli, ma convivessero in famiglie numerose, in aggregazioni temporanee, entrando e uscendo a piacimento dalle persone che capitavano loro a tiro."

Ora di fatto in un certo senso la magia più grande è la creazione.
Dicono i rabbini: "barukh she-amar ve-hajà ha-'olam", ossia "Il Benedetto è colui che parlò e il mondo fù".
Accade che la parola, il "davar" in ebraico, viene associato all'atto creativo di Dio ed, ad imitatio Dei, dissociandola da Lui viene immaginato che se con certi presupposti s'evocano alcune parole si piega la realtà al proprio volere secondo le regole.
La regola essenziale è conoscere i nomi segreti di Dio, infatti, il Nome per eccellenza era ineffabile, il sacro Tetragramma, ma i nomi per definirLo sono veramente tanti ed allora esistevano i "ba'al Shem" cioè il Signore del Nome, perché "conoscevano" il Nome segreto e completo di Dio e sapevano pronunciarlo in modo da operare con il suo aiuto fatti singolari e guarire il corpo e l'anima di chi a lui ricorreva.
Vengono quindi prodotti per l'incantesimo, amuleti, talismani, portafortuna, oggetti e/o testi scaramantici, tutti formati secondo regole che tenevano conto del potere dei Nomi divini e di facoltà attribuite alle singole lettere dell'alfabeto ebraico, lettere che furono pronunciate nella creazione divina.
Ognuna delle ventidue lettere dell'alfabeto ebraico che compongono la Torah erano ritenuti essenziali per compiere un atto teurgico avendo Dio creato il mondo per mezzo di quelle lettere.
Si pensi al famoso "golem" da "gelem", "embrione" o "massa ancora priva di forma" (Salmo 139,16) nome dato dal folklore medievale ebraico alla figura immaginaria di un Adamo prima che gli fosse infusa l'anima; in quel folklore c'è, infatti, la leggenda che con certe parole magiche si può fabbricare, un gigante di argilla forte e ubbidiente, in definitiva un robot.
Dunque lo studioso, il mistico, il qabbalista, lo "zaddiq", il "rebbe" o lo "chassid" agisce così ad "imitatio Dei".
La saliva umana, il tracciare un cerchio su chi si vuol proteggere, l'aglio e la cipolla, la proprietà di certe pietre, pozioni, filtri, la zampa di coniglio, ma soprattutto lettere scritte su amuleti scritti erano impiegati in atti magici, in genere compiuti in buona fede.
Il confine però tra magia bianca e magia nera è sottile, e basta poco per sbagliare evocazione e materializzare le forze del male, quindi e comunque è da astenersi da tale campo.

Scavi archeologici in Israele hanno portato alla luce vari esempi d'amuleti ebraici dell'epoca VII secolo a.C. - I secolo d.C. che, nonostante i divieti della Torah, testimoniano la diffusione dell'usanza.
In 2 Maccabei 12,40 c'è la conferma, quando narra che dopo la battaglia contro Gorgias, sotto le tuniche d'ebrei morti si trovarono amuleti.
Nella Mishnah i rimedi "magici" a protezione della persona sono denunciati come "usanze degli Amorrei", ossia usi idolatrici, ma gli amuleti sono frequentemente menzionati nella letteratura talmudica, detti Kame'a o Kami'a (plur. Kemi'in o Kemi'ot) parola che a mio parere deriva dal nome che era dato alla terra d'Egitto, grande sorgente di magia e di arti alchemiche, terra detta appunto KeMeT, Terra Nera, cioè fertile, feconda, ricca di limo, ma il nero KeM era attinente al Caos originario da cui tutto derivò "la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso". (Genesi 2,2)
La questione delle arti magiche è antica come l'uomo e ciò la Bibbia lo sa perfettamente.
La domanda che viene fuori con prepotenza quale è il fondamento?
Tutto ciò come si concilia con la Bibbia?

Il malocchio e lo spirito cattivo quando sarebbe apparso per la Bibbia?
La Genesi non si esprime e si possono solo fare congetture:
  • erano angeli già creati prima dell'inizio del racconto della creazione;
  • furono creati dopo l'uomo nella serata prima del settimo giorno.
Questa seconda idea si agita nel pensiero rabbinico.
Nei "Pirké Avot" - cap. V, mishnà 6 - è detto: "dieci cose furono create alla vigilia del Sabato, all'incrocio tra il giorno e la notte, e cioè: la bocca della terra, la bocca della sorgente, la bocca dell'asina, l'arcobaleno, la manna, la verga, il verme detto Shamir, la scrittura, lo scritto e le tavole dell'alleanza."
Secondo Rabbi Yona sono poi da riferire ad un miracolo:
  • "la bocca della terra" inghiottì Core e i suoi accoliti, ribelli a Mosé (Numeri 16,32), il che apre l'idea di "un'altra parte";
  • "la bocca della sorgente" è da dove scaturì acqua nel deserto (Esodo 17,6);
  • "la bocca dell'asina" che fece mutare in benedizione l'anatema di Balaam contro Israele (Numeri 22,28).
Sono evidentemente tutte questioni che fanno comprendere l'esistere di un'altra parte del creato di cui non è cenno nella creazione tradizionale.
Assieme agli altri segni come "l'arcobaleno" il "Il mio arco pongo sulle nubi" (Genesi 9,13) che normalmente si pensa come fenomeno naturale, sono però tutti segnali di interventi divini previsti per la salvezza dell'uomo onde portarlo alla perfezione e rettificare i suoi errori potenziali che debbono restargli consentiti per dotarlo del voluto margine di libertà.
Le dieci cose create al tramonto del venerdì della Genesi sono a cavallo con un piede nei sei giorni ed uno nel sabato; un piede nel creato e uno nel mondo della libertà, del "mondo separato", del "mondo a venire", di cui il sabato è anticipazione e promessa.
Maharal di Praga in proposito - commento al "Pirké Avot", Cap. V, Mishnà, 6: "Così Dio non ha lasciato interamente questo mondo nelle mani della natura, ma ha collegato il mondo naturale al mondo separato, in modo che esso conservi in potenza una possibilità di cambiamento, senza che si produca catastrofe, nella creazione stessa, e in modo che il miracolo faccia (anche) parte, se così si può dire, di questo mondo che Dio creò nei sei giorni della Genesi."
In definitiva la libertà dell'uomo rispetto alle altre creature lo rende simile a Dio e capace di accettare cambiamenti.
Rabbi Akivà diceva: "Tutto è previsto (da Dio) ma (all'uomo) è concessa la libertà di volere." (Avot 3,22).
Così Dio pone l'uomo continuamente davanti ad una scelta "Prendo oggi a testimoni contro di voi il cielo e la terra: io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione. Scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza..." (Deuteronomio 30,19)
In ciò, nella ricerca della perfezione nella libertà per l'uomo sta la sua perfezione, a differenza di tutte le altre creature.
Ed ecco che nella serata del 6° giorno, poco prima del sabato la prima coppia peccò, si presentò una svolta attraverso un serpente... ma non era un vero serpente!
Era un incantatore!
Fu la prima scelta che dovette fare l'umanità.
Proseguire, contro ogni evidenza visto che non si era data da sola la vita e che tutto le era stato dato in dono, facendo la scelta di essere autonomi o continuare a ritenere che tutto ciò che riceveva veniva dall'amore di Dio.
Il midrash della Genesi ci dice quale fu l'esito di quella scelta.
Indipendentemente dalle sorte del singolo individuo l'umanità nel suo complesso, in ogni generazione, si trova continuamente davanti a scelte del genere, che la possono portare alla perfezione o al baratro del suicidio.
Il rifiuto a considerare l'esistenza dello spirituale e cercare d'operare solo nel campo materiale è, infatti, una grande tentazione e può portare a danni irrimediabili.
Per contro in ogni generazione un piccolo gruppo cerca con tutte le proprie forze di moderare e d'equilibrare per dare il giusto sapore di sale al minestrone che si sta cucinando.
Si pensi al midrash del diluvio!
Fino a quando... fino alla fine del mondo!
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