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RICERCHE DI VERITÀ...

 
INVESTIGHIAMO SUL PECCATO ORIGINALE

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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NON NASCONDERMI IL TUO VOLTO »
IL PECCATO ORIGINALE »

IL MANGIARE E LA MAGIA
Il mangiare per assimilare le proprietà o qualità insite o immaginate in ciò che si mangia è superstizione antica che spiega in parte anche il fenomeno del cannibalismo.
Credevano che mangiare carne umana, in genere del nemico, soprattutto occhi, cuore, fegato, cervello e midolla, procurasse a chi li mangiava le qualità delle persone a cui erano stati tolti.
Trattasi di forme di magia per contatto, detta appunto contagiosa o anche simpatica, onde si stabilisce una corrispondenza diretta anche tra animali ed esseri umani, onde cibandosi di un dato animale se ne assumono le relative caratteristiche.
Racconta Apollodoro che Chitone a Sciro nutrì Achille, il famoso eroe omerico, con carne, midollo e cuore di leone per farlo diventare forte e coraggioso.
Parti corporee di un individuo contengono un impronta di questi, indi avere possesso di alcune parte era considerato come una possibilità di avere in pugno l'avversario o goderne dei benefici, e ecco che ad esempio gli antichi Romani nascondevano capelli ed unghie tagliati nel timore potessero essere usati da fattucchieri per compiere atti di magia contro il possessore.
Oggi si è scoperto che una parte di verità in questi concetti c'è per la presenza del DNA.
V'è poi tutta una forma di magia legata al nome, secondo un principio esoterico onde conoscere il nome comporta avere un accesso al potere di chi lo porta.
Di ciò si trova traccia anche in teofanie narrate dall'Antico Testamento con le richieste a Dio dei patriarchi di conoscere il Suo Nome.
È questo ritenuto un modo magico di "appropriarsi" del potere superiore proprio delle religioni che implicano magia nella parola, che la considerano dono della divinità, quindi chiave magica con la quale il dio ha dominato il caos.
La parola scritta è così come una bacchetta magica per gli incantesimi.
Unendo, quindi, il pensiero che una scrittura "sacra" contiene una parte del nome di chi l'ha provocata con l'antico pensiero magico dell'acquisire doti col mangiare, se ingerita, assume nell'ambito della superstizione il valore di forza creatrice come quella della parola con l'autorità di chi la disse.
Secondo la Torah, ad esempio, colei che è accusata di adulterio era costretta a bere dell'acqua amara nella quale è stata lanciata una maledizione.
Esiste da tempo immemorabile poi una magia, detta grafofagia, che riguarda l'ingerire della scrittura di parole particolari detti incantesimi per appropriarsi delle virtù definite dalla scrittura stessa.
La magia è detta contagiosa quando un contatto con oggetti o persone può provocare effetti sul tutto.
Questo tipo di incantesimo era già usato nell'antichità e in alcune tradizioni sopravvive ancora ai giorni nostri.
Nell'antico Egitto ad esempio si usava raccogliere l'acqua che era stata fatta scorrere sulle statue delle divinità, ricoperte di formule magiche, e quindi di berla a scopo terapeutico.
In Mesopotamia su molte coppe d'argilla erano scritte formule magiche a scopo curativo di chi era a bervi.
Venivano anche scritte magiche su supporti che potevano macerarsi e la parte liquida veniva bevuta onde, ritenevano, potessero avere effetto.
In Tibet ancora oggi sono confezionati minuscoli amuleti o pillole di carta manoscritta ingeriti a scopo terapeutico o apotropaico.

Torniamo ora al nostro incantatore.
Questi: "disse alla donna: È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di alcun albero del giardino?" (Genesi 3,1b)




Non mangiare "l'o t'oklu" .
Il radicale di mangiare è e con l'aiuto del simbolismo delle lettere singole porta all'idea di desiderare di essere "l'Unico come potenza "; infatti, quelle lettere di portano "Del Potente Unico desiderare () come potenza a portarsi ".
In definitiva, mangiando s'ottiene "dell'Unico il tutto ", questo è pensiero magico che sottende col suo dire l'incantatore.
Il "nachash", infatti, più avanti dirà alla donna: "...Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male." (Genesi 3,5)
Instillò il dubbio che Dio non voleva che ne mangiassero per non dar loro le sue proprietà, indi desiderarono poter mangiare per aver accesso alla divinità, il che fa rientrare la questione nel quadro della magia, onde si può assumere le qualità dell'altro mangiando.
Quindi in effetti la trasgressione di mangiare è stata posta sempre in primo piano, ma di fatto nasconde un peccato assai grave, quello di divinazione.

È poi da tenere conto che le lettere sono il radicale sia di "creare" che di "essere grasso, ingrassare".
Grasso è e "cosa creata" come s'evince da "...sette vacche grasse... " (Genesi 41,2) e da "...avete calpestato i miei sacrifici e le mie offerte che io ho ordinato per sempre e tu hai avuto maggior riguardo ai tuoi figli (Cofni e Pìncas) che a me e vi siete pasciuti in tal modo con le primizie di ogni offerta di Israele mio popolo?" (1Samuele 2,29)
Il radicale , peraltro, ha anche per significato "mangiare, dare per cibo", "dentro il corpo entra " e anche di "decidere, scegliere" come "dentro la mente/testa entra " o "da dentro la mente/testa esce ".
Cibo, peraltro, è "berijah" e "berit" è patto o alleanza che evidentemente si concludeva con il mangiare assieme.
Da ciò si ricava che l'atto del mangiare implica l'ingrassarsi, il pascersi, ma in modo allegorico anche la decisione di voler creare e un patto con chi si mangia.

Di quanto vado dicendo un parallelo chiaro si ha dalla storia già vista di Saul.
Saul uscì dal suo paradiso, del Regno che gli aveva dato di Dio, con un peccato di divinazione ed egualmente Adamo: "Poiché peccato di divinazione è la ribellione, e iniquità e terafim l'insubordinazione. Perché hai rigettato la parola del Signore, Egli ti ha rigettato come re" (1Samuele 15,23) Saul poi, infatti, come sacramento, mangiò il cibo che gli aveva preparato la pitonessa.
Secondo il racconto del midrash, la prima coppia parlava con Dio faccia a faccia, ma diedero ascolto ad un altro che pur non avendo nulla di suo prometteva loro la potenza di quel Dio e... mangiarono... il peccato fu la sfiducia, cioè mancanza di fede in Lui.

Adamo in definitiva è un uomo o donna generico e quel racconto riguarda l'intera umanità.
Ho trovato ne "I racconti dello Yiddishland" di Ben Zimet (Garzanti Elefanti pag 226) questo racconto fantastico ed umoristico che non è fine a se stesso perché come asserisce Moni Ovadia "l'umorismo ebraico non ha una funzione di puro divertimento, ma di pensiero", racconto che sunteggio come segue.
"Adamo nel giardino dell'Eden poteva avere di tutto e di più, ma avendo peccato doveva andar via.
Il Signore però dispiaciuto, volle invitarlo ad un banchetto di commiato, poi nell'accomiatarlo gli consentì di scegliere qualsiasi cosa volesse.
Adamo si guardò attorno e i suoi occhi si fermarono su una enorme quantità di pietre preziose e scelse un diamante grosso come una noce di cocco.
Lo prese e pensò: così starò bene per molto tempo.
Un angelo l'accompagnò all'uscita e superati gli angeli di guardia con la spada fiammeggiante, si trovarono sulla sponda di un fiume di acqua limpida, guadabile.
Adamo nello scendere dalla ripa traballò ed il diamante gli cadde.
L'angelo l'invitò a sbrigarsi, ma Adamo non riusciva a ritrovare il suo diamante.
Il fondo di quel fiume era, infatti, lastricato di diamanti tutti eguali.
Non so qual è il mio disse Adamo e l'angelo rispose: Credi di essere il primo che si fa scacciare dal paradiso portando con sé un diamante? Migliaia e migliaia ti hanno preceduto!"

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