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SUL NOME "SHADDAI"
Il significato di "Shaddai" è assai discusso.
La traduzione in greco detta dei Settanta spesso propone "Dio Onnipotente per "El Shaddai".
Rimanendo strettamente alle lettere ebraiche una possibilità c'è che
derivi dal radicale
verbo con lettera "Sin" anziché "Shin" che si trova usato in:
- Isaia 28,24 - "Ara forse tutti i giorni l'aratore, rompe e sarchia
la terra?" e qui l'aratore e arare è
le stesse lettere di Carpentiere.
- Giobbe 39,10 - "Potrai legarlo con la corda per fare il solco o fargli erpicare
le valli dietro a te?"
- Osea 10,11 - "Èfraim è una giovenca addestrata cui piace trebbiare il grano. Ma io farò pesare il giogo sul suo bel collo; attaccherò Èfraim all'aratro e Giacobbe all'erpice
."
Verbo quindi legato col lavorare la terra, ma con una operazione successiva a quella dell'aratore.
La terra non lavorata, i campi della steppa o sterpaglia è peraltro detta "sadoeh" anche lei con lettera "Sin"
,
onde erpicare è come mettere mano, la lettera "dalet"
,
infatti, è a forma di mano, per lisciare, l'incolto
che viene prima aperto
dall'aratro.
Nell'idea di "Shaddai" vi è perciò non tanto l'idea di distruttore, ma del lavoratore dei campi che con la sua mano, cioè col suo intervento può rendere fecondo ciò che non lo è.
Poi, quel termine
,
come di Carpentiere, ci porta a pensare alle mani di Giuseppe che migliorano la materia adeguandola alla necessità dell'uomo producendo pregiati lavori e che insegna l'arte al figlio di Dio.
La lettera Shin
da sola, spesso, è usata come abbreviazione del pronome relativo "chi, che" "'asher"
ed ecco che ad esempio si può immaginare che seno, mammella shad si possa considerare
"shad" come "che
sbatte
",
perché "dalet", la parola che in ebraico indica porta, è come una mano aperta a forma di battente, anta di una porta, che comunque appunto sbatte, batte.
Questa mano può anche dire alt, quindi, opporsi, ed in tal caso
che diviene "shed" vuol dire demonio ed è tale "che
impedisce
",
vale a dire è d'impedimento, che si oppone.
Con questo discorso della lettera "she"
usata anche come pronome relativo il termine "shaddai"
si potrebbe considerare così composto:
+
.
In ebraico, peraltro,
"daì" significa "quanto basta, il bastevole, il sufficiente, la giusta misura", onde "shaddai"
sarebbe "che
basta
",
quindi tutto e solo ciò che è necessario, che ha in sé il tutto, quello che serve a se stesso e agli altri da cui anche Onnipotente può calzare come significato nel senso che ha in sé tutta la potenza o potenzialità che gli serve per sé e per ciò che ha creato.
Colui che è sufficiente per poter dare qualunque cosa di cui si necessita e per donare la Sua misericordia, osserva il maestro Rashi (acronimo di Rabbi Shalomon ben Isaac un davidico che visse in Francia 1040-1105, noto commentatore biblico ebreo).
Il seder dell'hagaddah della Pasqua ebraica prevede un canto che ricorda le tappe della salvezza, il "Daienù", che ad ogni versetto ripete il ritornello "Questo ci sarebbe bastato, ci sarebbe bastato. Questo ci sarebbe bastato, ci sarebbe bastato, ci sarebbe bastato, ci sarebbe bastato dajenu, dajenu, dajenu...", cantato anche nelle celebrazioni pasquali cristiane.
I versetti di quando Israele rimanda i fratelli dal viceré d'Egitto con Beniamino per riaver libero Simeone "Israele loro padre rispose: Se è così, fate pure: mettete nei vostri bagagli i prodotti più scelti del paese e portateli in dono a quel uomo: un po' di balsamo, un po' di miele, resina e laudano, pistacchi e mandorle. Prendete con voi doppio denaro, il denaro cioè che è stato rimesso nella bocca dei vostri sacchi lo porterete indietro: forse si tratta di un errore. Prendete anche vostro fratello, partite e tornate da quel uomo. Dio onnipotente vi faccia trovare misericordia presso quel uomo, così che vi rilasci l'altro fratello e Beniamino." (Genesi 43,11-14) hanno ispirato un commento.
Viene infatti osservato che pur se s'è fatto tutto quello che occorreva per raggiungere un risultato necessita sempre comunque pregare.
Il Dio Onnipotente "'El Shaddai" vi conceda ora che avete il denaro, il dono e vostro fratello Beniamino (Bershit Rabbà 91.11) non vi manca nulla oltre la preghiera. Io pregherò per voi (Rashi). Come affermano i saggi (Talmud Sanhedrin 44b) si deve sempre pregare affinché non accadano disgrazie (Rabbenu Bekhayé).
Nel Talmud si trova che "Shaddai"
+
sta per "mi dai
she
'amar l'olamo "cioè "Colui che ha detto basta al suo mondo" in quanto "Quando Dio stava creando il mondo, ha interrotto il processo a un certo punto, ponendo come un ostacolo alla creazione di raggiungere la piena realizzazione, e quindi il nome incarna la potenza di Dio che fermò la creazione."
Ecco che, allora, i rabbini hanno commentato su quei versetti in cui parla Israele immaginando che in effetti dicesse: "quello che ha detto al mondo 'Basta' ora dica 'Basta' alle mie disgrazie, perché non ho avuto tregua fin dalla mia giovinezza con Esaù, Labano, Rachele, Dina, Giuseppe, Simeone ed ora anche Beniamino. (Tankhumà cap. 10 Rashi)
La Qabbalah peraltro immagina "Shaddai" come una forza che limita il campo del creato onde Dio possa far sussistere altro diverso da sé, una specie di forza al contorno, come se tutto fosse avvolto in una membrana.
Traccia di un'idea del genere si trova nel libro di Giobbe "Fin qui giungerai e non oltre e qui s'infrangerà l'orgoglio delle tue onde". (Giobbe 38,11)
È stato anche suggerito che il termine possa avere i seguenti collegamenti, peraltro associabili alla tradizione di Abramo a cui per primo Dio si presentò come "'El Shaddai":
- "Dio dei monti", con riferimento alla parola accadica "shadù" "montagna" e "shadda `U o shaddû`" "montagna-abitante", uno dei nomi di Amurru.
- Shaddai era nella tarda età del Bronzo era una città Amorrea sulle rive del fiume Eufrate il Tel ETH-Thadyen: "Thadyen" oggi in arabo onde forse El Shaddai era il "Dio di Shaddai".
L'ipotesi che sia anche il Dio della fertilità per il riferimento ai seni è comunque anche possibile.
Si pensi alle dee della fecondità Astante, Artemide.
Nelle religioni delle origini la morfologia del territorio poi era fondamentale; ad esempio un posto con due colline come fossero il seno di una grande madre, i dirupi al lato che scavavano come un corpo e tra le gambe divaricate c'era la valle del "santuario" forse con una sorgente, e per di più ove si poteva trovare della pietra dura era il posto ideale per immaginare il "sacro". (Vedi: "Attorno al Santuario vicino all'Oreb, la montagna di Dio")
Sugli stipiti delle porte degli ebrei si trovano degli astucci detti "mezuzah" su cui spesso sono incise, o in rilievo, le lettere ebraiche di "Shaddai"
.
Dentro vi è una pergamena "kasher" arrotolata con riportato i brani di Deuteronomio 6,4-9 e 11,13-21.
Questo ultimo appunto termina con la prescrizione del Signore; "Queste mie parole... le scriverai sugli stipiti (mezuzoth) della tua casa e sulle tue porte, perché i vostri giorni e i giorni dei vostri figli, nel paese che il Signore ha giurato ai vostri padri di dare loro, siano numerosi come i giorni dei cieli sopra la terra".
Ecco che la tradizione midrashica considera il nome "Shaddai"
come un acronimo così costituito appunto dalle prime lettere:
-
di
"shomer" "custode, custodire";
-
di
"daletot" "porte";
-
di
"Ishrael" "Israele".
Onde "Shaddai"
è il "custode delle porte d'Israele".
Col già accennato metodo di "Parlano le lettere" si perviene allo stesso risultato senza necessità di ricorrere all'acronimo, cioè "Che alla porta sta".
Tenuto conto che
infatti diviso in lettere separate
+
+
:
Il libro dell'Esodo, ci dice: "Il Signore marciava alla loro testa di giorno con una colonna di nube, per guidarli sulla via da percorrere, e di notte con una colonna di fuoco per far loro luce, così che potessero viaggiare giorno e notte." (Esodo 14,21) è lei che mette in rotta i nemici, Esodo 14,24.
È la colonna di fuoco
che protegge
Israele
.
San Giuseppe peraltro è l'uomo illuminato
che a protezione
sta
della Sacra Famiglia.