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RICERCHE DI VERITÀ...

 
NEL SANTO L'ALTARE DEI PROFUMI
DAVANTI AL SANTO DEI SANTI

di Alessandro Conti Puorger
 

ALTARE PER UNA VITTIMA PARTICOLARE
La mia ricerca nella Torah in ebraico, sviluppatasi in tanti anni e riportata in itinere in gran parte in numerosi articoli in vari siti, ma ora riuniti in questo mio Sito, s'è indirizzata a mettere in luce pagine che risultassero esaurienti e particolarmente profetiche nei riguardi del Messia, ricavate con una chiave di lettura particolare, perché quel testo pare proprio predisposto in modo criptico su tale figura, intento questo che risulta esteso per imitazione dalla stessa Torah all'intera Tenak o "Bibbia Ebraica", in gran parte poi entrata nelle Sacre Scritture canoniche che i cristiani chiamano Antico Testamento.
Purtroppo queste seconde pagine sono captabili solo dal testo ebraico e non dalle traduzioni, perché connesse ad intrinseche proprietà delle lettere ebraiche leggibili anche come icone.
A tale riguardo rimando alle idee, ai criteri ed alle regole esposte con:
Anche il mio recente articolo, "La giovenca rossa", nella rubrica "Lettere ebraiche e Codice Bibbia", che ha esaminato ed approfondito il fissato da parte di Dio al capitolo 19 del libro dei Numeri, cioè la disposizione, in ebraico detta lo "choq" , del sacrificio di tale giovenca, è risultato particolarmente interessante in quanto è ulteriormente emerso in modo chiaro che il testo ebraico, opportunamente sollecitato, risponde ancora con una pagina di secondo livello che esplicita l'intento di profezia messianica.
Seguendo tale filo conduttore la mia attenzione s'è ora fissata sul capitolo 30 del libro dell'Esodo ove in particolare è presentato "L'altare dei profumi", perché, di fatto, tale arredo sacro della Tenda della Testimonianza e poi del Tempio di Gerusalemme, riguarda un analogo argomento, in quanto vi si tratta comunque di un altare per un "sacrificio".
Il sacrificio però in tale caso è inteso in modo più ampio, non di vite di animali, ma è un sacrificio allusivo che nasconde il sacrificio spirituale dei fedeli, addirittura dell'intero popolo, sotto forma di profumi aromatici preziosi che sono il segno appunto di un sacrificio più perfetto che fosse gradito a Dio atto a riaprire i cieli chiusi dal peccato di Adamo.
È, perciò, quel bruciare dell'incenso il segno esteriore di una realtà più profonda che in effetti coinvolge la totalità della vita delle persone che vi aderiscono, in perfetta linea col seguente pensiero di San Paolo nella lettera ai Romani: "Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto." (Romani 12,1s)

Prima del 70 d.C., data della distruzione da parte dell'esercito romano dell'imperatore Tito del Tempio di Gerusalemme, ogni giorno, per due volte, al mattino ed alla sera, un sacerdote addetto, infatti, nel Santo, offriva in sacrificio una miscela d'incenso, bruciato con carbone sull'altare dei profumi.
La notazione in Luca 1,5-10 su Zaccaria, sacerdote della classe di Abia, addetto al turno dell'incenso, ci porta alla lista delle 24 classi sacerdotali che si trova in 1Cronache 24,1; 24,7-18.
Tali classi servivano nel tempio a rotazione settimanale che iniziava con il sabato, come appare in 2Cronache 23,8 e in 1Cronache 9,25 e Abia era l'ottava classe sacerdotale (1Cronache 24,10).
Nei periodi delle tre grandi feste Pasqua, Pentecoste e Succot, però tutti erano convocati a Gerusalemme.

Il fumo aromatico bruciato sull'altare dei profumi superava il velo, così penetrava nell'adiacente Santo dei Santi, luogo della presenza di Dio.
Bruciavano l'incenso aromatico puro, di mattina al riordinare del candelabro, il momento del Tamid, l'olocausto quotidiano perpetuo, e al tramonto, al riaccendersi di quelle lampade; infatti, senza accensione delle luci del candelabro, non poteva venire bruciato l'incenso su quel altare.
Ivi, solo i sacerdoti, discendenti di Aronne, potevano bruciare incenso al Signore, senza pericolo di morte.
Davanti al candelabro, che nello stesso luogo si trovava proprio davanti al velo, in definitiva, si poteva bruciare soltanto miscele di "incenso" della composizione prescritta.
Non vi si potevano offrire sacrifici di animali, elemosine e libagioni, si doveva usare solo incenso puro.

In questa pagina dell'Esodo, infatti, proprio all'inizio, spicca la descrizione dell'altare dei profumi che Mosè, per ordine del Signore Dio, deve far costruire per porlo nella Tenda del Convegno.
Quel capitolo 30 dell'Esodo inizia così:

"Farai un altare sul quale bruciare l'incenso..." (Esodo 30,1)



La parola altare, in ebraico "mizebecha", richiama il radicale che riguarda il sacrificare e la vittima del sacrificio "zoebach".
L'immaginario pagano per altare ci porta all'ara per gli dèi che aveva la funzione di tavola imbandita per loro su cui si celebravano riti con sacrifici cruenti di animali, ma anche umani in alcune culture.
Questo atto sacrificale si evolse nell'ebraismo con sacrifici incruenti di vegetali, prodotti della terra e con decime in denaro, e cruenti di animali mondi, ma nasconde antichi rituali di popoli nomadi che si perdono nei tempi proto storici in cui evidentemente erano presenti anche sacrifici umani.
Senza un retroscena del genere non si comprende, infatti, come Abramo, al capitolo 22 del libro della Genesi, si senta chiamato al sacrificio del proprio figlio Isacco che legò su una pira pronto ad offrirlo in olocausto, ma Dio accettò solo l'intenzione e sostituì Isacco con un ariete che fece trovare impigliato in un cespuglio.
Questo episodio, così importante per l'ebraismo e non solo, è perciò, tra l'altro, da intendersi come un insegnamento cultuale.
Il sacrificio di animali ha, infatti, due aspetti:
  • l'interiore, come atto di sottomissione e di volontà sacrificale dell'offerente che intende voler mettere in gioco qualcosa d'importante per voto e per adesione a Dio, per amore, per timore o anche al limite per superstizione;
  • esteriore, col segno della rinuncia e di sacrificio vero e proprio con l'animale utile alla persona che l'offre, per testimoniare la volontà di una rinuncia e una dedizione interiore.
Il sacrificio cruento poteva essere:
  • olocausto, quando tutta la vittima veniva bruciata, quindi in pratica volatilizzata perciò innalzata;
  • espiatorio, di chi trasgrediva una prescrizione della legge (Levitico 4,2; Levitico 16,11-34);
  • riparatorio, di un danno causato a Dio;
  • pacifico, di ringraziamento, per un favore, a compimento di un voto, per impetrare una grazia o per devozione spontanea.
Tranne nel caso dell'olocausto, della vittima si bruciavano il grasso e le viscere, il resto in parte era dato ai sacerdoti e parte mangiata dall'offerente e dalla famiglia come atto di comunione con Dio.
Nel caso dell'altare dei profumi siamo nel Santo, appena fuori dal velo che lo divideva dal Santo dei Santi o Santissimo.
L'uccisione di animali è atto che si compie, fuori, all'aperto, ma dentro c'è un altare, proprio quello dei profumi su cui tutto è passato ad una sfera che riguarda lo spirito.
Si pensi che un modo per dire in ebraico "profumo", ma anche odore, è "reiach" che poco diversifica da "ruach", appunto "spirito".
L'idea è che tutto il popolo era teso a compiere atti di devozione concreta con le "mitzvot", cioè col cercare di applicare la Torah e questo sacrificio comunitario spirituale saliva a Dio come profumo soave molto più di quello degli animali bruciati.
Ne consegue che l'atto di bruciare l'incenso nasconde e sta a significare in modo allegorico un sacrificio spirituale, ma direi di più, il vero sacrificio valido, di un uomo "perfetto", l'unico gradito a Dio che è appunto perfezione assoluta.
Quando Gesù, il Figlio dell'Uomo, infatti, rese lo "spirito" sulla croce fu divelta la separazione tra Dio e l'umanità e fu l'incipit della vittoria sulla morte: "E Gesù, emesso un alto grido, spirò. Ed ecco il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti risuscitarono." (Matteo 50-52)
Il profumo soave del sacrificio in croce di Cristo era quello atteso, il vero profumo soave capace di aprire la comunicazione tra tutti gli uomini e Dio come del resto chiarisce la lettera agli Ebrei.
Seguendo questo pensiero, per dichiarazione esplicita di Gesù quando dice "Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento" (Matteo 5,17) è evidente che c'era la tensione ad un evento risolutivo nella storia della salvezza da parte del Messia e che a questa Lui si riferiva.
Col suo essere innalzato (in ebraico dal radicale ) in croce è divenuto olocausto, "o'lah" , che appunto s'innalzava, offerto al Padre di intercessione ed d'espiazione per tutti gli uomini, quello che effettivamente era necessario e che l'altare dei profumi stava a prefigurare.
Ciò che si brucia su quel altare è l'incenso "qetoroet", parola usata anche per significare il profumo.
Sempre cerco con i significati grafici che ho dedotto per le lettere ebraiche, di cui ho detto in "Parlano le lettere" e di cui alle schede delle lettere stesse che si ottengono cliccando nella colonna a destra delle pagine di questo Sito, di fornire dei predicati attinenti alle parole usate dall'ebraico stesso.
Nei casi specifici suddetti ottengo:
  • "reiach" inteso come odore di un corpo "nel corpo è nascosto ", "di un corpo che sta in luogo chiuso " e, come odore cattivo, "di un corpo che sta nella tomba ";
  • "ruach" l'essenza dello spirito, "nel corpo si porta racchiuso ";
  • "mizebeach" "una vita si colpisce dentro l'assemblea ", che ci parla appunto di un atto cultuale, quale proprio di un sacrificio espiatorio;
  • "qetoroet" è qualcosa che "si versano le belle sul corpo per la scelta " che fa comprendere come sia nata l'idea nel femminino per essere prescelte, ma ci porta anche ad un atto di chiamata, "la Regina l'attende, venga pure il Re!" come un fiore profumato che attende l'ape.
Il Santo dei Santi è la cella dove risiede il Re e Signore.
L'incenso è in suo onore ed è il profumo della sposa.
Ecco che, appunto, nasce l'idea di un matrimonio spirituale, tra IHWH e il suo popolo, di cui la Torah è la Ketubah o patto scritto.
Se i segni di questa parola qetoroet vengono riferiti al Cristo, secondo quanto è nella fede dei cristiani, ecco che s'intravede un qualcosa che "riversa il cuore dal corpo del crocifisso " e l'idea del sacrificio diviene concreta come profezia che coinvolge il Messia e per gli stessi cristiani porta alle vicende di Gesù di Nazaret.

Queste semplici considerazioni che ho potuto fare con quelle lettere m'hanno così consentito di avvicinarmi al succo di ciò che poi ho conseguito come risultato dalla decriptazione secondo i criteri, regole e significati delle lettere dal testo ebraico di Esodo 30, decriptazione che presenterò in seguito.
È opportuno succintamente ricordare i fatti dei Vangeli di Gesù nell'ultima settimana a Gerusalemme.
Gesù entra nel Tempio, lo sgombera dai mercanti e si prepara ad offrire se stesso come sacrificio espiatorio di cui parla nell'ultima cena.
Lui, diviene in pratica un altare dei profumi quando Maria, la sorella di Lazzaro, "...presa una libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì del profumo dell'unguento." (Giovanni 12,3)
Fu quello anche segno d'unzione come Messia e il suo ingresso su un asinello in Gerusalemme accolto proprio come Messia "il giorno seguente", ci fa comprendere la voluta connessione dei due episodi (Giovanni 12,12-15).
Poi in una cena con la sua nuova famiglia, quella degli apostoli a cui lavò i piedi, come a sacerdoti della nuova Chiesa, celebrò la propria Pasqua, il passaggio al Padre, nel cui corso, presentando se stesso come sacrificio, offrì da cibo per tutti il proprio corpo.
Gesù in quel momento si proponeva come altare del pane della proposizione, e poi come vittima del sacrificio perfetto col proprio sangue, cioè con i segni eucaristici del pane e del vino.
Fu preso prigioniero quella notte stessa sul Monte degli Ulivi, là dove si sacrificava la giovenca rossa e, rosso di sangue, fu innalzato sulla croce.
I Vangeli segnalano che si squarciò il velo del Tempio, a significare che Gesù, quale agnello senza macchia, fu il sacrificio di "soave odore" che era entrato nel Santo dei Santi del cielo per l'espiazione di tutti.
Di fatto il percorso della "Passione" compiuto da Gesù è un progressivo inoltrarsi volontario nel Tempio spirituale per compiere tutti i segni che nel Tempio fisico di Gerusalemme compiva solo il sommo sacerdote.
E prima di morire "Gesù disse: Tutto è compiuto! e chinato il capo, spirò." (Giovanni 19,30)
Entrò nell'alto dei cieli aprendo l'intimo senso del termine ebraico di "Tenda del Convegno" "'ahel moa'd" ; infatti, è Lui che "per primo uscì potente tra i viventi per portarsi nell'eternità ".
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