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FILIPPO E IL CARRO DELLA PRIMA EVANGELIZZAZIONE
di Alessandro Conti Puorger

IL CARRO DEL MESSIA
La Buona Notizia, il Vangelo, il Kerigma, la vittoria di Cristo sulla morte, ossia il Messia balenante, come un eroe su un carro tirato da "cavalli focosi", percorse rapidamente nel I secolo della nuova Era l'impero Romano e sortì anche fuori dai suoi confini.
Dietro di lui ben presto si formò un corteo di credenti incuranti delle persecuzioni, perché la paura della morte fisica e di quella ontica, vale a dire del vuoto esistenziale, erano state ormai vinte.
Quei "cavalli focosi", di fatto, furono gli apostoli e i discepoli della prima ora, testimoni del combattimento nell'agone di Gesù di Nazaret, cioè della passione, della sua morte in croce, ma anche della sua resurrezione.
Erano quelli che avevano ricevuto lo Spirito Santo dopo la sua Ascensione al cielo sul Monte degli Ulivi e quelli a cui lo trasmettevano con l'imposizione delle mani.
Di eroi terreni, che con le loro vittorie e con i loro trionfi cambiano le sorti dei popoli, allora era piena la storia recente, a partire da Alessandro Magno e poi con i Cesari di Roma, testimoniati dai loro archi di trionfo, ma anche dai loro mausolei, tombe e cenotafi.
Quegli eroi sono però solo pallidi esempi rispetto a ciò che ha comportato la vittoria di Cristo e come e quanto ha influito sulla storia degli ultimi 2000 anni del mondo.
Andrò però a tratteggiare con ordine quanto intendo esporre al riguardo dei primi passi del Carro del Messia che nell'anno 30 d.C. si dipartì da Gerusalemme e che ha provocato tale cambiamento epocale, arrivato ormai in ogni angolo del mondo.

Alla morte d'Alessandro Magno (323 a.C.), com'è noto, l'impero macedone, dopo la battaglia di Ipso (301 a.C.), fu diviso in regni tra i Diadochi, i generali macedoni che l'avevano accompagnato nelle sue spedizioni, regni che poi passarono ai loro figli, detti gli Epigoni.
Nacquero quattro grandi regni:
  • il regno di Macedonia di Cassandro,
  • il regno di Lisimaco,
  • il regno egiziano di Tolomeo I,
  • il regno di Seleuco I.
Iniziò così per la Palestina l'epoca ellenistica con le alterne vicende segnate dalle lotte tra i Diadochi.
In questo periodo grande fu in quei territori l'influenza della cultura greca.
Questa entrò capillarmente nei vari settori della vita sociale e del commercio, occupando anche spazi che influenzavano la religione.
In quel periodo, infatti, Tolomeo II Filadelfo (285-246 a.C.) incaricò i "Settanta" saggi, chiamati da Gerusalemme ad Alessandria d'Egitto, di tradurre in greco la Torah che fu la base della "Septuaginta", la Bibbia - Antico Testamento - che conosciamo.
Gli ebrei, dediti al commercio, nelle loro molteplici attività in Grecia, in medio oriente - odierna Turchia, Siria e territori limitrofi - nonché in Egitto, avevano costituito nuclei che davano luogo a comunità sempre più fiorenti e numerose. Queste, però, col succedersi delle generazioni, perdevano conoscenza della lingua d'origine e parlavano ormai il greco, l'ex lingua ufficiale dell'Impero macedone.
Nelle sinagoghe di quelle comunità, sulla base della Septuaginta, s'iniziò, perciò, a fare liturgie in lingua greca.
Si perse però così una quota d'informazioni del testo, non solo perché le traduzioni non possono rendere quanto l'originale, ma anche perché le 22 lettere "sacre" dell'alfabeto ebraico, già da sole, hanno una espressività che viene completamente perduta con la traduzione.
Dalle comunità ebraiche della terra madre quelle che non erano restate aderenti alla tradizione e usavano i testi in greco venivano ritenute di serie B e furono dette comunità dei "proseliti".
Fin dalla prima ora in Palestina l'annuncio della Buona Notizia, vale a dire del Vangelo di Gesù Cristo, si trovò davanti la realtà dell'inculturazione greca e delle comunità di proseliti che per scambi e commerci esistevano anche nelle principali città marittime e/o commerciali nonché a Gerusalemme.
Negli Atti degli apostoli, infatti, dopo la prima predicazione è segnalata subito l'esigenza di queste comunità che tendenzialmente si sentivano di secondo piano e di fatto venivano trascurate dagli ebrei autoctoni.
Questo è lo sfondo in cui iniziò l'annuncio del Vangelo.

Seguiamo sui sinottici come apparve il carro del Messia in Israele e come si formò il primo nucleo di apostoli e discepoli.
I sinottici, indipendentemente da come gli apostoli furono incontrati da Gesù, sono concordi sul numero, i 12, e sui nomi:
  • Matteo 10,2.3 - "I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello; Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; Simone il Cananeo e Giuda l'Iscariota, colui che poi lo tradì."
  • Marco 3,16-19 - "Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro, poi Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè figli del tuono; e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo, figlio di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo e Giuda Iscariota, il quale poi lo tradì."
  • Luca 6,13-16 - "Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli: Simone, al quale diede anche il nome di Pietro; Andrea, suo fratello; Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso; Giacomo, figlio di Alfeo; Simone, detto Zelota; Giuda, figlio di Giacomo; e Giuda Iscariota, che divenne il traditore."
Il Vangelo di Giovanni, abbraccia anche tempi prima dei sinottici, ed è più esauriente sui primi incontri e ricco d'informazioni; ad esempio: "Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro." (Giovanni 1,44)
Dove si trovasse Betzaida non è certo, ma ci può aiutare lo scrittore ebreo Giuseppe Flavio che ne parla come sul corso del fiume Giordano che "percorre altri ventiquattro chilometri, e dopo la città di Giulia s'immette nel Lago di Gennesaret" . (Guerre 3,515)
Secondo questi il nome Giulia sarebbe stato dato alla città da Filippo, figlio di Erode il Grande, in onore della figlia dell'imperatore Augusto: "Egli ha innalzato il villaggio di Betsaida (già Betsaida, Casa della pesca) sul lago di Gennesaret allo status di città, aumentandone gli abitanti e potenziando le fortificazioni. Egli l'ha poi chiamata Giulia come la figlia dell'imperatore" (Antichità 18,28; Guerre 2,168).

Nello scorrere l'elenco degli Apostoli di Gesù ci si trova così davanti a nomi che nulla hanno di ebraico - Andrea, Filippo e lo stesso nome di Pietro - ed anche ciò ci parla indirettamente della realtà grecizzante che operava in Palestina nel I secolo.
Filippo, evidentemente, conosceva il greco.
Ce lo suggerisce il Vangelo di Giovanni al versetto 12,20 che ci dice che questi fece da tramite a quanti non parlavano l'aramaico e seguivano Gesù.
Di Andrea e Filippo, infatti, non è mai dato il nome ebraico, ma solo quello greco, mentre per Pietro si ha il nome ebraico, Simone figlio di Giona in Matteo 16,17 e Simone figlio di Giovanni in Giovanni 1,42.
Tra l'altro Andrea era stato discepolo di Giovanni il Battista come risulta da Giovanni 1,40-42: "Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: Abbiamo trovato il Messia - che si traduce Cristo - e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa - che significa Pietro."
Andrea AndreaV, che di fatto in greco significa "maschio", detto "Protocletos" o "il Primo chiamato" fece conoscere Gesù al fratello Pietro.
In ebraico Andrea si tradurrebbe "'Adam" o "'Aìsh" cioè il primo uomo e fu il primo degli apostoli che riconobbe il Messia.
Filippo, tutti i sinottici sono d'accordo nel metterlo al 5° posto tra gli apostoli, ha il nome greco FilippoV che significa "amico dei cavalli".
Era quello ormai un nome comune nel mondo ellenistico, perché era stato il nome del padre di Alessandro Magno che regnò in Macedonia (359-336 a.C.), ricordato da 1Maccabei 1,1 e 6,2.
Nella Bibbia poi si trovano vari personaggi di nome Filippo:
  • Il Filippo diacono di cui parleremo, di cui è detto negli Atti degli Apostoli.
  • Filippo Erode, figlio d'Erode il Grande, governatore di Iturea e Traconitide (Luca 3,1), marito di Salome.
  • Filippo Erode, altro figlio d'Erode il Grande, padre di Salome e marito di Erodiada prima che sposasse suo fratello il tetrarca, matrimonio condannato dal Battista (Matteo 14,3; Marco 6,17; Luca 3,19).
  • Filippo V, padre di Perseo, re di Macedonia dal 221 al 179 a.C., sconfitto da Roma nel 197 a.C. (1Maccabei 8,5).
  • Filippo "amico" di Antioco Epifane, costituito reggente (165 a.C.) per educarne il figlio, ma voleva impadronirsi del regno, onde s'oppose Lisia che fece regnare il figlio del re Antioco Eupatore (1Maccabei 6,14-16.55-63).
  • Filippo di Frigia che Antioco Epifane lasciò come crudele governatore di Gerusalemme. (2Maccabei 5,22; 6,11; 8,8)
In ebraico FilippoV si poteva traslitterale in , nome che di per sé non ha significato, ma se si suddivide + si può considerare formato dal radicale di due verbi:
  • "Distinguersi";
  • "camminare superbamente", "caracollare", "trotterellare".
"Si distingue nel cammino" e proprio così accadde per Filippo, come segnala il Vangelo di Giovanni e così avvenne pure per un altro Filippo segnalato dal libro degli Atti degli Apostoli.
D'altronde "nomina sunt omina - il nome è un presagio", "un nome, un destino" o "il destino nel nome"!

I proseliti grecizzanti, pur se tendevano ad essere fedeli alla Torah, come comprensibile, conoscevano bene i miti greci.
Per arrivare a loro con una predicazione viva, erano così da utilizzare con questi anche esempi e categorie a loro più vicini.
Certamente l'evangelizzazione, cioè la predicazione kerigmatica del Cristo morto e risorto, che si dipartì da Gerusalemme, fu paragonata per gli ebrei sia alla "merkabah", il carro della visione di Ezechiele che richiamava gli esuli dai territori di Babilonia, sia al carro di Elia - "...un carro di fuoco e cavalli di fuoco... Elia salì nel turbine verso il cielo" (2Re 2,11) - in grado, appunto, di portare gli ascoltatori fino al cielo.

il Carro del Sole Ecco che ai proseliti o dai proseliti questa idea del carro veniva certamente accostata nella mente al mito del Dio Sole, Elios in greco, rappresentato appunto alla guida del carro del sole, una quadriga tirata da cavalli che soffiano fuoco dalle narici (il nome dei cavalli era: Eòo, Etone, Flegone e Piroide).
Il carro sorgeva ogni mattina dall'Oceano e trainava il sole nel cielo, da est a ovest, dove si trovavano i due palazzi del dio.
Il parallelo tra Elios e "'El", vocabolo per dire Dio in ebraico, si prestava particolarmente.
Peraltro, l'accostamento del sole all'idea di Dio, nell'ebraismo è idea antica.
Dice il libro dei Giudici: "coloro che ti amano siano come il sole, quando sorge con tutto lo splendore". (Giudici 5,31)
Di Davide e del suo regno eterno che doveva venire ai tempi del Messia era detto: "Sulla mia santità ho giurato una volta per sempre: certo non mentirò a Davide. In eterno durerà la sua discendenza, il suo trono davanti a me quanto il sole, sempre saldo come la luna, testimone fedele nel cielo". (Salmo 89,36-38)
Ecco che il sole, dio per i pagani, il dio Ra e Aton degli egizi in Egitto, l'Elios dei greci e il Sol Invictus dei Romani, nell'immaginario degli ascoltatori della predicazione o "catecumeni", specie se provenienti dai proseliti, o dai gentili, diveniva comunque un segno che ben esprimeva l'idea della venuta del Messia e della predicazione del suo Vangelo.
Aveva profetizzato al riguardo il profeta Isaia:
  • 19,18-21 - "In quel giorno ci saranno cinque città nell'Egitto che parleranno la lingua di Canaan e giureranno per il Signore degli eserciti; una di esse si chiamerà Città del sole. In quel giorno ci sarà un altare dedicato al Signore in mezzo al paese d'Egitto e una stele in onore del Signore presso la sua frontiera: sarà un segno e una testimonianza per il Signore degli eserciti nel paese d'Egitto. Quando, di fronte agli avversari, invocheranno il Signore, allora egli manderà loro un salvatore che li difenderà e li libererà. Il Signore si rivelerà agli Egiziani e gli Egiziani riconosceranno in quel giorno il Signore, lo serviranno con sacrifici e offerte, faranno voti al Signore e li adempiranno."
  • 60,19s - "...il Signore sarà per te luce eterna, il tuo Dio sarà il tuo splendore. Il tuo sole non tramonterà più né la tua luna si dileguerà, perché il Signore sarà per te luce eterna; saranno finiti i giorni del tuo lutto."
Sull'allegoria del carro del Sole con IHWH gli Israeliti nel passato avevano ecceduto inquinando l'originario messaggio della Torah con idee pagane fino a metterne dei simboli nel Tempio stesso, tanto che dal re Giosia (640 - 609 a.C.), il riformatore ortodosso della religione, furono presi provvedimenti.

"Giosia profanò il Tofet, che si trovava nella valle di Ben-Hinnòn, perché nessuno vi facesse passare ancora il proprio figlio o la propria figlia per il fuoco in onore di Moloch. Fece scomparire i cavalli che i re di Giuda avevano consacrati al sole all'ingresso del tempio, nel locale dell'eunuco Netan-Mèlech, che era nei cortili, e diede alle fiamme i carri del sole. Demolì gli altari sulla terrazza del piano di sopra di Acaz, eretti dai re di Giuda, e gli altari eretti da Manàsse nei due cortili del tempio, li frantumò e ne gettò la polvere nel torrente Cedron." (2Re 23,10-12)

Questo versetto che peraltro ho decriptato con tutto il capitolo 2Re 23 (e che presenterò in un prossimo articolo su Giosia) parla proprio dell'evangelizzazione della Chiesa ...la donna che donò il corpo al RE.

2Re 23,11 - A portare saranno l'illuminazione. Da casa ai confini verranno. Attorno si porteranno. La pienezza ci sarà per i viventi. La donna che il corpo donò per portare il Re sarà dai Giuda ad uscire. La potenza della risurrezione per salvare i viventi dentro col Padre è ad indicare che sarà fuori a portarli dal mondo. La divinità la potenza accenderà della rettitudine del Crocifisso onde per dono nel Regno entreranno. Dall'angustia saranno nella pienezza beati. A casa il Verbo col corpo li condurrà. Con i corpi saranno i viventi portati. Verranno sulla Mercabah (il carro). Si porteranno nel crocifisso, dall'apertura del Risorto i viventi risorti, da serafini, faranno ingresso nella luce.

Restava comunque ben ferma l'idea che il Messia atteso era colui che portava il sole di giustizia che sorge dall'alto (Luca 1,78).
Questo sole non percorre un arco e declina, ma resta fisso in cielo, sorge e non tramonta.
È Lui la lampada eterna, quella di cui parla l'Apocalisse:
  • 1,16 - "Nella destra teneva sette stelle, dalla bocca gli usciva una spada affilata a doppio taglio e il suo volto somigliava al sole quando splende in tutta la sua forza", vale a dire quando è a mezzogiorno, che pare non crescere e non calare.
  • 22,5 - "Non vi sarà più notte e non avranno più bisogno di luce di lampada, né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà e regneranno nei secoli dei secoli." Gli stessi Vangeli poi sostengono il paragone di Cristo col sole: "E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce." (Matteo 17,2)
Proseguendo quel brano del capitolo 1 del Vangelo di Giovanni, subito dopo l'incontro di Gesù con Andrea, è detto dell'incontro con Filippo.

"Il giorno dopo Gesù volle partire per la Galilea; trovò Filippo e gli disse: Seguimi! Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro. Filippo trovò Natanaele e gli disse: Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret. Natanaele gli disse: Da Nàzaret può venire qualcosa di buono? Filippo gli rispose: Vieni e vedi. Gesù intanto, visto Natanaele che gli veniva incontro, disse di lui: Ecco davvero un Israelita in cui non c'è falsità. Natanaele gli domandò: Come mi conosci? Gli rispose Gesù: Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l'albero di fichi. Gli replicò Natanaele: Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d'Israele! Gli rispose Gesù: Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l'albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste! Poi gli disse: In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell'uomo". (Giovanni 1,43-51)

Filippo non interpone indugi e subito diventa annunciatore del Messia e del Regno asserendo "Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti".
Ecco che Andrea e Filippo sono così indicati quali primi annunciatori del Vangelo.
Andrea al fratello Pietro e Filippo a Natanaele.
Vedendo loro, chi li ascolta comincia ad intravedere il Carro del Messia.
Stanno davanti al carro, anzi sono proprio il primo "tiro" di quel carro della "merkabah" della evangelizzazione.
In primis infatti fu tirato da Andrea, cioè da un uomo, e da Filippo, che sono come cavalli che si distinguono per come camminano.
Filippo, infatti, non si ferma davanti all'ironia di Natanaele e risponde come Gesù che aveva detto ai due discepoli del Battista che l'avvicinano per chiedergli dove abitasse: "Venite e vedrete" (Giovanni 1,38-39).
Filippo egualmente, semplicemente, ma deciso, come aveva imparato dal maestro, disse a Natanaele: "Vieni e vedi!".
In tal modo Filippo diviene figura di chi annuncia non una teoria, ma suggerisce di fare esperienza personale; infatti, Gesù oltre che Rabbì, cioè maestro, è un amico e fratello.
Solo l'intimità e la comunione con Lui, giorno per giorno, ne fa scoprire la vera identità.

IL PANE DEL MESSIA
Il pane è il cibo principale degli ebrei, consumato anche in tutti i pasti religiosi.
Prima di mangiare del pane l'ebreo osservante, comunque, si lava ritualmente le mani e inizia con una benedizione.
Trarre vantaggio dal mondo senza aver ringraziato Dio, che n'è il padrone, infatti, sarebbe un poco come rubare.
Questo è il pensiero che sta a monte.
Alla fine del pasto, pur se l'ebreo ortodosso ha mangiato anche solo un boccone di pane, recita egualmente la benedizione, perché "Mangerai e ti sazierai e benedirai il Signore tuo Dio" (Deuteronomio 8,10)
Il termine ebraico che indica il pane è "lechem" .
È tale termine usato anche per indicare il cibo generico.
In questo senso va letto il versetto che dice: "Con il sudore del tuo volto mangerai il pane..." (Genesi 3,19)
Il miracolo della manna, il pane del cielo di Esodo16,4, fu per il popolo nel deserto un chiaro segno della presenza di Dio che l'accompagnava, istruttivo e prova del fatto che, pur nella precarietà, il popolo poteva far conto sulla Sua misericordia.
I Salmi confermano:
  • 136,25 - "Egli dà il cibo ad ogni vivente: perché eterna è la sua misericordia."
  • 145,16 - " Tu apri la tua mano e sazi la fame di ogni vivente."
Il secondo versetto citato è di un salmo alfabetico e corrisponde al versetto , simbolo di bocca, Parola, Verbo, quindi è un evento legato a Lui.
In "Poemi alfabetici nella Bibbia; messaggi sigillati" ho tra l'altro decriptato l'intero salmo 145.
La decriptazione di quel versetto è "La parola porta il Crocifisso nelle assemblee che viene ad essere d'aiuto. Rettamente, si porta a vivere chi della risurrezione dentro è a sentire che dal Potente tutti vivi con i corpi li solleverà per portarli tra gli angeli."
Che sia sconfitta la fame del mondo, però, non s'è ancora verificato; infatti, molti sono i bambini che muoiono per denutrizione, mentre nei paesi ricchi aumentano i rifiuti di cibo!
Gesù infatti nel Vangelo di Matteo commenta "I poveri infatti li avete sempre con voi, me, invece, non sempre mi avete." (Matteo 26,11)
Allora, quando sarà che l'uomo potrà mangiare il pane di Dio?
Tale evento è da rinviare alla venuta del Messia!
Alla sua venuta il Messia avrebbe, perciò, ripetuto questo segno del pane dal cielo; avrebbe così annunciato che la maledizione delle origini era stata ritirata.
Il sacramento che ci ha lasciato Gesù, poco prima del suo sacrificio pasquale, infatti, è proprio sé stesso come cibo per tutti.
Tornando all'allegoria del carro del sole nuovo, che porta il Messia, se ci si aiuta con le lettere ebraiche di pane si vede che queste lo rappresentano bene "potenza racchiude per i viventi ".
In termini poetici ebraici, sole, oltre che "shoemoesh" infatti, è anche "chamma" , il calore per antonomasia.
Pane, "lechem" in modo criptico, quindi, tenuto conto che = , ci parla proprio del Messia che è del "Potente il Sole ()".
Questi pensieri sono introduttivi al segno di Gesù della moltiplicazione dei pani.
Al riguardo è da vedere il paragrafo "10 - La moltiplicazione dei pani e dei pesci" del mio articolo "Vangeli, profezie attuate dal Cristo" che tratta del fatto che gli evangelisti hanno lasciato tracce di aver colto nell'A.T. le profezie, tramite anche la decriptazione.

Ciò premesso, riporto ora il brano iniziale del capitolo 6 del Vangelo di Giovanni, perché questo Vangelo, come poi il libro dell'Apocalisse, attribuito allo stesso autore, è più sensibile a questa allegoria della "merkabah" del Messia.

"Dopo questi fatti, Gesù passò all'altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare? Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. Gli rispose Filippo: Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo. Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: C'è qui un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci; ma che cos'è questo per tanta gente? Rispose Gesù: Fateli sedere. C'era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini. Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano. E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto. Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d'orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato. Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo! Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo." (Giovanni 6,1-15)

La prima importante notazione da fare è che "era vicina la Pasqua".
Nella Pasqua successiva Gesù avrebbe dato se stesso in cibo per il mondo.
Il Vangelo di Luca 9,13, Marco 6,37 e Matteo 14,16 dicono che Gesù disse agli apostoli "Dategli voi stessi da mangiare", ma ovviamente non capirono ciò che passava nella mente del Signore.
Lui, infatti, avrebbe dato se stesso da mangiare come pane eucaristico.
In quel pane, "lechem" , infatti, "il Potente si chiude per i viventi " o "del Potente racchiude la vita ".
Quel "dategli voi stessi da mangiare" alla luce della storia era profetico, intendeva dire "fate come farò io".
Lo chiarirà quando "...preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me". (Luca 22,19)
Di fatto gli apostoli lo fecero dando la loro vita per il Vangelo.

I pani sono cinque e i pesci due anche nel racconto dei sinottici.
In questa occasione il Vangelo di Giovanni fa presente che tra gli attori principali riappaiono Andrea e Filippo.
Pare proprio una ulteriore manifestazione del carro del Messia.
È il momento che il nuovo Sole manda ai viventi una forza vitale da segno ai viventi stessi.

In ebraico cinque è "chamesh" ed ha le stesse lettere, pur se permutate, di Messia "Meshiach" .
Dividendo le lettere di cinque così, + , in base al significato grafico delle lettere stesse viene suggerito il pensiero del "sole () che sorge ".
Cinque pani , perciò in modo criptico enigmatico, che tanto piaceva agli ebrei del tempo - si pensi alle 14 generazioni ripetute 3 volte in Matteo, ai 153 grossi pesci in Giovanni, al 666 e ai 144.000 dell'Apocalisse - indicano proprio che il nuovo "Sole () manda ai viventi una forza vitale ".
Tra l'altro , lettere che si leggono al centro unendo le due parole, è il radicale di "inviare, mandare", e sono anche le lettere che indicano "Sheliach", apostolo, onde "il sole () con gli apostoli vita sarà per i viventi ".
I pesci sono due "rinnovati () saranno gli impediti/sbarrati , a camminare saranno i viventi ".

Il racconto del Vangelo di Giovanni col dire di Filippo "Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo", come osserva il richiamo riportato dalla Bibbia di Gerusalemme, ci porta all'episodio a Kibrot -Taava in Numeri 11 che appunto richiama il cibo e i pesci: "Chi ci potrà dare carne da mangiare? Ci ricordiamo dei pesci che mangiavamo in Egitto" (Numeri 11,4s)
Certamente quel capitolo 11 dei Numeri nasconde una profezia messianica!
Così, di fatto l'ho trovata e l'ho presentata decriptando tutti i 35 versetti del capitolo 11 del libro dei Numeri in " Manna, cibo degli angeli, figura del Messia"", articolo in .pdf nella rubrica "Vangeli e ProtoVangeli".

xxxx Andrea e Filippo con gli altri apostoli a Tabga sul lago di Galilea distribuirono il pane moltiplicato dal Signore.
Il luogo, come quello della chiesa del Primato di Pietro, è attestato dal diario della pellegrina Egeria (380), che parla di "...un prato coperto d'erbe che ha abbastanza fieno e molti palmizi; accanto a questi vi sono le sette fontane ciascuna delle quali manda acqua in abbondanza; fu in questo campo che il Signore saziò il popolo con cinque pani e due pesci. Veramente la pietra sopra la quale il Signore pose il pane è stata ridotta ad altare, dalla quale pietra i pellegrini staccano pezzetti che usano con giovamento della loro salute. Presso le pareti di questa chiesa passa la strada pubblica..."
Tutto andò distrutto nel 614 con l'invasione persiana, ma gli scavi archeologici hanno confermato la descrizione di Egeria.

Era apparso per un istante il carro del Messia, ma il popolo non comprese in modo pieno il segno.
Solo alcuni si saranno aggregati al gruppo dei discepoli.
Videro al momento il solo aspetto pratico immediato, la soluzione dei problemi cioè il mangiare pane gratis.
La folla al massimo aveva associato Gesù al "profeta, colui che viene nel mondo!" (Giovanni 6,14), quello di cui dice il libro del Deuteronomio 18,15s: "Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me. A lui darete ascolto. Avrai così quanto hai chiesto al Signore, tuo Dio, sull'Oreb, il giorno dell'assemblea, dicendo: Che io non oda più la voce del Signore, mio Dio, e non veda più questo grande fuoco, perché non muoia".

Gesù, allora, si ritirò sul monte a pregare.
Era al colloquio col Padre, sapeva che mancava il segno dei segni, la morte in croce e la risurrezione!
E quello lo doveva fare appunto da solo "si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo."
Il fuoco del carro come il sole si eclissò sul monte!

VOGLIAMO VEDERE GESÙ!
Un altro episodio importante ai fini di quanto sto sviluppanto sul carro del Messia è al capitolo 12 del Vangelo di Giovanni.
Questo capitolo, tra l'altro, ci fa trovare in azione ancora una volta assieme gli apostoli Andrea e Filippo.
Entrambi, come ho fatto notare, hanno un nome greco.
Evidentemente conoscevano il greco, indi furono importanti, e il Vangelo lo sottolinea, perché i proseliti di lingua greca, che appunto non parlavano aramaico, potessero conoscere ed avvicinare Gesù.
Filippo rappresenta così il tramite più immediato.
Certamente aveva riferito loro sinteticamente parole ed opere di Gesù ed è da concludere che Filippo era stato credibile o perlomeno in grado di suscitare la loro viva curiosità.
Il Vangelo di Giovanni intende così sottolineare che dell'avvicinarsi del carro del Messia i Greci s'accorsero indirettamente vedendo Filippo e Andrea che per loro furono il "tiro" che trainava il carro di quella evangelizzazione, ma non ancora avevano visto chi di fatto portava.
L'invito del "venite e vedete" iniziale, che Filippo poi aveva proposto a Natanaele, si ripete anche per loro.

Risiamo nel periodo della Pasqua, ma di un anno dopo l'evento del precedente paragrafo.
Per Gesù sta maturando il tempo del sacrificio in croce.
Il capitolo 12 di Giovanni inizia, infatti, segnando: "Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti." (Giovanni 16,1)
Qui vi fu una gran cena ed avvenne l'unzione di Gesù da parte di Maria, la sorella di Lazzaro.
Una gran folla di Giudei intanto era accorsa per vedere Gesù e Lazzaro risuscitato, ma "i capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Lazzaro, perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù." (Giovanni 12,10-11)
Il Vangelo continua a scandire il tempo ed esordisce con: "Il giorno seguente, la grande folla che era venuta per la festa, udito che Gesù veniva a Gerusalemme, prese dei rami di palme e uscì incontro a lui gridando: Osanna!..." (Giovanni 12,12-13)
Si sviluppa il racconto dell'ingresso di Gesù in Gerusalemme, accolto trionfalmente, mancavano 5 giorni alla Pasqua!.
Ed ecco il fatto; l'incontro di proseliti col Messia.
È questo il preludio della conversione di tutti i popoli, anticipo di ciò che avverrà con la Chiesa nascente con inizio da quel momento tra 55 giorni (il cinque in ebraico, come ho fatto notare in altro paragrafo, ha le stesse lettere di Messia), a partire cioè dalla prossima festa di Pentecoste.
Proprio l'evangelista Giovanni ci suggerisce il pensiero quando riporta che "I farisei allora dissero tra loro: Vedete che non ottenete nulla? Ecco: il mondo è andato dietro a lui!" (Giovanni 12,19)

Ed ora, ecco il fatto:
"Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c'erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: Signore, vogliamo vedere Gesù. Filippo andò a dirlo ad Andrea,e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù." (Giovanni 12,20-22)

Gesù rispose in modo sibillino.
Che persone provenienti dal paganesimo desiderassero conoscerlo è la scintilla che gli conferma: "È venuta l'ora che il Figlio dell'uomo sia glorificato." (Giovanni 12,23)
Il glorificare è: rendere grande, visibilmente ammirevole.
Gesù proveniva da un trionfo da parte di una folla, ma sa che le folle sono facilmente influenzabili, quindi quello che ha avuto è un trionfo effimero, eppure è figura di un trionfo eterno.
Pregusta in visione ciò che avviene per un comandante vittorioso che percorre sul suo carro in trionfo con i trofei di una vittoria, messo in luce davanti a tutti che restono ammirati.
L'idea del carro del Messia che sarà palese, perché guidato da un uomo risorto, cioè glorificato, ecco trapela dal pensiero di Gesù.
La strada comporta il sacrificio e la morte che è il combattimento che serve per vincere il nemico, perciò considera e proclama: "In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà." (Giovanni 12,24-26)
A questo trionfo pareteciperà chi lo aiuterà "Se uno serve me, il Padre lo onorerà".
Invocò, allora, con forza "Padre, glorifica il tuo nome!" e si sentì come un tuono, era il Padre che rispose "L'ho glorificato e lo glorificherò ancora!" (Giovanni 12,28)
Indicò Gesù poi l'ora del combattimento e la finalità: "Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me." (Giovanni 12,31s)
Gli uomini l'innalzeranno in croce e il Padre l'innalzerà veramente, perché con la risurrezione lo glorificherà davanti a tutti.
Agli astanti, che come al solito di tutto ciò avevano compreso ben poco e non capivano bene che volesse dire, si rivolse ancora.
Di fatto sottolineò che s'era avvicinato a loro per un istante il carro del Sole Nuovo, quello della luce vera: "Allora Gesù disse loro: Ancora per poco tempo la luce è tra voi. Camminate mentre avete la luce, perché le tenebre non vi sorprendano; chi cammina nelle tenebre non sa dove va. Mentre avete la luce, credete nella luce, per diventare figli della luce. Gesù disse queste cose, poi se ne andò e si nascose loro." (Giovanni 12,35s)

Il discorso della glorificazione fu ripreso da Gesù nell'ultima cena dopo che Giuda, l'apostolo traditore, era uscito dall'assemblea.
Gesù per ben 5 volte di seguito ripete parole legate al concetto di glorificare: "...Gesù disse: Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito." (Giovanni 13,31s)

DOPO LA CENA
Dopo quella che appunto è definita l'ultima cena terrena di Gesù prima della sua passione, il Vangelo di Giovanni nei capitoli 14-17 sviluppa il lungo discorso che è il suo testamento spirituale.

Il capitolo 14 esordisce con Gesù che così si rivolge agli 11 apostoli dopo era uscito Giuda Iscariota:
"Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: Vado a prepararvi un posto? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via." (Giovanni 14,1-4)

Gesù, così, di fatto, annuncia che morirà, ma anche che tornerà.
Inoltre, sarà Lui stesso il tramite che li porterà al Padre.

Disse poi, infatti: "Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto." (Giovanni 14,6s)
Gesù, qui, con tale dire asserisce l'unità e la propria perfetta comunione ed identità con l'intera divinità.
Sul suo carro, poi, saliranno tutti e saranno nella nuova realtà eterna.

A questo punto, ecco che, Filippo, generoso, pronto come un cavallo scalpitante, intende dirigersi anche lui dove vuol andare Gesù, cioè dal Padre e così "Gli disse Filippo: Signore, mostraci il Padre e ci basta." (Giovanni 14,8)
Vale a dire: dacci un modo per seguirti, sai che noi ti seguiamo in tutto!

Il Signore Gesù, peraltro, come abbiamo visto nel precedente paragrafo, insiste sul concetto di gloria e di glorificazione, quasi come alludendo a questioni che dovrebbero capire gli ebrei, perché legate alla Sacra Scrittura.
Questa richiesta di Filippo, infatti, è simile a quella che fece al Signore Mosè in Esodo 33,18: "Gli disse, Mostrami la tua Gloria!"
Ora, il punto della Torah che è più collegato a tale concetto è proprio quello in Esodo 33,18-23 e il testo di quel versetto Esodo 33,18 in ebraico è così scritto:

Vei'omer har'eniri n'a 'qet kebodoek



Letto con le regole del mio metodo riportato nell'articolo "Parlano le lettere", riferito al Messia, alla luce degli eventi di Gesù, provoca la seguente decriptazione.
È questa profetica nei riguardi del Figlio dell'Uomo e di Dio Unico che verrà in terra in questi, ma che sarà sacrificato dagli uomini e per gli uomini:
"A portare sarà l'Unico a vivere in un corpo del mondo alla vista il Figlio Unigenito ; verrà () spento () fiaccato ()."
Dopo quella richiesta, col versetto seguente di cui fornirò una decriptazione, là IHWH, promette che si manifesterà nel suo aspetto misericordioso, infatti:

Esodo 33,19 - "Rispose, Farò passare davanti a te tutta la mia bontà e proclamerò il mio nome, Signore, davanti a te. A chi vorrò far grazia farò grazia e di chi vorrò aver misericordia avrò misericordia".





"Ma sarà nel primogenito a vivere nel corpo 'Io Sono' . L'Unico si vedrà da dentro lanciare () la rettitudine . Guizzerà dal cuore per un'asta che dentro stando innalzato () alla persona () sarà di quel retto portata . Verserà alla vista dalla croce chi gli sta dentro . Alla luce con l'acqua dal Signore guizzerà dalla persona () la forza della rettitudine per riportare la grazia a tutti . Sarà a rivenire () quel primogenito risorto alla vista dalla tomba per l'energia che si riporterà nel corpo . Dalla tomba , dai morti , sarà a venire () il primo dei risorti . Il (suo) corpo (sarà) via per i viventi ."
Sottolineo il finale: Il (suo) corpo (sarà) via per i viventi.

Il racconto di Esodo 33 prosegue col Signore che spiega che il Suo volto non si può vedere da vivi e restare in vita in questa terra.
Il seguito, della decriptazione, versetti Esodo 33,20-23, che è del tutto calzante con quanto sto andando ad esporre, lo presentai in "Il Dio Vivente" in "Decriptazione Bibbia" a cui rimando per varie considerazioni che ora non riprendo.
Riporto così così tutta di seguita la decriptazione dei due versetti che ho ora presentato e di quelli anzidetti che li seguono fino alla fine del capitolo 33 di Esodo.

Esodo 33,18 - "A portare sarà l'Unico a vivere in un corpo del mondo alla vista il Figlio Unigenito; verrà spento fiaccato."

Esodo 33,19 - "Ma sarà nel primogenito a vivere nel corpo 'Io Sono'. L'Unico si vedrà da dentro lanciare la rettitudine. Guizzerà dal cuore per un'asta che dentro stando innalzato alla persona sarà di quel retto portata. Verserà alla vista dalla croce chi stava dentro. Alla luce con l'acqua dal Signore guizzerà dalla persona la forza della rettitudine per riportare la grazia a tutti. Sarà a rivenire quel primogenito risorto alla vista dalla tomba per l'energia che si porterà nel corpo. Dalla tomba, dai morti, sarà a venire il primo dei risorti.
Il (suo) corpo (sarà) via per i viventi."

Esodo 33,20 - Si porterà a stare in un primogenito per vivere nel corpo il Potente. Venendo porterà la perfezione alla vista di tutti. Verrà la Parola/il Verbo inviato, vi sarà la rettitudine. Sarà il Potente in quel primogenito a stare nel corpo. Io Sono entrerà in un uomo e vi vivrà.

Esodo 33,21 - E fu a dire il Signore, ecco i viventi risorgerà, verrà la colomba (Spirito Santo) giù da un crocifisso innalzato, uscirà giù si porterà dal corpo.

Esodo 33,22 - Mi porterò nel mondo, sarò ad entrare in una casa/famiglia ebrea. La gloria sarò a recare della risurrezione dai morti. Sarà così da dentro l'innocente a versarla dal corpo. In tutti entrando solleverà. Porterà nei corpi la forza del fuoco della rettitudine del crocifisso che era il retto Verbo/Parola che sarà stato innalzato. Saranno retti per sempre. Ad agirgli dentro il corpo sarà...

Esodo 33,23 - ...un'asta. Aperto un foro nel corpo del crocifisso sarà a venire la rettitudine. Il Verbo/Parola sarà a portarla alla vista. Saranno tutti uno, del crocifisso fratelli. Nel corpo sarà a portarli il Verbo dagli angeli a stare dal Potente Unico che sarà alla vista a portarsi.

Questa decriptazione quando dice Il (suo) corpo (sarà) via per i viventi al versetto 18 e Saranno tutti uno, del crocifisso fratelli. Nel corpo sarà a portarli il Verbo dagli angeli a stare dal Potente Unico che sarà alla vista a portarsi al versetto 23 (in grassetto nella decriptazione di quei versetti) conferma quanto ha detto Gesù: "Io sono la via".
Sarà la via spirituale, ma anche fisica che porterà gli uomini al Padre in quanto e il suo corpo stesso è il carro del Messia.
Quando era prima della risurrezione il carro "era tirato" annunciato da apostoli e discepoli e nella fattispecie per i proseliti da Filippo e da Andrea, ma dopo la risurrezione il suo corpo, in terra è la Chiesa, e alla fine dei tempi al suo ritorno il suo carro diviene di fuoco e sarà portato e annunciato dagli angeli.
D'altronde nell'incontro con Natanaele a cui Filippo aveva annunciato Gesù, Gesù stesso ebbe a dire: "Poi gli disse: In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell'uomo". (Giovanni 1,51)
Questa profezia è riportata in modo diverso anche dal Vangelo di Matteo: "Allora comparirà nel cielo il segno del Figlio dell'uomo e allora si batteranno il petto tutte le tribù della terra, e vedranno il Figlio dell'uomo venire sopra le nubi del cielo con grande potenza e gloria. Egli manderà i suoi angeli con una grande tromba e raduneranno tutti i suoi eletti dai quattro venti, da un estremo all'altro dei cieli." (Matteo 21,30s)
Questo segno del Figlio dell'Uomo è il suo carro di fuoco (Vedi: Ezechiele 1 "Il carro di fuoco d'Ezechiele: UFO e/o macchina del tempo?")

Filippo ha poi qui, nel discorso che segue l'ultima cena, il gran merito di provocare la risposta delle risposte, la piena rivelazione del mistero trinitario del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Tre persone, un'unica sostanza, due nature, umana e divina.
Proseguendo il capitolo 14 di Giovanni, infatti, "Gli rispose Gesù: Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo?" (Giovanni 14,8)

Leggiamo attentamente la risposta provocata da Filippo ma data per tutti:
"Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: Mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch'egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò. Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi." (Giovanni 14,9-17)

È questa l'autorevole conferma della S.S. Trinità.
L'istruzione teorica degli apostoli è ormai compiuta!
È da passare alla parte pratica finale.
Ora, a Gesù, dopo le parole i segni e le opere che aveva già compiuto, non resta che mostrare in modo totale il proprio amore per gli uomini, suoi fratelli.
Ciò farà con la passione e morte in croce.
Sarà così l'agnello sacrificale ben accetto e gradito su cui Dio manifesterà la sua gloria.
Lo dimostrerà in modo eclatante, con la risurrezione.
Ed ecco che Gesù ormai s'immedesima nel Padre e parla loro, agli 11, come a figli, infatti dice loro:
"Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui". (Giovanni 14,18-21)

FILIPPO IL DIACONO
Ovunque si cerca su Filippo, si trova che non è da confondere la figura di Filippo Apostolo, sviluppata soprattutto nel Vangelo di Giovanni, col Filippo diacono che evangelizzò la Samaria secondo la narrazione riportata dagli Atti degli Apostoli.
Evidentemente anche autorevoli Padri antichi erano entrati in confusione a causa della omonimia.
Gli stessi Atti, infatti, prima citano anche loro il Filippo apostolo, al 5° posto nel numero degli apostoli tra gli spettatori e testimoni dell'ascensione del Signore: "Allora ritornarono a Gerusalemme dal monte detto degli Ulivi, che è vicino a Gerusalemme quanto il cammino permesso in giorno di sabato. Entrati in città, salirono nella stanza al piano superiore, dove erano soliti riunirsi: vi erano Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, Filippo e Tommaso, Bartolomeo e Matteo, Giacomo figlio di Alfeo, Simone lo Zelota e Giuda figlio di Giacomo. Tutti questi erano perseveranti e concordi nella preghiera, insieme ad alcune donne e a Maria, la madre di Gesù, e ai fratelli di lui." (Atti 1,12-14)
Gli apostoli, che ormai erano 11, cooptarono poi, quale numero 12, Mattia (Atti 1,26), indi, il capitolo 6 degli Atti parla di un ulteriore Filippo.
"In quei giorni, aumentando il numero dei discepoli, quelli di lingua greca mormorarono contro quelli di lingua ebraica perché, nell'assistenza quotidiana, venivano trascurate le loro vedove. Allora i Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: Non è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio per servire alle mense. Dunque, fratelli, cercate fra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola. Piacque questa proposta a tutto il gruppo e scelsero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timone, Parmenàs e Nicola, un prosèlito di Antiòchia. Li presentarono agli apostoli e, dopo aver pregato, imposero loro le mani." (Atti 6,1-6)
Quindi l'autorevole testo degli Atti ci propone tra quei sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza anche un Filippo, diverso dal Filippo che appartiene al gruppo dei 12 apostoli, su cui, quindi, impose le mani lo stesso Filippo apostolo.

Da questa elezione di quei sette nel Cristianesimo primitivo nacque la figura del diacono, dal greco "diákonos", diakonoV, vale a dire servitore.
Inizialmente erano addetti alle mense come camerieri, ma fornivano anche un servizio amministrativo ed assistenziale subordinato al Vescovo (Vedi: Filippesi 1,1 e 1Timoteo 3,8-12).
Nello svilupparsi degli Atti si realizza che in definitiva distribuivano l'eucaristia, leggevano i testi sacri e predicavano.
Tali funzioni sono tutte quelle rimaste ai diaconi, della Chiesa Cattolica; infatti, il diaconato è il primo grado degli ordini sacri: diaconato, presbiterato, episcopato.

Questo Filippo, già 2° di quei sette ellenisti eletti diaconi per servire la distribuzione alle mense dei poveri, dopo il martirio di Stefano, restò il primo e il più importante di quel gruppo.
Era questo Filippo uno dei sette addetti alla distribuzione del cibo, divenne uno dei primi missionari ubbidendo al comando di Gesù di portare il Vangelo ad ogni nazione e fu un attento studioso della Bibbia, capace di spiegarne il significato autentico alla luce di Cristo.

Dopo la morte di Stefano, infatti, Filippo il diacono predicò in Samaria come riferisce il capitolo 8 degli stessi Atti degli Apostoli (8,5-13), poi all'eunuco etiope prima di arrivare a Cesarea (Atti 8,26-40).
Su tutto ciò dirò qualcosa nel successivo paragrafo.
Questo Filippo dopo quasi 20 anni si ritroverà a Cesarea, dove abitava con quattro figlie che erano profetesse e vi ospitò Paolo, l'antico persecutore, che si recava a Gerusalemme: "Ripartiti il giorno seguente, giungemmo a Cesarèa; entrati nella casa di Filippo l'evangelista, che era uno dei Sette, restammo presso di lui. Egli aveva quattro figlie nubili, che avevano il dono della profezia." (Atti 21,8-9)
Luca, autore degli Atti lo definisce evangelista in quanto il termine evangelista indicava chi predicava il Vangelo, cioè la Buona Notizia di Gesù Cristo, come si evince dalla 2Timoteo 4,5 "Ma tu sii vigilante in ogni cosa, sopporta le sofferenze, svolgi il compito di evangelista, adempi fedelmente il tuo servizio". Solo più tardi il termine evangelista fu restretto a coloro che riportavano per iscritto il Vangelo.
E chissà se Filippo non avesse prodotto una traccia scritta della sua predicazione!
Per quanto riguarda profeta e profetessa è da ricordare che nel Nuovo Testamento non ha più senso il parlare di profeti di Dio com'erano intesi prima della venuta del Cristo, perché quanto doveva essere rivelato e conosciuto è divenuto palese con Gesù di Nazaret ed il suo Vangelo.
Il termine greco projhtaV usato nel Nuovo Testamento non è nemmeno per uno che preveda il futuro, ma sta per "proclamatore", ossia di un cristiano che ha il carisma riconosciuto di parlare in pubblico, ispirato dalla lettura della Sacra Scrittura, sotto l'impulso dello Spirito Santo.
È questo però un carisma diverso da quello di maestro.
Il capitolo 12 della 1Corinzi parla proprio dei vari carismi del Corpo di Cristo:
  • 1 - "Riguardo ai doni dello Spirito...
  • 4 - Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito...
  • 7 - A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune...
  • 27-28 - Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra. Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi ci sono i miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere, di governare, di parlare varie lingue."
Chiarificante al riguardo della profezia e dei profeti delle prime comunità cristiane è la prima parte, versetti 1-5, del capitolo 14 della 1Corinzi: "Aspirate alla carità. Desiderate intensamente i doni dello Spirito, soprattutto la profezia. Chi infatti parla con il dono delle lingue non parla agli uomini ma a Dio poiché, mentre dice per ispirazione cose misteriose, nessuno comprende. Chi profetizza, invece, parla agli uomini per loro edificazione, esortazione e conforto. Chi parla con il dono delle lingue edifica se stesso, chi profetizza edifica l'assemblea. Vorrei vedervi tutti parlare con il dono delle lingue, ma preferisco che abbiate il dono della profezia. In realtà colui che profetizza è più grande di colui che parla con il dono delle lingue, a meno che le interpreti, perché l'assemblea ne riceva edificazione."

In definitiva, nelle comunità della prima ora profeta è chi parla sotto ispirazione dello Spirito dopo lettura della Scrittura, e lo fa in modo estemporaneo, diverso da un insegnante che parla pubblicamente in modo sistematico ed autorevole.
La parola ascoltata nelle liturgie agisce su chi ascolta e suscita una reazione spontanea atta a provocare una predicazione interattiva con interventi che edificano, esortano e consolano, come ha affermato 1Corinzi 14,3.
Pare proprio che "il profeta" avesse una funzione nella riunione liturgica, infatti: "Si lasci che i profeti esprimano il loro ringraziamento secondo la loro volontà." (Didache 10,7)
Di fatto tutti i fratelli della comunità cristiana possono essere profeti in certe occasioni.
Non erano perciò una categoria particolare, ma ciascuno aiutato dallo Spirito poteva costituire prezioso veicolo di verità per chi l'ascoltava, perché ciascun cristiano partecipa al dono di Cristo, re, sacerdote e profeta.
Pur tuttavia alcuni avevano il dono d'essere più incisivi di altri, capaci di suscitare l'ascolto e la comunità gli riconosceva tale carisma.
Quel capitolo di 1Corinzi, infatti, precisa che nelle riunioni: "I profeti parlino in due o tre e gli altri giudichino. Ma se poi uno dei presenti riceve una rivelazione, il primo taccia: uno alla volta, infatti, potete tutti profetare, perché tutti possano imparare ed essere esortati. Le ispirazioni dei profeti sono sottomesse ai profeti, perché Dio non è un Dio di disordine, ma di pace." (1Corinzi 14,29-33)
Varie donne avevano seguito Cristo nel suo ministero (Luca 8,1-4), e tante donne parteciparono alla costruzione delle prime comunità cristiane.
Al riguardo, è istruttiva questa notazione di Clemente di Alessandria: "Gli apostoli lavorarono senza tregua alla predicazione evangelica come si confaceva al loro ministero, presero con loro le donne, non solo le mogli ma anche le sorelle, per coinvolgere nel loro ministero le donne che vivevano con loro; per mezzo di esse l'insegnamento di Dio raggiunse le altre donne nelle loro case senza destare sospetto." (Stromata 3, 6, par. 53)
Ora torniamo al nostro Filippo l'Evangelista che aveva quattro figlie che "avevano il dono della profezia" (Atti 21,9) vale a dire avevano il carisma di profetare.
Ciò significa che queste ebbero certamente una partecipazione nel lavoro di predicazione evangelica.
Il profetizzare di una donna non era un fatto speciale, come s'evince da: "Ogni uomo che prega o profetizza ...ogni donna che prega o profetizza..." (1Corinzi 11,4-5)
Varie donne, peraltro, risultano, coinvolte nelle prime comunità con svariati compiti, come ad esempio ricorda San Paolo nelle sue lettere:
  • Romani 16,1 "Vi raccomando Febe, nostra sorella, che è al servizio (ministra diakonos) della Chiesa di Cencre... è stata d'aiuto a molti e anche a me stesso."
  • Romani 16,6 "Salutate Maria, che ha faticato molto per voi."
  • Romani 16,12 "Salutate Trifena e Trifosa, che hanno faticato per il Signore. Salutate la carissima Pèrside, che ha tanto faticato per il Signore."
  • Romani 16,13-15 "Salutate Rufo, prescelto nel Signore, e sua madre, che è una madre anche per me. Salutate Asìncrito, Flegonte, Erme, Pàtroba, Erma e i fratelli che sono con loro. Salutate Filòlogo e Giulia, Nereo e sua sorella e Olimpas e tutti i santi che sono con loro."
  • Filippesi 4,2s "Esorto Evòdia ed esorto anche Sìntiche ad andare d'accordo nel Signore. E prego anche te, mio fedele cooperatore, di aiutarle, perché hanno combattuto per il Vangelo insieme con me, con Clemente e con altri miei collaboratori, i cui nomi sono nel libro della vita."
LA PREDICAZIONE DEL DIACONO FILIPPO
Il capitolo 8 degli Atti degli Apostoli è importante, perché in primo luogo informa di un fatto, pur negativo, nel caso specifico una persecuzione, la prima contro la Chiesa di Cristo appena nata, fatto però che viene a costituire la propulsione dell'evangelizzazione al di fuori dei confini della Giudea e della Galilea, territori ove vivevano coloro che rispettavano integralmente la Torah.
Questa prima persecuzione fu il seguito dell'inimicizia cieca contro il proselita Stefano convertito alla nuova "setta".
L'opposizione alla sua predicazione che annunciava l'avvento del Messia era fortemente osteggiata e sostenuta da farisei, tra cui per foga spicca l'operato di Saulo, che poi cambierà il nome in Paolo, colui che diverrà poi grande fautore di ciò che voleva negare.
Questo capitolo 8 degli Atti, infatti, subito, ai versetti 1-3, ci riferisce: "Saulo approvava la sua (di Stefano) uccisione. In quel giorno scoppiò una violenta persecuzione contro la Chiesa di Gerusalemme; tutti, ad eccezione degli apostoli, si dispersero nelle regioni della Giudea e della Samaria. Uomini pii seppellirono Stefano e fecero un grande lutto per lui. Saulo intanto cercava di distruggere la Chiesa: entrava nelle case, prendeva uomini e donne e li faceva mettere in carcere."

La persecuzione pare colpire proprio gli ellenisti convertiti al cristianesimo di Gerusalemme, ma saranno proprio loro che forniranno i primi missionari.
"Quelli però che si erano dispersi andarono di luogo in luogo, annunciando la Parola." (Atti 8,1-3)
Ecco che il carro del Verbo, del Messia, vale a dire della Parola di Dio fatta carne, si mette in moto.
Ciò che colpisce che anche qui chi è riferito quale primo trascinatore ha il nome di Filippo, ma non è l'apostolo, bensì è il diacono, perché poco prima il testo ha asserito che gli apostoli restarono uniti.
Riparte la "merkabah" e il nome di chi la tira è ancora quello di un Filippo, il che rafforza l'idea dell'immagine del carro di fuoco del Messia tirato da un cavallo di fuoco, e i carro esce dai confini stabiliti da Gesù prima dell'Ascensione.
Era arrivato, infatti, con potenza il dono dello Spirito Santo.

"Filippo, sceso in una città della Samaria, predicava loro il Cristo. E le folle, unanimi, prestavano attenzione alle parole di Filippo, sentendolo parlare e vedendo i segni che egli compiva. Infatti da molti indemoniati uscivano spiriti impuri, emettendo alte grida, e molti paralitici e storpi furono guariti. E vi fu grande gioia in quella città." (Atti 8,5-8)
L'annuncio del Vangelo, la Buona notizia reca gioia!
Vi furono perciò segni e miracoli che accompagnavano la predicazione, il che sta a significare che il Risorto seguiva ed operava per asseverare la predicazione stessa.
Viene cioè confermato quando dice il Vangelo di Marco circa i segni che accompagnano la predicazione "Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l'accompagnavano." (Marco 16,20)

Erano i Samaritani, peraltro, una via di mezzo tra giudei e pagani.
La Samaria, provincia tra Giudea e Galilea ad ovest del Giordano, fu conquistata dagli Assiri nel 721 a.C. e gli Israeliti che vi abitavano furono deportati e vi furono insediate genti d'altre nazioni che poi, invero, cercarono di intralciare i Giudei al ritorno dall'esilio di Babilonia (Vedi: Esdra e Neemia).
Tra Samaritani e Giudei perciò non correva buon sangue.
I Giudei anzi li disprezzavano, perché quelli pur se dicevano d'adorare lo stesso Dio d'Israele "zoppicavano" con altri dèi (2Re 17; 8,9-11; Esdra 4,10; 1Maccabei 3,10)
Gesù, pur se non condivideva quel disprezzo, distingueva fra i Giudei e i Samaritani.
Agli inizi i "...dodici Gesù li inviò dopo averli così istruiti: Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d'Israele." (Matteo 10,5.6)
In effetti, poi, Gesù passò per la Samaria e là a Sichem vi fu l'incontrò con la "samaritana", come è esposto nell'episodio del capitolo 4 del Vangelo di Giovanni.
Al momento dell'ascensione Gesù aveva detto agli astanti: "...avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino agli estremi confini della terra". (Atti 1,8)

La predicazione portata avanti da Filippo convince, quindi, battezza e forma così la prima comunità cristiana oltre i confini della Giudea.
In Samaria Filippo ottenne uno straordinario successo.
Le folle accorsero e battezzò tante persone tra cui anche il famoso Simon Mago.
"Vi era da tempo in città un tale di nome Simone, che praticava la magia e faceva strabiliare gli abitanti della Samaria, spacciandosi per un grande personaggio. A lui prestavano attenzione tutti, piccoli e grandi, e dicevano: Costui è la potenza di Dio, quella che è chiamata Grande. Gli prestavano attenzione, perché per molto tempo li aveva stupiti con le sue magie. Ma quando cominciarono a credere a Filippo, che annunciava il vangelo del regno di Dio e del nome di Gesù Cristo, uomini e donne si facevano battezzare. Anche lo stesso Simone credette e, dopo che fu battezzato, stava sempre attaccato a Filippo. Rimaneva stupito nel vedere i segni e i grandi prodigi che avvenivano." (Atti 8,9-13)
Gli Atti continuano raccontando di Pietro e Giovanni che da Gerusalemme vengono ad imporre le mani ai neofiti che ricevettero lo Spirito Santo.
Non lo dettero però a Simon Mago, che voleva comprarlo, sì che Pietro gli disse: "Possa andare in rovina, tu e il tuo denaro".

Da quel Simon Mago deriva il termine "simonia", ossia il traffico delle cose spirituali e sacre.
Pare proprio, inoltre, che Simon Mago sia un esempio se non addirittura il fondatore della corrente eretica gnostica.
Ireneo al riguardo di lui dichiara:
  • "Ci sono due fonti di tradizione, ma come Dio è uno solo, solo una deriva da Dio, quella che la chiesa riceve tramite Cristo e gli apostoli che Egli scelse, specialmente Pietro. L'altra viene da Satana e risale al maestro gnostico Simon Mago, nemico per eccellenza di Pietro, che cercò di comprare il potere spirituale dell'apostolo e si guadagnò la maledizione. Come Pietro è il capostipite della vera successione, così Simone incarna la falsa successione degli eretici, ispirata dal demonio: è il padre di tutte le eresie."
  • "Tutti coloro che in qualunque modo alterano la verità, e nuociono all'insegnamento della Chiesa, sono discepoli e successori di Simon Mago di Samaria...Mettono avanti, effettivamente, il nome di Gesù Cristo come una specie di esca, ma introducono in molteplici modi le empietà di Simone... diffondendo su chi li ascolta l'amaro e maligno veleno del gran serpente (satana), il grande creatore di apostasia." (Adv.Haer)
Dante Alighieri colloca Simon Mago nell'Inferno Canto XIX:

"O Simon mago, o miseri seguaci
che le cose di Dio, che di bontate
deon essere spose, e voi rapaci
per oro e per argento avolterate,
or convien che per voi suoni la tromba,
però che ne la terza bolgia state.
"

Dal libro degli Atti è poi sottolineato che fu proprio tramite il diacono Filippo che fu battezzato il primo "gentile", uno che cioè non era della razza e della stretta religione d'Israele.
In effetti, apparteneva al lontano popolo che in qualche modo secondo la tradizione etiope era restato collegato con l'ebraismo dai tempi di Salomone e della Regina di Saba. (Vedi: "La Regina del Sud e Salomone")
Lungo la via verso mare, la strada da Gerusalemme a Gaza, infatti, Filippo incontrò un etiope, eunuco, ministro della Regina Candace, che tornava da Gerusalemme sopra un carro. (il nome Candace deriverebbe da un titolo nell'antica lingua di Nubia, la terra di Kush, che significa "regina madre")
Il testo degli Atti annette grande importanza al fatto e lo prepara con una visione angelica: "Un angelo del Signore parlò a Filippo e disse: Alzati e và verso il mezzogiorno, sulla strada che scende da Gerusalemme a Gaza; essa è deserta. Egli si alzò e si mise in cammino, quand'ecco un Etìope, eunuco, funzionario di Candace, regina di Etiopia, amministratore di tutti i suoi tesori, che era venuto per il culto a Gerusalemme, stava ritornando, seduto sul suo carro, e leggeva il profeta Isaia. Disse allora lo Spirito a Filippo: Va' avanti e accòstati a quel carro." (Atti 8,26-29)
Per ben due volte si parla del carro.
Che importanza aveva il sottolinearlo?
E poi Lo Spirito dice a Filippo di correre dietro a quel carro e raggiungerlo.
Filippo, quindi, era anche lui su un carro accompagnato dallo Spirito!
Era il carro della evangelizzazione!

"Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: Capisci quello che stai leggendo?" (Atti 8,30)
Si parlarono da carro a carro!
"Egli rispose: E come potrei capire, se nessuno mi guida? E invitò Filippo a salire e a sedere accanto a lui." (Atti 8,31)
La Sacra Scrittura della Bibbia, Torah, Profeti e altri libri diviene Parola di Dio alla luce di Cristo Gesù da quelle profetizzato.
"Filippo, prendendo la parola e partendo da quel passo della Scrittura, annunciò a lui Gesù." (Atti 8,35)
Non è da pensare che quella lettura fosse particolarmente adatta, anche se di fatto lo è, ma è da ritenere che ogni brano della Sacra Scrittura si può riferire a Lui e quindi è utile per annunciare Gesù Cristo. Nelle Sacre Scritture sono nascosti in ogni pagina la figura e l'attività del Figlio di Dio, Gesù, che avvertiva: "Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che mi danno testimonianza." (Giovanni 5,39)
Di fatto nelle parole e nelle stesse lettere ebraiche di quelle Scritture si nasconde la Parola, che le ha ispirate.
"...le Sacre Scritture possono istruirti per la salvezza, che si ottiene per mezzo della fede in Cristo Gesù. Tutta la Scrittura infatti è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona." (2Timoteo 3,15s)
Filippo con l'eunuco, di fatto, imita quanto fa Gesù con gli apostoli di Emmaus (Luca 24,13-35).
In effetti, chi salì sul carro dell'evangelizzazione fu proprio quel etiope!
Dopo una breve istruzione sulla figura del Servo di IHWH di Isaia gli annunciò Gesù Cristo.
Evidentemente, sia pure succintamente, disse dei suoi insegnamenti e delle sue opere, ne raccontò la passione e la morte, ne proclamò la Resurrezione e l'attesa della sua venuta finale per la consegna agli uomini del Regno dei Cieli, quindi lo battezzò; infatti: "Proseguendo lungo la strada, giunsero dove c'era dell'acqua e l'eunuco disse: Ecco, qui c'è dell'acqua; che cosa impedisce che io sia battezzato? Fece fermare il carro e scesero tutti e due nell'acqua, Filippo e l'eunuco, ed egli lo battezzò." (Atti 8,36-38)
In effetti il versetto 37, che non viene riportato, ma è indicato solo il numero per memoria, è un'antica glossa battesimale (Vedi nota Bibbia di Gerusalemme) apposta nel testo occ. di Atti " ...Filippo disse: Se tu credi con tutto il cuore, è possibile. L'eunuco rispose: Io credo che Gesù Cristo è il Figliuol di Dio."
Il catecumenato per l'etiope fu breve e ridotto all'essenziale, perché già leggeva la Sacra Scrittura, gli mancava solo di riferirla agli eventi di Gesù di Nazaret.

Il Vangelo s'accinge così a varcare con quel etiope una nuova frontiera, in direzione dell'Africa, anche in questo caso ancora su un carro, guidato da un etiope, battezzato da Filippo!
"Quando risalirono dall'acqua, lo Spirito del Signore rapì Filippo e l'eunuco non lo vide più; e, pieno di gioia, proseguiva la sua strada." (Atti 8,39)
Pieno di gioia, indica gli effetti della Buona Notizia, come accadde in Samaria e come, abbiamo sottolineato, che segnalò in tale occasione il libro degli Atti: "E vi fu grande gioia in quella città." (Atti 8,8)
Si concretizzava il Salmo 51, quando dice: "Rendimi la gioia di essere salvato, sostieni in me un animo generoso." (Salmo 51,14)

Il Regno di Dio così crescerà anche in Etiopia.

Si realizza la profezia di Isaia al capitolo 56 che prevede che IHWH raccoglierà tutti i dispersi d'Israele e non solo, ma tutti i popoli, e li porterà al Tempio di Dio che altri non è che Gesù il Cristo "il mio tempio si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli".
In quella profezia parla proprio di un eunuco.
Si rialzerà, infatti, la "merkabah" di Dio portato dai suoi cherubini, che si alzò dal Canale Kebar, quello che vide Ezechiele e che si mosse per riportare gli esuli da Babilonia a Gerusalemme.
"Non dica lo straniero che ha aderito al Signore: Certo mi escluderà il Signore dal suo popolo! Non dica l'eunuco: Ecco, io sono un albero secco! Poiché così dice il Signore: Agli eunuchi, che osservano i miei sabati, preferiscono le cose di mio gradimento e restan fermi nella mia alleanza, io concederò nella mia casa e dentro le mie mura un posto e un nome migliore che ai figli e alle figlie; darò loro un nome eterno che non sarà mai cancellato. Gli stranieri, che hanno aderito al Signore per servirlo e per amare il nome del Signore, e per essere suoi servi, quanti si guardano dal profanare il sabato e restano fermi nella mia alleanza, li condurrò sul mio monte santo e li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera. I loro olocausti e i loro sacrifici saliranno graditi sul mio altare, perché il mio tempio si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli. Oracolo del Signore Dio che raduna i dispersi di Israele: Io ancora radunerò i suoi prigionieri, oltre quelli già radunati." (Isaia 56,3-8)

Ecco che Filippo, invece, riparte col suo carro "rapito dallo Spirito Santo" per annunciare il Vangelo a tutte le città già dei Filistei dell'attuale striscia di Gaza.
"Quando risalirono dall'acqua, lo Spirito del Signore rapì Filippo e l'eunuco non lo vide più; e, pieno di gioia, proseguiva la sua strada. Filippo invece si trovò ad Azoto ed evangelizzava tutte le città che attraversava, finché giunse a Cesarèa." (Atti 8,39-40)
Azoto, in effetti, è Asdod, già città della Filistea non conquistata da Giosuè, dove poi i Filistei portarono l'arca catturata, ma dovettero rimandarla via perché Dio male portava a loro e al loro dio Dagon (1Samuele 5,1-7).
Fu catturata dall'Assiria e gli Asdodei erano fra i nemici di Neemia dopo il ritorno dall'esilio. (Neemia 4,7; 13,23-24)
A Cesarea marittima Filippo nella sua casa, dove viveva con quattro figlie nubili considerate profetesse, ospiterà l'apostolo Paolo, già Saulo l'antico persecutore, come ho accennato alla fine del precedente paragrafo.
Un menologio greco tardivo, cioè un libro liturgico della tradizione cristiana orientale con una raccolta di testi liturgici e agiografici della Chiesa ortodossa, quindi, con le vite e gli uffici propri dei santi, suggerisce i nomi di queste quattro figlie: Etmione, Caritina, Isaide, Eutichiana.

GLI APOCRIFI DI FILIPPO
Nei secoli successivi nacquero varie leggende su Filippo apostolo, che furono raccolte nell'opera "Atti di Filippo", spesso confuso col diacono Filippo, errore commesso da vari scrittori antichi.
Questo libricino che manifesta influenze encratite e gnostiche è un apocrifo del Nuovo Testamento scritto in greco nel IV secolo relativo agli atti e al martirio di Filippo apostolo.

(L'encratismo dal greco "enkràteia" "continenza o dominio di sé" è una dottrina morale che cade nel manicheismo perché considera la materia come male e cerca di migliorare la capacità dell'individuo di padroneggiare istinti e passioni, in vista di un perfezionamento etico della persona.
Lo gnosticismo dalla parola greca "gnósis", "conoscenza" e sviluppa una "dottrina della salvezza tramite la conoscenza superiore e illuminata (gnosi)" che li rendeva supe-uomini contraria quindi sia al giudaismo per cui che l'anima si salverebbe con l'osservanza delle 613 mitzvòt della Torah sia al Cattolicesimo per cui si raggiunge la salvezza per Grazia mediante la fede in Cristo Gesù.)

Nel 1974 in Grecia in un monastero del monte Athos n'è stato ritrovato un manoscritto completo.
Riguarda la predicazione di Filippo in Grecia, Frigia, Siria, Partia e il suo martirio per crocifissione a testa in giù, "inverso capite", a Gerapoli, (Hierapolis) in Frigia.
Pare che Filippo avesse 86 anni quando fu martirizzato e la sua morte avvenne al tempo dell'imperatore Domiziano (81-96 d.C.).
Questi Atti contengono anche molte fantasie, basta pensare che è narrato che a seguito di un conflitto con gli adoratori del serpente di Hierapolis, Filippo sarebbe stato giustiziato dai Romani, appeso a un albero a testa in giù con catene ai piedi.
E qui sta il fantastico, perché dice l'apocrifo: "In risposta al pianto di Filippo mentre era appeso all'albero a testa in giù, una voragine s'aprì improvvisamente e inghiottì il proconsole e il tempio della vipera dove era seduto, come pure i sacerdoti della vipera e 7.000 uomini, più donne e bambini".

Nulla di certo si sa invece della morte di Filippo diacono.
Sarebbe avvenuta a Cesarea, secondo una tradizione.
Un'altra la pone invece nella città di Tralle in Asia Minore, di cui Filippo sarebbe stato vescovo.

In Frigia Filippo (Apostolo o Diacono?) visse gli ultimi anni della sua vita, a Ierapoli, dove ebbe sepoltura.
Lo testimonianza un passo di Policrate, vescovo di Efeso, che nella lettera al papa San Vittore (189 e il 198) scrive: "Filippo, uno dei dodici apostoli, riposa a Hierapolis con due sue figlie che si serbarono vergini tutta la vita, mentre la terza, vissuta nello Spirito Santo, è sepolta a Efeso" (il passo è riportato da Eusebio, Storia ecclesiastica, III,31,3)
È da supporre qui una confusione dei due Filippi, perché è per il diacono che il libro degli Atti ricorda le figli profetesse, quindi è difficile stabilire se l'apostolo o il diacono è stato sepolto in Hieropolis.
Notizie sulla vita dell'Apostolo si trovano in Eusebio di Cesarea, storico del IV secolo, che le prende da Papia, vescovo di Hierapolis, vissuto fra I e II secolo e perciò quasi contemporaneo di Filippo e come tale fonte attendibile sulla vita dell'Apostolo.
I resti del Filippo, sepolto a Hieropolis sono stati tradotti come fossero dell'Apostolo a Costantinopoli e poi a Roma (560 d.C.), ora nella chiesa dei Dodici Apostoli.
La festa dell'Apostolo Filippo è celebrata nella Chiesa romana, il 3 maggio e quella del diacono il 6 giugno.

xxxx La tomba di San Filippo (apostolo o diacono?) sarebbe stata scoperta nel sud ovest della Turchia, secondo gli archeologi italiani che scavano la zona da decenni.
Francesco D'Andria, direttore dell'Istituto per i Beni Archeologici e Monumentali presso il CNR di Lecce, avrebbe trovato la sepoltura (vedi foto) dopo un'intensa ricerca nel sito di Hierapolis (oggi Pamukkale).

Altro apocrifo più antico è il vangelo gnostico - valentiniano, scritto in lingua copta tradotto da un originale in lingua greca andato perduto, detto "Vangelo secondo Filippo apostolo" del II-III secolo.
Luogo d'origine: Siria (Edessa?).
Perduto e non menzionato dai Padri della Chiesa, nel 1945 ne è stata ritrovato un manoscritto (35 pagine) databile al IV secolo tra i codici di Nag Hammâdi (codice II, trattato 3).
Trattasi di 127 pensieri, in genere brevi.
Contiene alcuni detti di Gesù ed intende essere un insegnamento sui sacramento del battesimo, cui aggiunge quello del crisma e quello della "camera nuziale" che è il Santo dei Santi ove si diviene figli.
A titolo d'esempio riporto i seguenti punti:

48 - La perla, se è gettata nel fango, non diventa di minor pregio, né, se viene unta con olio di balsamo, diventa di maggior pregio, ma ha sempre valore agli occhi del suo proprietario. Cosi è per i figli di Dio: dovunque essi siano, essi hanno sempre valore agli occhi del loro Padre.

62 - Non temere la carne e non amarla. Se la temi, essa ti dominerà. Se l'ami, essa ti divorerà e ti soffocherà.

91 - L'apostolo Filippo ha detto: Giuseppe il falegname ha piantato un giardino, perché aveva bisogno di legna per il suo mestiere. È lui che ha costruito la Croce con gli alberi che ha piantato. Il suo seme è stato Gesù, la Croce la sua pianta.

Questo "Vangelo secondo Filippo" è citato dal romanziere Dan Brown in "Il codice da Vinci " (2003).

Cosa è questa camera nuziale?
Ritiene quel Vangelo apocrifo che ogni uomo o donna sia vittima di un angelo ribelle che lo rende impuro".

61 - Tra gli spiriti impuri ve ne sono di maschili e di femminili. I maschili sono quelli che si congiungono alle anime che abitano in un corpo di femmina; i femminili sono quelli che si congiungono alle anime che sono in un corpo di uomo. Perché essi sono separati. E nessuno potrà loro sfuggire, quando essi lo posseggono, a meno che egli non riceva un potere maschile o femminile, cioè di sposo o di sposa. Ora, questo lo riceve in immagine dalla camera nuziale.

La camera nuziale è perciò un matrimonio spirituale col Signore da cui si riceve lo Spirito necessario a rendere completa e, secondo Dio,. l'anima del credente.

ISAIA 56
In questo breve capitolo di Isaia 56, formato da12 versetti in tutto, c'è quella citazione che ho riportato in occasione dell'incontro del diacono Filippo con l'eunuco, ministro della regina d'Etiopia.

Tutti e tre i Vangeli Sinottici riportano l'episodio di Gesù che scaccia i mercanti dal Tempio e lì i Vangeli stessi citano quel punto d'Isaia 56,7 come riporta ad esempio il Vangelo di Matteo: "Gesù entrò poi nel Tempio e scacciò tutti quelli che vi trovò a comprare e a vendere; rovesciò i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe e disse loro: La Scrittura dice: La mia casa sarà chiamata casa di preghiera ma voi ne fate una spelonca di ladri." (Matteo 21,12-13; Marco 11,15-17; Luca 19,45)
Nel paragrafo 9 "Purificazione del Tempio" del mio articolo "Vangeli, profezie attuate dal Cristo" riportai la decriptazione della prima parte del versetto Isaia 5,7.

Isaia 56,7a
Ed entrato nella casa di Iahwèh.
L'Unigenito porta il segno d'essere il Vivente Dio.
Del Santo era a recare il fuoco nella midolla.
Il segno fu ai viventi dentro la casa che è stata scelta per le preghiere.


Ora riporto tutta di seguito la decriptazione dell'intero capitolo 56 di Isaia.

Per comodità riporto anche integralmente il testo dell'ultima traduzione C.E.I. e ne fornisco la decriptazione ispirata al Messia.

ISAIA 56 - TESTO C.E.I.
Isaia 56,1 - Così dice il Signore: Osservate il diritto e praticate la giustizia, perché la mia salvezza sta per venire, la mia giustizia sta per rivelarsi.

Isaia 56,2 - Beato l'uomo che così agisce e il figlio dell'uomo che a questo si attiene, che osserva il sabato senza profanarlo, che preserva la sua mano da ogni male.

Isaia 56,3 - Non dica lo straniero che ha aderito al Signore: Certo, mi escluderà il Signore dal suo popolo!. Non dica l'eunuco: Ecco, io sono un albero secco!

Isaia 56,4 - Poiché così dice il Signore: Agli eunuchi che osservano i miei sabati, preferiscono quello che a me piace e restano fermi nella mia alleanza,

Isaia 56,5 - io concederò nella mia casa e dentro le mie mura un monumento e un nome più prezioso che figli e figlie; darò loro un nome eterno che non sarà mai cancellato.

Isaia 56,6 - Gli stranieri, che hanno aderito al Signore per servirlo e per amare il nome del Signore, e per essere suoi servi, quanti si guardano dal profanare il sabato e restano fermi nella mia alleanza,

Isaia 56,7 - li condurrò sul mio monte santo e li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera. I loro olocausti e i loro sacrifici saranno graditi sul mio altare, perché la mia casa si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli.

Isaia 56,8 - Oracolo del Signore Dio, che raduna i dispersi d'Israele: Io ne radunerò ancora altri, oltre quelli già radunati.

Isaia 56,9 - Voi tutte, bestie dei campi, venite a mangiare; voi tutte, bestie della foresta, venite.

Isaia 56,10 - I suoi guardiani sono tutti ciechi, non capiscono nulla. Sono tutti cani muti, incapaci di abbaiare; sonnecchiano accovacciati, amano appisolarsi.

Isaia 56,11 - Ma questi cani avidi, che non sanno saziarsi, sono i pastori che non capiscono nulla. Ognuno segue la sua via, ognuno bada al proprio interesse, senza eccezione.

Isaia 56,12 - Venite, io prenderò del vino e ci ubriacheremo di bevande inebrianti. Domani sarà come oggi, e molto più ancora.

La decriptazione porta ancora una volta ad una seconda pagina sull'intento dell'incarnazione.
Tali pagine nascoste, tra l'altro, costituiscono un'estesa e totalizzante profezia sul Messia, il tutto proprio secondo i pensieri, le idee, i criteri e le regole esposte in vari articoli del mio sito ed in particolare:
ISAIA 56 - DECRIPTAZIONE
Isaia 56,1
Così al mondo inizia a vivere col corpo il Signore.
Da custode si porta per liberare.
La Parola la carità porta ad operare.
Si reca il Giusto al mondo.
La rettitudine il diletto porta ad abitare nel mondo.
Con Gesù, tutto è stato il cuore portato dell'Unico.
E giù alla polvere completamente è dal serpente del mondo.
A rivelarsi si porta finalmente.

Isaia 56,2
L'Unigenito Principe è dall'Unico inviato a portare luce all'esistenza dei viventi.
Per illuminare il mondo questi viene.
Si porta il Figlio di Adamo a stare di nascosto.
Questi all'esistenza da un ventre esce.
Sorge a vivere col corpo, sta in esilio, ha scelto in vita d'infiacchirsi.
Dal serpente si porta, reca un fuoco al ribelle impuro.
Da vivente ad operare si reca per finire da tutti il male.

Isaia 56,3
E di Dio è iniziato a vivere col corpo il Figlio al mondo.
Dagli angeli l'Agnello esce.
A cessare si porta per Dio l'esistenza della perversità.
Il 'no' all'amarezza esce.
A separare dalle esistenze solo quello che è del serpente.
Inviato è il Signore alla perfidia nei viventi portatasi.
E di Dio è l'Unigenito dai viventi col corpo nel bisogno.
È in pienezza al mondo con l'energia 'Io sono'.
È in azione sceso; è dentro sorto.

Isaia 56,4
Così è la rettitudine al mondo dell'Unigenito dal ribelle al mondo portata in campo dal Potente.
Dai tristi è in pienezza a stare a vivere l'Unigenito.
Sorto in povertà in vita, in un corpo portato, viene alla luce in una famiglia che ha scelto.
Ed alla fine si è portato dentro una grotta.
E dentro una donna nel corpo racchiusasi la Parola; giù completamente s'è portata dai viventi.
Al petto si è versato, è dalla Madre, in una casa da figlio è finalmente a stare.

Isaia 56,5
E gli angeli finalmente indicano che esiste un boccone delicato.
In una casa dentro è stato il segno all'esistenza portato in una famiglia.
Di nascosto si reca tra gli uomini.
È all'esistenza un aiuto portato a sorgere per i viventi.
Il Bene vivente dentro inviato è stato.
Alla Madre ha recato a vivere il Figlio.
E completamente il Nome (è) un fanciullino!
La Madre l'Unico ha segnato con energia potente.
Ha recato l'Unigenito a sorgere col corpo.
Dal serpente delle origini è l'Agnello per finirlo.

Isaia 56,6
E il Figlio è uscito per rinnegare dal mondo l'angelo (ribelle) da serpente portatosi.
Per l'esistenza del prevaricare è una calamità.
Al serpente il Principe finalmente reca un bastone potente.
Per amore al mondo viene.
Sorge tra i viventi il Signore; dal serpente al mondo si è portato.
Ad essere appeso lo porterà il serpente.
A servire è in vita la sposa, per bruciare l'amarezza, per cessare la malattia del serpente. Si porta e da vivente per stringerlo.
Questi è sorto; dentro per il patto dell'alleanza è.

Isaia 56,7
Ed entrato nella casa di Iahwèh.
L'Unigenito porta il segno d'essere il Vivente Dio.
Del Santo era a recare il fuoco nella midolla.
Il segno fu ai viventi dentro la casa che è stata scelta per le preghiere.
Finito è dal perverso, indica che è uscito dai viventi per portarsi da vittima.
È uscito in vita dal serpente col corpo.
Giù reca l'energia in azione al serpente in un vivente, questi dentro in vita così gli è a casa ad esistergli completamente.
Dentro è finito per le preghiere il diletto di Dio dalla sposa.
sposa.
Per agire da vivente è dalla Madre.

Isaia 56,8
Dagli angeli dall'Unico ai viventi dalla nube inviato è stato il Signore.
I viventi raccoglierà.
Scaccerà dalla vita con la forza della risurrezione dei corpi il primo serpente.
Un testimonio l'Unico ha versato alla cupidigia del serpente.
È stato portato al serpente un essere puro; a casa giù gli s'è portato.

Isaia 56,9
Dalla sposa in vita si è alla fine portato.
Dal demonio è venuto.
È a portargli il 'no'.
Della rettitudine in cammino il vigore è finalmente a portargli a casa per spazzarlo dai corpi.

Isaia 56,10
Scesa la Parola, si porta nella pelle, è in una stalla in vita.
Per il serpente la calamità in vista, porta alla vergogna il retto cuore.
È a vivere Dio in un vivente; vi sta in pienezza.
Si è portato per le nozze, inviato da casa di nascosto dal mondo esce questi.
È per liberare con la rettitudine la casa dei viventi, per amore.
È il Potente ad abitare con la Madre.

Isaia 56,11
E al mondo dalla sposa a casa è.
Della Madre si vede alle mammelle.
La Parola il fuoco al serpente con i guai sbarrerà il peccare.
Brucierà con l'agire la perversità nei viventi del male.
All'esistenza in pienezza è la conoscenza a portare al mondo.
Abiterà l'intelligenza nella vergogna del serpente.
In giro anela di persona di portarsi.
Un uomo del serpente a casa la rapina dei viventi la fine al mondo porterà.

Isaia 56,12
L'Unigenito finalmente è stato portato dall'Unico.
Ha versato di nascosto al mondo l'Essere; è il Figlio.
Per il capovolgimento iniziare, esce alla luce l'Agnello.
Porta fuori ad esistere in campo la rettitudine da arma.
Al mondo è stato portato dalla Madre in vita chiuso nel corpo.
La sorte reca al serpente.
È a finire il verme che originò l'impedimento.

È questa così ancora un'ulteriore pagina profetica sul Messia che s'ottiene con il potente strumento della decriptazione.
Conferma ancora una volta che tutte le Sacre Scritture riguardano solo Lui, il Cristo e le sue manifestazioni.

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