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VANGELI E PROTOVANGELI...

 
GIUSEPPE VICE FARAONE D'EGITTO

di Alessandro Conti Puorger
 
 

IHWH CONSIGLIERE DEI FARAONI
Il salterio o libro dei salmi, detto in ebraico dei "tehilim" , vale a dire delle lodi, inserito tra i libri poetici o sapienziali della Bibbia, è una raccolta di 150 composizioni in versi, d'epoca la più varia tra l'XI e il III secolo a.C..
Sono detti appunto salmi ed hanno contenuti che si propongono come inni, lodi, suppliche e preghiere, tutti un gran valore spirituale sì che costituiscono la solida base per la personale meditazione e per la liturgia, sia sinagogale, sia delle varie chiese cristiane.
In effetti. sono tutti cantabili se accompagnati con strumenti musicali i più svariati, cetre, sistri, timpani, cembali, arpe, ecc. ed oggi da organi e... chitarre.
In questo libro il salmo più antico è considerato il 104 che, di fatto, nel seguire la cosmologia del primo capitolo della Genesi, è riconosciuto dagli esegeti riprendere pensieri dell'egizio "Inno al Sole" del XIV secolo a.C., scritto dal famoso faraone Amenophis IV che cambiò il proprio nome in Achenaton, inno trovato nella tomba di Ay, reggente di Tutenkhamon figlio di Achenaton quando morto il padre il principino era in minore età.
Fu Achenaton IV considerato un faraone "eretico" condannato ad una specie di "damnatio memoriae" dalle dinastie successive per il suo monoteismo, che in effetti fu uno squarcio di sole inatteso in quel mondo pagano pieno d'idoli zoomorfi e impregnato di supestizione e magia.
Questo Salmo, versetti 27 e 28, così dice della provvidenza divina:

"Tutti da te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno.
Tu lo provvedi, essi lo raccolgono, tu apri la mano, si saziano di beni."

Quanto dicono questi versetti una volta fu assolto, ce lo dice il racconto biblico inserito nel libro della Genesi, per mano di Giuseppe, figlio di Giacobbe - Israele, primogenito della moglie amata di questi, Rachele, che per intervento divino salì dalle stalle alle stelle e fu nominato vice faraone della terra d'Egitto proprio per provvedere a raccogliere il cibo al tempo opportuno e saziare poi anche gli affamati popoli vicini.
Questo personaggio ed i primi suoi discendenti, se hanno un aggancio storico e non solo midrashico, sono vissuti qualche secolo prima di quel faraone monoteista e in un qualche modo debbono pur aver avuto una certa influenza sullo stesso tanto più che il faraone aveva detto a Giuseppe: "Se tu sai che vi sono tra di loro uomini capaci, costituiscili sopra i miei averi in qualità di sovrintendenti al bestiame" (Genesi 47,6) e "I figli d'Israele prolificarono e crebbero, divennero numerosi e molto potenti e il paese ne fu ripieno." (Esodo 1,7)
Poi "sorse sull'Egitto un nuovo re, che non aveva conosciuto Giuseppe" (Esodo 1,8) il che avvenne probabilmente con la dinastia preparatoria di quella dei Ramseti che apparvero nello scenario egiziano dopo la lotta dei sacerdoti di Ammon Ra contro Achenaton IV.
I più capaci degli Israeliti, intanto, divennero potenti, esperti di scrittura geroglifica, s'integrarono nella cultura e l'elaborarono secondo il loro principio monoteista onde rimasero a contatto con la casa reale d'Egitto almeno fino ad Achenaton.

Il racconto di Giuseppe è di notevole ampiezza, in quanto si sviluppa negli ultimi 14 capitoli del libro della Genesi - dal 37° al 50° - pari per numero di capitoli a quelli dedicati alla storia di Abramo (dal 12° al 25°).
Circa l'importanza della figura di Giuseppe, detto in arabo Yūsuf, è da segnalare che anche il Corano dedica un'intera Sura, precisamente la XII, di 111 versetti alla sua figura.
Dalla Sacra Scrittura, però, non s'evince presso quale faraone Giuseppe sia stato viceré; per contro nelle memorie egiziane, almeno sinora, non si sono trovati riferimenti al Giuseppe della Bibbia.
Di fatto, per ora c'è solo un parallelismo interessante tra la storia di Giuseppe e le tracce lasciate da un certo sapiente egizio di nome Imhotep vissuto quasi un millennio prima di Giuseppe.
In alcuni scavi in corso nel 1926, ai piedi della piramide di Saqqara, fatta erigere dal re Zoser, fu rinvenuto il basamento di una statua con incisi i nomi dello stesso Zoser e di Imhotep, "Cancelliere del Re del Basso Egitto, Viceré, Amministratore del Grande Palazzo, Signore Ereditario, Alto Sacerdote di Eliopoli, Imhotep, il Costruttore, lo Scultore, il Creatore dei vasi di pietra".
(Vedi: "Teoria del professore francese Joseph Davidovits"; hanno costruito i blocchi delle piramidi come fosse un calcestruzzo e "Dal calcestruzzo antico a quello moderno")
L'archeologo C. E. Wilbour, peraltro, nel 1889 presso l'isoletta del Nilo, chiamata Sehel, a nord di Assuan, aveva trovato una stele con geroglifici, sedicente copia di un documento scritto dal faraone Zoser (III dinastia 2770-2600 a.C.) nel 18° anno del suo regno.
L'iscrizione fu attribuita al II secolo a.C. ai sacerdoti del dio Khnum, scritta per giustificare la richiesta di privilegi legati al possesso della terra.
Il testo narra di una carestia che si verificò durante il suo regno e del modo in cui il Sovrano riuscì a porvi termine: "Il mio cuore era in grandissima pena, perché il Nilo non era venuto nel suo tempo durante sette anni. Il grano era scarso, i cereali si erano seccati, il cibo era in magra quantità, ognuno era afflitto dal suo raccolto. Si era arrivati a non poter più camminare: il fanciullo era in lacrime; il giovane era abbattuto; i vecchi, il loro cuore era triste; le loro gambe erano piegate mentre sedevano..."
In definitiva, narra che il re Zoser era triste per un sogno fatto: l'Egitto sarà colpito da sette anni di carestia e mandò a chiamare il consigliere, Imhotep.
C'è chi ha azzardato l'ipotesi che Giuseppe e Imhotep siano la stessa persona o meglio che quello di Giuseppe sia il racconto con nuovo nome di una storia antica.

Qual è la necessità d'essere della narrazione della storia di Giuseppe nella Bibbia?
Beh questa costituisce l'antefatto necessario al secondo libro della Torah, quello detto dell'Esodo, in ebraico chiamato "Shemot", cioè i nomi, in quanto inizia così: "Questi sono i nomi dei figli d'Israele entrati in Egitto... Giuseppe si trovava già in Egitto."
Questi fu l'esploratore involontario stabilito dal Signore della storia per preparare le condizioni all'entrata della famigli intera del patriarca Giacobbe nella terra d'Egitto.
I capostipiti delle 12 tribù con le loro mogli e quei tra i loro figli che erano già nati, entrarono in Egitto proprio dopo che il fratello Giuseppe a loro insaputa vi era già insediato, spintivi da una carestia.

"Tutte le persone che entrarono con Giacobbe in Egitto, uscite dai suoi fianchi, senza le mogli dei figli di Giacobbe, sono sessantasei. I figli che nacquero a Giuseppe in Egitto sono due persone. Tutte le persone della famiglia di Giacobbe, che entrarono in Egitto, sono settanta" (Genesi 46,26s); in definitiva 70 senza contare le donne: Giacobbe + 66 + Giuseppe + 2.
Il racconto delle vicende guidate dalla volontà divina che portarono uno schiavo ebreo, venduto dai fratelli a un mercante Ismaelita, a divenire consigliere del faraone e suo viceré si situa in un tempo antico, ma non determinato con precisione dal testo, forse poco dopo il "Regno Medio" (2100-1700 a.C.) dell'antico Egitto, nella XIV dinastia (1700-1550. a.C.) di quei faraoni attorno al 1660 a.C. se per l'uscita del popolo d'Israele dall'Egitto si danno buone le seguenti indicazioni della Bibbia:
  • dopo Ramsete II che regnò a lungo, 66 anni, congruente con la storia di Mosè che si imbatté in un faraone longevo, onde per la paura d'essere condannato dovette stare in esilio almeno 40 anni;
  • Esodo (Esodo 1,11 cita la città di Ramses) attorno al 1230-1225 a.C. sotto il regno del faraone Merenptah succeduto a Ramses II;
  • i 430 anni della permanenza in Egitto dei figli d'Israele di cui dice il libro dell'Esodo 12,40-41.
Di fatto, quel racconto biblico di Giuseppe col faraone suggerisce il pensiero che, come in questa occasione nota per narrazione esplicita biblica, la sapienza di quel popolo, l'egizio, così evoluto con la sua scrittura e tutto il resto, da quel popolo stesso ritenuti doni dei propri dèi, fu invero ispirata dal Dio unico e vero, quello d'Israele e non dagli Dei della cosmogonia egizia che, si vuole affermare, sono solo idoli falsi.
A questa conclusione unificante, peraltro, era già pervenuto anche il faraone Achenaton IV che scrisse l'Inno al Sole, considerando Aton segno del Dio Unico: "O unico, incomparabile dio onnipotente, tu hai creato la terra in solitudine come desidera il tuo cuore, gli uomini tu hai creato, e le bestie grandi e piccole, tutto ciò che è sulla terra, e tutto ciò che cammina... Tu dai respiro a tutta la tua creazione, aprendo la bocca del neonato, e dandogli nutrimento... tu metti ogni uomo al posto giusto con cibo e possedimenti..."
Non è da dimenticare il dato storico che l'Egitto, assieme all'impero Babilonese, rispettivamente ad ovest ad est dei territori "biblici", erano le più evolute civiltà conosciute a quei tempi.
Insito poi nel pensiero biblico è la logica pedagogia dell'autorità per la quale in sostanza ogni potere umano, legittimo ed ordinato, ha origine divina, onde obbedire a chi governa e dirige equivale a rispettare la volontà di Dio.
Perciò l'idea che viene istigata è che l'autorità dei faraoni fu voluta, sorretta e consigliata nei momenti cruciali dal vero Dio che come padrone della storia voleva l'emancipazione dell'uomo.
L'idea che l'autorità venisse dalla divinità, peraltro, era connaturata anche negli egizi tanto che il loro faraone era considerato incarnazione divina e questi doveva seguire le regole della dea Maat, appunto dea dell'ordine cosmico, quindi della giustizia.


Vari faraoni tra le varie definizioni o nomi avevano anche quello di "Meri Maat", MRI M'aT che significa "amato da Maat" e MRIM, peraltro, ricorda il nome biblico di Miriam la sorella di Mosè e della madre di Gesù.
A chi governava, infatti, era chiesta in primis la promozione della giustizia.
Il faraone doveva così ricercare sempre il giusto e l'equo per tutti, perseguendo il bene dei propri sudditi, il procacciamento dei diritti dei più deboli e la soddisfazione delle necessità di tutti, ivi compreso d'evitare con oculatezza il riflessi di possibili carestie sempre alle porte.

Su tale questione basta poi pensare che in ambito ebraico i re erano consacrati con l'olio santo dell'unzione e avevano autorità di gestire il Regno per delega da parte di Dio stesso.
Gesù non negherà di pagare il tributo a Cesare con "Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio." (Matteo 22,21)
Questo pensiero di sottomissione all'autorità permessa da Dio autore in definitiva della storia sarà la base del Sacro Romano Impero e di molti regni dell'occidente che hanno trovato il loro appoggio nel pensiero autorevole degli apostoli:
  • Pietro, "State sottomessi ad ogni istituzione umana per amore del Signore: sia al re come sovrano, sia ai governatori come ai suoi inviati per punire i malfattori e premiare i buoni. Perché questa è la volontà di Dio: che, operando il bene, voi chiudiate la bocca all'ignoranza degli stolti. Comportatevi come uomini liberi, non servendovi della libertà come di un velo per coprire la malizia, ma come servitori di Dio. Onorate tutti, amate i vostri fratelli, temete Dio, onorate il re." (1Pietro 2,13-17)
  • Paolo, "Ciascuno sia sottomesso alle autorità costituite. Infatti non c'è autorità se non da Dio: quelle che esistono sono stabilite da Dio. Quindi chi si oppone all'autorità, si oppone all'ordine stabilito da Dio... essa è al servizio di Dio per il tuo bene...è necessario stare sottomessi, non solo per timore della punizione, ma anche per ragioni di coscienza... quelli che svolgono questo compito sono a servizio di Dio. Rendete a ciascuno ciò che gli è dovuto: a chi si devono le tasse, date le tasse; a chi l'imposta, l'imposta; a chi il timore, il timore; a chi il rispetto, il rispetto." (Romani 13,1-7)
Prima d'entrare nel vivo dell'articolo desidero precisare che il pensiero che m'ha guidato a Giuseppe è che questi è un sognatore, caratteristica messa in particolare evidenza nella Bibbia nei suoi riguardi.
È questo precipuo talento, datogli da Dio d'interpretare i sogni, che porta a sviluppi fondamentali nella storia d'Israele.
Quella figura, poi, per i cristiani prepara quella di un altro personaggio importante della storia della salvezza, l'omonimo Giuseppe, il tecton, il nutrizio che con l'opera delle sue mani nutrì la propria famiglia anche in Egitto, il padre putativo, il vergine padre di Gesù, lo sposo di Maria Vergine, che vide nei sogni, credette e ricevette insegnamenti da questi e riprove oggettive della loro veridicità, onde divenne il caposaldo della Santa Famiglia di Nazaret capace di guidarla facendo per Lei le veci di Dio Padre.
Il sognare fa presente una realtà in un piano diverso di quella in cui siamo abituati a vivere, illumina e fa vivere un'altra vita ed è un ambito da cui realmente l'uomo attinge vita e conoscenza in quanto rigenera la mente e nel sogno s'elaborano alcune volte i fatti dando loro una sintetica deduzione allegorica.
Per uno che cerca nella Bibbia eventuali pagine nascoste, quindi, il sogno ed il sognare sono avvisi di cercare più a fondo, perché vi potrebbero essere in quelle pagina anche significati nascosti, da interpretare appunto come se fossero il filo motore di un sogno.
Ciò porta al succo di quanto intuivo in "Decriptare le lettere parlanti delle sacre scritture ebraiche" in particolare poi al paragrafo di questo "Chi legge doppio è brillo".
Nell'idea di sogno "chalom" o , con le lettere, c'è che:
  • sono un qualcosa che va compreso, "nascondono un perché (un "lemmah" )";
  • sono un modo con cui ci parla Dio, "di nascosto il Potente si porta al vivente ".
  • Giuseppe è il "sognatore" (Vedi: Genesi 37,19), è il "chalomot" che:

    "del sogno porta i segni/indicazione ";
    "del nascosto perché (), porta l'indicazione ".
Ciò prepara ad attendersi una qualche pagina nascosta sul Messia, ma ne parleremo più avanti in altro paragrafo dell'articolo.
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