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GIUSEPPE VICE FARAONE D'EGITTO

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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I SOGNI DEL FARAONE
Ecco che si è giunti al capitolo 41 del libro dell'Esodo ove sono riferiti i sogni del faraone che costituirono l'occasione per l'affermazione di Giuseppe.

"Due anni dopo, il faraone sognò di trovarsi presso il Nilo." (Genesi 41,1)
Passarono così due anni dal rilascio del capo coppiere.
"Due anni dopo..." "vaiehi miqqes shenataim iamim" in effetti la traduzione più esatta sarebbe "al termine di due anni", cioè all'inizio del terzo anno.
Dicono i commentatori ebrei che Giuseppe aveva trascorso in Egitto già 12 anni, aveva così 30 anni, era l'epoca della morte di Isacco, e Giacobbe che allora aveva 120 anni d'età, venne poi in Egitto dopo altri 10 anni e vi stette per 17 anni e vi morì alla bella età di 147 anni (Genesi 47,28), mentre Giuseppe visse 110 anni (Genesi 50,26) quindi sarebbe stato viceré d'Egitto per 80 anni.
Nessun faraone regnò in Egitto per così gran tempo; siamo in un epoca (1660-1580 a.C.) che copre più dinastie e fa entrare nel periodo del dominio degli Hyksos indi, probabilmente, Giuseppe continuò ad essere consigliere di questi.
Nel Talmud in Rosh Hashana è detto che Giuseppe fu liberato appunto al Rosh Hashana, il capodanno del 2230 del calendario ebraico che corrispondeva nel 1532 a.C., ma così non si rispetterebbero i famosi 430 anni di Israele in Egitto.
Il capitolo s'apre col faraone che sognò.
Questo capitolo, quindi, è all'insegna della parola sogno, parola qui ripetuta tante volte.
Sognò "di trovarsi presso il Nilo" "veinneh o'med a'l haie'or" cioè "ed ecco (stava) in piedi sopra il Nilo".
Il Nilo era per gli egizi il dio dispensatore d'inondazioni che da millenni al verificarsi delle sue piene ricche di limo nero assicurava benefici maggiori o minori a seconda delle portate in gioco arrecando abbondanza di prodotti agricoli o carestie.
L'Egitto infatti era definito terra nera o Kemet in quanto la spina dorsale era il territorio su cui il Nilo depositava il limo rilasciato dalla piena del fiume, e questo guidato il più lontano possibile con opere artificiali - canali, argini e aperture di dossi naturali - conferiva fertilità alle terre che divenivano di colore bruno per i composti del potassio e ferro di cui il limo era carico.
Il faraone, ritenuto uomo-dio, poteva così dimostrare la propria potenza sovrintendendo anche su tale dio Nilo.
Si pensi che per prepararsi alle piene e aver tempo per far aprire i canali per consentire alle piene stesse d'inondare la maggiore quantità possibile di campi ai lati del Nilo aveva preparato avanposti sulle alture ad oriente nella penisola del Sinai per avvisare della levata eliaca della stella Sirio perché subito dopo quella , era esperienza millenaria, arrivavano le piene del Nilo.
La stella Sirio (Sotis per i greci) , emanazione di Ammon-Ra, era una particolare manifestazione di Horus, che ogni anno, dopo essere rimasta invisibile, quando avveniva la levata eliaca all'aurora nella costellazione del "cane" si credeva che provocasse, appunto, l'inondazione del Nilo in Egitto.
Il testo della Bibbia del racconto del sogno del faraone al capitolo 41 con quella preposizione al versetto 1 ci fa trapelare il volere del faraone di star sopra a quel dio, ma era impotente come ci rivelerà il sogno.
Solo il Dio di Giuseppe può trarre bene da ogni evento e glielo rivelerà tramite Giuseppe stesso.

1° sogno:
"Ed ecco, salirono dal Nilo sette vacche, belle di aspetto e grasse, e si misero a pascolare tra i giunchi. Ed ecco, dopo quelle, salirono dal Nilo altre sette vacche, brutte di aspetto e magre, e si fermarono accanto alle prime vacche sulla riva del Nilo. Le vacche brutte di aspetto e magre divorarono le sette vacche belle di aspetto e grasse. E il faraone si svegliò." (Genesi 41,2-4)
La parola ebraica per vacche è "parot" ed ha come base prh , il radicale di "produrre, far frutto", onde se si spezza la parola viene l'idea "del far frutto () porta l'indicazione ".
Le vacche, simbolo dell'aratura dei campi, per sette anni grasse e per sette anni magre, così suggeriscono l'essere state bene o mal nutrite, quindi, se c'è stata carestia o meno.
Il fatto che poi le magre mangino le grasse apre l'idea che l'insufficienza negli anni di carestia farà dimenticare l'abbondanza e suggerisce che era da supplire con i prodotti degli anni abbondanti.

2° sogno:
"Poi si addormentò e sognò una seconda volta: ecco, sette spighe spuntavano da un unico stelo, grosse e belle. Ma, dopo quelle, ecco spuntare altre sette spighe vuote e arse dal vento d'oriente. Le spighe vuote inghiottirono le sette spighe grosse e piene. Il faraone si svegliò: era stato un sogno." (Genesi 41,5-7)
La parola ebraica per spighe è "shibbaliim" , porta all'interno l'idea di "mancamento" , onde se si spezza la parola così + + viene l'idea che "per il calore mancamento per i viventi ", idee che emerge dal racconto del sogno.
Quindi saranno anni di gran calore e poche piogge quindi piene scarse ed abbassamento delle falde idriche.
Questo secondo sogno, quindi, aggiunge l'attenzione proprio con le spighe "shibbaliim" al grano e alla siccità.
Col dire "sognò una seconda volta" è da intendere che rifece il sogno anche se con termini leggermente diversi, insomma non era un altro sogno, ma la ripetizione del primo, una conferma.

Di ciò si ha, infatti, una conferma nel versetto seguente che parla di sogno al singolare. "Alla mattina il suo spirito ne era turbato, perciò convocò tutti gli indovini e tutti i saggi dell'Egitto. Il faraone raccontò loro il sogno, ma nessuno sapeva interpretarlo al faraone." (Genesi 41,8)
Vennero convocati gli uomini più sapienti del regno indovini, ma evidentemente le spiegazioni che potettero dare non furono ritenute plausibili dal faraone.
Erano questi i suoi maghi, i "charettummi" che "scalpelli "choeroeti" viventi sono " che fa pensare a scribi che sanno leggere nello spirito degli uomini e i suoi saggi, i "chhamoei" , ma furono trovati insufficienti; cioè la sapienza degli egizi non bastava.

"Allora il capo dei coppieri parlò al faraone: Io devo ricordare oggi le mie colpe. Il faraone si era adirato contro i suoi servi e li aveva messi in carcere nella casa del capo delle guardie, sia me sia il capo dei panettieri. Noi facemmo un sogno nella stessa notte, io e lui; ma avemmo ciascuno un sogno con un proprio significato. C'era là con noi un giovane ebreo, schiavo del capo delle guardie; noi gli raccontammo i nostri sogni ed egli ce li interpretò, dando a ciascuno l'interpretazione del suo sogno. E come egli ci aveva interpretato, così avvenne: io fui reintegrato nella mia carica e l'altro fu impiccato." (Genesi 41,9-13)
Ecco che finalmente il capo dei coppieri si ricordò di Giuseppe, vinse la ritrosia di ricordare che era stato un tempo punito e imprigionato e raccontò di quanto gli accadde quando sognò in prigione e della preghiera che gli aveva fatto l'ebreo che evidentemente vedeva anche il futuro.
Lo descrive: "un giovane ebreo, schiavo".
Un giovane, quindi non sapiente per gli egizi, perché non ancora iniziato alla sapienza, per di più ebreo, perciò non partecipe dei doni del dio Toth e della dea Maat e infine schiavo, senza cioè nessun diritto civile, era stato in grado di dedurre dai sogni del coppiere e del panettiere, verità che s'erano poi compiute.
Il capo dei coppieri in ebraico è lo "shar hammasheqim" .
Il capo dei panettieri in ebraico è lo "shar ha'opim" .
Queste parole inducono a pensare che per il primo sarà salvato per il radicale di salvare che ha nel titolo mentre il secondo subirà l'ira .
Il faraone fu incuriosito.
Evidentemente non sapeva a che santo votarsi e accettò di interpellare anche quel che era ritenuto il peggio dei peggio, il giovane schiavo ebreo.

"...il faraone convocò Giuseppe. Lo fecero uscire in fretta dal sotterraneo; egli si rase, si cambiò gli abiti e si presentò al faraone." (Genesi 41,14)
"Lo fecero uscire in fretta dal sotterraneo" "fu il corpo che era giù , fuori portato vivo per gli inviati/l'energia entrati/a nella fossa ", come una risurrezione, all'improvviso uscì dalla tomba.
Usci da quella tomba all'inizio del terzo anno come abbiamo considerato al commento del versetto Genesi 41,1.
Tutto in gran fretta come accadrà alla venuta del Messia.
Fu messo nella condizione di presentarsi al faraone, lo rasarono e gli fecero cambiare gli abiti.
Non c'era bisogno di farlo lavare, Giuseppe era già mondo perché curava la sua persona.

"Il faraone disse a Giuseppe: Ho fatto un sogno e nessuno sa interpretarlo; ora io ho sentito dire di te che ti basta ascoltare un sogno per interpretarlo subito. Giuseppe rispose al faraone: Non io, ma Dio darà la risposta per la salute del faraone!" (Genesi 41,15s)
Ammette il faraone che nessuno ha saputo interpretare il sogno.
Giuseppe con semplicità ammette che ciò che riesce a fare non dipende da se stesso, ma viene da Dio "'Elohim" e il faraone non ha nulla da obbiettare perché per lui gli "'Elohim" sono gli dèi.
Il Faraone ritenuto figlio di un dio considerato onnipotente ha tanto bisogno di Giuseppe, ma questi risponde "bilad'ai", cioè "non io", non è mia la conoscenza perché, come asserisce subito dopo, c'è Dio sopra me e te ed è su di Lui che ci si deve appoggiare.
Diceva San Francesco a Santa Chiara: "Non appoggiarti all'uomo: deve morire, Non appoggiarti all'abero: deve seccare. Non appoggiarti al muro: deve crollare. Appoggiati a Dio, a Dio soltanto. Lui rimane sempre."
La conclusione poi che se ne può trarre, è che quello di Giuseppe è il vero Dio e quello del faraone no lo è.

"Allora il faraone raccontò a Giuseppe: Nel mio sogno io mi trovavo sulla riva del Nilo. Ed ecco, salirono dal Nilo sette vacche grasse e belle di forma e si misero a pascolare tra i giunchi. E, dopo quelle, ecco salire altre sette vacche deboli, molto brutte di forma e magre; non ne vidi mai di così brutte in tutta la terra d'Egitto. Le vacche magre e brutte divorarono le prime sette vacche, quelle grasse. Queste entrarono nel loro ventre, ma non ci si accorgeva che vi fossero entrate, perché il loro aspetto era brutto come prima. E mi svegliai. Poi vidi nel sogno spuntare da un unico stelo sette spighe, piene e belle. Ma ecco, dopo quelle, spuntavano sette spighe secche, vuote e arse dal vento d'oriente. Le spighe vuote inghiottirono le sette spighe belle. Ho riferito il sogno agli indovini, ma nessuno sa darmene la spiegazione." (Genesi 41,17-24)
Accade così che il faraone, il ritenuto dio incarnato, deve raccontare per l'ennesima volta il sogno, e questa volta ad un ebreo, giovane e schiavo.
Questo è quanto mi significa il fatto che il testo fa ripetere interamente il racconto da parte del faraone, quando, se non si voleva sottolineare ciò sarebbe bastato dire... il faraone raccontò il sogno.
Nel nuovo racconto appare in più il particolare che le vacche magre erano le più magre di quelle che il faraone aveva mai visto e quando queste ingoiano le grasse restano comunque magre.
Su tale racconto sono nati più midrash fino al punto di pensare che il faraone volesse mettere alla prova Giuseppe con racconti alterati.
In Midrash Tankhumà al capitolo 3 Mikketz dice poi che il faraone diede sì a Giuseppe una versione alterata, ma Giuseppe gliela rettificava... come se avesse origliato nei suoi sogni.

"Allora Giuseppe disse al faraone: Il sogno del faraone è uno solo: Dio ha indicato al faraone quello che sta per fare. Le sette vacche belle rappresentano sette anni e le sette spighe belle rappresentano sette anni: si tratta di un unico sogno. Le sette vacche magre e brutte, che salgono dopo quelle, rappresentano sette anni e le sette spighe vuote, arse dal vento d'oriente, rappresentano sette anni: verranno sette anni di carestia. È appunto quel che ho detto al faraone: Dio ha manifestato al faraone quanto sta per fare. Ecco, stanno per venire sette anni in cui ci sarà grande abbondanza in tutta la terra d'Egitto. A questi succederanno sette anni di carestia; si dimenticherà tutta quela abbondanza nella terra d'Egitto e la carestia consumerà la terra. Non vi sarà più alcuna traccia dell'abbondanza che vi era stata nella terra, a causa della carestia successiva, perché sarà molto dura. Quanto al fatto che il sogno del faraone si è ripetuto due volte, significa che la cosa è decisa da Dio e che Dio si affretta a eseguirla. Il faraone pensi a trovare un uomo intelligente e saggio e lo metta a capo della terra d'Egitto. Il faraone inoltre proceda a istituire commissari sul territorio, per prelevare un quinto sui prodotti della terra d'Egitto durante i sette anni di abbondanza. Essi raccoglieranno tutti i viveri di queste annate buone che stanno per venire, ammasseranno il grano sotto l'autorità del faraone e lo terranno in deposito nelle città. Questi viveri serviranno di riserva al paese per i sette anni di carestia che verranno nella terra d'Egitto; così il paese non sarà distrutto dalla carestia." (Genesi 41,25-36)
Giuseppe non solo interpretò il sogno in modo credibili, ma diede anche una soluzione logica che era in grado di ottimizzare la situazione ed indicò il come suggerendo scelte oculate capaci di rendere superabile la situazione negli anni di carestia.
Insomma non si limitò a fare l'indovino di turno, ma ebbe l'ardire di dare un consiglio al faraone.
La soluzione in definitiva era di mediare tra gli anni buoni e cattivi.
Era da incamerare in appositi depositi, da costruire. le punte di produzione per colmare con distribuzioni oculate i minimi negli anni di deficit e per tutto ciò suggerì al faraone di scegliersi un uomo intelligente "nabon" e saggio "chakam" per coordinare la lunga e complessa operazione sempre pero sotto l'autorità del faraone stesso.
Occorreva un uomo che avesse intelligenza "binah" e sapienza "cokmah" che con l'autorità della corona "keter" governasse la questione; queste - "keter", "binah" e "chokmah" - sono le prime tre "sefirot" che portano al regno di Dio in terra.
Il fatto era che il faraone ormai aveva dovuto costatare che gli uomini di cui disponeva, i massimi saggi del paese d'Egitto, erano stati eclissati da questo giovane schiavo ebreo che parlava secondo lui in nome degli dèi, gli "'Elohim", come li chiamava Giuseppe.

"La proposta piacque al faraone e a tutti i suoi ministri. Il faraone disse ai ministri: Potremo trovare un uomo come questo, in cui sia lo spirito di Dio?" (Genesi 41,37s)
Il faraone accoglie questa parola di Giuseppe, e riconosce che lo spirito divino cioè degli 'Elohim era in quel giovane.

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