GIUSEPPE VICE FARAONE D'EGITTO
di Alessandro Conti Puorger
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GIUSEPPE IL GRANDE VISIR
"Lo fece salire sul suo secondo carro e davanti a lui si gridava: Abrech. E così lo si stabilì su tutta la terra d'Egitto. Poi il faraone disse a Giuseppe: Io sono il faraone, ma senza il tuo permesso nessuno potrà alzare la mano o il piede in tutta la terra d'Egitto. E il faraone chiamò Giuseppe Safnat-Panèach e gli diede in moglie Asenat, figlia di Potifera, sacerdote di Eliòpoli." (Genesi 41,43-44)
In primis rimando alla lettura del mio "San Giuseppe - L'arco di Dio", articolo in .pdf nella rubrica "San Giuseppe" di questo mio sito, in particolare del paragrafo "Giuseppe l'arciere in terra" in cui parlo anche di quella parola strana Abrech che si gridava davanti a lui e su cui molto è stato detto, ma con diverse interpretazioni.
Ad esempio Onkelos lo traduce con "è il consigliere mano destra del re" perché in aramaico "rekh" significa "re".
Sifré Devarim l'interpreta come parola composta da "'ab" = padre e "rech" = tenero, padre per saggezza e giovane per età.
Più semplicemente la nota della Bibbia di Gerusalemme riferisce Abrech ai termini egizi ib-r-k "il tuo cuore a te" per dire cioè, "attenzione!".
Eccoci ora al nome nuovo dato a Giuseppe dal faraone:
Safnat-Panèach
.
La nomina, infatti, ad alti incarichi era accompagnata dall'attribuzione di un nome ad hoc relativo alla nuova posizione.
Il nuovo nome celò il vecchio e sarà utile poi a contribuire ad evitare il riconoscimento da parte dei fratelli quando per la carestia verranno in Egitto.
Secondo Bershit Rabbà 90.4-Onkelos-Rashi, "Safnat-Panèach" significherebbe "colui che rivela ciò che è celato", dall'ebraico "
safan"
,
nascondere, e "pa'an"
,
mostrare.
Altri sullo stesso pensiero lo indicano come "Colui che sa le cose".
Sono andato a cercare tra i geroglifici nel "A concise Dictionary of Middle Egyptian" di R.O.Faulkner ed. 1986 Griffith Istitute Asmolean Museum - Oxford ove è con riferimento alla consonanti traslitterate in egizio per
SP-NT e per
PA' - N
H o trovato i seguenti:
- SP pag. 221 tempo;
- NT pag. 142 organizzare;
- PA' pag. 88 pagnotta di pane;
- NH pag. 137 miseri, miserabili.
L'insieme fornisce il pensiero "
Al tempo opportuno organizza la pagnotta per i miseri", che è ben intonato alla storia.
La moglie Asenat
era figlia, forse adottiva, dello stesso Potifar, che tra i vari incarichi era anche sacerdote di On, cioè di Eliopoli, centro del culto del dio sole a circa 11 Km a nord dell'attuale città del Cairo, il che lascia pensare che poi a tale incarico subentrerà lo stesso Giuseppe.
È chiaro che Giuseppe per il titolo e per l'intelligenza che aveva si sarà reso esperto di scrittura e di geroglifici!
Stando peraltro più anni in casa di un alto dignitario di corte certamente era pratico di scrittura egizia ed anche di lingue straniere.
Potifar significherebbe "dono di Ra" e forse era un nome molto comune, e quindi non necessariamente tutti i Potifar nominati nella storia di Giuseppe sono la stessa persona, pur tuttavia vari commentatori ebraici l'unificano in uno stesso personaggio.
Il nome Asenat in egiziano "appartenente alla dèa Neith, ci porta a tale divinità, patrona del Delta occidentale.
Neith già dea della guerra fu poi considerata dea della famiglia, perché il suo geroglifico più che contenere armi fu considerato ricordare un telaio, poi per il simbolo iniziale che ricorda le acque fu considerata la madre delle acque primordiali piene di energia N da cui sorse il sole Ra.
Secondo un midrash in Torà Shelemà, Asenat sarebbe figlia di Dinà, nipote di Giacobbe, e sarebbe il risultato della violenza fatta da Shechem a Dinà, narrata in Genesi 34.
Per il Midrash i figli di Giacobbe volevano uccidere Asenat per pulire l'onta subita dalla sorella, ma Giacobbe trova un compromesso, la caccia dalla sua casa per salvarla dai propri figli e le appende un ciondolo al collo su cui è scritto in ebraico che la ragazza è della casa di Giacobbe.
Asenat nel deserto si ripara tra rovi.
Insito, infatti, nel nome Asenat
si trova l'idea dei rovi, in ebraico "senèh"
è "rovo", onde quel nome si può spezzare "dell'Unico
il roveto
(
)
indica
".
L'angelo Gabriele la porta a casa di Putifar e viene cresciuta da figlia adottiva. Quando le ragazze egiziane accorrono ad ammirare Giuseppe che esce in parata per la Terra d'Egitto e gettano su di lui monili d'oro, sempre secondo il midrash, Asenat getta il suo e Giuseppe riconosce la scrittura paterna e sposa la nipote.
Quindi così questa di Asenat diviene una storia parallela a quella di Giuseppe.
Entrambi della casa di Giuseppe, ma che i fratelli di Giuseppe avrebbero voluto uccidere.
Il fatto del roveto ci porta all'idea di leggere il matrimonio di Giuseppe
con Asenat
come preparatorio degli eventi del roveto ardente del capitol 3 del libro dell'Esodo.
Giuseppe in Egitto prepara la rivelazione di IHWH con una prima famiglia, il nido, in cui accogliere un fuoco che non si consumi.
Allora il nome di Giuseppe
in cui la s =
la considero per un momento l'iniziale di roveto e quindi ad Asenat, porta all'idea "fu
a portarsi
sul roveto
a soffiare
"
e accese nella generazioni successive il roveto in cui l'amore di Dio non si consuma. (Vedi: "
Lo sposo della coppia nel matrimonio, roveto ardente")
Giuseppe e Asenat in terra d'Egitto sono come i primi progenitori in terra pagana di nuova generazione, i coltivatori di un giardino ostile chiamati dal Signore a far nascere un popolo amico, che farà uscire libero dall'Egitto, figura poi della nuova coppia Giuseppe-Maria, che furono esuli in Egitto.
Il Talmud sostiene (TB Sotà 36b) che la concessione di pieni poteri a Giuseppe fu ovviamente fu malvista dai maghi del Faraone: "
Ha detto Rabbì Chjà bar Abbà a nome di Rabbì Jochannan: Nell'ora in cui ha detto il Faraone a Josef: E senza di te non alzerà uomo la sua mano... hanno detto i maghi del Faraone: Uno schiavo che il suo padrone lo ha preso per venti pezzi d'argento tu lo fai dominare su di noi? Disse loro: Le caratteristiche della regalità io vedo in lui. Dissero lui: Se è così dovrebbe conoscere le settanta lingue! Venne Gabriele e gli insegnò le settanta lingue e non riusciva ad impararle. Gli aggiunse una lettera dal Nome del Santo Benedetto Egli Sia ed imparò, come è detto: Una testimonianza in Giuseppe ha messo nel suo uscire sulla Terra d'Egitto, una lingua che non sapevo ho ascoltato. (Salmi 81,6)
L'indomani ogni lingua con la quale gli parlava, il Faraone gli rispondeva, ma quando gli parlò nella Lingua Sacra, il Faraone non sapeva cosa dicesse. Gli disse: Insegnami! Gliela insegnò ma non la imparò. Disse lui: Giurami di non rivelarlo a nessuno. E glielo giurò."
Si intende con ciò suggerire una superiorità di Giuseppe sul Faraone dovuta al Dio Creatore che secondo il pensiero ebraico creò il mondo con l'uso delle lettere sacre che stavano attorno al trono di Dio e che pronunciò le parole della creazione in lingua ebraica, quella conservata dall'unica famiglia del mondo quella di Abramo, Isacco e Giacobbe.
Il Faraone però non parla l'ebraico.
Parla tutte le lingue del mondo, quelle dopo la torre di Babele, ma non riesce ad imparare la lingua sacra con la quale il mondo è stato creato.
Riconoscerà una supremazia di Giuseppe che viene da un Dio che non conosce e che usa l'ebraico per creare, la lingua sacra, scintilla sacra in un mondo impuro capace di accendere il roveto.
Dirà infatti, per salvare la faccia: "Io sono il Faraone", e dovrà subito soggiungere "ma senza il tuo permesso nessuno "bilade'ka"
potrà alzare la mano o il piede in tutta la terra d'Egitto."
Userà qui quel termine
che usò Giuseppe e che commentai in occasione del versetto: "Non io, ma Dio darà la risposta per la salute del faraone!" (Genesi 41,15s)
Fu costretto a piegare la testa al Dio d'Israele!
"Giuseppe partì per visitare l'Egitto." (Genesi 41,45)
In effetti, è "Giuseppe ascese sul paese d'Egitto" ossia fu così che Giuseppe ebbe potere sul paese.
"
Giuseppe aveva trenta anni quando entrò al servizio del faraone, re d'Egitto. Quindi Giuseppe si allontanò dal faraone e percorse tutta la terra d'Egitto. "(Genesi 41,46)
Solo un intervento divino poteva rassegnare ad un uomo così giovane, perdipiù non della famiglia del faraone, un così alto incarico in Egitto.
Giuseppe, il primo dei figli d'Israele che entrò in Egitto, cominciò, infatti, ad essere vice faraone a 30 anni e i fratelli, compreso Levi, più anziano di Giuseppe, vennero dopo 9 anni cioè passati i 7 anni grassi, al 2° anno di carestia.
Giuseppe compie così una ricognizione generale del paese per conoscerlo, entrò in contatto con i capi della popolazione, avverti della futura carestia, stabilì la costruzione in ogni località di granai ad hoc.
"Durante i sette anni di abbondanza la terra produsse a profusione. Egli raccolse tutti i viveri dei sette anni di abbondanza che vennero nella terra d'Egitto, e ripose i viveri nelle città: in ogni città i viveri della campagna circostante. Giuseppe ammassò il grano come la sabbia del mare, in grandissima quantità, così che non se ne fece più il computo, perché era incalcolabile." (Genesi 41,47-49)
Ecco che si attua com'era stato predetto e Giuseppe compie accuratamente quanto programmato.
"Intanto, prima che venisse l'anno della carestia, nacquero a Giuseppe due figli, partoriti a lui da Asenat, figlia di Potifera, sacerdote di Eliòpoli. Giuseppe chiamò il primogenito Manasse, perché, disse, Dio mi ha fatto dimenticare ogni affanno e tutta la casa di mio padre. E il secondo lo chiamò Èfraim, perché, disse, Dio mi ha reso fecondo nella terra della mia afflizione." (Genesi 41,50-52)
Il testo spiega il significato ebraico dei nomi dei figli.
Certamente Giuseppe gli aveva però dato dei nomi che avessero un senso anche per gli egiziani.
Manasse
M-NS in egiziano "Questo M un principe NS".
Efraim
'APRIM "eroe, campione PRI (pag. 91 Dictionary) questo M", infatti, "Saranno come un eroe quelli di Èfraim..." (Zaccaria 10,7)
Viene sottolineato che "nacquero a Giuseppe due figli, partoriti a lui da Asenat, figlia di Potifera, sacerdote di Eliòpoli" come a dire Asenat nonostante sia ritenuta figlia di un sacerdote pagano partorì a Giuseppe due figli secondo il suo cuore, cioè li educò come Giuseppe era stato educato, secondo i suoi principi, e vennero questi adottati dallo stesso Israele (Genesi 48,5) che ebbe a presentarli come figli ideali: "E li benedisse in quel giorno: Di te si servirà Israele per benedire, dicendo:
Dio ti renda come Èfraim e come Manasse! Così pose Èfraim prima di Manasse." (Genesi 48,20)
"Finirono i sette anni di abbondanza nella terra d'Egitto e cominciarono i sette anni di carestia, come aveva detto Giuseppe. Ci fu carestia in ogni paese, ma in tutta la terra d'Egitto c'era il pane. Poi anche tutta la terra d'Egitto cominciò a sentire la fame e il popolo gridò al faraone per avere il pane. Il faraone disse a tutti gli Egiziani:
Andate da Giuseppe; fate quello che vi dirà. La carestia imperversava su tutta la terra. Allora Giuseppe aprì tutti i depositi in cui vi era grano e lo vendette agli Egiziani. La carestia si aggravava in Egitto, ma da ogni paese venivano in Egitto per acquistare grano da Giuseppe, perché la carestia infieriva su tutta la terra." (Genesi 41,53-57)
Si cerca di non pensare ai tempi brutti nella prosperità eppure questi ineluttabilmente vengono ed appare vera ed in tutto il suo valore la profezia di Giuseppe.
Il Faraone non poté dire altro:
Andate da Giuseppe!