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IL KÉRIGMA DI CRISTO RISORTO NELL'ANTICO TESTAMENTO
di Alessandro Conti Puorger

I TESTIMONI
Il "cristianesimo", secondo le Sacre Scritture del Nuovo Testamento (N.T.) ha una precisa data di "nascita", quella della prima manifestazione pubblica della Chiesa degli apostoli che, come è noto, avvenne a Gerusalemme.
Il libro degli Atti degli Apostoli informa che tale manifestazione ci fu il giorno di "Pentecoste" dello stesso anno in cui a Gerusalemme Gesù di Nazaret fu processato da Ponzio Pilato e condannato alla crocifissione.
Ponzio Pilato era il quinto prefetto romano della prefettura della Giudea, in carica tra gli anni 26 e 36, ed ormai è opinione comune che la Pasqua di Gesù sia avvenuta l'8 aprile 30 d.C..
Tenuto conto che la prima manifestazione della Chiesa fu in concomitanza della Pentecoste ebraica di quel anno, 50 giorni dopo la Pasqua, nel primo giorno di una settimana, quello che oggi è detto Domenica, la data dell'evento "Cristianesimo" può individuarsi per il 28 maggio del 30 d.C..
Nell'ebraismo la Pentecoste o festa delle settimane, detta di "Shavuot", è celebrata sette settimane dopo la Pasqua ebraica, iniziando a contare dal secondo giorno di Pasqua, il 16 di Nisan.
La festività di Pentecoste nell'ebraismo è legata alle primizie del raccolto ed alla teofania sul Monte Sinai, dove Dio donò la Torah al popolo ebraico ed è una delle tre feste, assieme alla Pasqua ed a quella delle Capanne o "Sukkot", dette "Shalosh regalim", perché comportano il pellegrinaggio a Gerusalemme.
Essendo appunto in corso una festa di pellegrinaggio erano convenuti a Gerusalemme da tutte le parti anche da fuori la Palestina, come sottolinea il libro degli Atti degli Apostoli quando specifica che vi si trovavano assieme: "Parti, Medi, Elamìti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadòcia, del Ponto e dell'Asia, della Frigia e della Panfilia, dell'Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, stranieri di Roma, Ebrei e prosèliti, Cretesi e Arabi". (Atti 2,9-11)

Dopo l'evento pasquale, per 40 giorni prima che il Signore risorto ascendesse al cielo, furono in molti degli apostoli e dei discepoli a vederlo.
Questi, uniti dalla stessa esperienza, s'adunavano in preghiera nella prima "domus Ecclesiae", il cenacolo dell'ultima cena.
La sera del 28 maggio del 30 d.C. erano circa 120 (Atti 1,15) e lì ci fu una potente manifestazione dello Spirito.
Così è narrata dal libro degli Atti degli Apostoli: "Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all'improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo..." (Atti 2,1-4)
Quel gruppo di 120 persone, tra cui c'erano i 12, riconosciuti come testimoni affidabili, era l'embrione della Chiesa.
Pietro, infatti, aveva cooptato un discepolo a sostituire Giuda Iscariota che nel frattempo s'era suicidato.
Definì con le seguenti caratteristiche dell'apostolo tipo: "Bisogna dunque che, tra coloro che sono stati con noi per tutto il tempo nel quale il Signore Gesù ha vissuto fra noi, cominciando dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato di mezzo a noi assunto in cielo, uno divenga testimone, insieme a noi, della sua risurrezione." (Atti 1,21s)
Condizione essenziale della scelta fu quindi l'essere in grado di essere testimoni della risurrezione di Gesù per averne fatto esperienza col corpo e con la spirito, perché solo avendo cambiato il proprio cuore si può incidere sulla vita di altri uomini a cui si è mandati.
Secondo il Talmud, infatti, solo "Le parole che escono dal cuore, giungono al cuore" e il cuore di Gesù Cristo aveva effuso tutto il suo amore come poterono constatare vedendo aperto il cuore del Risorto per loro.
Paolo di Tarso, già nemico e persecutore della Chiesa di Cristo, avuto un incontro col Risorto fu a testimoniarlo e lo fece con quello che è definito un Kérigma: "Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto. Io infatti sono l'infimo degli apostoli, e non sono degno neppure di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la Chiesa di Dio." (1Corinzi 15,3-9)

Quella manifestazione della prima Pentecoste cristiana con lingue di fuoco, avvenuta nel cenacolo, pare proprio stare ad indicare che quel gruppo di persone là convocate, definita la Chiesa nascente, è da considerare come il nuovo "roveto ardente" che Dio propone al mondo alla stregua di quello che XIII secoli prima aveva fatto nei riguardi di Mosè.
Gli apostoli, testimoni della resurrezione, come il nuovo Mosè sono chiamati a far uscire l'umanità intera dalla terra del peccato e della morte per portarla alla porta della terra Promessa, consegnandola così a Gesù per il seguito del viaggio di ritorno a Dio.
Lui Gesù è la vera la porta, la porta delle pecore: "In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore... Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo." (Giovanni 10,7-9)
È quindi la Chiesa il posto fisico che il Signore ha eletto come suo Tempio, capace di costituire veicolo di teofania per tutti quelli che s'avvicinano a vedere quanto vi si manifesta.
Tale accostamento induce ad una serie di considerazioni.
Gli apostoli e i discepoli sono la materia prima che sprigiona un fuoco, il fuoco è del Signore e Lui, il Signore, è con loro.
Considerato che "il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava" (Esodo 3,2), ne consegue che, del pari, si può pensare che anche quel fuoco, che scaturisce dalla Chiesa, non si spengerà.
Ciò è in perfetta linea col mandato di Gesù che assicura la vittoria sul male: "E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli". (Matteo 16,18s)
Il combustibile eterno è lo Spirito Santo, l'amore che ha preso sede nel cuore dei fedeli, perché "forte come la morte è l'amore, tenace come il regno dei morti è la passione: le sue vampe sono vampe di fuoco, una fiamma divina! Le grandi acque non possono spegnere l'amore né i fiumi travolgerlo." (Cantico 8,6s)

Spinti dal vento dello Spirito quei 120 uscirono dal "Cenacolo" e nelle piazze si misero a parlare con lingue comprensibili a tutti, anche agli stranieri, ed ecco che "Tutti erano stupefatti e perplessi, e si chiedevano l'un l'altro: Che cosa significa questo? Altri invece li deridevano e dicevano: Si sono ubriacati di vino dolce." (Atti 2,12s)
Pietro in mezzo agli 11 prese la parola e dopo aver chiarito che il profeta Gioele (3) annunziava proprio per quegli ultimi tempi l'evento di una chiara effusione dello Spirito profetico, la prima cosa che proclamò fu: "Uomini d'Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nazaret - uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso fece tra voi per opera sua, come voi sapete bene - consegnato a voi secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, voi, per mano di pagani, l'avete crocifisso e l'avete ucciso. Ora Dio lo ha risuscitato, liberandolo dai dolori della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere." (Atti 2,22-24)
Questo fu il primo "Kérigma" che aprì la strada al Cristianesimo.
Il Kérigma porta al battesimo chi l'ascolta e l'accoglie.
La conclusione di quel primo annuncio ebbe un risultato prodigioso.
"Allora coloro che accolsero la sua parola furono battezzati e quel giorno furono aggiunte circa tremila persone." (Atti 2,41)

SUL KÉRIGMA
Il termine Kérigma è la traslitterazione del sostantivo greco neutro Khrugma che significa "proclamazione", la quale avveniva per mezzo di un araldo che nei tempi antichi era preceduto dal suono di tromba e/o di tamburi per raccogliere gli uditori ed avvertirli di aprire bene le orecchie, perché avrebbero udito notizie importanti di un re o di un governatore.
Khrugma traduce spesso in greco una rosa di concetti quali "proclama", "predicazione", "predica", "editto", "grido", "annuncio", "messaggio".
San Paolo quando parla di "stoltezza delle predicazione" in 1Corinzi 1,21 di fatto sta dicendo "la stoltezza del Kérigma" perché là proprio quel termine greco è usato.
In definitiva "è piaciuto a Dio di salvare i credenti con la stoltezza della predicazione", ma aggiunge a chiarimento che stoltezza è stoltezza di Dio e sta per semplicità e pura verità, ma distinta nettamente da superstizione e da sapienza esoterica o gnostica. Quel testo, infatti, così prosegue:

"E mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio. Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini." (1Corinzi 12,22-25)

Kerigma non è parola molto usata.
Nei Vangeli Gesù la pronuncia quando parla della "predicazione" di Giona.
Chi fu, quindi, a predicare in modo "Kérigmatico" certamente fu tale personaggio in quanto è asseverato direttamente dalla parola di Gesù che, appunto, come propone il testo in greco del Vangelo di Matteo, usa il suddetto termine di Kérigma per la parola "predicazione" nel seguente versetto: "Ed egli rispose loro: Una generazione malvagia e adultera pretende un segno! Ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona il profeta. Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell'uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra. Nel giorno del giudizio, quelli di Ninive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione Khrugma di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona!" (Matteo 12,39-41)
Quel termine è così associato in modo chiaro e preciso con l'evento della risurrezione del Figlio dell'uomo e come parallelo è richiamato da Gesù stesso per Giona "Che rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce".
Giona, cioè, come un banditore percorse le vie e le piazze della grande città di Ninive annunciando il Kérigma della propria personale risurrezione ad opera di Dio e convertì i Niniviti.
Eguale termine usa il Vangelo di Luca 11,29-32 quando tratteggia in modo sinottico l'episodio di Gesù che parla di Giona.

È così da associare "il segno di Giona" con il Kérigma, questo è quanto assicura Gesù a tutte le generazioni a venire e gli annunciatori saranno quelli del nuovo roveto ardente, la sua Chiesa!

Il termine Khrugma nelle lettere di San Paolo poi è usato per sei volte:
  • Romani 16,25 - "A colui che ha il potere di confermarvi nel mio Vangelo, che annuncia Gesù Cristo..."
  • 1Corinzi 1,21 - "Poiché infatti, nel disegno sapiente di Dio, il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio salvare i credenti con la stoltezza della predicazione."
  • 1Corinzi 2,4 - "La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza..."
  • 1Corinzi 15,14 - "Ma se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede."
  • 2Timoteo 4,17 - "Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l'annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero: e così fui liberato dalla bocca del leone."
  • Tito 1,3 - "...e manifestata al tempo stabilito nella sua parola mediante la predicazione, a me affidata per ordine di Dio, nostro salvatore."
In definitiva il Kèrigma annuncia Gesù Cristo e la sua risurrezione.
È una predicazione semplice, "stolta" come dice San Paolo, capace però di provocare su chi la sente, se è stato preparato ad ascoltarla, una potente manifestazione dello Spirito.

Nell'Antico Testamento tradotto in greco il termine Kérigma si trova in:
  • 2Cronache 30,5 - "Stabilirono di proclamare con bando in tutto Israele, da Bersabea a Dan, che tutti venissero a celebrare in Gerusalemme la Pasqua per il Signore Dio di Israele, perché molti non avevano osservato le norme prescritte."
  • Proverbi 9,3 - ma riporto anche alcuni versetti seguenti in cui il soggetto è la "Sapienza", "Ha mandato le sue ancelle a proclamare sui punti più alti della città: Chi è inesperto accorra qui! A chi è privo di senno essa dice: Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato. Abbandonate la stoltezza e vivrete, andate diritti per la via dell'intelligenza."
  • Giona 3,2 - "Alzati, va' a Ninive la grande città e annunzia loro quanto ti dirò."
IL LIETO ANNUNZIO RIVELA UN MISTERO
Due volte, in Romani 16,25 e 2Timoteo 4,17, delle sei volte che nelle lettere di San Paolo si trova la parola Kérigma questa è associata al termine "Vangelo" enaggeliou che letteralmente serve per dire "lieto annunzio" ovvero "buona notizia".
In definitiva il Kèrigma è la proclamazione della buona notizia di Gesù Cristo!
Vediamo più nel dettaglio quei due brani delle lettere di San Paolo.
Il primo, Romani 16,25-27, così recita:

"A colui che ha il potere di confermarvi nel mio Vangelo, che annuncia Gesù Cristo, secondo la rivelazione del mistero, avvolto nel silenzio per secoli eterni,ma ora manifestato mediante le scritture dei Profeti, per ordine dell'eterno Dio, annunciato a tutte le genti perché giungano all'obbedienza della fede, a Dio, che solo è sapiente, per mezzo di Gesù Cristo, la gloria nei secoli. Amen."

Sottolinea così San Paolo che su Gesù Cristo c'è un mistero, avvolto nel silenzio nei secoli passati, che è stato rivelato solo di recente, da poco tempo, "ora", manifestato nelle Scritture dei profeti e che Dio ha decretato di rivelare a tutti i popoli con la predicazione.
Il mistero da poco tempo, infatti, è stato rivelato nelle Sacre Scritture, perché queste in definitiva sono disponibili da pochi secoli; gli scritti del profeta Mosè secondo la tradizione avevano XIII secoli, ma rivisitati da Esdra e Neemia V secoli prima, e gli ultimi profeti come Daniele e Malachia sono di 2 secoli prima rispetto al periodo in cui predica Paolo, ben poco tempo considerati i lontani tempi delle origini dell'umanità.
Aggiungo che quei testi che aprono al mistero sono leggibili da parte dei cultori di quelle Scritture solo se la fede apre un occhio nuovo come accadde a lui, San Paolo, nemico della setta cristiana, quando, battezzato da Anania (Atti 9,18), gli caddero le squame dagli occhi ed a Damasco "subito nelle sinagoghe proclamava Gesù Figlio di Dio." (Atti 9,20).
Visto il Risorto, pur senza altra preparazione sapeva tutto di Lui, perché la sua epopea evidentemente è completa nelle Sacre Scritture e Paolo era stato un buon lettore, ma nel leggerle anche nel modo più attento non aveva prestato sufficiente fiducia, ma l'aveva ritenuta una favola finché non ebbe una prova diretta.
C'è quindi un mistero nascosto nelle Sacre Scritture!
Nel suo Kèrigma di 1Corinzi 15,3-9 in precedenza citato San Paolo per ben due volte cita le Scritture in modo generico, ma quelle profezie sono nei testi assai celate e i commentatori non sciorinano citazioni come fanno in genere.

Il secondo brano, 2Timoteo 4,17-18, poi conferma che San Paolo ha portato l'annuncio, ossia il Kérigma, a tutte le genti e fa comprendere quale sia la conseguenza della buona notizia, ossia il cambiare radicalmente natura ed entrare a far parte degli aspiranti del cielo, infatti: "Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l'annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero: e così fui liberato dalla bocca del leone. Il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno; a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen."

In definitiva quale è la buona notizia?
C'è un fatto certo!
Lo riportano testimoni veraci.
Un uomo, morto accertato, sepolto, dopo tre giorni è uscito dal cimitero con un corpo glorioso ed è tornato a casa.
È stata vinta la morte.
Esiste la vita eterna.
L'umanità è passibile di divinità.
Un uomo è stato assunto in cielo.
Un uomo retto, ucciso ingiustamente, pur se morto, è tornato in vita.
Conseguenza, ha pagato per tutti, perché la morte, giusta punizione per il peccato "mortale", è stata ingiusta.
La morte stessa, di fatto, per la sua stessa regola, perciò doveva morire ed è morta.
Il nemico dell'umanità, che l'affligge ostentando d'essere giusto e presenta continuamente a Dio l'ingiustizia dell'umanità, è risultato ingiusto.
Il peccato originale dell'umanità è quindi annullato.
L'umanità ha quindi ricevuto grazia.
I "cattivi", da latino "captivus", ossia i prigionieri, cioè i presi, gli schiavi del demonio, saranno liberati.
La divinità che in quel primo risorto s'è rivelata nella carne passerà a tutti.
Tutti gli uomini sono di Lui fratelli e Lui è ora il nostro avvocato presso il Padre.
Ha lasciato da madre la Chiesa con gli apostoli.
In essa si può rinascere sin d'ora fratelli di Lui col battesimo.
Tutti risorgeranno, poi Messia nella gloria tornerà e ci sarà il giudizio, quindi, distrutto ciò che è del demonio, saranno portati in cielo per la vita eterna presso Dio nel Paradiso del cielo.

Be' tutto ciò è anche il mistero rivelato che si trova negli antichi testi scritti in ebraico dell'Antico Testamento.
Dove?
Lo disse Gesù stesso, in questo modo, quando apparve risorto ai discepoli di Emmaus:

"Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi. Allora aprì loro la mente all'intelligenza delle Scritture e disse: Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme." (Luca 24,44-47)

Tutto ciò è proprio così chiaro?
O più precisamente: dove e come trovarlo.
Per dare una risposta torno alle origini della mia ricerca.
Tutto ciò, infatti, porta agli argomenti discussi dai miei articoli della rubrica "Lettere ebraiche e Codice Bibbia" nel mio sito "Bibbiaweb.net":
E più in particolare in:

UBRIACATI DI MOSTO
Alcuni ebrei di Gerusalemme all'annuncio del 1° Kérigma da parte di San Pietro in Atti 2,13 ebbero a deridere e sottolinearono che l'annuncio potesse essere una manifestazione di ubriachezza.
Perché sottolineare ciò da parte del testo?
Forse quel dire nasconde un pensiero ormai lontano da noi.
Se ci fossero due modi di leggere il testo ebraico delle Sacre Scritture, uno in modo ufficiale, rituale, certificato e consolidato, e l'altro per decriptazione usato solo da certi studiosi, i primi direbbero che i secondi ci vedono doppio quindi... sono brilli, si sono ubriacati.
Nella tradizione degli ebrei c'è, infatti, che Mosè avrebbe ricevuto una rivelazione, che non si legge nel modo usuale nella Torah, tramandata ad un'élite che comprende la notizia della risurrezione.
Eredi di tale rivelazione s'erano eretti i Farisei, ma a ciò e alla risurrezione che ne deducevano non credevano i Sadducei, persone autorevoli che bene conoscevano i testi, ma s'attenevano alla sola lettura esterna del canone ebraico in quanto la risurrezione non la rinvenivano con certezza, perché, (tolti i libri dei Maccabei che non fanno parte del canone ebraico) secondo loro nei pochi testi che ne parlerebbero può essere variamente interpretata.
I Farisei rispondevano, infatti, alla questione fondamentale della giustizia di Dio spiegando che il successo dei cattivi e la sventura dei buoni in questo mondo non è l'ultima parola, perché alla fine dei tempi gli uomini saranno risuscitati per un castigo od un premio eterno.
La fede nella resurrezione fu, poi, pienamente accolta:
  • dal Talmud come dedotta dalla Torah: "Le seguenti persone non prenderanno parte al mondo futuro: chi dice che la risurrezione dei morti non può essere dedotta dalla Torah..." (Sanhedrin X,1);
  • da Gesù nei Vangeli sinottici (Matteo 22,23-33; Marco 12,18-23; Luca 20,27-30), che precisa ai Sadducei, non citando la Toràh orale, che la risurrezione viene proprio dalle Scritture, dicendo: "Voi v'ingannate, non conoscendo né le Scritture né la potenza di Dio" (Matteo 22,29), cioè li chiama a
    "conoscerle "

    in modo più approfondito, attraverso un ulteriore via, scrutandole

    aiutarsi guardando i segni .
Il midrash Numeri Rabbah XIII,15 associa la Torah al vino:

"Come il valore del vino è settanta, così la Torah ha settanta volti".

Secondo la gimateya o gimatria, regola omiletica che associa parole o frasi della Bibbia ebraica o Tenak che hanno lo stesso valore numerico vale a dire eguale somma dei valori delle lettere a ciascuna delle quali è associato anche un numero, si ha, infatti che il vino in ebraico è pari a 70.

"iainn" = ( = 10) + ( = 10) + ( = 50) = 70

C'è da domandarsi perché quel detto cita il vino?
Non sarà proprio per il fatto che il vino fa vedere doppio?
Viene in aiuto un detto b'Eruvin 65° evocato da una frase talmudica che dice:

"Quando entra il vino esce il segreto."

Questa frase, che al primo impatto sembra un proverbio sensato, perché a chi beve si scioglie la lingua, sottende che come il "vino" per la gimatria equivale a 70 anche la parola "segreto" equivale a 70:

= ( = 4) + ( = 6) + ( = 60) = 70

Dire, quindi, che la Torah a 70 volti sta anche a dire in modo allusivo che nella Torah c'è un testo segreto.
È da tenere presente al riguardo ciò che sostiene la tradizione ebraica.
Quella tradizione prevede, infatti, per l'esegesi delle Sacre Scritture quattro metodi:
  • Peschat , interpretazione letterale corrispondente al significato semplice della Scrittura.
  • Remez , accenno, o interpretazione, significato suggerito tende a trovare nessi tra le parole ed espressioni uguali situati in punti diversi del testo e li collega tra loro in modo riflessivo o narrativo secondo i casi, onde sottolineare l'unità dell'insieme, ogni parte della quale è strettamente collegata a tutte le altre.
  • Dèrasch , midrash, haggadah, interpretazione, omiletica, allegorica.
  • Sod significa segreto; la via segreta per indagare la Scrittura!
L'acrostico dei nomi di quelle 4 vie dà luogo alla parola Pardes parola d'origine persiana che indica giardino, frutteto e Paradiso.

Ognuna di queste quattro modalità di ricerca ha eguale validità nel proprio campo, dato che la Bibbia (Sanhedrin 34) è vista "come una roccia che può essere divisa in molti pezzi dal martello dell'interpretazione".
Aggiungo che nel sentiero segreto "Sod" entra il metodo di scrutatio con la decriptazione che propongo, descritto in altra parte, il quale resta aderente ai testi con deduzioni collegate in modo rigido con tutte lettere, e per la grande estensione con ripetizioni dei testi, le interpretazioni hanno riprove.
Dire 70 sottende così in questo campo una lettura segreta che è sempre riferita al Messia, esito cui mira tutta la storia della salvezza oggetto della Torah.
Cioè quando la Torah è letta in modo particolare - usando il vino cioè il metodo segreto per cui si perviene alla lettura doppia - ne viene una illuminazione, esce il segreto, ne esce una luce e la Luce per antonomasia è il Cristo, il Messia e la risurrezione che reca: "Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo." (Govanni 1,9)
C'è poi un altro detto ebraico: quando entra la luce esce il mistero.
Questo è il mistero legato al Kérigma di cui parla Paolo in Romani 16,25-27.

Per la gimatria pure luce "'or" e "raz" mistero hanno tra loro lo stesso valore 207:

= ( = 200) + ( = 6) + ( = 1) = 207
= ( = 7) + ( = 200) = 207

Il numero 70 poi ricorda il midrash della traduzione in greco della Bibbia detta appunto dei settanta, traduzione che in sostanza assicura che il segreto = 70 fu mantenuto perché la traduzione in greco non consente di rivelarlo.
In effetti, per la precisione, quella traduzione si dovrebbe dire Bibbia dei 72 perché a Tolomeo furono mandati 72 esperti di Torah - Elasar gli mandò 72 anziani, sei per ogni tribù - dai quali uscì un unico progetto di traduzione, come ricorderò anche più avanti.
Tornando alla Pentecoste cristiana ed all'annuncio del Kérigma, accade che com'è noto, il vino porta ad essere brilli ed a vedere doppio e, dopo quanto detto nell'ambito di questa tematica, il dire di bere vino s'adatta bene all'idea del leggere un testo doppio nell'Antico Testamento.
In effetti gli scettici, che credono ai miracoli solo se sono stati presenti, all'idea della lettura di un secondo testo possono considerare ubriaco chi ne asserisce l'esistenza se prima non hanno visto qualcosa che gli confermi la veridicità di ciò che legge.
Con quella frase la gente e i dotti di Gerusalemme era come se dicessero degli annunciatori del Kèrigma: questi affermano che il mito incredibile raccontato della lettura segreta dei testi delle nostre Sacre Scritture s'è verificato!
Una metafora diffusa fu quella del vino con la Torah, perché nell'insegnamento scritturale, come nel vino, è insita un'energia e nel Cantico rabbah I.19 si legge: "il vino lascia un segno quando viene bevuto, e così lo lasciano le parole della Torah e la gente può indicare col dito, dicendo: Ecco uno studioso."
Lo vedono come uno che è ubriacato, perché legge doppio!
Nel noto episodio delle nozze di Cana (Giovanni 2,1-11) si ha un simile accostamento al vino; le nozze evocano l'immagine delle profezie (Osea 2,21-25; Geremia 2,2; Isaia 54,5; 62,5) sul Signore che negli ultimi tempi sposerà Israele: "E avverrà in quel giorno - oracolo del Signore - io risponderò al cielo ed esso risponderà alla terra; ...la terra risponderà con il grano, il vino nuovo e l'olio..." (Osea 2,23,24a) ed i versetti del Vangelo dicono che l'acqua che stava nelle giare di pietra (oggetti che provenendo dalla roccia richiamano la terra) è mutata in vino, compiendo la profezia d'Osea, quindi Gesù è il Messia e questo miracolo però nasconde anche un'allegoria.
Nella descrizione delle nozze appare il personaggio, citato due volte, del maestro di tavola che parla con lo sposo; seguendo l'idea del matrimonio di Iahweh con Israele quel maestro rappresenta l'autorità rabbinica, che parla con familiarità con lo sposo tramite la Torah, e si congratula che "ha riservato per gli ultimi tempi il vino (= segreto) migliore" mentre i servi che sono testimoni che l'acqua diviene vino sono i rabbini e i loro discepoli che dal materiale che vedono versare, acqua lustrale (cioè dalle pagine della Torah relative a prescrizioni rituali, ad esempio, come verificato, dalla decriptazione del Levitico) vedono, senza manipolazioni, ma tramite Gesù, uscire vino nuovo.
Ormai siamo pronti, il vino 70 richiama il segreto 70 e c'è anche il concetto che ora che non c'è più vino per divenire brilli, è dato il vino migliore, quello che esce direttamente dal paradiso.
Vale a dire non si vede più doppio.
Le profezie che si leggono nei testi nascosti si stanno attuando e quello che è acqua nelle pagine della Torah sono base del segreto palesato.
Gli stessi Vangeli sinottici che parlano del "Vino nuovo in otri nuovi" (Matteo 9,17; Marco 2,22; Luca 5,37) si possono interpretare sotto questa visuale e portano a pensare a questa problematica e, pur se non sono così espliciti, vi sono tutti gli ingredienti (Gesù attesta che è presente lo sposo - lui stesso - ci sono i farisei e discepoli di Giovanni e ci sono il vino nuovo e vecchio).

C'è infine il discorso chiaro d'Isaia 29,11-12: "Per voi ogni visione sarà come le Parole di un libro sigillato; si dà ad uno che sappia leggere dicendogli: Leggilo. Ma quegli risponde: Non posso perché è sigillato. Oppure si dà il libro a chi non sa leggerlo dicendogli: Leggilo, ma quegli risponde: Non so leggere." che è in linea con quanto sostengo.

Isaia parla chiaro, c'è un I° ed un II° livello di lettura, uno normale, cioè il saper leggere usuale ed uno speciale, per leggere il sigillato, per il quale occorre avere una particolare iniziazione e, chi non sa leggere, non supera il I° livello e chi legge soltanto quanto ufficiale, non supera il II°.
In definitiva è da tornare al motore che ha originato la ricerca.

UN SEGRETO NEI TESTI EBRAICI DELLE SACRE SCRITTURE
Dicevo allora che cercavo un segreto nei testi della Tenak ebraica interamente accolta nel canone Cristiano.
Di seguito riporto quasi integralmente ciò che scrivevo vari anni fa.

Gesù di Nazaret disse agli Ebrei del suo tempo e oggi ai Cristiani ed ai Cattolici, che dal Concilio Vaticano II sono invitati a considerare le Scritture dell'Antico Testamento sacre come i Vangeli: "Voi scrutate le Scritture credendo di avere in esse la vita eterna; ebbene, sono proprio esse che mi rendono testimonianza." (Giovanni 5,39)
Lui, Gesù, il Messia sostiene che lo si può incontrare nei libri che la tradizione attribuisce scritti da Mosè (Torah - Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio - in senso stretto e per estensione tutta la Bibbia ebraica) a condizione di credere in Mosè: "Se credeste, infatti, a Mosè, credereste anche a me; perché di me ha scritto" e continua: "Ma se non credete ai suoi scritti, come potete credere alle mie parole?" (Giovanni 5,46s)
Considerata l'autorità di Gesù ci s'attende di trovare nella Torah profezie sul Messia, sulla sua missione, sulla resurrezione dei morti, sui tempi a venire e sui segni che compirà chiaramente a Lui riferibili.
Però, rare sono le pagine di quelle profezie di tipo messianico certe e piene che Gesù attesta, tant'è che non tutti quegli ebrei - che pur le leggevano e pensavano di credere a Mosè - credettero in Gesù; ed oggi, pur leggendole, restano della loro idea, oppure hanno individuato altri come Messia.
Spesso, infatti, da quegli scritti sono velati e l'esegesi cristiana perviene a profezie su Gesù-Messia con allegorie, raggruppamenti di testi, con la "reductio ad absurdum" d'interpretazioni giudaiche e l'adattamento di passi biblici che fanno riferire i singoli passi ad eventi dell'economia cristiana stessa, ma non in modo esplicito.
Vari sono poi gli aspetti degli insegnamenti dell'Antico Testamento non in linea con lo spirito del Cristo dei Vangeli - sui cibi puri e impuri, sui sacrifici d'animali, sull'atto di ripudio alla moglie, sulla lapidazione, sulla legge del taglione e dell'occhio per occhio, sui rapporti con i lebbrosi e con i gentili, sull'impurità nel contatto con donne mestruate e cadaveri, sul riposo del sabato interpretato in modo rigido - tanto che Gesù in più occasioni si discostò dai precetti di Mosè, come i Vangeli rilevano, col risultato che alcuni ebrei si scandalizzarono.
L'annuncio del Regno di Dio predicato da Gesù, riportato dai Vangeli, sembra opporsi in alcuni punti alla Legge ed agli insegnamenti tradizionali, pur se la Torah per Gesù resta fondamentale.
Eppure, nel Vangelo di Giovanni, ai Giudei che volevano lapidarlo perché s'era dichiarato Figlio di Dio rispose "Non è forse scritto nella vostra Legge: Io ho detto: Voi siete dèi?" citando il Salmo 82,6 e continua: "Ora se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio, e la Scrittura non può essere annullata..." (Giovanni 10,34s).
Per Gesù, a quali scritti di Mosè è da credere ed a quali no e come si conciliano i distinguo col suo assioma sulla Scrittura che "non può essere annullato"?
Forse non è da fermarsi alle parole; ma allora a cosa si deve guardare?
Lui asserisce (Matteo 5,17ss) che non è "venuto per abolire la legge e i profeti... In verità vi dico: finché non sia passato il cielo e la terra, non passerà neppure uno iota o un segno della legge senza che tutto sia compiuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di quei precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli." e quale entità minima della lettura, qui viene citata la singola lettera e non la parola, iota o segno, come a dire che nella Torah sono da guardate (anche) le singole lettere (ciò è conforme all'idea che tuttora sussiste nell'ebraismo, che se viene a mancare anche una sola lettera il rotolo è invalido per l'uso liturgico).
E questo tutto che dice la Legge ed i Profeti dove si legge?
I testi canonici ebraici, soprattutto della Legge, sono parchi di visioni escatologiche, mentre hanno pagine interminabili d'elencazioni di nomi, numeri e genealogie, assieme a norme e prescrizioni che paiono ora improponibili.
Per contro la cultura ebraica contemporanea a Gesù è ricca di scritti escatologici; e questi da dove originano?
Gesù, però, non cita scritture apocrife, dice di dar credito a Mosè, però spesso lo contraddice, alcune volte stravolge i suoi insegnamenti, ma nel contempo asserisce che non cambia quanto Mosè ha scritto ed incita con lo "scrutate le Scritture... sono proprio esse che mi rendono testimonianza" (Giovanni 5,39) a cercare le prove che Lui rispetta ogni iota o segno della Legge e sembra che tale scrutare sia un'esperienza che supera la semplice lettura, ma è un'attività che deve tendere alla ricerca di un secretum che non appare al leggere normale.
Nello scrutare, infatti, è insito il concetto di procedere con un'investigazione particolare che sembrava implicita a quei tempi.
Volendo dar credito a Gesù, che dice di credere agli scritti di Mosè alla lettera (iota/segni), e che quei testi gli danno testimonianza - ma poco sembrano parlarne - dovrebbe concludersi che Mosè dice anche altre cose che si ricavano dallo scrutare proprio le lettere e lì vi dovrebbero essere profezie relative al Messia.
Così anche di quelle pagine poco interessanti, che fanno però parte della Torah, si deve compiere ogni iota o segno ed allora, scrutandole, si potrebbero rivelare importanti.
Tra l'altro, proprio per la libertà che offre un'elencazione di nomi e di numeri, chi la scrisse, se voleva farlo, sarebbe stato facilitato a sviluppare un eventuale messaggio di secondo livello, cioè criptato, senza che ne soffrisse molto il testo esterno.
Quel loghion di Gesù, - Voi scrutate le Scritture... ebbene sono proprio esse che mi rendono testimonianza - che chiede una risposta personale, mi ha guidato nella ricerca alimentata dall'innata curiosità ed ho così cercato il significato fondante antico dei segni della scrittura ebraica, incuriosito e gratificato dal gioco enigmistico e questo scrutare m'ha portato a sperimentare che le Scritture veramente riportano l'epopea del Messia.
A risultato di questo ricercare nel mio sito ho pagine e pagine di testi dell'Antico Testamento tradotti in un modo del tutto particolare che classifico nello scrutare, e questo scrutare è necessario, perché gli scritti della Torah sono tutti criptati grazie all'uso delle lettere ebraiche, criptatura che si perde se quei testi sono tradotti in altre lingue.
Quegli scritti sostengono di sé d'essere stati prodotti da Mosè nell'area tra Egitto e impero Babilonese (Palestina, Siria, Fenicia, Sinai) alla cerniera delle concezioni delle scritture dove passava, peraltro, la comunicazione tra quei due mondi (sede d'invenzione dei messaggi criptati) e dove, tra l'esodo degli ebrei dall'Egitto ed il regno di Salomone (XIII-X secolo a.C.), si produsse un cambiamento del modo di scrivere che poi sfociò con l'alfabeto fenicio in cui si può scorgere lo zampino di ebrei.
Là, da scritture ideografiche più antiche, evocanti il concetto con immagini (si vedeva un segno, indicava una casa e si diceva casa), si passò a scritture moderne basate su segni che evocano nella mente i suoni della parola usata (si vedono i segni di 4 lettere c a s a che evocano il suono della parola casa, si legge casa e si pensa al concetto d'una casa).
I libri del Pentateuco (con gli altri della Bibbia ebraica) si sono rivelati messaggi con due facce come un tappeto, l'esterna della normale lettura, i cui elementi sono le singole parole e l'interna, segreta, solido supporto dell'ordito e della trama teologica, con regole precise in cui l'elemento minimo è l'immagine della singola lettera.
In quegli scritti c'è la seconda faccia ed ho pianificato ragionamenti, regole e risultati di decriptazione a prova del ritrovamento.
All'idea sono arrivato per gradi con traduzioni a spot e poi, ad elementi consolidati, ho proceduto a tappeto.
Volendo credere che il Pentateuco sia scritto da Mosè (o comunque da una scuola che a lui si riferiva), s'interpreta che gli autori si sono comunque riportati a quei tempi, quindi in pratica stanno suggerendo che l'unica scrittura che avrebbe potuto usare quel Mosè, di cui la Torah racconta che fu alla corte dei Faraoni e poi in esilio nella penisola del Sinai nel XIII secolo a.C., era per immagini, come le lettere delle consonanti usate dagli Egiziani, migrate con segni stilizzati nell'area sinaitica.
Ho quindi anche rinvenuto nella Bibbia, (soprattutto nell'Esodo e Genesi) tracce che portano ai geroglifici e ciò mi ha dato l'idea di cercare tra quei segni quelli fondanti la forma delle lettere ebraiche e, seguendo l'evolversi nel tempo di quei segni, ho trovato il significato grafico di ciascuna delle 22 lettere ebraiche.
Prova che i pittogrammi ritrovati sono gli originari è che, rinvenuti tutti, la combinazione a 22 numeri del forziere biblico è scattata ed il testo sigillato mi s'è aperto.
Ogni versetto decriptato è un ritrovamento che mi dà emozioni analoghe a quelle che penso può provare un archeologo all'apertura di stanze intatte da millenni.
Per la tesi della lettura per pittogrammi delle lettere delle Sacre Scritture, sono a favore i seguenti elementi:
  • il testo dell'Antico Testamento ebraico e le relative lettere sono restati congelati nella forma attuale prima dell'ignoranza dei geroglifici (perdurata dal IV a fine XIX secolo d.C.);
  • le lettere sono soltanto consonanti, come in egiziano;
  • nei testi antichi non c'erano i segni delle vocali;
  • le parole non erano separate tra loro;
  • le lettere erano spaziate tutte egualmente tra loro;
  • non c'erano forme particolari per indicare lettere ebraiche di fine parola;
  • non vi era indicazione di versetti.
Sulla base di tali fatti, nei tentativi di tradurre sono emerse naturali regole da rispettare per ottenere la traduzione corretta, di cui la prima, basilare, comporta d'attribuire al Messia o ha fatti dell'economia della salvezza quanto si legge, come dice Gesù "sono proprio esse che mi rendono testimonianza", altrimenti cambiando soggetto si può far dire ciò che si vuole, perché i segni di per sé sono scene asettiche che si animano in favore del soggetto che riguardano.
Così io trovo che i libri del Pentateuco, indipendentemente da quando furono scritti (vale a dire se parti ai tempi di Mosè od elaborati o rielaborati più tardi), furono prodotti sigillati, cioè criptati (con regole, note ai Leviti e questi fecero scuola ai successivi profeti), cosicché tutti i libri del canone ebraico della Bibbia hanno tale proprietà.
Molte sono le profezie evocate da Gesù, indicate come note nei riguardi del Figlio dell'Uomo o del Cristo - il tradimento, le sofferenze, la morte per mano dei potenti, la sepoltura e la risurrezione dopo tre giorni - che nei testi esterni dell'A.T. non si trovano con la chiarezza che Lui propone, ma che poi trovo ricche nel testo sommerso fonte, ispiratore, ritengo, anche di tante scritture apocrife.
Tracce di queste profezie sono proprio nel testo ebraico dei versetti dell'Antico Testamento, che i Vangeli citano alcune volte con ridondanza e che letti, attingendoli dal testo canonico ebraico, le mostrano con la lettura segreta o rimandano ad altri versetti in cui si trovano, e i testi nascosti sono allineati alla teologia accettabile per ebrei e cristiani all'epoca di Gesù Cristo.
I primi credenti in Cristo, infatti, erano ebrei che avevano creduto all'attuarsi in Gesù di Nazaret delle profezie sul Messia e non esistevano ancora le due religioni.

A rafforzare queste idee che mi ero fatte, m'imbattei allora a leggere che il testo d'una faccia nascosta della Bibbia è nella tradizione ebraica e fu oggetto di ricerca, in quanto circola tra gli Ebrei l'idea che Mosè ricevette una rivelazione, non leggibile nel testo esterno delle Scritture, tramandata poi ad un'élite. Poteva, così, anche essere che alcuni farisei fossero capaci di leggere un testo segreto; ciò era un'apertura a favore dell'idea che la Torah avesse in sé la proprietà non palese alla semplice lettura in quanto, collaterale alla tradizione orale, vi poteva anche essere una lettura segreta insegnata da Mosè.

Questa lettura profetica, compresa da farisei del più alto livello della loro società segreta, da scribi e rabbini più dotti, poteva essere nota ai cultori della parola di quei tempi, agli esseni di Qumran e, in campo cristiano, oltre che a Gesù, a Giovanni Battista, ad alcuni discepoli iniziati, tra cui Giovanni evangelista, a S. Paolo (allievo di Gamaliele, nipote di Hillel il Vecchio, che esercitò il suo ministero tra il 30 ed il 50 d.C.), agli evangelisti Matteo e Marco (detto Giovanni - Atti 12,12 proveniente dalla circoncisione - Colossesi 4,10), non fu più applicata dopo la diaspora del 70 d.C..
I giudei cristiani, che ne avevano conoscenza, per l'enorme afflusso dei pagani, furono esautorati, essendo inutile introdurre tale esegesi troppo raffinata.
Il Kèrigma testimoniava col Vangelo un fatto avvenuto e poco poteva importare ai pagani che in alcuni sacri scritti degli ebrei tutto fosse profetizzato dallo Spirito Santo che aveva ispirato gli autori.
Trovai pure che Nachmanide Moses, mistico spagnolo ebreo (1194-1270 d.C.), commentatore biblico, disse: "Noi possediamo una tradizione autentica secondo cui la Torah è formata dai Nomi di Dio. Le parole che vi leggiamo possono essere infatti anche suddivise in modo completamente diverso, componendo Nomi... L'affermazione per cui la Torah fu scritta in origine con fuoco nero su fuoco bianco, ci conferma nell'opinione che la sua stesura avvenne con tratto continuo e senza suddivisioni in parole, cosa che permise di leggerla sia come una sequenza di Nomi, sia, nel modo tradizionale, come un resoconto storico ed un insieme di comandamenti divini. Ma Egli la ricevette anche, nello stesso tempo, sotto forma di trasmissione orale, come lettura di una sequenza di Nomi.", ammettendo così che la Torah orale ricevuta da Mosè è anche un testo interno alla Torah scritta e ciò, fu oggetto di ricerca della Cabbalah, (Vd. G. Scoolem, "Il nome di Dio e la teoria cabbalistica del linguaggio") che non ha trovato messaggi, ma solo spunti mistici.
Rendendomi conto di negative reazioni all'idea di avvicinare testi sacri ad approcci che non operano nei limiti dell'usuale razionalità, mi proposi d'operare con la massima obiettività, evitando vie esoteriche.

Un mistico della cabbalah del XIII secolo d.C. (1194-1270 d.C.), Nachmanide Mosès spagnolo ebreo commentatore biblico pur tuttavia asseriva qualcosa che mi sembrava importante: " Noi possediamo una tradizione autentica secondo cui la Torah è formata dai Nomi di Dio. Le parole che vi leggiamo possono essere infatti anche suddivise in modo completamente diverso, componendo Nomi... L'affermazione per cui la Torah fu scritta in origine con fuoco nero su fuoco bianco, ci conferma nell'opinione che la sua stesura avvenne con tratto continuo e senza suddivisioni in parole, cosa che permise di leggerla sia come una sequenza di Nomi, sia, nel modo tradizionale, come un resoconto storico ed un insieme di comandamenti divini. Ma Egli la ricevette anche, nello stesso tempo, sotto forma di trasmissione orale, come lettura di una sequenza di Nomi.", ammettendo così che la Torah orale ricevuta da Mosè è anche un testo interno alla Torah scritta.
(Vedi: G. Scoolem, "Il nome di Dio e la teoria cabbalistica del linguaggio")

Ed ancora: "Una tradizione sostiene che Mosè scrisse tutta la Torah dalla prima all'ultima riga senza alcuna parola compiuta, come un susseguirsi ininterrotto di lettere. Ciò viene chiamata Torah hashem, la Torah di Dio. È come una sorta di nome unico di Dio... È come una scrittura prima delle parole, senza interruzione, punteggiatura, senza ritmo, senza il minimo spazio bianco. La scrittura fluisce senza interruzioni dalla bet, prima lettera della Torah, fino alla lamed, l'ultima lettera. È un in-finito non-senso." (Marc-Alain Ouaknin "Le Dieci Parole")
Che l'originale ebraico delle Sacre Scritture abbia peculiarità intraducibili nelle altre lingue, si deduce anche dal midrash tratto da Megillah 9, in cui si parla di come la Bibbia fu fatta tradurre in greco da Tolomeo II (Filadelfo - 308-247 a.C. "La lettera di Aristea" 150-100 a.C. in greco racconta come nel III secolo a.C. fu tradotta la Bibbia in greco).
Racconta che ai 72 traduttori mandati da Gerusalemme "il Santissimo - sia gloria a lui - diede nel loro cuore un medesimo pensiero acciocché tutti concordassero in un identico progetto di versione... Dopo 72 giorni le traduzioni ... tutte concordavano tra loro in modo sorprendente, parola per parola, insieme con tutte le omissioni e le aggiunte; così sorse la traduzione dei 72, insomma dei 70, detta Septuaginta" da cui si deduce che quel re credeva d'avere la Bibbia degli ebrei in greco, invece aveva solo un progetto di versione con omissioni ed aggiunte, confermando l'idea dei mistici dell'ebraismo e dei rabbini, i quali affermano che il testo in ebraico è importante e, senza i segni originali, si perde un peculiare aspetto e si ha solo un'impronta dell'originale.
Il Talmud 'Eruvin 13b dice: "La Torah ha settanta volti; queste e quelle sono le parole del Dio vivente"; perciò la Torah per gli ebrei non è un testo fisso, ma è lasciata libera la possibilità di più interpretazioni e la mia è una delle letture possibili, in stretta corrispondenza biunivoca col testo è con regole sempre rispettate.
"Una tecnica esegetica usata dai rabbini nel Talmud (tradizione orale del I secolo a.C. - I secolo d.C.) per dare al testo non vocalizzato della Bibbia una diversa vocalizzazione o una diversa forma ortografica rispetto alla forma usuale è 'al tikrei' non leggere. L'uso dell''al tikrei non esclude in ogni caso la lettura originaria del testo e, perciò, si può più correttamente definire come 'non leggere questo passo solo in modo usuale, ma anche in altro modo'. Questo procedimento permette così una nuova interpretazione, perfino quando le leggi della grammatica e della sintassi rendono necessaria la sola lettura tradizionale. L'uso di questa tecnica trae origine dal versetto: 'Dio ha detto questo una volta, ma io ho ascoltato questo due volte.' (j 62,12) e cioè che le parole della Bibbia si prestano a significati diversi di quello tradizionale." (Diz. Usi e leggende Ebraiche Alan Unterman-Laterza).

Il metodo che uso è l''al tikrei a tappeto, in cui ogni lettera può anche leggersi a se stante, in base al disegno che effettivamente reca e che ritengo d'aver individuato con una stretta rosa di significati.

IL PRIMOGENITO DEI MORTI
Gesù Cristo dal punto di vista teologia per la sua natura divina è l'Unigenito.
Per 5 volte nel Nuovo Testamento tra gli scritti di San Giovanni si trova, questa definizione nei suoi riguardi:
  • Giovanni 1,14 - "E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità."
  • Giovanni 1,18 - "Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato."
  • Giovanni 3,16 - "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna."
  • Giovanni 3,18 - "Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio."
  • Giovanni 4,9 - "In questo si è manifestato l'amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui."
Per contro, Gesù di Nazaret è anche il primogenito per la natura umana di quelli che escono dalla morte, infatti si trova:
  • Romani 8 - "Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli..."
  • Colossesi 1,15-18 - "Egli è immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione... Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui. Egli è anche il capo del corpo, cioè della Chiesa; il principio, il primogenito di coloro che risuscitano dai morti, per ottenere il primato su tutte le cose."
  • Ebrei 1,6 - "E di nuovo, quando introduce il primogenito nel mondo, dice: Lo adorino tutti gli angeli di Dio."
  • Apocalisse 1,5 - "Gesù Cristo, il testimone fedele, il primogenito dei morti e il principe dei re della terra."
Per la mariologia, la teologia su Maria, Gesù Cristo è il primo ed unico figlio, ma nel contempo guardando a Maria come figura della Chiesa Gesù è il primogenito di molti fratelli.

A questo punto mi sono chiesto come si può esprimere primogenito dei morti o primogenito dalla morte con le lettere ebraiche in modo criptato secondo le regole della criptatura?

La risposta è semplice:
  • primogenito dei morti è , quindi "'oemmet" che in ebraico è parola che vuol dire verità;
  • primogenito della morte è , quindi "'ammot" che in ebraico come parola vuol dire "cubiti".
(C'è poi il "'amettachat" per "sacco, sacca, borsa" termine usato solo nei Capitoli 42-44 del libro della Genesi nel racconto degli incontri di Giuseppe vice faraone con i fratelli, che tratterò in altro articolo quando avrò decriptato quei tre capitoli.)
Queste perifrasi hanno destato in me grande interesse.
Del primo modo parlerò più avanti.
Circa il secondo, cioè la parola "cubiti", constato che è usata un'infinità di volte nella descrizione della visione del tempio futuro di Gerusalemme che si trova nei capitoli 40-43 del libro del profeta Ezechiele.
La visione è profetica e nel tempo stesso assai arida a meno che...
Ho così prodotto la decriptazione di quei capitoli di cui i primi 3, ossia Ezechiele 40-42 che presento in un separato articolo "Visione di Ezechiele del III Tempio - Chiesa del Messia".
In questo articolo propongo invece la decriptazione del capitolo 43 di Ezechiele ove "'ammot" si trova nella descrizione della visione dell'altare del tempio futuro ben 4 volte, 1 nel 13° versetto, 2 volte nel 14° e 1 volta nel 15°.
Propongo come esempio di decriptazione proprio quella del versetto Ezechiele 43,14 che presenta 2 volte quel termine e che si apre con la risurrezione del Cristo.

Ezechiele 43,14 - Dalla base che posava a terra fino alla piattaforma inferiore vi erano due cubiti di altezza e un cubito di larghezza: dalla piattaforma piccola alla piattaforma più grande vi erano quattro cubiti di altezza e un cubito di larghezza.





Ezechiele 43,14 - Si riportò in un vivente la vita a riversarsi .
Rientrò in un primo corpo giù l'eternità uscita .
L'aiuto entrò nella tomba al Crocifisso .
A rinchiudersi nel Crocifisso si riportò l'energia , n'uscì risorto .
Il Crocifisso rifù in vita .
Il primo dalla morte che riportò il corpo dalla tomba a casa .
Quel primo vivo rientrò dai fratelli .
Il Crocifisso si portò dalla madre che uscisse ad aiutarlo nel mondo .
Entrato , riversò dal cuore l'energia , uscì l'eternità per il mondo d'aiuto .
Uscisse per il mondo in cammino , l'essere impuro () del serpente uscirà , iniziasse le moltitudini ad ascoltare :
Un primo dalla morte riportò il corpo dalla tomba , dentro il mondo un primo vivo ne riuscì !

Faccio notare che decriptato con invito alla madre con gli apostoli ad annumciare il Kérigma "iniziasse le moltitudini ad ascoltare: Un primo dalla morte riportò il corpo dalla tomba, dentro il mondo un primo vivo ne riuscì!" ha anche un'altra possibilità intimamente connessa al tema di questo articolo "iniziasse le moltitudini ad ascoltare: l'Unigenito il Vivente porterà la Torah () nascosta dentro al mondo , quel primo ai viventi l'aprirà !"

In definitiva il Kèrigma è esplicitazione della Torah nascosta nell'Antico Testamento o Tenak ebraica rivelata con la lettura segreta.

Questo discorso sulla Torah si trova già nel decriptato del versetto 11, il cui testo esterno in italiano che riporto con quello ebraico recita:

Ezechiele 43,11 - e, se si vergogneranno di quanto hanno fatto, manifesta loro la forma di questo tempio, la sua disposizione, le sue uscite, i suoi ingressi, tutti i suoi aspetti, tutti i suoi regolamenti, tutte le sue forme e tutte le sue leggi: mettili per iscritto davanti ai loro occhi, perché osservino tutte queste leggi e tutti questi regolamenti e li mettano in pratica.






Faccio notare come l'autore cioè Ezechiela o la sua intendono in modo palese far interrogare il lettore sul perché tutta quella complessa descrizione di questo Tempio futuro e suggerisce di pentirsi per quanto hanno fatto.
Ed ecco la dimostrata decriptazione di Ezechiele 43,11.

Ezechiele 43,11 - Porterà da fedele sposa () i viventi e a vivere tutti da moglie () compagna () simile () su porterà .
Dal corpo del Crocifisso uscirà , a casa sarà alla fine condotta , completamente retta per la portata energia del Crocifisso .
Ed i condotti che vivranno portati su , all'Unico saranno riportati e a vivere li porterà dentro l'Unico da cui furono (a nascere) portati .
E la sposa () nella roccia (è come la roccia da cui Mosè fece sgorgare acqua) del Crocifisso portatasi , porterà all'originaria perfezione ().
A nascondersi si riversò nel Crocifisso che forza le portò recandole la rettitudine che dal Potente scendeva e che dal corpo del Crocifisso si porta .

E tutta la Torah () il Crocifisso porterà ad aprire e la conoscenza desiderata () a tutti i viventi recherà .
Porterà delle Scritture del Potente la fonte da cui è ad uscire la vita .

A portarsi sarà da custode e verrà () tutti su a recare .
Col corpo il Crocifisso li condurrà e verrà () con la rettitudine il vigore a versare in tutti .
Saranno i condotti portati alla vista del Risorto portatosi per primo che recò a tutti la vita .

In conclusione:

Tutta la Torah il Crocifisso porterà ad aprire e la conoscenza desiderata a tutti i viventi recherà.
Porterà delle Scritture del Potente la fonte da cui è ad uscire la vita.

Ciò è esplicitato nei Vangeli l'episodio dei discepoli di Emmaus (Luca 24,13-33) in cui Gesù apre a loro la Torah e le Scritture.
Lui Gesù poi è la fonte dell'acqua viva "Nell'ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù levatosi in piedi esclamò ad alta voce: Chi ha sete venga a me e beva chi crede in me; come dice la Scrittura: fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno". (Giovanni 7,37)
(Vedi: "Il cristianesimo di fronte ad una Bibbia segreta" e "Tensione dell'ebraismo ad una Bibbia segreta")

Ed ecco la gioia della visione dell'Agnello al capitolo 5 dell'Apocalisse di San Giovanni per la realizzata possibilità di aprire ciò che era sigillato, il testo delle Sacre Scritture!

"E vidi, nella mano destra di Colui che sedeva sul trono, un libro scritto sullato interno e su quello esterno, sigillato con sette sigilli. Vidi un angelo forte che proclamava a gran voce: Chi è degno di aprire il libro e scioglierne i sigilli? Ma nessuno né in cielo, né in terra, né sotto terra, era in grado di aprire il libro e di guardarlo. Io piangevo molto, perché non fu trovato nessuno degno di aprire il libro e di guardarlo. Uno degli anziani mi disse: Non piangere; ha vinto il leone della tribù di Giuda, il Germoglio di Davide, e aprirà il libro e i suoi sette sigilli." (Apocalisse 5,1-5)
Poi è evidente il riferimento alle visioni ed alla "mercabah" d'Ezechiele in quanto il testo cita i quattro esseri viventi che il cristianesimo ha collegato alle figure dei quattro evangelisti.
"Poi vidi, in mezzo al trono, circondato dai quattro esseri viventi e dagli anziani, un Agnello, in piedi, come immolato; aveva sette corna e sette occhi, i quali sono i sette spiriti di Dio mandati su tutta la terra. Giunse e prese il libro dalla destra di Colui che sedeva sul trono. E quando l'ebbe preso, i quattro esseri viventi e i ventiquattro anziani si prostrarono davanti all'Agnello, avendo ciascuno una cetra e coppe d'oro colme di profumi, che sono le preghiere dei santi, e cantavano un canto nuovo Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli perché sei stato immolato e hai riscattato per Dio, con il tuo sangue, uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione..." (Apocalisse 5,6-9)

EZECHIELE CAPITOLO 43 - DECRIPTAZIONE
Riporto il testo dell'ultima traduzione C.E.I..

Ritorno del Signore
Ezechiele 43,1 - Mi condusse allora verso la porta che guarda a oriente
Ezechiele 43,2 - ed ecco che la gloria del Dio d'Israele giungeva dalla via orientale e il suo rumore era come il rumore delle grandi acque e la terra risplendeva della sua gloria.
Ezechiele 43,3 - La visione che io vidi era simile a quella che avevo visto quando andai per distruggere la città e simile a quella che avevo visto presso il fiume Chebar. Io caddi con la faccia a terra.
Ezechiele 43,4 - La gloria del Signore entrò nel tempio per la porta che guarda a oriente.
Ezechiele 43,5 - Lo spirito mi prese e mi condusse nel cortile interno: ecco, la gloria del Signore riempiva il tempio.
Ezechiele 43,6 - Mentre quel l'uomo stava in piedi accanto a me, sentii che qualcuno entro il tempio mi parlava
Ezechiele 43,7 - e mi diceva: Figlio dell'uomo, questo è il luogo del mio trono e il luogo dove posano i miei piedi, dove io abiterò in mezzo ai figli d'Israele, per sempre. E la casa d'Israele, il popolo e i suoi re, non profaneranno più il mio santo nome con le loro prostituzioni e con i cadaveri dei loro re e con le loro stele,
Ezechiele 43,8 - collocando la loro soglia accanto alla mia soglia e i loro stipiti accanto ai miei stipiti, con un semplice muro fra me e loro; hanno profanato il mio santo nome con tutti gli abomini che hanno commesso, perciò li ho distrutti con ira.
Ezechiele 43,9 - Ma d'ora in poi essi allontaneranno da me le loro prostituzioni e i cadaveri dei loro re e io abiterò in mezzo a loro per sempre.
Ezechiele 43,10 - Tu, figlio dell'uomo, descrivi questo tempio alla casa d'Israele, perché arrossiscano delle loro iniquità; ne misurino la pianta
Ezechiele 43,11 - e, se si vergogneranno di quanto hanno fatto, manifesta loro la forma di questo tempio, la sua disposizione, le sue uscite, i suoi ingressi, tutti i suoi aspetti, tutti i suoi regolamenti, tutte le sue forme e tutte le sue leggi: mettili per iscritto davanti ai loro occhi, perché osservino tutte queste leggi e tutti questi regolamenti e li mettano in pratica.
Ezechiele 43,12 - Questa è la legge del tempio: alla sommità del monte, tutto il territorio che lo circonda è santissimo; ecco, questa è la legge del tempio.

L'altare
Ezechiele 43,13 - Queste sono le misure dell'altare in cubiti, ciascuno di un cubito e un palmo. La base era di un cubito di altezza per un cubito di larghezza: il suo bordo intorno era un palmo. Tale lo zoccolo dell'altare.
Ezechiele 43,14 - Dalla base che posava a terra fino alla piattaforma inferiore vi erano due cubiti di altezza e un cubito di larghezza: dalla piattaforma piccola alla piattaforma più grande vi erano quattro cubiti di altezza e un cubito di larghezza.
Ezechiele 43,15 - Il focolare era di quattro cubiti e sul focolare vi erano quattro corni.
Ezechiele 43,16 - Il focolare era dodici cubiti di lunghezza per dodici di larghezza, cioè quadrato.
Ezechiele 43,17 - La piattaforma superiore era un quadrato di quattordici cubiti di lunghezza per quattordici cubiti di larghezza, con un orlo intorno di mezzo cubito, e la base, intorno, di un cubito: i suoi gradini guardavano a oriente.

Consacrazione dell'altare
Ezechiele 43,18 - Egli mi disse: Figlio dell'uomo, così dice il Signore Dio: Queste sono le leggi dell'altare, quando verrà costruito per offrirvi sopra l'olocausto e aspergervi il sangue.
Ezechiele 43,19 - Ai sacerdoti leviti della stirpe di Sadoc, che si avvicineranno a me per servirmi, tu darai - oracolo del Signore Dio - un giovenco per il sacrificio per il peccato.
Ezechiele 43,20 - Prenderai di quel sangue e lo spanderai sui quattro corni dell'altare, sui quattro angoli della piattaforma e intorno all'orlo. Così lo purificherai e ne farai l'espiazione.
Ezechiele 43,21 - Prenderai poi il giovenco del sacrificio per il peccato e lo brucerai in un luogo appartato del tempio, fuori del santuario.
Ezechiele 43,22 - Il secondo giorno offrirai, per il peccato, un capro senza difetto e farai la purificazione dell'altare come hai fatto con il giovenco.
Ezechiele 43,23 - Terminato il rito della purificazione, offrirai un giovenco senza difetti e un montone del gregge senza difetti.
Ezechiele 43,24 - Tu li offrirai al Signore e i sacerdoti getteranno il sale su di loro, poi li offriranno in olocausto al Signore.
Ezechiele 43,25 - Per sette giorni sacrificherai per il peccato un capro al giorno e verrà offerto anche un giovenco e un montone del gregge senza difetti.
Ezechiele 43,26 - Per sette giorni si farà l'espiazione dell'altare e lo si purificherà e consacrerà.
Ezechiele 43,27 - Finiti questi giorni, dall'ottavo in poi, i sacerdoti immoleranno sopra l'altare i vostri olocausti, i vostri sacrifici di comunione e io vi sarò propizio. Oracolo del Signore Dio.

Ed ecco di seguito il risultato.

Ezechiele 43,1 - A portarsi fu nel cammino l'energia.
Fu da Dio ad uscire.
Bruciare si vedrà l'iniquo nei corpi.
Di una donna nel corpo del Verbo l'energia entrò.
Una via aprirà per l'oriente.

Ezechiele 43,2 - Reca nel mondo l'energia ad entrare della rettitudine.
In casa porterà sbarramento al maledetto.
Sarà in Israele in una casa il primogenito di una madre la strada per uscire da oriente e si porterà da fune per il Potente.
Recherà la rettitudine che a riversare porterà la potenza nei viventi, li cambierà dentro.
Saranno i viventi condotti fuori dalla terra.
Dal mondo all'Unico lancerà i viventi, spento l'essere impuro.

Ezechiele 43,3 - Portandosi la rettitudine, l'essere impuro che all'origine entrò, uscirà dai viventi dai corpi.
Ricomincerà ad entrare la felicità.
Nei corpi i guai finiti saranno.
La rettitudine per i viventi si vide uscire da una donna dal corpo.
Nel corpo del primogenito era.
Prescelta era stata la casa.
Dentro il primogenito era del Potente.
Un fuoco nascondeva che alla fine verrà in azione.
Lo lancerà e l'essere impuro che dall'origine reca l'oppressione dai viventi si vedrà uscire.
Beati si vedranno riessere tutti.
Sarà di Dio l'energia a rigenerarli.
A spegnere nei corpi porterà il maledetto il Verbo tra lamenti.

Ezechiele 43,4 - E la rettitudine dentro porterà d'aiuto il Signore.
Dentro un primo la divinità entrò ad abitare.
Sarà alla fine della via a bruciare il nemico.
Di quel primo risorgerà il corpo.
Di persona fu a portarsi da via per uscire verso oriente.

Ezechiele 43,5 - E completa la distruzione dell'angelo (ribelle) ci sarà.
Nei corpi ove si porta nascosto porterà la fine.
Dentro di "Io Sono" la divinità entrerà.
Dal chiuso lo straniero uscirà.
Nelle persone sarà la vita ad essere riportata.
Ecco che la pienezza della gloria del Signore ad entrare dentro sarà in tutti

Ezechiele 43,6 - Porterà quel primo la risurrezione in seno ai viventi.
Insinuerà nei corpi la divinità.
Saranno i viventi ad uscire dei Templi e negli uomini entrerà l'esistenza entrata nel Risorto, il primo, in cui scese il Potente a stare.

Ezechiele 43,7 - A portarsi fu in quel primo vivente nel corpo la divinità.
Fu il figlio dell'Unico nel sangue a venire tra i viventi.
Sorse la rettitudine in pienezza dell'Unico.
Fu a portarsi il primo integro.
A riversare porterà ai viventi la rettitudine (quando) il soffio porterà dalla croce.
Dal corpo a rivelarla sarà.
Da quel primo sorgere si vedrà la presenza alla luce con l'acqua da dentro del Crocifisso e la rettitudine del Figlio sarà ad accendere nei corpi con la divinità.
Del serpente il peccare con la potenza reciderà.
Di quel primo sarà dal cuore la vita delle origini a recare.
Il peccare sbarrato dentro sarà in tutti. Saranno risorti i corpi dalla divinità.
Si accenderà nei viventi la santità. Sarà ad uscire dai viventi la perversità.
Dai viventi il serpente con bruciature uscirà.
Nei viventi dentro la prostituzione si porterà a finire.
La vita si riporterà dentro i cadaveri.
Risaranno i viventi in cammino.
Saranno ad uscire vivi da dentro la morte i viventi.

Ezechiele 43,8 - Dentro tutti il Crocifisso i viventi riempiranno.
Nel Verbo a vivere verranno nel foro che furono a portargli i viventi (quando) colpendolo con un'asta lo ferirono in croce.
Le centinaia vi saliranno dove guizzò l'acqua.
Nella ferita si porteranno questi.
Nel Crocifisso si porteranno ad entrare.
A versarsi saranno nel corpo.
Dentro saranno ove l'energia fu a recare.
Da dentro l'opprimere saranno usciti.
I viventi si porteranno nel cuore da dove ai viventi quel primogenito portò a venire la risurrezione.
I viventi nel santuario saranno dentro tutti portati.
Si vedranno dentro condotti integri beati.
Si vedranno simili portati a quel primogenito.
Della prigione avrà recato la fine.
I viventi a casa dell'Unico col Verbo staranno.

Ezechiele 43,9 - Dal tempo usciranno stando in quel corpo racchiusi.
A versarli li porterà all'Unico tutti.
Questi, tra gli angeli li condurrà.
Tutti in vita riporterà i cadaveri.
Saranno nel Regno.
Saranno ad entrarvi da vivi per vivervi la vita degli angeli.
Saranno portati dalla Shekinah (alla presenza di Dio) che il Crocifisso è.
A casa tutti porterà retti i viventi per sempre.

Ezechiele 43,10 - Nell'Unico tutti entreranno dentro tra gli angeli gli uomini.
Rientreranno nella fortuna, verranno nel Tempio dove sono i risorti.
Con i corpi di Dio verranno nel Tempio e tutti i viventi saranno a portarsi in seno.
Vi abiteranno tutti quelli che erano nel mondo a vivere.
Li porterà vivi alle mammelle da cui portò a venire per tutti con la rettitudine l'energia che è (propria) del Crocifisso.

Ezechiele 43,11 - Porterà da fedele sposa i viventi e a vivere tutti da moglie compagna simile su porterà.
Dal corpo del Crocifisso uscirà, a casa sarà alla fine condotta, completamente retta per la portata energia del Crocifisso.
Ed i condotti che vivranno portati su, all'Unico saranno riportati e a vivere li porterà dentro l'Unico da cui furono (a nascere) portati.
E la sposa nella roccia (è come la roccia da cui Mosè fece sgorgare acqua) del Crocifisso portatasi, porterà alla originaria perfezione.
A nascondersi si riversò nel Crocifisso che forza le portò recandole la rettitudine che dal Potente scendeva e che dal corpo del Crocifisso di porta.
E tutta la Torah il Crocifisso porterà ad aprire e la conoscenza desiderata a tutti i viventi recherà.
Porterà delle Scritture del Potente la fonte da cui è ad uscire la vita.
A portarsi sarà da custode e verrà tutti su a recare.
Col corpo il Crocifisso li condurrà e verrà con la rettitudine il vigore a versare in tutti.
Saranno i condotti portati alla vista del Risorto portatosi per primo che recò a tutti la vita.

Ezechiele 43,12 - Da questi verrà il Crocifisso di cui portarono il corpo in croce nel mondo.
Da Tempio in alto vedranno il Risorto.
Entreranno rigenerati.
Tutti in alto avrà accompagnato.
Tornati saranno a casa.
Nei gironi dentro saranno ad abitare.
Nel Santissimo saranno stati i viventi del mondo, tra gli angeli entreranno questi.
Verranno tutti portati nel corpo del Crocifisso, entrandogli nel Tempio.

Ezechiele 43,13 - Ha portato la maledizione dai viventi per l'essere impuro con la croce ad uscire.
Un vivente dal sacrificio dentro per primo dalla morte ricominciò a vivere nel mondo.
In quel primo la vita rientrò.
Si riportò nel cuore il soffio.
Dalla tomba si riportò vivo, si riversò fuori.
Quel primo tra i viventi (fu) Lui che vivo riuscì col corpo dalla tomba ove dentro lo portarono.
Camminando a casa potente rientrò.
La divinità l'aveva risorto.
Il Verbo Crocifisso rientrò con i fori a casa ove stava ad abitare con le ferite sul corpo tutte aperte.
Un fratello la mano vi portò in queste.
Rientrò camminando a casa uscito vivo dal sacrificio.

Ezechiele 43,14 - Si riportò in un vivente la vita a riversarsi.
Rientrò in un primo corpo giù l'eternità uscita.
L'aiuto entrò nella tomba al Crocifisso.
A rinchiudersi nel Crocifisso si riportò l'energia, n'uscì risorto.
Il Crocifisso rifù in vita.
Il primo dalla morte che riportò il corpo dalla tomba a casa.
Quel primo vivo rientrò dai fratelli.
Il Crocifisso si portò dalla madre che uscisse ad aiutarlo nel mondo.
Entrato, riversò dal cuore l'energia, uscì l'eternità per il mondo d'aiuto.
Uscisse per il mondo in cammino, l'essere impuro del serpente uscirà, iniziasse le moltitudini ad ascoltare: Un primo dalla morte riportò il corpo dalla tomba, dentro il mondo un primo vivo ne riuscì!
(Variante della parte in grassetto: ...iniziasse le moltitudini ad ascoltare: l'Unigenito il Vivente porterà la Torah nascosta dentro al mondo, quel primo ai viventi l'aprirà!)

Ezechiele 43,15 - Portandosi nel mondo rigenererà di divinità del primogenito le moltitudini che sentiranno del primo dalla morte riportato in vita.
Per il mondo inizierà un corpo/popolo/Chiesa per il primogenito che sarà ad accompagnarla recando potenza alla madre.
S'innalzò dal mondo.
Uscita, riversò un corpo con gli apostoli portandosi ai confini, di quel primo le moltitudini sentirono.

Ezechiele 43,16 - Recò per il mondo la luce di quel primogenito che fu dal Potente risorto dalla Croce.
Furono dalla madre a sentire della risurrezione dei corpi nel mondo, originata nei corpi dalla rettitudine che dentro il risorto dalla croce era in seno.
Con la risurrezione dei corpi rigenerò nelle assemblee dentro le moltitudini che si portavano a sentirla.
La divinità del primogenito sulle moltitudini agiva.
Tutte nel corpo/popolo/Chiesa dentro al sentire erano a portarsi.

Ezechiele 43,17 - E nel mondo l'aiuto uscì dell'Unico per le moltitudini che sentito si vedevano del Risorto nel corpo/popolo/Chiesa entrare.
Iniziavano da fiacchi all'ingresso le moltitudini, sentito reagivano.
Illuminate nella mente, rigenerate nelle assemblee, dentro la divinità inizia nel corpo dentro.
Nel tempo le moltitudini dalle rovine della perversità in cammino dentro si portano.
Al Potente si convertono.
Sono dentro a desiderare del Crocifisso d'entrare nelle assemblee.
Giù è ad uscire per quel primogenito dai viventi la perversità.
Nelle assemblee obbedienti al Potente n'escono.
Inizia nei viventi a rientrare la pienezza a riabitare è dentro.
La parola degli apostoli li conduce al Crocifisso e nei viventi l'azione del serpente finisce con la perversità.
Versato l'aiuto è ai viventi.

Ezechiele 43,18 - A portarsi erano a dire che Dio era stato un figlio di Adamo, che la rettitudine entrò in un primo a vivere nel corpo che il Signore era.
IHWH, Dio, aperto, dal chiuso la versò, la recò dalla Croce.
Riuscì vivo dal sacrificio.
Da casa fu a recare la madre al mondo ad agire che simili al Crocifisso porta.
Il Potente dal mondo in alto portò il Crocifisso.
L'Altissimo sarà a portare il peccare del serpente ad uscire, porterà la potenza per lo straniero rovesciare.
Un'azione potente sarà a recare col suo sangue.

Ezechiele 43,19 - Portano gli apostoli il Crocifisso ai confini del mondo.
La divinità entra nel mondo con la rettitudine che esce dagli apostoli che sono la madre per il mondo ad accompagnare.
Sono i viventi del primo dei risorti nel corpo ad entrare nell'acqua (ove) nei viventi, colpito il male, scende l'essere impuro che si riversa fuori.
Si riversa nelle moltitudini che sono alle acque la divinità che c'è negli apostoli di quel primo.
Per la madre del Signore è la perversità del serpente per il Risorto nei corpi a finire.
Gli apostoli sono a parlare alle moltitudini.
L'energia dentro riversano nel corpo/popolo/Chiesa. La potenza del peccato ha termine.

Ezechiele 43,20 - E la potenza che riversa lo strappa via dai viventi per il sangue che ha recato e l'energia del Crocifisso in tutti entra agendo da rifiuto.
Dai quattro (angoli del mondo) versano un corpo gli apostoli ed al Crocifisso sono condotti e il maledetto che insidia si vede nelle persone portarsi finito per l'entrato aiuto di Lui dal Potente rientrato.
Dall'alto porta potenza per convertire.
È dentro a portarsi; (se) del peccato desiderano la fine si porta.

Ezechiele 43,21 - Ed il serpente si riversa strappato via fuori per il soffio nel corpo entrato.
Dal peccato si portano liberati per il soffio portato.
Dentro i viventi il Verbo riversa aiuto.
Rientrando dentro sono integri.
A racchiudere ha riportato giù il Potente nei viventi la santità.

Ezechiele 43,22 - E dentro è a portarsi nei viventi del mondo il rinnovamento.
Sono del Crocifisso a versarsi nel corpo/popolo/Chiesa.
Dentro la luce vedono, sono il male a colpire.
Risono a vivere da integri, è nei viventi il vigore che nei cuori venne portato.
Il peccato che portano dall'origine finisce.
Entra nei viventi dall'ucciso (in croce) la rettitudine.
La felicità si racchiude nei cuori.
Dell'Unico si porta dentro il soffio nel corpo/popolo/Chiesa.

Ezechiele 43,23 - Il pianto che il serpente ha recato con l'oppressione della vita per il peccato ha termine.
A riversarsi nel corpo/popolo/Chiesa è dentro il soffio (dello Spirito Santo).
Le moltitudini gli apostoli dentro riversano nel corpo del crocifisso.
Ai viventi è la vita riportata delle origini.
È dal Potente la vita angelica a rientrare; un gregge integro sono i viventi.

Ezechiele 43,24 - E nel mondo riversa nel corpo dentro il Crocifisso la parola.
Le persone sono al Signore portate, n'escono illuminate.
Il serpente è ad ardere per la rettitudine uscita dagli apostoli.
È nei viventi l'Altissimo a rientrare.
Nella vita dei viventi il vigore si riporta.
Nel mondo si sentono accompagnati dall'Unico.
Il Crocifisso, che vive innalzato dal Potente, la forza al mondo porta ad entrare.

Ezechiele 43,25 - Nel settimo alla fine dei giorni i morti risorgere si vedranno.
Rientrerà il Risorto in azione.
Sarà ai corpi nelle tombe nei cuori a rivenire la potenza.
In quel giorno si riporterà il Verbo con una moltitudine di angeli.
Un mattino si riporterà; quel primo sarà in potenza.
Dai viventi l'angelo (ribelle) uscirà.
Sceso, incontrerà la fine della vita.
Si scontrerà col Crocifisso.
Dalla vita, dai giorni dei viventi, lo spazzerà con la riurrezione che porterà.

Ezechiele 43,26 - In quel settimo alla fine dei giorni i viventi saranno per l'espiazione portata da quel primo in croce, uscito da sacrificio, portati puri e uniti al Crocifisso si porteranno.
Ed i viventi il rifiuto avranno portato all'esistenza dell'essere impuro.

Ezechiele 43,27 - E saranno tutti portati a venire fuori dai giorni a vivere condotti a "Colui che è" a casa nel giorno che uscirà ottavo.
Saranno portati dal mondo al Potente Unico.
Entrati saranno a vedere uno simile (a loro).
Usciranno retti dal mondo.
Saranno i viventi innalzati dal mondo.
Vivi questi dentro si chiuderanno in quel primogenito.
Tutti si vedranno portati dal Potente condotti dal Crocifisso.
Erano ad anelare che li portasse all'Unico.
Nella completa pace saranno così i viventi condotti con i corpi su.
All'Unico tutti saranno a venire.
Oracolo del Signore Dio.

UNA RIPROVA NEL LIBRO DI GIONA
Dopo tanti anni che procedo ad investigare nelle Sacre Scritture anche con lo strumento della decriptazione, mi sono reso conto che i risultati che ottengo con tale aiuto sono sempre meno impacciati e più limpidi e scorrevoli.
Vari anni fa presentai l'articolo "Il miracolo del Mare e il libro di Giona" nel quale presentai decriptato i 4 capitoli di quel libro.
Ora propongo di confrontare il risultato del capitolo 3 di Giona con quello di Ezechiele 23.
Perché?
Per due ragioni.
Il libro di Giona inizia così: "Fu rivolta a Giona figlio di Amittai questa parola del Signore..."
Allora?
"Amittai" è scritto così in ebraico: .
A me è venuto così spontaneo connetterlo ai pensieri che hanno mosso il paragrafo "Il primogenito dei morti" di questo articolo; infatti, si può leggere con i segni separati: = primo dai morti che rifù !
Questi per quanto mi riguarda è Gesù Cristo e di fatto tutta la decriptazione riguarda Lui.
Il terzo capitolo di Giona poi è ricordato di fatto da Gesù stesso nei Vangeli sinottici quando ricorda il segno di Giona che come ho detto in precedenza è da collegare al Kèrigma, perché alla "predicazione" di Giona i Niniviti, che non erano stinchi di santo, si convertirono come asserisce Gesù stesso.


Giona gettato al grande pesce
Catacombe dei Santi Marcellino e Pietro, Roma (IV secolo).

Giona, infatti, non rispose alla prima chiamata di Dio d'andare a predicare la conversione a Ninive, anzi fuggì per mare in direzione opposta, verso Tarsis località biblica che si raggiungeva per mare rimasta sconosciuta. (Vedi: "Da isole, navi di Tarsis e Tiro, il Messia")
Ecco che, come noto, Giona fu gettato in mare per la salvezza di tutti in quanto a bordo della nave su cui fuggiva dalla volontà di Dio ritennero che la tempesta che s'era scatenata si verificava per causa sua.
In mare fu inghiottito da un grosso pesce, che l'immaginario collettivo ha ritenuto essere la coreografica balena, che dopo tre giorni e tre notti lo vomitò all'asciutto.
Il testo di Giona annuncia la possibilità di salvezza per i pagani che precederanno Israele nella fede.
I marinai (Giona 1,4-16), si convertono al placarsi della tempesta e riconoscono il Dio di Giona e gli abitanti di Ninive, indicata da Naum (3) come città sanguinaria, simbolo dell'infamia del peccato umano sedimentato nelle grandi città, credono al Dio che predica Giona e fanno penitenza.
Nel libro di Giona, perciò, gli stranieri vi fanno una bella figura e l'unico che pare tetragono e restare nella propria mentalità, invidioso che Dio sia stato misericordioso, clemente, longanime, di grande amore e che si lasci impietosire riguardo al male minacciato nei riguardi degli stranieri, è proprio lo stesso profeta israelita Giona.

Nelle leggende ebraiche su Giona si trova che il grande pesce: "...correva il pericolo di essere mangiato dal Leviatano, ma Giona spaventò il mostro marino annunciandogli che nell'età del Messia egli, Giona, lo avrebbe catturato, e lo avrebbero mangiato durante il banchetto messianico... Da bambino Giona era stato risuscitato dalla morte dal profeta Elia e al termine della sua vita entrò vivo nel paradiso". (Dizionario di usi e leggende ebraiche di A. Unterman)
All'epoca della Vulgata alcuni Rabbini sostenevano che "Giona figlio di Amittai" fosse quel figlio della vedova di Sarepta risuscitato da Elia.
Il racconto in 1Re 17,19-24 è il seguente: "Elia le disse: Dammi tuo figlio. Glielo prese dal seno, lo portò al piano di sopra, dove abitava, e lo stese sul letto. Quindi invocò il Signore: Signore mio Dio, forse farai del male a questa vedova che mi ospita, tanto da farle morire il figlio? Si distese tre volte sul bambino e invocò il Signore: Signore Dio mio, l'anima del fanciullo torni nel suo corpo. Il Signore ascoltò il grido di Elia; l'anima del bambino tornò nel suo corpo e quegli riprese a vivere. Elia prese il bambino, lo portò al piano terreno e lo consegnò alla madre. Elia disse: Guarda! Tuo figlio vive. La donna disse a Elia: Ora so che tu sei uomo di Dio e che LA VERA parola del Signore è sulla tua bocca."
(Vedi: "Da Elia a Eliseo: il mio Dio è Iahwèh, il Signore Gesù")
Ora Amittai in ebraico vuol dire "è verità", quindi "figlio di Amittai" significa "figlio delle mie verità".
Essendo stato risorto da Elia il padre nella nuova condizione del risorto, era certo che il rinato lo fosse per verità posseduta da Elia; questo potrebbe essere il filo conduttore del pensiero rabbinico che porta a considerare Giona il figlio della vedova di Sarepta di Sidone.
Nella tradizione Elia è atteso ad annunciare il tempo della venuta del Messia e della risurrezione dei morti.

GIONA CAPITOLO 3 - DECRIPTAZIONE
Riporto integralmente la decriptazione del breve capitolo 3 del libro di Giona di 10 soli versetti che ottenni e riportai in "Il miracolo del Mare e il libro di Giona".

Giona 3,1 - A portarsi sarà nel mondo.
Sarà per aiutare dentro un corpo il Signore.
Dio sarà a recare l'energia nel mondo che a rinnovarlo sarà.
Finirà il serpente, origine dell'essere ribelle.

Giona 3,2 - Dall'alto in cammino Dio il figlio porterà nel mondo.
Ad entrare in azione sarà in un corpo.
Entrerà in cammino.
Per aiutare si porterà il Potente nel mondo.
Porterà il Verbo alla vista.
Dio sarà nel mondo a venire.
Entrerà a versarsi in un corpo.
Sarà da primogenito ad uscire da donna.
Nel corpo del primogenito l'energia della rettitudine ci sarà.
La mano che creò del Potente sarà in un vaso.

Giona 3,3 - Porterà obbedienti i viventi violenti.
Porterà la potenza della rettitudine di Dio il Figlio, e nel mondo dentro d'aiuto da cibo la porterà.
Della perversità l'energia che opprime porterà ad uscire.
Nel mondo sarà crocifisso fuori della Città (Gerusalemme).
La gloria uscirà del Potente.
Dio gli aprirà il mare.
Vivo riuscirà in cammino.
Nel terzo il Crocifisso nei giorni rivivrà.

Giona 3,4 - Portato fu alla tomba dai potenti.
Fu un'asta con energia ad entrargli nel cuore, ma del primogenito in azione rifù il corpo, la vita rientrò per la potenza della rettitudine.
Fu a riportarsi vivo dai fratelli, dalla porta si portò; erano uniti con la madre compagna.
Si portò ad aiutarli per quaranta giorni e il diletto Unigenito fu a portare la Madre che portasse figli e nel mondo con gli apostoli uscì con la parola retta del Crocifisso.

Giona 3,5 - A portarsi fu il primogenito dalla madre che stava con gli apostoli.
Si portò ad incontrarli da risorto.
Negli apostoli fu l'energia a portare ad entrare.
Dentro la divinità nel mondo fu la Madre a recare.
Obbediente un corpo per l'Unico portò.
Su (il primogenito) si portò dai viventi e rifù dal Potente a casa.
Il Risorto si riporterà con la risurrezione che a versarla sarà ai viventi.
Vivo nella gloria tra i viventi si riporterà.
Dell'eternità verserà dal cuore l'energia ai viventi.

Giona 3,6 - A portare furono in cammino a sentire nel mondo la parola di Dio.
Il Re agli apostoli la colomba (Spirito) portò.
Fu a versarla con l'acqua dalla piaga, dal foro che nel primogenito portarono con un'asta che fu in azione dentro vista da una mano al corpo in croce portare.
Dal seno la potenza fu a recare.
(Da dove) a recare fu la rettitudine dal foro la risurrezione a versare porterà.
Saranno nel settimo (giorno della creazione) potenti ad uscire dalla polvere.

Giona 3,7 - A portare sono questi (gli apostoli) in azione lo sperare; inizia tra i viventi un corpo di figli.
Li porta ad uscire la Madre dall'utero, con l'azione dell'acqua escono.
Con la parola retta portano nel cammino aiuto.
Al serpente sono a recare il rifiuto.
L'essere ribelle che entrò in Adamo portano ad uscire.
Il bestiale che entrò a versarsi nei corpi portano fuori con la sozzura dell'angelo maledetto.
Sono l'amore nei popoli a riportare.
La vita originaria si riporta nei viventi.
Rientra la divinità.
È dai corpi il peccare portato dai viventi nelle acque.
La vita di Dio è con la risurrezione del Crocifisso riportata.

Giona 3,8 - A portare fu il Crocifisso la rettitudine dal foro che gli portarono.
Il Risorto a versarla fu con l'acqua. Uscì dal primogenito col sangue.
Per portare fuori il bestiale la recò.
Sarà a rovesciare dai corpi chi all'origine recò la maledizione.
La divinità ad entrare fu nella Madre in casa nascosta.
Questa si versò fuori per riportare chi è stato in esilio portato.
Gli uomini la Madre dalla via porta fuori dal male.
Al mondo reca la vita degli angeli.
Esce la violenza.
Per il primogenito risorto una moltitudine retta con la parola è ad uscire dalla Madre.

Giona 3,9 - Che a vivere (il Crocifisso) rifù, fu a portare la conoscenza che il Risorto si riporterà.
Dentro reca il pentimento.
Rientrerà Dio al mondo, sarà ai viventi a portare la risurrezione.
Da dentro i viventi dalle tombe nei corpi porterà l'energia.
L'Unico il soffio porterà e la potenza ricomincerà ad inviare a chi venuto meno.

Giona 3,10 - Porta il timore nel mondo.
La divinità nel mondo è dalla Madre a venire.
Dal seno del Risorto era uscita per i viventi con la rettitudine.
Fu nello stare in esilio a recare ai viventi la via per vivere fuori dal male.
Della perversità sono a pentirsi.
Esce la maledizione; sono dal male operare ad uscire.
Un corpo/popolo si vede uscire per (quel) primogenito risorto.
Per la parola del Potente agisce simile al Crocefisso.
Il serpente esce dai viventi che gli portano un rifiuto nell'operare da illuminati nel mondo.

IL MIRACOLO DELL'ASCOLTO
Faccio notare come quanto se ne trae è congruente perfettamente col decriptato di Ezechiele 43.
Entrambi i risultati riportano, con parole diverse, la stessa epopea che poi è quella che si trova come pagina di secondo livello in tutta la Bibbia ebraica.
Tale epopea è quella del Messia che trova perfetta aderenza con le vicende di Gesù di Nazaret.
Il Nuovo Testamento dimostra l'avvenuta incarnazione della Torah e l'avvento della buona notizia del Kérigma: la morte è stata vinta da nostro Signore Gesù Cristo.
Il segno di Giona (Matteo 12,39; 14,4 e Luca 11,29) di cui Gesù parla è da ritenere essere proprio il kérygma che annuncerà al mondo nel corso dei secoli che la morte è stata vinta e che il Vivente ha lasciato vuota la tomba.
La predicazione della sua risurrezione, il vero e unico Kérigma, fa entrare nella fede, porta al battesimo, alla morte con Lui, quindi alla rinascita per una vita nuova, la vita del Cristo che è garanzia di risurrezione in cui è rivelato e si fa esperienza personale del mistero di Cristo.

Dice San Paolo: "Pertanto, sia io che loro, così predichiamo e così avete creduto. Ora, se si predica che Cristo è risuscitato dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non esiste risurrezione dei morti? Se non esiste risurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato! Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione Khrugma ed è vana anche la vostra fede. Noi, poi, risultiamo falsi testimoni di Dio, perché contro Dio abbiamo testimoniato che egli ha risuscitato Cristo, mentre non lo ha risuscitato, se è vero che i morti non risorgono. Se infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto; ma se Cristo non è risorto, è vana la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati. E anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti. Se poi noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto in questa vita, siamo da compiangere più di tutti gli uomini. Ora, invece, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti. Poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo." (1Corinzi 15,11-22)

Come il primo Kérigma che fu accompagnato dal miracolo della comprensione in tutte le lingue, i primi Kérigma di Cristo, morto e risorto per amore dell'uomo, sono preceduti da miracoli fisici come si può verificare nei libri del Nuovo Testamento.
La fede viene dall'ascolto, l'orecchio è la via attraverso cui può insinuarsi lo Spirito Santo nell'uomo, come fece con Maria vergine all'annuncio dell'angelo e lei ad opera appunto dello Spirito Santo restò incinta e nacque Gesù, l'uomo nuovo.
È certo che chi ascolta veramente e accoglie in sé la parola dell'annuncio è già un miracolato, perché solo la grazia di Dio può consentire all'uomo incapsulato nel proprio io, di accogliere quella buona notizia.
Il kerigma è l'annuncio della buona notizia attesa da ogni uomo, religioso o ateo, di un evento, la vittoria su tutte le forme di morte esistenziali, fisiche, intellettuali e spirituali, capace di far cambiare in positivo l'impostazione della vita personale di ciascun componente dell'umanità e così della stessa umanità tutta intera.
Tale notizia è carica di una potenza dinamica.
È proprio un big bang da cui ha origine un nuovo mondo, la comunità cristiana.

Il kérigma in definitiva è una finestra aperta sulla totalità del Vangelo.
È una spinta propulsiva per approfondire, cercare, impegnarsi a conoscere il Signore sorto, i Vangeli e le Sacre Scritture, i perché e i per come della Sua redenzione, secondo le Scritture stesse.
Ciò richiede e comporta un profondo e totale coinvolgimento personale che presenta tanti aspetti tutti importanti: continua vicinanza con la Sacra Scrittura, preghiera, annuncio, liturgia, vita di comunione di servizio.

a.contipuorger@gmail.com

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