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DECRIPTAZIONE BIBBIA...

 
IL VESTITO DI DIO

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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DIO SI PRESENTA A GIOBBE
Per quanto è dato di conoscere, nei tempi storici il culto di un essere soprannaturale unico spuntò come un fiore nel deserto circa XXXV secoli fa in Egitto sotto il faraone Amenofi IV che cambiò il nome in Achenaton e fu considerato poi eretico dai suoi connazionali.
Il sole era la rappresentazione di questo dio.
Molto più antica, però, secondo gli Ebrei, fu la rivelazione del Dio Unico ai loro patriarchi ed in particolare ad Abramo, il padre della fede delle religioni dette "abramitiche": ebraismo, cristianesimo ed islamismo.
Questo Dio è, appunto, l'unico creatore del cielo e della terra e della realtà tutta che è in essi, ma è sovrannaturale, s'interessa del suo creato e delle sue creature, è buono e santo.
Per la scienza la realtà fisica è oggettiva, però, solo in quanto misurabile.
Non tutto così riesce ad essere sotto controllo della scienza stessa e ne consegue che gran parte è ancora non noto, pur se continua la scoperta grazie alla ricerca scientifica per l'apporto di nuovi mezzi tecnologici e per aggiustamenti delle teorie sulla costituzione delle interazioni energia materia. Per ciascun individuo invece la realtà fisica è quanto riesce a cogliere con i propri organi sensoriali, più o meno imperfetti, filtrato dal combinato dello strumento personale d'elaborazione nonché dalle idee e dai sentimenti che gli si sono andati a formare in relazione a precedenti esperienze vissute nell'interpretazione dei fenomeni.
Gli esseri umani cercano di conoscere, perché la conoscenza è capace in qualche modo di rassicurarli.
Quando, infatti, si riesce a catalogare i fenomeni questi, perdendo un poco del mistero, divengono trattabili in quanto si può almeno cercare se e come affrontarli e quando fuggire.
Così accade anche per i caratteri degli uomini, infatti, appena si presenta un estraneo si cerca di captare la prima caratteristica essenziale che si presenta, vale a dire l'aspetto, la cura della sua persona, il suo vestire, i colori dei suoi abiti, il suo portamento, poi se si conosce se stessi si può già arguire qualcosa dell'estraneo.
Da millenni però ogni uomo s'è interrogato sul perché della realtà che lo circonda, ma mentre è riuscito a comunicare con i propri simili e in modo molto più limitato con alcuni animali e piante fino a comprendere alcuni aspetti per servirsene, non è riuscito a sintetizzare la complessa fisionomia di ciò che gli si presenta con l'universo visibile.
È questo infinitamente esteso, bello e complesso, irraggiungibile, affascinante, dalle mille situazioni, una fantastica realtà, pacifica, tranquilla e spesso terribile con fenomeni naturali che si presentano con manifestazioni mirabili e temibili, che incutono tutti i possibili sentimenti, dalla malinconia alla meraviglia, dalla paura alla gioia, alla contemplazione, solo per dirne alcuni.
Per i primitivi tutto era manifestazione di una realtà ignota.
La prima forma di religione fu perciò l'animismo, ossia il credere in innumerevoli spiriti, ma presto si consolidò l'idea dell'esistenza di dèi che presiedessero a classi di fenomeni e di sentimenti, fino a che apparve o fu suggerita l'idea di un Essere Unico creatore del cielo e della terra e di tutti gli esseri viventi.

A questo punto è opportuno parlare di Giobbe.
Perché, e chi è Giobbe?
(Vedi: "Un testo in "geroglifici" ebraici; il Libro di Giobbe")
Il libro omonimo inserito nella Bibbia informa che Giobbe al suo tempo fu l'uomo più giusto sulla terra.
Premiato, poi, su istigazione di satana, ma col permesso di Dio, fu duramente provato e perse figli, servi e beni in un giorno, indi fu colpito da una malattia della pelle con dolori e pustole brulicanti di vermi.
C'è un dialogo con tre suoi amici: Elifaz il Temanita, Bildad il Suchita e Zofar il Naamatita ove Giobbe si ritiene giusto.
Gli amici, invece, lo ritengono peccatore e come tale, secondo, la sapienza tradizionale, giustamente punito.
Elifaz anziano, parla con severità, Zofar giovane è più impulsivo e Bildad è moderato, ma tutti convengono che se Giobbe soffre è perché ha peccato e che agli occhi di Dio, pur se si ritiene giusto, non lo è.

Giobbe addirittura dichiara: "Ero rivestito di giustizia come di un abito; come mantello e turbante era la mia equità." (Giobbe 29,14)
Ma si può uno rivestire da solo di queste doti divine?
Sono abiti che solo Dio può donare.
Nel caso specifico per mantello è impiegato il termine "ma'il" usato dagli ebrei per "il Manto" col quale si avvolge il rotolo della Torah, vale a dire quanto più di sacro possa esserci per loro sulla terra.
Più Giobbe protesta innocenza, più s'irrigidiscono.

Interviene un nuovo personaggio, Eliù, che prova a fare l'avvocato di Dio, ma è interrotto da IHWH in persona che parla direttamente con Giobbe.
A Giobbe, infatti, non restava che appellarsi a Dio per chiedere conto di quel comportamento per lui razionalmente ingiustificabile.
Il Signore però non rivela le ragioni specifiche della sofferenza e non gli permise di sindacare le Sue decisioni, ma bastò la sua presenza a soddisfare Giobbe.
Dio, di fatto, non dette spiegazioni, ma indicò che pur se la gloria di Dio riempie l'universo è presente anche negli aspetti ritenuti più umili della creazione.
Giobbe è così invitato all'umiltà di fronte a un tema che supera la capacità di comprensione dell'uomo.
Giobbe ha una rivelazione intima che lo fa crescere nella conoscenza, poi è reintegrato in una vita piena.
Nel colloquio faccia a faccia Dio a Giobbe fa presente la magnificenza della creazione e nello sfidare Giobbe, se riesce a fare altrettanto, tra l'altro, dice:

"Cingiti i fianchi come un prode:
io t'interrogherò e tu mi istruirai!
Oseresti tu cancellare il mio giudizio,
dare a me il torto per avere tu la ragione?
Hai tu un braccio come quello di Dio
e puoi tuonare con voce pari alla sua?
Su, ornati pure di maestà e di grandezza,
rivèstiti di splendore e di gloria!
" (Giobbe 40,7-10)

Giobbe per quella malattia della pelle stava praticamente nudo a grattarsi con un coccio, come risulta da: "Giobbe prese un coccio per grattarsi e stava seduto in mezzo alla cenere." (Giobbe 2,8)
Era in penitenza come il Re di Ninive nel racconto del profeta Giona, ma Giobbe non capiva il motivo della punizione che stava subendo.
Era così, quindi, all'estremo opposto dall'essere vestito "di splendore e di gloria".
Dio, perciò, gli sta dicendo guarda lo splendore del mio vestito mentre tu non hai potere nemmeno sulla tua pelle, come pensi di contendere e pensare di capire la sapienza del mio operato.
A questo punto ricorriamo alle lettere ebraiche del versetto Giobbe 40,10 per vedere se ci danno qualche spunto.

"Su, ornati pure
di maestà
e di grandezza
rivèstiti
di splendore
e di gloria!
"

"Ornati", "rivestiti", sono imperativi chiari con riferimento al modo di vestirsi, quindi agli indumenti. BR> Il radicale è relativo al verbo "ornare, essere magnifico, essere onorato" da cui "hadar" ornamento, decoro, maestà, splendore e magnificenza.
Da tale radicale viene "'adar" "magnifico" il mese di "Adar", il nostro marzo che porta la primavera, e "'oeder" magnificenza, quindi "'addoeroet" per mantello, nel senso che da dignità, ma anche magnificenza, gloria, ornamento.
Nel libro del profeta Ezechiele vi è un versetto che sostiene quanto vado asserendo che il mantello dà o esalta la magnificenza, perché questa è il suo significato (lì è vocalizzata come "'addaroet"):

"In un campo fertile, lungo il corso di grandi acque,
essa era piantata, per metter rami e dar frutto
e diventare una vite magnifica ." (Ezechiele 17,8)

Questa vite magnifica ci porta a Gesù Cristo che dice nel Vangelo di Giovanni: "Io sono la vera vite... Io sono la vite, voi i tralci..." (Giovanni 15,1-5)
Tirando le somme di tutto ciò, poiché in quel colloquio nel dramma "Giobbe" Dio si propone "ornato" della creazione, accade che di fatto, guardando alle meraviglie del creato, vediamo solo il modo come Dio ci si vuole presentare e ci vuole incuriosire per entrare in contatto con Lui.
Dal punto della visione allegorica antropomorfica quanto vediamo, il creato e le sue manifestazione sono perciò come il mantello di Dio e i suoi decori. Del resto anche il mantello "ma'il" ci fornisce un significato simile:

il mantello = con la vita si vede l'essenza del Potente .

Cioè la vita sulla terra ci manifesta il Creatore.
È poi da ricordare che Dio creò tutto con la parola e le lettere del mantello "simalah" paiono ricordarcelo "la luce con la parola () uscì ".
Questi versetti ci aiutano a concludere:

  • "Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui." (Colossesi 1,16)
  • "Chi è salito al cielo e ne è sceso?"
    "Chi ha raccolto il vento nel suo pugno?
    Chi ha racchiuso le acque nel suo mantello ?
    Chi ha fissato tutti i confini della terra?
    Come si chiama? Qual è il nome di suo figlio, se lo sai?" (Proverbi 30,4)
I cristiani sanno che il nome di Suo Figlio è Gesù di Nazaret.
In definitiva l'universo non è Dio, perché Dio è sovrannaturale, ma è il suo vestito, il suo mantello.
Attaccati al mantello di Suo Figlio verremo trascinati in cielo, perché Dio prende sotto il suo mantello e ridona dignità con tenerezza ed amore all'uomo anche se ha peccato contro di Lui com'è allude col segno di rivestire Adamo ed Eva dopo la caduta (Genesi 3,21).
"Li vestì, non solo fece loro dei comodi indumenti, ma Lui stesso li rivestì per dimostrare che li amava ancora malgrado il peccato." (Rabbenu Bekhayé)
La donna mangiò il frutto, lo diede anche all'uomo e subito dopo il testo commenta: "Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture." (Genesi 3,7)
Si è interpretato che prima erano nudi e non se ne davano problema.
Proviamo invece a pensare che prima erano rivestiti di un vestito speciale di un abito di luce che veniva da Dio.
Questa interpretazione l'ho esplicitata nel mio articolo "Il vestito d'Adamo".
La decriptazione di quel versetto Genesi 3,7 portò a questo pensiero:
"Si portò a finire il soffio che riversava la grazia, n'uscì la sorgente, ad invecchiare furono. Uscì la vita, portata era stata a bloccare nell'esistenza l'energia che portava la rettitudine spazzata. Fu un verme nella vita ad entrare nei viventi che porta nell'esistenza alla fine il soffio che li saziava dall'alto. La perversità fu ad agire, dal mantello uscirono. Nelle midolla uno straniero li segnò."

Da Dio veniva un mantello che ricopriva l'uomo; quello era il vestito di Adamo!
In definitiva li copriva la frangia del mantello di Dio!
Li copriva cioè "la luce che portava il Potente ".
Prima erano rivestiti dalla luce "'or" che Dio aveva creato il primo giorno, ma erano ora piombati nel potere potenziale delle tenebre.
Il racconto del Genesi propone un rimedio da parte di Dio: "Il Signore Dio fece all'uomo e alla donna tuniche di pelli e li vestì." (Genesi 3,21)
In luogo dell'abito di luce fece loro un abito di pelli .
Sottile gioco di lettere che ha segnato la vita dell'uomo:
  • luce, "dall'Unico Portare nella mente ";
  • pelle, "al peccare () con i corpi ."
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