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PACIFICARSI CON LA PROPRIA STORIA
di Alessandro Conti Puorger

LE DUE TAVOLE DELLA TESTIMONIANZA
L'uomo si trova in questo mondo non per propria volontà.
Ciascun uomo poi ha una storia diversa da ogni altro proprio simile ed è immerso in una realtà precostituita, sia fisica per i geni che gli sono stati forniti, sia familiare, sia sociale, sia storica e per altri eventuali fatti su cui non ha potuto avere alcuna influenza.
Aldilà delle esperienze personali tali condizioni esterne influiscono certamente sull'idea che l'individuo riesce a farsi sull'esistenza o meno di Dio, creatore del cielo, della terra e della storia.
Non indifferenti, poi, sono le conseguenze nelle proprie scelte di vita della conclusione personale a cui perviene su tale fondamentale tema.
L'uomo, infatti, può essere definito un essere religioso.
Disse San Paolo agli Ateniesi parlando del Dio ignoto: "...creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra. Per essi ha stabilito l'ordine dei tempi e i confini del loro spazio, perché cercassero Dio, se mai arrivino a trovarlo andando come a tentoni, benché non sia lontano da ciascuno di noi. In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo." (Atti 17,26-28).

Le scelte che può fare l'uomo di fatto sono appunto in varia misura condizionate dalla famiglia, dalla società, dall'educazione e dalle esperienze, insomma da fatti che in qualche modo non sono tutti sotto il proprio controllo e che incidono sulla fermezza della stessa propria fede che poi, aldilà di tali condizionamenti e premesse, comporta la presa di coscienza dell'amore e dell'intervento di Dio stesso nella propria vita.
Ciascuno in definitiva è un caso speciale.
Chi non crede d'essere al mondo per effetto della casualità s'attende che solo la giustizia divina potrà giudicare sull'esito dell'operato del singolo, in quanto solo un essere di sapienza infinita potrà considerargli e valorizzargli quanto quelle condizioni che ha goduto o subito possano costituire attenuati del comportamento e giustifichino i risultati.
Ecco che tutti sono uguali per la legge divina che appunto terrà conto delle peculiarità di ciascuno garantendo l'equità soppesando tutte le situazioni.

Ciò premesso, per entrare nel discorso pratico di ciò che è la volontà di Dio per l'uomo e ciò che questi deve considerare importante, non posso che riferirmi ai comandamenti riconosciuti fondamentali nel mondo giudeo - cristiano in cui ci troviamo radicati.

Dice, infatti, il libro del Siracide:

"Rifletti sui precetti del Signore,
medita sempre sui suoi comandamenti;
egli renderà saldo il tuo cuore,
e il tuo desiderio di sapienza sarà soddisfatto." (Siracide 6,37)

Per chi appartiene al popolo cristiano, poi, la legge che è espressa nelle Sacre Scritture s'è fatta carne misericordiosa in Gesù Cristo che l'ha portata a compimento ed insegnata con le parole e con la propria vita, dando anche la forza per farla propria col dono della Sapienza attraverso lo Spirito Santo.
Questi comandamenti sono come picchetti di confine, che hanno un'enunciazione uguale per tutti pur se ciascuno parte e percorre la via della propria vita con handicap diversi.
Tutti comunque sono chiamati a percorrere il proprio tracciato entro le tracce di quei limiti, oltre i quali vi sono burroni ed abissi mortali.

Com'è noto sul Sinai, dopo il peccato del vitello d'oro, Mosè ruppe le prime due Tavole della Testimonianza.
Impetrato e poi ottenuto il perdono di Dio per il popolo, ricevette l'ordine di tagliare altre due tavole a testimonianza del patto, simili alle prime su cui Dio stesso scrisse le parole.
Tale fatto è raccontato:
  • in Esodo 34 - dopo che le parole del patto su quelle tavole erano state già enunciate in Esodo 20.
  • in Deuteronomio 10 - dopo che le parole di quel patto erano state riportate in Deuteronomio 5.
Dal combinato di tali eventi sotto l'aspetto temporale, essendo chiaramente il libro del Deuteronomio, appunto "Seconda Legge" come vuol dire il nome, successivo a quello dell'Esodo, l'interpretazione tradizionale è che il testo del patto scritto su pietra di Deuteronomio 5 sia la seconda versione.
Con ciò si tendono a spiegare alcune varianti rispetto alla stesura delle tavole di Esodo 20 che è considerata essere la prima.
In Deuteronomio 5 vi sono, infatti, parole in più, oppure delle omissioni.
Alcune norme poi sono presentate con parole diverse rispetto a quelle del decalogo di Esodo 20.
In "Ritorno al Sinai", nel paragrafo "Pensieri vari collegati alle Tavole"; ho evidenziato tra l'altro che il commentario Bàal Haturim mette in evidenza che in ebraico la seconda versione dei Dieci Comandamenti di Deuteronomio 5,6-22 per quelle varianti aggiunte e diminuzioni è più lunga di quella dell'Esodo 20 per un complessivo di 17 lettere originarie.
Questo numero 17 corrisponde alla somma del valore numerico delle lettere della parola "Tob" "bontà", "felicità"; ( = 2) + ( = 6) + ( = 9) = 17.
Accade poi che il concetto d'essere felici, che sottende appunto il valore gimatrico pari a 17, si trova proprio aggiunto circa a metà del decalogo nella seconda versione e per tale motivo nel testo del decalogo appare l'unica lettera "tet" del patto che non esiste in Esodo 20.
Questa lettera rappresenta il cuore, l'amore, l'utero di misericordia del Signore che ha concesso le seconde Tavole, con le quali ha stabilito di sposare, comunque, la propria innamorata, il popolo d'Israele, pur se s'era prostituita con gli idoli.
Tale aggiunta è inserita nel comandamento "Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà il Signore, tuo Dio" di Esodo 20,12 che così risulta integrato di una promessa di felicità e nel testo di tale comandamento riportato in Deuteronomio 5,16 vi appare nel seguente modo: "Onora tuo padre e tua madre, come il Signore, tuo Dio, ti ha comandato, perché si prolunghino i tuoi giorni e tu sia felice nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà."
Questo comandamento per tale aggiunta è messo come in risalto e và particolarmente considerato.
Diviene questo così come il bandolo della matassa che permette di comprendere lo spirito e lo scopo dei comandamenti, perché la finalità di questi in definitiva, della felicità dell'uomo, che purtroppo mal sopporta i divieti.
Al riguardo, c'è stato chi ha commentato che se quella promessa di una vita felice fosse stata inclusa nella prima versione delle tavole, col venire queste rotte da parte di Mosè in occasione dell'episodio del peccato di idolatria del vitello d'oro, poteva pensarsi che per sempre fosse anche svanita la promessa al popolo di Israele di una vita felice.
Dio, invece, bontà sua, con quella promessa che ha voluto inserire scrivendola a Mosè nella durevole seconda versione delle Tavole, valida ormai in eterno per entrambi - Dio e popolo - ha rivelato tutto il suo cuore tenero per la sposa che ama d'amore infinito.
Il comandamento di onorare il padre e la madre, oltre che insegnare all'uomo come comportarsi nella propria vita familiare, è anche una legge che guida nel cammino spirituale.
Dalla Qabbalah o tradizione questa è chiamata la legge "del padre e madre", in ebraico "'Abba ve 'Ima".
Per una guida spirituale completa, efficiente ed efficace occorrono per il figlio, infatti, sia le qualità maschili, del padre, quelle cioè che implicano timore, rispetto, decisione, determinazione, forza spirituale e giustizia, nonché quelle femminili della madre come dolcezza, tenerezza, pazienza e misericordia, che destano confidenza, ma tutte mirate all'obiettivo unico dell'amore.

La tradizione poi ritiene che 5 dei 10 comandamenti scritti da Dio fossero sulla prima tavola e 5 sulla seconda.
Sulla prima vi sarebbero stati i comandamenti che riguardano Dio e sulla seconda quelli che riguardano il prossimo: "Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede." (1Giovanni 4,20)
Dall'ebraismo, poi, il comandamento di "Onorare il padre e la madre" è considerato inserito nella prima tavola, il 5° dei primi 5.
Accade così che i genitori si trovano in posizione intermedia tra Dio e il prossimo e poi spiegheremo il perché.


Tra le due tavole i sapienti d'Israele hanno scorto le seguenti corrispondenze tra i 5 comandamenti delle due tavole, secondo come vi sarebbero scritti per la tradizione ebraica, vale a dire il 1° con il 6°, il 2° con il 7°, il 3° con l'8° e così via, secondo la numerazione che danno a loro gli ebrei:
  • il 1°: "Io sono il Signore Dio tuo" con il 6°: "Non ucciderai", infatti, chi uccide è come se sopprimesse l'idea di Dio che ha fatto l'uomo a propria immagine e somiglianza;
  • il 2°: "Non avrai altri dèi" con il 7°: "Non commetterai adulterio", in quanto chi presta culto a divinità pagane è come se commettesse adulterio nei confronti del Creatore che ci ha sposati;
  • il 3°: "Non pronuncerai invano il nome del Signore" con l'8°: "Non ruberai", perché chi froda per difendersi è disposto anche a giurare il falso;
  • il 4°: "Ricordati del giorno del sabato" con il 9°: "Non pronuncerai falsa testimonianza", perché è come testimoniare che il Signore non è il creatore, in quanto "Voi siete i miei testimoni" (Isaia 43, 10);
  • il 5°: "Onora tuo padre e tua madre" con il 10°: "Non desidererai", perché il desiderio dei beni fa trascurare l'affetto e l'amore anche più importante, quello verso i propri genitori e tanto più verso il prossimo.
    Su tale ultimo però è da considerare altro come vedremo in seguito.
Come si può verificare, sulla prima tavola c'erano tutti comandi in positivo e sulla seconda quelli in negativo, vale a dire solo divieti comportamentali nei riguardi del prossimo, cioè quelli che in ebraico sono tutti preceduti da "l'o" , ossia da un "non".
Il "no" quindi diviene prerogativa del demonio.

ONORA TUO PADRE E TUA MADRE
Essendo il comandamento del rispetto dovuto per i genitori la cerniera tra le questioni tra Dio e il prossimo ho voluto approfondirlo.
D'altronde, della vita che abbiamo ricevuto loro, i genitori, sono l'anello che ci collega direttamente a Dio.
Il primo passo dell'accettazione riconoscente del dono della vita al Creatore, quindi, non può non iniziare che con il continuo ringraziamento e amore verso i genitori che hanno appunto avuto la funzione di iniziarci al rapporto ordinato con noi stessi, con Dio e con il prossimo.
L'amore e la gratitudine nei riguardi dei genitori è la premessa, infatti, per un buon rapporto con Dio stesso.
Dio, infatti, è il nostro primo genitore, padre e madre nello stesso tempo.
Nel Talmud - Kiddushin 30b - è scritto al riguardo: "Tre sono i soci nella creazione di un essere umano: Dio, il padre e la madre. Hashem considera colui che onora i suoi genitori come se onorasse Lui stesso.".
Il comandamento nei riguardi dei genitori dovrebbe così comportare un rispetto e modi simili a quello voluti per Dio come:
  • accettarne l'autorità,
  • non giurare falsamente nel loro nome,
  • servirli senza egoismo od interesse,
  • accettarne i precetti tramandati dagli avi il che, essendo garanzia che il patto sarà osservato anche dalle generazioni successive, non potrà altro che essere apportatore di felicità.
Esaminando il testo di Deuteronomio 5,16, "Onora tuo padre e tua madre, come il Signore, tuo Dio, ti ha comandato, perché si prolunghino i tuoi giornimn e tu sia felice nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà", mi pare che la prima importante considerazione su questo comandamento è come inizia, quel "Kabbed" , ossia "Onora", infatti, è da tenere conto che, con altra vocalizzazione, quelle tre lettere ebraiche indicano anche "kobed" "peso" e "kabod" "gloria".

Occorre quindi "dare il giusto peso ai genitori" e tale peso è sottolineato nel patto stesso col fatto che questo è il primo dei comandamenti che viene dopo quelli strettamente riguardanti Dio, e come quelli è tra i "positivi", mentre tutti gli altri che riguardano il prossimo esprimono divieti.
È poi da "dare al padre ed alla madre gloria" e ringraziamento, perché in definitiva non sono stati egoisti ed hanno permesso, forse anche senza esserne coscienti fino in fondo, di collaborare con Dio per la nostra nascita e l'essere così introdotti in una storia che non avrà fine con la morte fisica, ma che seguirà le sorti che Dio ha pensato per noi.
Il comandamento poi in aggiunta e a chiarimento del comportamento da tenere, dice "come il Signore, tuo Dio, ti ha comandato", che è molto di più del solo sentimento.
Il Talmud, Ha'amek Davar, sostiene che i genitori, infatti, non debbono essere onorati per sentimento, perché i sentimenti sono fragili e mutevoli, ma perché è proprio un comandamento di Dio che ne esige il rispetto.
Dice, infatti, al riguardo Levitico 19,3 "Ognuno di voi rispetti sua madre e suo padre; osservate i miei sabati. Io sono il Signore, vostro Dio".
Lì il rispetto è uguale a timore, come il timor di Dio, tanto che questo versetto l'associa al rispetto della normativa tutta del Sabato, cioè al concetto di sacralità, al giorno del Signore.
Conferma il libro del Siracide: "Chi teme il Signore rispetta il padre e serve come padroni i genitori. Onora tuo padre a fatti e a parole, perché scenda su di te la sua benedizione." (Siracide 3,7)

È veramente estremamente grave se si pecca contro questo comandamento, gravità simile a quella di chi maledice Dio.
La Torah segnala i peccati gravi col ricordare che sono suscettibili di pena di morte, sicuramente spirituale e potenzialmente anche fisica e parla di pena di morte per l'omicidia (Esodo 21,12), per il rapimento (Esodo 21,16), per la bestialità (Esodo 22,19), per l'adulterio (Levitico 20,10), per l'omosessualità (Levitico 20,13), per chi è un falso profeta (Deuteronomio 13,5), per la prostituzione, per lo stupro (Deuteronomio 22,4).
Come per i bestemmiatori contro Dio sono passibili di morte: "Chi bestemmia il nome del Signore dovrà essere messo a morte: tutta la comunità lo dovrà lapidare. Straniero o nativo del paese, se ha bestemmiato il nome del Signore, sarà messo a morte" (Levitico 24,16), dalla Torah la stessa pena è fissata anche nei riguardi di chi maledice il padre o la madre, "Colui che percuote suo padre o sua madre sarà messo a morte... Colui che maledice suo padre o sua madre sia messo a morte." (Esodo 21,17)
Il maledire o maltrattare il padre o la madre comporta di essere maledetti, con le relative conseguenze, infatti:
  • Deuteronomio 27,16 - "Maledetto chi maltratta il padre e la madre! Tutto il popolo dirà: Amen."
  • Proverbi 20,20 - "Chi maledice il padre e la madre vedrà spegnersi la sua lucerna nel cuore delle tenebre."
E chi fu il primo ad essere maledetto?
Fu il serpente, figura del cattivo e del male, infatti: "Allora il Signore Dio disse al serpente: Poiché tu hai fatto questo, sii tu maledetto..." (Genesi 3,14)
Il libro di Tobia poi associa al comandamento dell'onorare i genitori anche l'onore ai suoceri: "Poi abbracciò Sara sua figlia e disse: Onora tuo suocero e tua suocera, poiché da questo momento essi sono i tuoi genitori, come coloro che ti hanno dato la vita. Và in pace, figlia, e possa sentire buone notizie a tuo riguardo, finché sarò in vita". (Tobia 10,12)

L'onorare, in ebraico abbiamo visto porta al pensiero della gloria, quindi è da dare gloria ai genitori comportandosi in maniera confacente atta ad evitare ogni diminuzione del loro onore e con particolare sensibilità facendo si che no si possano riflettere per causa propria critiche nei loro riguardi.
La gloria poi porta a considerare la gloria del Signore ed a tutte le sue manifestazioni, quindi alla risurrezione che si presenterà come dono anticipato, nella forma di fede preziosa ed efficace già durante la vita a chi assolve con fedeltà quel comando unitamente alla promessa è che si prolungheranno i giorni e felicità, concetti entrambi che fanno intravedere vita eterna e beatitudine.

Riprendo il testo Deuteronomio 5,16 e lo riporto con affianco le lettere ebraiche relative onde procedere ad una "scrutatio" per decriptazione secondo regole e significati delle lettere di cui al metodo di "Parlano le lettere":

"Onora tuo padre e tua madre,
come il Signore, tuo Dio, ti ha comandato,
perché si prolunghino i tuoi giorni
e tu sia felice nel paese
che il Signore, tuo Dio, ti dà."

Riporto il testo decriptato con la dimostrazione:
"Alla gloria verranno () del Padre . Sarà la rettitudine a venire () portata dall'Unigenito dalla piaga (). Per la rettitudine dell'Unigenito risorgeranno i corpi , su si riporteranno . Retti saranno dal mondo portati fuori . Dal maledetto () ad uscire saranno dalla vergogna i miseri (). Un fiume sarà di rettitudine inviata nei giorni per ardere () il serpente in seno () tra i lamenti . Gli saranno nel cuore , a casa del Potente retti l'innalzerà (), uscirà l'umanità dal mondo felice col Signore . In Dio entreranno essendo retti che avrà donato loro la potenza rettitudine ."

Per comodità di lettura riporto tutto di seguito senza i segni ebraici.

"Alla gloria verranno del Padre. Sarà la rettitudine a venire portata dall'Unigenito dalla piaga. Per la rettitudine dell'Unigenito risorgeranno i corpi, su si riporteranno. Retti saranno dal mondo portati fuori. Dal maledetto ad uscire saranno dalla vergogna i miseri. Un fiume sarà di rettitudine inviata nei giorni per ardere il serpente in seno tra i lamenti. Gli saranno nel cuore, a casa del Potente retti l'innalzerà, uscirà l'umanità dal mondo felice col Signore. In Dio entreranno essendo retti che donato loro la potenza della rettitudine."

È sorprendente, sembra proprio che il comandamento dell'onore dovuto ai genitori nasconda un segreto!
Siamo stati introdotti in questo mondo dai genitori che hanno in definitiva aiutato Dio consentendo la nostra entrata nella vita.
Cosa manca però per far parte della famiglia di Dio?
L'onore cioè la rettitudine sola !
La Sua sostanza, appunto, che definisco rettitudine, quella natura venuta dal soffio del suo Spirito che l'istinto animalesco, venuto tramite i genitori ed il mondo, ha tentato di cancellare.
Dio stesso ci ridarà "l'onore" , ossia come dice il senso del decriptato, con la rettitudine dentro aiuterà e ci fa passare dall'uomo animale all'uomo nuovo a immagine e somiglianza con Dio.
Verrà reintegrato l'onore originario che abbiamo perduto.
Ciò che ci è mancante verrà reintegrato dal Signore.
Aiuterà gli handicappati, cioè tutti noi, miseri di questo mondo.

I COMANDAMENTI DEL DESIDERARE
Prendendo lo spunto da quel parallelo tra le 5 parole della prima tavola e le 5 della seconda, viene spontaneo il portarmi ad esaminare i comandamenti del desiderare.
Prima di far ciò è necessaria una premessa.

Percorsa la traiettoria della propria vita, l'uomo anche se ha potuto avere tante attività ed esperienze, essersi imposto obiettivi ed impegni per la società, per la scienza, per l'umanità, per un'idea, per la propria famiglia, si rende conto che ha cercato di essere riconosciuto.
Ha però udite tante opinioni e teorie ed è scettico ed incredulo, tanto più quanto è più evoluta la civiltà cui appartiene e quanto più l'individuo vi s'è integrato.
Spesso i più grandi ideali messi alla prova per i più "fortunati" lasciano per residui una carriera, il denaro, piaceri momentanei, che altri possono ritenere successo e potere, ma se in un momento di verità il soggetto tira le somme non può concludere altro che "tutto è vanità" come dice il libro del Qoelet.
Cioè molti obiettivi che s'era posto sono utili, ma nessuno è veramente essenziale, e se poi esce dall'inganno dei lacci vede che è un essere fondamentalmente solo, anche se trova conveniente vivere in società.
Sa poi che ci sono momenti in cui nessuno lo può aiutare, che l'altro, fosse anche la persona più cara, non potrà capire fino in fondo.
Solo comunque se ne deve andare a nulla può portare via.
Non è certo di molto aiuto e soddisfazione il pensiero di Cicerone che "la vita dei morti sta nel ricordo dei vivi".
Un bel giorno, a tre - quattro anni, l'uomo ha cominciato a prendere coscienza d'essere se stesso, separato dagli altri, ingabbiato per una vicenda in un corpo, come a bordo di un veicolo di cui ha compreso d'avere soltanto certi comandi, ma ha preso atto che molte leve non sono in proprio potere.
S'è però convinto che pur nella propria relatività e con quelle limitazioni è un individuo irripetibile ed in sé porta una domanda di fondo: chi sono?
Mentre ero intento a questi ragionamenti e nel contempo cercavo nella Bibbia temi sul desiderare mi sono trovato a confrontarmi col seguente versetto del Cantico dei Cantici nella versione italiana del 2008 della C.E.I. in cui parla "l'amato": "Non lo so, ma il mio desiderio mi ha posto sui carri di Ammi-nadìb." (Cantico 6,12)
Controllando l'ebraico sul Testo Maseoretico ho preso atto che lì è tradotto con il termine "desiderio" l'ebraico "noefoesh" .
Seguendo tale traccia ho costatato che altre volte il termine ebraico "noefoesh" è tradotto come desiderio come ad esempio nella traduzione C.E.I. del 1971 di 1Samuele 2,35: "Dio disse a Eli Dopo, farò sorgere al mio servizio un sacerdote fedele che agirà secondo il mio cuore e il mio desiderio (noefoesh). Io gli darò una casa stabile e camminerà alla mia presenza, come mio consacrato per sempre."
Si è così accesa una lampadina, è vero, l'uomo ha in sé, secondo il racconto della Genesi, un alito "nishmat" di vita soffiato da Dio ed è un respiro "noefoesh" , infatti: "Allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente." (Genesi 2,7)
Il "noefoesh" in ebraico è un respiro, un alito, un'anima, un animo, un anelito, insomma l'uomo è un desiderio vivente.
Che cosa è l'uomo se non un guscio d'esistenza, una tenda d'argilla, che crede di avere in sé un bagliore dell'Essere assoluto ed ha il desiderio di esistere, di essere amato e compreso.
È appunto "un desiderio vivente" ed ha un gran bisogno di stabilità e di sicurezze.
Il desiderio è la parte spirituale dell'uomo, la sua forza, tutto il resto è solo materia, così l'uomo ha in sé il desiderio di Dio, ma non vedendolo, perché è lasciato libero, sovente rivolge il proprio anelito alle cose del mondo, così ché ha in sé due istinti e si deve orientare e scegliere.
Per Dio il desiderio di un uomo che perpetra l'intento di cercare d'essere giusto è già un gran passo avanti rispetto al peccatore che non si pente, ed ogni giusto, se è tale, è perciò in un continuo cammino di conversione.
Certo è un errore se si scambia il desiderio sessuale per amore.
L'amore vero sponsale alla lunga supera anche il sentimento e tende ad uno stato dell'essere che aspira ad un divenire "eterno".
Se i due provano ad essere discepoli di Cristo, amandosi tra loro come Lui desidera, il matrimonio è allora un cammino di perfezione e di servizio che coinvolge figli, parenti e chiunque vede quella meraviglia, se attuata.
Ecco che il patto in Cristo dell'unione uomo - donna, supera la sola sfera sessuale e sentimentale del maschio - femmina.
Diviene, così, la piattaforma di che porta ad una creatura nuova.
Ecco che è grave in un tale piano cambiare obbiettivo e desiderare la donna di un altro.

Il desiderio è ciò che muove tutti.
I livelli dei desideri sono però diversi:
  • animale, materiale e sessuale;
  • sociale, l'onore, il potere, il prestigio, il controllo sugli alti;
  • razionale, col desiderio di saggezza e di sapienza;
  • religioso, di Dio e ricerca della sua volontà.
Questi vari livelli di desideri si ritrovano in ciascun uomo, ma mescolati in misura diversa.
Tornando al filone principale del tema, definisco comandamenti del desiderare il nono e il decimo, secondo il modo di raggruppare usato dalla Chiesa Cattolica di quelli di cui è detto nella Torah scritti sulle tavole di pietra che il Signore dette a Mosè sul Sinai che nell'ebraismo corrispondono, unificati, al decimo posto, perché nello stesso versetto.
Il capitolo 20 del libro dell'Esodo e il capitolo 5 del libro del Deuteronomio riportano, infatti, quelli che sono stati definiti sinteticamente i 10 Comandamenti, detti anche nell'ebraismo le 10 "Parole".
Dalla traduzione in italiano della C.E.I. del 2008 riporto il testo delle ultime disposizioni di entrambi quei testi, quelle che appunto definisco del "desiderare":
  • Esodo 20,17 - "Non desidererai la casa del tuo prossimo.
    Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo né la sua schiava, né il suo bue né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo".
  • Deuteronomio 5,21 - "Non desidererai la moglie del tuo prossimo.
    Non bramerai la casa del tuo prossimo, né il suo campo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo".
Emerge subito che:
  • il comando più antico, quello dell'Esodo, mette al primo posto la casa e poi la moglie assieme alle cose del prossimo, mentre il Deuteronomio, nel comando separa la persona della moglie dalle cose del prossimo.
  • i due testi usano verbi diversi, infatti, in Esodo è usato indifferentemente un "non desiderare" il "lo tachemod" per la donna e per le cose, mentre il Deuteronomio usa il solo per la donna, mentre per le cose impiega il "lo titavoeu" onde la C.E.I. lo segnala non traducendo nel secondo caso "non desidererai", bensì "non bramerai".
Da tale distinguo che fa il Deuteronomio è da acquisire l'insegnamento fondamentale: non ridurre mai una persona da soggetto a oggetto.
Quei due verbi del decalogo in Deuteronomio saranno poi ripresi dal versetto Genesi 3,6 quando Eva resta tentata: "Allora la donna vide che l'albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch'egli ne mangiò."

È così da distinguere la concupiscenza carnale "Non desiderare la donna d'altri" dalla concupiscenza dei beni.
La 1a lettera di San Giovanni, proprio dal combinato della Genesi 3,6 e di Deuteronomio 5,21, distingue così tra "concupiscenza della carne e concupiscenza degli occhi". (1Giovanni 2,16).
Segnalo, inoltre, che le traduzioni nei testi ebraici di tali verbi non riportano "non desidererai" e "non bramerai", ma al presente con "non desiderare".

È poi da ricordare che entrambi i testi - Esodo 20 e Deuteronomio 5 - prima delle disposizioni sul "desiderare", rispettivamente ai versetti 14 e 18, riportano il comando "Non commettere adulterio", corrispondente al divieto 2°: "Non avrai altri dèi" e l'esprime in ebraico con "lo tinaf" .

In effetti, il radicale riguarda proprio il "commettere adulterio, adulterare" e si trova sia come verbo, sia come participi maschili e femminili in Levitico 20,10 ove è stabilita la pena di morte per i trasgressori: "Se uno commette adulterio con la moglie del suo prossimo, l'adultero e l'adultera dovranno esser messi a morte."

Mi sono chiesto come quelle lettere possano spiegare tale termine ed ho pensato a considerare spezzato in due parti - .
Le due lettere "'af" indicano in ebraico il concetto di ira, "uno che soffia, che sbuffa ", mentre il biletterale porta a "n'aah" che significa sia "essere bello" che "pascolo".
A questo punto, unendo questi concetti si può desumere una spiegazione sensata su chi è l'adultero: è uno o una che provoca "ira", perché "ha pascolato" con la "bella o con il bello" di un altro.
Questo comandamento sostiene il divieto di avere rapporti intimi con una donna o con un uomo sposato in conformità a "Non darai il tuo giaciglio alla moglie del tuo prossimo, rendendoti impuro con lei." (Levitico 18,20)
Ciò porta ragionevolmente a ritenere che il comandamento del non desiderare la donna del prossimo, tenuto conto che già prima esiste quello di non essere adultero, riguardi in effetti una qualche attività che precede l'atto dell'adulterio finale indipendentemente dalla riuscita, ossia i tentativi per arrivare all'adulterio completo con la donna del prossimo.
Tale considerazione è in linea con quanto ha detto Gesù nel discorso della montagna: "Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore." (Matteo 5,27s)
Il testo latino in luogo di "per desiderarla" scrive "ad concupiscendum eam" che fa comprendere la finalità di quello sguardo.

Accade però che nelle Sacre Scritture non esistono solo i peccati elencati nelle 10 parole.
Si pensi infatti a tutte le trasgressioni sessuali contemplate ad esempio dal Libro del Levitico contemporaneo all'Esodo, come in 18,22-25: "Non avrai con maschio relazioni come si hanno con donna: è abominio. Non ti abbrutirai con alcuna bestia per contaminarti con essa... Non vi contaminate con nessuna di tali nefandezze..."
Nel Nuovo Testamento, poi, tra i peccati che escludono dal Regno di Dio, quindi mortali, oltre agli adultèri ("adulteri" "moichoi") figurano anche la "fornicazione" ("fornicatori" "pornoi") e la "masturbazione", detta "impurità" o "impudicizia".
Il catechismo cattolico, quindi, estrapolando altri comandi dalla Bibbia, ha incluso poi nel Catechismo in tale comandamento, originariamente relativo al "non essere adulteri", anche:
  • la fornicazione, che è l'unione carnale fra uomo e donna non sposati (da "fornix", "sotterraneo a volta, sede di prostitute e di bordelli");
  • gli atti impuri, vale a dire atti comunque attinenti col sesso o tendenti a questo fuori dal matrimonio compresi quelli compiuti da soli o con altro o altra dello stesso sesso.
All'interno dello stesso matrimonio un coniuge poi cade in grave errore quando desidera l'altro solo per soddisfare la propria libidine non rispettando i tempi e la volontà dell'altro.

Ci si può poi domandare perché il comandamento del desiderare pare coinvolgere solo l'uomo?
Mentre si può sostenere che il comando di non essere adultero è indeterminato nel genere, ossia può riguardare le persone d'entrambi i sessi, cioè è eguale per maschi e femmine, quello del desiderare invece nella propria enunciazione, relativo al fare atti per arrivare all'adulterio, pare riguardare esclusivamente la parte maschile.
Ciò si può spiegare non solo col maschilismo accentuato del tempo, ma con la legislazione nell'ebraismo che difende il matrimonio e la legalità della discendenza in cui la parte maschile ha la prerogativa di poter dare l'atto di ripudio e la legalità alla discendenza stessa.
Per la donna la parità nel comportamento del desiderare comunque è implicito per altri comandi:
  • "Amerai il tuo prossimo come te stesso." (Levitico 19,18)
  • "Non fare a nessuno ciò che non piace a te." (Tobia 4,15)
  • "Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge ed i Profeti. " (Matteo 7,12)
Vediamo ora di analizzare meglio il "non desiderare" espresso con "lo tachemod" dal radicale .
Desiderare, invaghirsi e trovare piacere sono i verbi italiani con cui è tradotto in genere il radicale ebraico di .
Da tale radicale derivano "choemoed" per amenità, bellezza, e vaghezza, "choemeddah" per desiderio, delizia e amenità e "chamedot" per cose desiderabili, preziose, oggetti di desiderio.
Le lettere di da sole, proprio con i loro significati grafici (Vedi: "Parlano le lettere") propongono: "Stringere la vita con le mani ".

Tenuto poi conto che = "cham" è calore, quelle lettere ben fanno allora allusione al desiderio di possedere anche sessuale perché si possono anche leggere "aver calore per la porta " e la porta della vita è un'allusione a da dove si nasce.

È significativo il fatto che nel libro della Genesi si trova usato in 2,9: "Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, tra cui l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male." e nel già segnalato 3,6: "Allora la donna vide che l'albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch'egli ne mangiò."

Si trova anche nel Cantico dei Cantici 2.3: "Come un melo tra gli alberi del bosco, così l'amato mio tra i giovani. Alla sua ombra desiderata mi siedo, è dolce il suo frutto al mio palato."

In definitiva i testi della Sacra Scrittura lo collegano all'albero del giardino dell'Eden del lecito e del proibito, nonché agli atti d'amore e all'erotismo.
Il comandamento perciò chiede di vincere la concupiscenza carnale già nei pensieri ovviamente non nel senso di non farseli venire, il che è impossibile all'uomo, ma senza soffermarcisi con volontà.
Com'è peccato prendere la moglie di un altro, egualmente è peccato il desiderio di prenderla.
Dice il libro dei Proverbi che certo è comunque è "un sentiero di vita le correzioni della disciplina, per preservarti dalla donna altrui, dalle lusinghe di una straniera. Non desiderare in cuor tuo la sua bellezza; non lasciarti adescare dai suoi sguardi..." (Proverbi 6,24s)

L'esperienza dell'uomo insegna che dallo sguardo e facile passare al desiderio, questo si annida e porta alla concupiscenza vale a dire di rapporti sessuali, indi muove alla seduzione, all'accordo e infine all'atto nello stesso modo che accadde a David con Betzabea.

"Un tardo pomeriggio Davide, alzatosi dal letto, si mise a passeggiare sulla terrazza della reggia. Dalla terrazza vide una donna che faceva il bagno: la donna era molto bella d'aspetto. Davide mandò a informarsi sulla donna. Gli fu detto: È Betsabea, figlia di Eliàm, moglie di Uria l'Ittita. Allora Davide mandò messaggeri a prenderla. Ella andò da lui ed egli giacque con lei, che si era appena purificata dalla sua impurità. Poi ella tornò a casa. La donna concepì e mandò ad annunciare a Davide: Sono incinta." (2Samuele 11,25) e poi Davide si spinse tanto avanti che fece in modo che il marito le venisse ucciso in battaglia.
Dice al riguardo la lettera di Giacomo: "Ciascuno piuttosto è tentato dalle proprie passioni, che lo attraggono e lo seducono; poi le passioni concepiscono e generano il peccato, e il peccato, una volta commesso, produce la morte." (Giacomo 1,14s)
In definiva un semplice e fugace desiderio di per sé non è peccato, e va considerato una semplice tentazione, ma il peccato subentra quando il desiderio è assecondato e perseguito.

È al riguardo ben noto il pensiero di San Paolo:
  • Romani 8,5 - "Quelli infatti che vivono secondo la carne, pensano alle cose della carne; quelli invece che vivono secondo lo Spirito, alle cose dello Spirito. Ma i desideri della carne portano alla morte, mentre i desideri dello Spirito portano alla vita e alla pace. Infatti i desideri della carne sono in rivolta contro Dio, perché non si sottomettono alla sua legge e neanche lo potrebbero. Quelli che vivono secondo la carne non possono piacere a Dio.
  • Galati 5,17 - "...la carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste."
Vediamo ora di analizzare quanto la C.E.I. ha tradotto con "non bramare" in Deuteronomio 5,21, espresso con "lo titavoeu" .
Il radicale ebraico d'appartenenza è da cui desiderio "'avvah" ed "o" volere.

Le lettere, infatti, ci dicono che "il soggetto si porta fuori ", cioè ha qualche problema, anzi c'è di più "uno (il soggetto) col bastone esce " ed esprime un'esigenza imperiosa, quindi "volere".
Il comando in definitiva è non volere quello che appartiene ad un altro e non intraprendere atti o addirittura non soffermarsi sul pensiero di ottenerlo.

Anche in questo caso nell'elenco dei comandamenti c'è un comandamento precedente che fissa il "non ruberai", Esodo 20,15 e Deuteronomio 5,19, che nei testi ebraici è "lo tigenob" ed è tradotto "non rubare".
Il radicale ebraico è appunto relativo a rubare, ingannare ed essere rapito.
Dice, infatti, il libro dell'Esodo: "Colui che rapisce un uomo e lo vende, se lo si trova ancora in mano a lui, sarà messo a morte." (Esodo 21,16)

Con le lettere c'è l'idea di scappare dopo aver svuotato .
Insegnamento da trarre è "non essere invidioso".

Per il bramare le cose del prossimo, in parallelo al non desiderare la donna, Gesù avrebbe ben potuto dire: "Avete inteso che fu detto: Non rubare; ma io vi dico: chiunque guarda le cose del prossimo per bramarle, ha già commesso furto nel suo cuore".

Per far comprendere com'è pericoloso il permanere nel bramare le cose degli altri è esemplificativo il caso raccontato da 1Re 21 di Acab, re d'Israele, che ambiva possedere la vigna di un certo Nabot, tanto che istigato dalla moglie Gezabele acconsentì che con falsi testimoni Nabot venisse condannato a morte.
L'ebraismo con Rashi sostiene in Sanehedrin 86a che quel rubare del comandamento sulle Tavole della Legge è relativo al caso specifico del rapimento di persona, mentre il rubare "semplice" è contemplato in Levitico 19,11: "Non ruberete né userete inganno o menzogna gli uni a danno degli altri."

È così chiaro che è importantissimo il comandamento che regola il desiderare dell'uomo, che abbiamo visto non è altro che un desiderio vivente.
Si tratta di eliminare da quel desiderare ciò che è stato inserito "dal mondo" tentatore.

Riprendo il versetto Deuteronomio 5,21 che corrisponde al versetto 5,18 nel Testo Masoretico (ebraico), per verificare con lo strumento della decriptazione cosa il testo suggerisca.

Riporto a tal fine quel versetto con accanto le lettere ebraiche:

"Non desidererai la moglie del tuo prossimo.
Non bramerai la casa del tuo prossimo,
né il suo campo, né il suo schiavo,
né la sua schiava,
né il suo bue, né il suo asino,
né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo".

Riporto poi il testo che ho decriptato con la dimostrazione:

"Li porterà al Potente . Verranno () dalle tombe i viventi volando () col Risorto . Tutti nel corpo si vedranno retti portarsi per il rifiuto completo in tutti del desiderare che dentro stava . Finito il male dalla rettitudine , il demonio fuori si porterà e si vedrà dentro l'essere impuro () che si portò all'origine nell'uomo condotto nel fuoco . E i con corpi i riportatisi si porteranno a chiudersi vivi nel corpo (del Risorto) e condurrà la sposa () felice dal Potente , una compagna () retta ."

Per comodità di lettura lo riporto tutto di seguito senza i segni ebraici.

"Li porterà al Potente. Verranno dalle tombe i viventi volando col Risorto. Tutti nel corpo si vedranno retti portarsi per il rifiuto completo in tutti del desiderare che dentro stava. Finito il male dalla rettitudine, il demonio fuori si porterà e si vedrà dentro l'essere impuro che si portò all'origine nell'uomo condotto nel fuoco. E con i corpi i riportatisi si porteranno a chiudersi vivi nel corpo (del Risorto) e condurrà la sposa felice dal Potente, una compagna retta."

Ecco che il succo di tutto ciò pare proprio essere l'accogliere con gioia la propria storia, sia le condizioni d'ingresso nella vita, quindi i propri genitori e la propria famiglia d'origine, col rispetto del comandamento di onorarli, sia quello che viene dopo, moglie, casa e cose senza invidiare o cercare di sottrarre alcunché di quanto è del prossimo, in primo luogo la moglie, rispettando il comandamento del non desiderare.

In finale di questo paragrafo riporto alcune citazioni sulla vacuità del desiderio dei malvagi:
  • Salmo 112,10c - "il desiderio degli empi fallisce".
  • Salmo 140,9 - "Signore, non soddisfare i desideri degli empi, non favorire le loro trame."
  • Proverbi 10,24 - "Al malvagio sopraggiunge il male che teme, il desiderio dei giusti invece è soddisfatto."
  • Proverbi 21,10 - "L'anima del malvagio desidera far il male e ai suoi occhi il prossimo non trova pietà."
Sinteticamente la propria storia di fatto è la propria croce.
L'insegnamento che è dato con questi comandamenti è: "non scendere dalla croce".

Gesù, nel Vangelo di Matteo, dice proprio questo:

"Allora Gesù disse ai suoi discepoli: Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà." (Matteo 16,24s)

In genere si è come paralizzati dalla propria storia e si subisce come il paralitico subisce il lettuccio su cui è costretto a stare, ma Gesù con autorità dice "Alzati e cammina", ma portando con se la propria croce, infatti questo è quanto propone nel dire: "Alzati e cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati: io ti dico - esclamò rivolto al paralitico - alzati, prendi il tuo lettuccio e và a casa tua". (Luca 5,23s; Marco 2.10s)

IL DESIDERIO DI DIO
Dio può tutto, è l'Onnipotente.
Nel creare l'uomo, però, volendogli fare il dono della libertà di scelta, giocoforza Dio si è come limitato.
Ecco che mentre "Tutto ciò che vuole il Signore, egli lo compie in cielo e sulla terra, nei mari e in tutti gli abissi." (Salmo 135,6) nei riguardi dell'uomo, proprio per i margini di libertà che gli ha voluto lasciare, il volere di Dio diviene desiderio che l'uomo faccia la giusta scelta.
Certamente Dio parteggia con l'uomo e lo colma, se li accetta, dei doni della sua grazia, onde il proprio desiderare diventi realtà.
Questi doni si sintetizzano nel desiderio spirituale che è stato insufflato nell'uomo dalle origini e che è rinnovato continuamente a chi l'accoglie per iniziare un cammino di pellegrinaggio verso di Lui.
L'intimo legame con Dio può però essere rifiutato dall'uomo per motivi diversi.
Cause del rifiuto possono essere lo scandalo della presenza del male nel mondo, le preoccupazioni del mondo e delle ricchezze, il cattivo esempio dei credenti, l'ignoranza o l'indifferenza religiosa o le correnti di pensiero contro la religione a cui s'aggiunge la tendenza del peccatore a nascondersi ed a fuggire alla chiamata di Dio.

Dice il Catechismo della Chiesa Cattolica:

27 - "Il desiderio di Dio è inscritto nel cuore dell'uomo, perché l'uomo è stato creato da Dio e per Dio; e Dio non cessa di attirare a sé l'uomo e soltanto in Dio l'uomo troverà la verità e la felicità che cerca senza posa: "La ragione più alta della dignità dell'uomo consiste nella sua vocazione alla comunione con Dio. Fin dal suo nascere l'uomo è invitato al dialogo con Dio: non esiste, infatti, se non perché, creato per amore da Dio, da lui sempre per amore è conservato, né vive pienamente secondo verità se non lo riconosce liberamente e non si affida al suo Creatore." (Concilio Vaticano II, Cost. past. "Gaudium et spes")

Questo pensiero mosse Benedetto XVI ad indire l'Anno della Fede e nell'udienza generale del 7-11-2012 ebbe a ricordare dello "esodo permanente dall'io chiuso in se stesso verso la sua liberazione nel dono di sé, e proprio così verso il ritrovamento di sé, anzi verso la scoperta di Dio" di cui aveva detto nell'Enciclica "Deus caritas est".

Dice Dio attraverso il profeta Isaia:

"I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie. Oracolo del Signore. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri. Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia, così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata." (Isaia 55,8-11)

Per quel "desidero" è stato usato il radicale , diverso dagli altri desiderare che abbiamo visto in ebraico ed è più un compiacersi e un volere, tra l'altro "nasconde una volontà di salvare e di liberare ()", perché si può scrivere () + e è il radicale di salvare e liberare.
Il desiderio di Dio è perciò verso uno specifico argomento: il salvare l'uomo.
Li salverà : innocenti l'innalzerà !

Dalla Sacra Scrittura si alza verso Dio un grido dei miseri e dei poveri che chiedono salvezza, infatti:
  • Salmo 10,38s - "Tu accogli, Signore, il desiderio dei miseri, rafforzi i loro cuori, porgi l'orecchio per far giustizia all'orfano e all'oppresso; e non incuta più terrore l'uomo fatto di terra."
  • Salmo 145,19 - "Appaga il desiderio (si compiace) di quelli che lo temono, ascolta il loro grido e li salva."
Il primo canto del servo dello stesso profeta Isaia inizia proprio col pensiero di un servo, quindi di un uomo a Lui consacrato, il Messia, in cui Dio si compiace e dice: "Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio ("noefoesh" ). Ho posto il mio spirito ("ruach" ) su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni." (Isaia 42,1)

In Lui, quindi pone intera la propria divinità.
In quel "mi compiaccio" il Testo Masoretico scrive appunto "nofoesh" cioè Dio pone in un uomo, il Servo, il proprio animo, il proprio anelito, il proprio desiderio, il proprio respiro, assieme al proprio Spirito "ruach".
Il desiderio di Dio di un uomo perfetto e il desiderio di salvare e liberare si sono così fatti carne con la "Parola" stessa in Gesù di Nazaret.

In Lui, la Parola vivente, il disegno dell'uomo perfetto si compie proprio per salvare ed a Lui che si possono riferire le parole di questo Salmo:

"Allora ho detto: Ecco, io vengo.
Sul rotolo del libro di me è scritto,
che io faccia il tuo volere.
Mio Dio, questo io desidero :
la tua legge è nel profondo del mio cuore". (Salmo 40,8s)

I Vangeli segnalano che è proprio Gesù di Nazaret l'atteso.
La voce che viene dal cielo, quella del Padre, sia al battesimo che alla trasfigurazione, lo conferma:
  • battesimo "Ed ecco una voce dal cielo che disse: "Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto". (Matteo 3,17; Marco 1,11; Luca 3,22)
  • trasfigurazione "Egli stava ancora parlando quando una nuvola luminosa li avvolse con la sua ombra. Ed ecco una voce che diceva: Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo" (Matteo 17,5; Luca 9,35)
Tale fatto è confermato anche dalla 2a Lettera di Pietro 1,17s: "Egli ricevette infatti onore e gloria da Dio Padre quando dalla maestosa gloria gli fu rivolta questa voce: Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Questa voce noi l'abbiamo udita scendere dal cielo mentre eravamo con lui sul santo monte."
(In "Apocalisse:Colui che è, che era e che viene..." c'è decriptato Isaia 55 e in "Visione su Abele, il pastore gradito al Signore" c'è la decriptazione di Isaia 42,1-9)

Il desiderio di Dio, donare la divinità per innalzare alla propria dignità l'uomo, si manifesta concretamente con l'elezione dell'uomo Gesù che rivela la segreta volontà divina nel momento della sua passione, atto che apre il tempo della salvezza per l'umanità intera.
All'inizio della passione, infatti, è posto l'episodio detto dell'ultima cena con i Dodici in cui fu istituita l'eucaristia.
In tale occasione trapela proprio il "desiderio" di Dio.

Le prime parole di Gesù in quel momento lo rivelano chiaramente: "Quando fu l'ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui, e disse: Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione..." (Luca 22,14s)

In tale occasione Gesù istituì il sacramento dell'eucaristia: "Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo: "Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell'alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati." (Matteo 26,27s)

La storia profetica, quella attesa del Cristo, l'epopea del Messia che apre l'attuazione del desiderio di Dio dopo il fallimento per il "no" di Adamo, è il filo rosso conduttore di tutte le Sacre Scritture compiutesi in Cristo Gesù.
L'intera mia ormai ampia ricerca in questo mio Sito è intesa a verificare come questa storia profetica, attuata nei Vangeli, occupa integralmente quei testi anche in forma "criptata", cioè con una scrittura segreta che usa anche le lettere ebraiche come icone di azioni e non solo come lettere per scrivere fonemi, come ho ampiamente chiarito con vari articoli che richiamo:
Concludo, perciò, riportando la decriptazione di Levitico 17, perché importante, in quanto tale capitolo riguarda il divieto di mangiare col sangue, cioè non dissanguando l'animale anche se potenzialmente mondo, che in superficie pare proprio contrario alla istituzione dell'Eucarestia, in quanto Gesù in definitiva propone addirittura di bere il proprio sangue.

Il versetto di Levitico 17,10 che recita "Ogni uomo, Israelita o straniero dimorante in mezzo a loro, che mangi di qualsiasi specie di sangue, contro di lui, che ha mangiato il sangue, io volgerò il mio volto e lo eliminerò dal suo popolo.", con il suo discorso esterno rende ben difficile per un Israelita accettare d'assumere il sangue di Cristo.

Nella sinagoga di Cafarnao ci fu un dibattito tra Gesù e i Giudei al riguardo e questa è la parte centrale del discorso che interessa tale questione: "Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo.
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: Come può costui darci la sua carne da mangiare? Gesù disse loro: In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui... Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: Questa parola è dura! Chi può ascoltarla? Gesù... disse loro: Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita." (Giovanni 6,48-63)

Certo che "Questa parola è dura!" si riferisce proprio al rispetto della Torah - Levitico 17 - ma il criptato, come vedremo, dice proprio il contrario.
Gesù pur ben conoscendo il comandamento esterno propone, in più riprese, di bere del suo sangue.
Eppure dice anche che nemmeno una iota della legge sarà cambiato: "Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto." (Matteo 5,17s)
Se non si fa ricorso al criptato, dando appunto valore ad ogni singola lettera, resterebbe la contraddizione.

Il decriptato, infatti, di Levitico 17,10 così profetizza: "Degli uomini l'Unigenito sarà da risorto a rivivere a casa. Risarà il Crocifisso in Israele, si porterà dai viventi con gli angeli al mondo. Gli stranieri entreranno in cammino. Le moltitudini dal Crocifisso si recheranno. Retti i viventi, di moglie/donna il corpo saranno dell'Unigenito. La sposa retti li avrà partoriti. I viventi porteranno gli apostoli tutti al crocifisso. Bello il frutto delle anime uscirà per aver mangiato (e quindi bevuto) tutti dell'Unigenito Crocifisso l'uscito sangue. Lo recò al mondo l'Agnello dalla croce. Fu a venire con l'acqua versato dal corpo. Da dentro in azione la Madre gli uscì."

L'autore del 4° Vangelo sottolinea l'evento che ho riportato in grassetto:

"...uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate." (Giovanni 19,34s)

Per aggiungere altri tasselli alle profezie messianiche estraibili con il metodo del sopra già citato "Parlano le lettere" riporto in "Appendice A" e "Appendice B" la decriptazione di Isaia 43 e di Proverbi 20 di cui alcuni versetti sono stati richiamati in questo articolo.

DISCORSO SUL SANGUE DI CRISTO - LEVITICO 17
Un'importante profezia sull'eucaristia si estre proprio dal Capitolo 17 del libro del Levitico che vieta il bere il sangue.
Sulla questione che la salvezza dell'uomo viene dal sangue del Messia è da risalire alla creazione dell'uomo quando: "Dio disse: Facciamo l'uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza..." (Genesi 1,26)
La "somiglianza" in ebraico in questo versetto è "demut" .
La parola somiglianza inequivocabilmente comporta il concetto di sangue "dam" (ove = ) quindi "essere somigliante", radicale , è avere lo stesso sangue, tanto che "'oeddammah" è "farsi somigliante" ed ha le stesse lettere di Adamo .
Questa somiglianza "demut" con Dio, presa radicalmente con i significati delle lettere, tenuto conto che la lettera ebraica "dalet" indica una mano che fa alt o che aiuta, quindi un'anta di una porta con possibilità di un'apertura o di un impedimento, riferita a Dio assicura che è "impedita la morte ".
Dio per questa somiglianza assicura all'uomo una sopravvivenza alla morte fisica, infatti = + e è sbarramento alla "movoet" che è morte.
"Demut" implica anche, sempre con le lettere, che Dio:
  • aiuterà i viventi portandosi in un prescelto (il Messia);
  • (Con Questi) aiuterà i viventi portandosi in croce ;
  • (Il Messia il suo) sangue porterà dalla croce .
Cio detto riporto la dimostrazione della decriptazione di Levitico 17,10:

Levitico 17,10 - Ogni uomo, Israelita o straniero dimorante in mezzo a loro, che mangi di qualsiasi specie di sangue, contro di lui, che ha mangiato il sangue, io volgerò il mio volto e lo eliminerò dal suo popolo.





"Degli uomini l'Unigenito sarà da risorto a rivivere a casa . Risarà il Crocifisso in Israele , si porterà dai viventi con gli angeli al mondo . Gli stranieri entreranno in cammino . Le moltitudini dal Crocifisso si recheranno . Retti i viventi , di moglie/donna () il corpo saranno dell'Unigenito . La sposa () retti li avrà partoriti (). I viventi porteranno gli apostoli tutti al crocifisso . Bello () il frutto delle anime uscirà per aver mangiato (e quindi bevuto) tutti dell'Unigenito Crocifisso l'uscito sangue . Lo recò al mondo l'Agnello dalla croce . Fu a venire con l'acqua versato dal corpo . Da dentro in azione la Madre gli uscì ."

Il risultato del decriptato dell'intero capitolo è da leggere attentamente perché è un vero e proprio protovangelo.

LEVITICO 17 - TESTO C.E.I. E DECRIPTAZIONE
Testo C.E.I.
Levitico 17,1 - Il Signore parlò a Mosè e disse:

Levitico 17,2 - Parla ad Aronne, ai suoi figli e a tutti gli Israeliti dicendo loro: Questo il Signore ha ordinato:

Levitico 17,3 - Ogni Israelita che scanni un giovenco o un agnello o una capra entro l'accampamento o fuori dell'accampamento

Levitico 17,4 - e non lo porti all'ingresso della tenda del convegno, per presentarlo come offerta al Signore davanti alla Dimora del Signore, sarà considerato colpevole di delitto di sangue: ha sparso il sangue, e quest'uomo sarà eliminato dal suo popolo.

Levitico 17,5 - Perciò gli Israeliti, invece di immolare, come fanno, le loro vittime nei campi, le presenteranno in onore del Signore portandole al sacerdote all'ingresso della tenda del convegno, e le immoleranno in onore del Signore come sacrifici di comunione.

Levitico 17,6 - Il sacerdote ne spanderà il sangue sull'altare del Signore, all'ingresso della tenda del convegno, e farà bruciare il grasso come profumo gradito in onore del Signore.

Levitico 17,7 - Essi non offriranno più i loro sacrifici ai satiri, ai quali sogliono prostituirsi. Questa sarà per loro una legge perenne, di generazione in generazione.

Levitico 17,8 - Dirai loro ancora: Ogni uomo, Israelita o straniero dimorante in mezzo a loro, che offra un olocausto o un sacrificio

Levitico 17,9 - senza portarlo all'ingresso della tenda del convegno per offrirlo in onore del Signore, quest'uomo sarà eliminato dal suo popolo.

Levitico 17,10 - Ogni uomo, Israelita o straniero dimorante in mezzo a loro, che mangi di qualsiasi specie di sangue, contro di lui, che ha mangiato il sangue, io volgerò il mio volto e lo eliminerò dal suo popolo.

Levitico 17,11 - Poiché la vita della carne è nel sangue. Perciò vi ho concesso di porlo sull'altare in espiazione per le vostre vite; perché il sangue espia, in quanto è la vita.

Levitico 17,12 - Perciò ho detto agli Israeliti: Nessuno tra voi mangerà il sangue, neppure lo straniero che dimora fra voi mangerà sangue.

Levitico 17,13 - Se qualcuno degli Israeliti o degli stranieri che dimorano fra di loro prende alla caccia un animale o un uccello che si può mangiare, ne deve spargere il sangue e coprirlo di terra;

Levitico 17,14 - perché la vita di ogni essere vivente è il suo sangue, in quanto è la sua vita. Perciò ho ordinato agli Israeliti: Non mangerete sangue di alcuna specie di essere vivente, perché il sangue è la vita di ogni carne; chiunque ne mangerà sarà eliminato.

Levitico 17,15 - Ogni persona, nativa o straniera, che mangi carne di bestia morta naturalmente o sbranata, dovrà lavarsi le vesti, bagnarsi nell'acqua e resterà impura fino alla sera; allora sarà pura.

Levitico 17,16 - Ma se non si lava le vesti e il corpo, porterà la pena della sua colpa.

Decriptazione.
Levitico 17,1 - A recarsi fu, in aiuto da cibo si portò nel mondo, la maledizione vivente bruciante uscì per il serpente che originò l'essere ribelle.

Levitico 17,2 - La mano che creò il serpente alle origini entrò in un corpo per ricusarlo. Del Potente il figlio fu a portarsi. Si portò Dio di una sposa figlio per stare in Israele ed iniziò a vivere in un corpo. Per finire il primo serpente fu al mondo dalla Madre. Da questa uscì fuori la Parola dell'Unico. Al rettile portò al mondo ad esistergli la calamità, gli uscì il rifiuto (il no) a vivere col corpo.

Levitico 17,3 - L'Unigenito fu alla luce in un uomo per vivere in una casa che fu prescelta in Israele. In una Donna in povertà chiuse il cuore. Ai simili recò l'Unico l'Agnello. L'Unico recò in azione a questa a casa (dove) viveva chiusa un angelo. Entrò l'Unigenito si recò alla Donna, nel corpo fu ad accendere nel chiuso il Cuore. Alla Madre annunciò giù il perché; la grazia entrò.

Levitico 17,4 - E la maledizione nel Verbo alla fine racchiuse l'Unico. Al mondo dal serpente a vivere lo recò in azione per liberare. Per amore fu nel corpo. Al mondo si versò per la lite. Le versò nel corpo il Figli il Potente che fu fuori a portarsi in campo. Dal serpente di persona fu alla dimora il Signore. Nel sangue fu a chiudersi. Per bruciare a casa il serpente in un uomo uscì Lui. Per aiutare i viventi il fuoco da soffiare per arderlo per ucciderlo da un corpo finalmente uscirà. In un uomo del mondo Lui a vivere si versò in un corpo dentro, alla vista dei viventi si recò.

Levitico 17,5 - Guizzato dal seno, bello, alla luce col corpo fu in una casa, fu da primogenito portato, un figlio fu d'Israele. Venne questo dentro a vivere dalla Madre, da Donna uscì in vita. Da vittima fu in un vivente a portarsi al serpente di persona. Fu al mondo dal demonio. Dalla perversità a casa fu. L'Unigenito, la Parola, il Signore, dal primo serpente per liberare dall'Unico uscì per portarsi da testimonio. La maledizione per spegnere l'angelo (ribelle) di portò, per sacrificarsi si recò da questi. In una famiglia/casa visse. Il fuoco del Potente a vivere fu in un vivente. Al serpente fu la calamità l'Unigenito a recargli per finirlo dai viventi.

Levitico 17,6 - Portò questi in un corpo a versare al mondo la rettitudine, uscì l'energia, venne nel sangue. In azione dal serpente in un vivente questa dentro si racchiuse, sarà dalla perversità a liberare. L'Unigenito uscì dal serpente al tempo fissato e al mondo versò il cuore, fu con un corpo ad uscirgli. Racchiudeva il cuore del Potente un corpo in cui fu racchiusa l'energia. Fu a rinchiudersi nella prigione del serpente il Signore.

Levitico 17,7 - Ed il rifiuto (il no) è questi dentro ad annunciare al peccare. In aiuto venne questi a casa dei viventi. Uscì dalla Madre. Per bruciare il serpente in una città visse. Da Donna in un corpo entrò nella vita per colpire l'angelo che è a vivere nei fratelli nei corpi. Fu al mondo in un vivente a chiudersi; si versò nella prescelta. In un fanciullo d'uomo al mondo fu ad uscire. Dal serpente uscì. La Madre partorì un corpo puro.

Levitico 17,8 - Si recò Dio al mondo dagli uomini. L'Unigenito visse in un corpo d'uomo. In un uomo vivente da Tempio in Israele si recò. A vivere dall'angelo (ribelle) uscì in cammino alla vista. Da una Donna col corpo fu in mezzo alle moltitudini. In croce lo porteranno per la rettitudine i viventi, l'Unigenito per liberarli sarà in olocausto innalzato; l'Unigenito si porterà da vittima.

Levitico 17,9 - Portò il maledetto il Verbo dalla croce alla tomba. All'Unico uscì il lemà (perché?) e agì per liberarlo dal nemico. Rifù all'Unigenito l'energia recata. Il Potente agì, a risorgere lo portò. Il crocifisso rivenne, si riporò con potenza il Signore e l'ucciderà. Col corpo crocifisso riuscì l'Unigenito che fu risorto. Rientrò Lui in vita, alla vista della Madre fu a portarsi.
(Matteo 27,46 - "Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: Elì, Elì, lemà sabactani? Che significa: Dio mio; Dio mio, perché mi hai abbandonato?" Vedi: "I Salmi, conforto del crocifisso".)

Levitico 17,10 - Degli uomini l'Unigenito sarà da risorto a rivivere a casa. Risarà il Crocifisso in Israele, si porterà dai viventi con gli angeli al mondo. Degli stranieri da fuori in cammino le moltitudini dentro alla fine si recheranno. Retti i viventi di una Donna il corpo saranno dell'Unigenito. La sposa retti li avrà partoriti. I viventi porteranno gli apostoli tutti dal crocifisso. Bello il frutto delle anime uscirà per aver mangiato (e quindi bevuto) tutti dell'Unigenito Crocifisso l'uscito sangue. Lo recò al mondo l'Agnello dalla croce. Fu a venire con l'acqua versato dal corpo. Da dentro in azione la Madre gli uscì.

Levitico 17,11 - Retti saranno per l'angelo superbo che uscirà dalla carne da dentro per il sangue al mondo portato dall'Unigenito. E dell'Unico il Figlio crocifisso dalla croce fu a portarlo. Guizzò da quel retto con l'acqua. Dall'innalzato uscì. Per i viventi per quel sacrificio dal Potente il perdono dall'alto, desiderato dal Crocifisso fu così ai viventi. La rettitudine fu nel mondo. Per aiutare fu la Madre ad uscire. Recò l'Unigenito da casa gli apostoli, soffiò loro in dono la rettitudine per portar frutti.
(Luca 23,34 - "Gesù diceva: "Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno".)

Levitico 17,12 - L'innalzato la rettitudine inviò dell'Unico. L'acqua dal corpo del crocifisso, fu dal cuore inviata all'esistenza. Fu alla luce alla vista a guizzare la sposa inviata al superbo, dalla piaga la Madre. (Questa) portò nel mondo in cammino un corpo/popolo/Chiesa, uscì a scorrere per le moltitudini. Il crocifisso recò così la rettitudine ai viventi. Al serpente guai origina la sposa che aiuta i viventi.

Levitico 17,13 - Porterà dell'Unigenito la forza della risurrezione agli uomini. Per la Madre figli saranno ad essere alla luce nel corpo/popolo/Chiesa di Dio. Si recano ai viventi gli apostoli, aprirono agli stranieri, entrarono in cammino le moltitudini, del Crocifisso recano la rettitudine della vita. l'Unigenito per liberare sarà giù a recarsi in aiuto da cibo. Sarà ad uscire delle origini il portato peccare. Lo scaccerà. Liberati saranno mangiandolo ed alla risurrezione sgorgheranno per l'Unigenito che dalla croce il sangue recò portando la rettitudine dal foro, fuori la recò da dentro in azione per fare frutti.

Levitico 17,14 - La rettitudine sarà negli animi, tutti dentro libererà il sangue recato dal Figlio. Il superbo porterà fuori che si portò alle origini recando l'inizio d'essere ribelli. Nei cuori inviata è la rettitudine di Dio. Col sangue (di Lui) la sposa dentro libererà dal serpente, verrà da mangiare a recarlo, così saranno dall'angelo superbo tutti dentro liberati per il sangue recato da Lui, in tutti mangiandolosarà portata la forza dell'Agnello crocifisso.

Levitico 17,15 - Recando la rettitudine, al potente angelo superbo, che dalle origini arde nei corpi, del Crocifisso mangiando l'energia, per consumarlo porterà nei cuori, li guarirà dentro l'Unigenito, colpirà nei corpi il colpevole. A scorrere dai corpi la perfidia sarà recata ed al lavacro dentro le acque saranno portati dalla Madre. Ai portatisi nei cuori vivrà l'Unico in eterno. Uscito il nemico, dentro si riporterà la purezza.

Levitico 17,16 - Riporterà l'originaria pienezza. Saranno di rettitudine dentro riempiti e dentro il fuoco nei corpi portato il negativo dai corpi dal chiuso scenderà, e li perdonerà del peccare dall'angelo recato.

APPENDICE A - ISAIA 43 - TESTO C.E.I. E DECRIPTAZIONE
Testo C.E.I.
Isaia 43,1 - Ora così dice il Signore che ti ha creato, o Giacobbe, che ti ha plasmato, o Israele: Non temere, perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome: tu mi appartieni.

Isaia 43,2 - Se dovrai attraversare le acque, sarò con te, i fiumi non ti sommergeranno; se dovrai passare in mezzo al fuoco, non ti scotterai, la fiamma non ti potrà bruciare,

Isaia 43,3 - poiché io sono il Signore, tuo Dio, il Santo d'Israele, il tuo salvatore. Io do l'Egitto come prezzo per il tuo riscatto, l'Etiopia e Seba al tuo posto.

Isaia 43,4 - Perché tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e io ti amo, do uomini al tuo posto e nazioni in cambio della tua vita.

Isaia 43,5 - Non temere, perché io sono con te; dall'oriente farò venire la tua stirpe, dall'occidente io ti radunerò.

Isaia 43,6 - Dirò al settentrione: Restituisci, e al mezzogiorno: Non trattenere; fà tornare i miei figli da lontano e le mie figlie dall'estremità della terra,

Isaia 43,7 - quelli che portano il mio nome e che per la mia gloria ho creato e plasmato e anche formato.

Isaia 43,8 - Fa uscire il popolo cieco, che pure ha occhi, i sordi, che pure hanno orecchi.

Isaia 43,9 - Si radunino insieme tutti i popoli e si raccolgano le nazioni. Chi può annunciare questo tra loro per farci udire le cose passate? Presentino i loro testimoni e avranno ragione, ce li facciano udire e avranno detto la verità.

Isaia 43,10 - Voi siete i miei testimoni - oracolo del Signore - e il mio servo, che io mi sono scelto, perché mi conosciate e crediate in me e comprendiate che sono io. Prima di me non fu formato alcun dio né dopo ce ne sarà.

Isaia 43,11 - Io, io sono il Signore, fuori di me non c'è salvatore.

Isaia 43,12 - Io ho annunciato e ho salvato, mi sono fatto sentire e non c'era tra voi alcun dio straniero. Voi siete miei testimoni - oracolo del Signore - e io sono Dio,

Isaia 43,13 - sempre il medesimo dall'eternità. Nessuno può sottrarre nulla al mio potere: chi può cambiare quanto io faccio?

Isaia 43,14 - Così dice il Signore, vostro redentore, il Santo d'Israele: Per amore vostro l'ho mandato contro Babilonia e farò cadere tutte le loro spranghe, e, quanto ai Caldei, muterò i loro clamori in lutto.

Isaia 43,15 - Io sono il Signore, il vostro Santo, il creatore d'Israele, il vostro re.

Isaia 43,16 - Così dice il Signore, che aprì una strada nel mare e un sentiero in mezzo ad acque possenti,

Isaia 43,17 - che fece uscire carri e cavalli, esercito ed eroi a un tempo; essi giacciono morti, mai più si rialzeranno, si spensero come un lucignolo, sono estinti:

Isaia 43,18 - Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche!

Isaia 43,19 - Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa.

Isaia 43,20 - Mi glorificheranno le bestie selvatiche, sciacalli e struzzi, perché avrò fornito acqua al deserto, fiumi alla steppa, per dissetare il mio popolo, il mio eletto.

Isaia 43,21 - Il popolo che io ho plasmato per me celebrerà le mie lodi.

Isaia 43,22 - Invece tu non mi hai invocato, o Giacobbe; anzi ti sei stancato di me, o Israele.

Isaia 43,23 - Non mi hai portato neppure un agnello per l'olocausto, non mi hai onorato con i tuoi sacrifici. Io non ti ho molestato con richieste di offerte, né ti ho stancato esigendo incenso.

Isaia 43,24 - Non hai acquistato con denaro la cannella per me né mi hai saziato con il grasso dei tuoi sacrifici. Ma tu mi hai dato molestia con i peccati, mi hai stancato con le tue iniquità.

Isaia 43,25 - Io, io cancello i tuoi misfatti per amore di me stesso, e non ricordo più i tuoi peccati.

Isaia 43,26 - Fammi ricordare, discutiamo insieme; parla tu per giustificarti.

Isaia 43,27 - Il tuo primo padre peccò, i tuoi intermediari mi furono ribelli.

Isaia 43,28 - Perciò profanai i capi del santuario e ho votato Giacobbe all'anatema, Israele alle ingiurie.

Decriptazione
Isaia 43,1 - Ed in azione in un prescelto al mondo la rettitudine esce dell'Unico. Vive in un corpo il Signore, il Figlio Unigenito. La rettitudine è stata alla fine portata, è scesa col corpo così in Israele, Dio finalmente è in vista. La rettitudine che è per redimere tutti è così versata in un corpo, inizia il segno che è in un casa sorto per i viventi. Dalla sposa è l'Unigenito alla fine uscito.

Isaia 43,2 - La rettitudine è dagli smarriti alla prigione. In una casa vivo è con la Madre. Inizia il segno così che dall'Unico l'energia è stata portata col Figlio al mondo. In un corpo ha portato alla fine la potenza in un uomo. Nel cuore la Parola porta. Così la rettitudine è finalmente in cammino a casa dei viventi portata dall'Unico. Fuoco per il serpente, inizierà finalmente a scottarlo e la fiamma uscirà potente. Gli inizia finalmente lo spavento in casa così.

Isaia 43,3 - Così è che dall'Unico l'energia è uscita portandosi al mondo. Al maledetto la rettitudine rovescia per trebbiarlo. Sarà bruciato nei corpi il negativo. Per allontanarlo dalle esistenze con l'agire retto inviata finalmente indica di essere cosi la Parola col corpo. Come azzima il corpo è in vita così portata al fuoco affinché a convertire inizi i luoghi infimi della terra con la rettitudine.

Isaia 43,4 - A vivere inizia il Principe diletto. Finalmente per le preghiere il Figlio retto dentro la legge divina porta dell'Unico. Inviato è per amore di tutti ad ardere si porta l'Unigenito tutto inviato all'uomo finalmente per strappare con l'esistenza retta portandolo (via) dal serpente. Inizia in vita ad esistere per i viventi tutti alla prigione il segno di un'anima retta.

Isaia 43,5 - Per il primo serpente finalmente la paura così è iniziata completamente per la rettitudine dall'Unico che inviata è in un vivente. Il ventilabro nascosto del Padre esiste, il primogenito della stirpe retta scende da madre in vita. Agendo, le moltitudini inizierà a raccogliere di retti.

Isaia 43,6 - L'Unico amarezza per il serpente giù con la Parola ha recato. L'energia alla fine inviata è stata portata al serpente. Indica che è in vita inviata al primo serpente per finirlo. Alla prigione è uscito, a casa è dal nemico inviato stare, l'impiastro gli porta a rovesciare. Ed il Figlio si porta per finire la putredine giù al mondo. Per aprire la luce scende.

Isaia 43,7 - Per la sposa un essere puro col corpo dal Padre sorge in vita. S'è recato in cammino. Dentro un casa si porta la mano che è stata a creare il tutto. S'è portato, è sceso col corpo per completare. S'è portata dell'Unico la Parola. L'opera è a finire; (per ciò) s'è portato.

Isaia 43,8 - Al mondo recato giù è stata (la Parola) dall'Unico in azione a vivere in una pelle. A portarsi alla vista fu un angelo, fu dalla madre, fu l'illuminazione a recarle. Di un carpentiere era la matrice, la porterà nel primogenito. Questa (la Parola) inviata è stataalla alla Madre perché la porti.

Isaia 43,9 - Dalla sposa in cammino si reca; è stata la Madre per l'energia versatale dentro che giù l'ha portato. È le prigioni a ripulire e con forza inizia in pienezza la Parola a recare la potenza originaria ai viventi. È il Vivente che dai viventi è a casa, uscito dalla Madre all'esistenza, il cammino sbarrerà (al serpente). Per questi inizia a portarsi alla vista una stella/luce, angeli si portano ad indicare che è sorto in vita Colui che è. Per i miseri è l'indicazione che ad abitare l'Eterno è al mondo. In vita portato è stato il Giusto, ed è alla luce per i viventi visibile portato. Ed è stata dall'Unico a vivere in un corpo portata la Verità.

Isaia 43,10 - Viene dai viventi l'Eterno; è l'energia in un primogenito a vivere. Il Signore si porta alla vista tra i lini. È beato dentro una grotta. Della prescelta è il Potente al seno per inviare a tutti la conoscenza. E si porta alla fine l'Unigenito dai viventi, è ad abitare dal serpente. Gli si è portato alla fine a casa. È all'angelo (ribelle) recato un retto ad esistere dall'Unico; da inviato al mondo è da Lui al serpente. Di persona s'è dal serpente recato. Da inviato si porta alle tribolazioni. Dio si porta in un primogenito chiuso in un corpo. Saranno per il serpente guai; al mondo gli sono usciti.

Isaia 43,11 - Dall'Unico inviata così è stata con l'Unigenito l'energia retta; è il Signore che si reca ad annullare dai viventi dentro il serpente. L'Eterno è il Salvatore.

Isaia 43,12 - L'Unigenito l'energia (di Dio = la risurrezione) è ad aprire in cammino. La legge divina è a recare al mondo affinché la risurrezione nel tempo esista. Ed al mondo a sorgere in vivente nel tempo si è portato per i pianti. Il ventilabro reca. Viene vivente in azione il giudizio dell'Unico. Dai viventi si è al mondo portato Lui (stesso) per ricusare l'angelo (ribelle). (Matteo 3,12 - "Egli ha in mano il ventilabro, pulirà la sua aia raccoglierà il suo grano...")

Isaia 43,13 - In cammino dai viventi a vivere si è portato dalla Madre "Io sono". Lui (stesso) si reca per annullarlo dai viventi. È in aiuto dell'esistenza dei viventi sceso. È al serpente l'ira dall'alto a recargli in vita ad esistere. È in dono il Figlio per il mondo

Isaia 43,14 - La rettitudine al mondo inizia al ribelle ad uscire. Si porta in campo il Redentore, così la putredine dell'impuro a bruciare è con la probità. Dio dal serpente da in un vivente agirà per a colpirlo. Per salvare dal serpente, per strappare dall'esistenza dall'intimo del serpente la perversità porta nel corpo la legge divina. Sarà cibo di vita per i viventi. Alla sposa la vita reca. Cosi dal maligno è vivo in casa "io sono", gli porta alla fine col corpo l'energia per finirlo dai viventi.

Isaia 43,15 - "Io sono" al mondo ha recato fuori la santità, così vive dentro portata nel corpo di un uomo. Con il corpo Dio tra i viventi cammina; l'anelava.

Isaia 43,16 - Per spegnere del ribelle la calamità al mondo abita alla fine l'energia, dentro è dai viventi in giro per tormentarlo in vita; è dalla Madre, si vede questa essere alla destra, finalmente è dentro al mondo.

Isaia 43,17 - Al mondo in vita recatosi giù è l'Unigenito in un corpo. Così a calpestare si porta la lordura del serpente; si è in azione per ciò condotto. Per colpirlo si è chiuso, per lavare col forte fuoco della rettitudine la casa, si reca dalla corruzione per rovesciarla ed ai viventi reca a conoscere la rettitudine. E così l'arroganza finirà dal mondo, a spegnerla si porta.

Isaia 43,18 - Dio infine la purezza in un corpo ha recato. In un corpo ha ricominciato la luce ad abitare. L'ha recata finalmente e l'ha versata nel sangue. Gli angeli portati alla vista dal Potente indicano che finalmente nel Figlio abita.

Isaia 43,19 - Al mondo inviata l'energia è, alla vista sorge al mondo per rallegrare. Alla luce esce, nel tempo esce, finalmente giù in vita si chiude. In campo dal serpente si porta l'inizio del completo sbarramento al peccare. Dell'Unico la bocca, l'Unigenito, alla luce è dalla Madre. In una casa vive la Parola. La strada per la casa è illuminata. Sono i viventi portati dagli angeli. L'energia entrata in un corpo si porta per tutti.

Isaia 43,20 - All'oppressione dentro, che giudicata è stata, in vita per finire dal mondo il maligno, esce il segno che inviato, all'esistenza dalla Madre portato, il Figlio si reca alla fine; è per esaudire. Così è stato inviato il segno. Completa è dentro dai viventi la Parola, in vita è dalla Madre. Inviata, partorita finalmente a casa è sorta, è alla destra. Al serpente al mondo il fuoco per versargli porta tutto in azione, dai viventi è l'eletto.

Isaia 43,21 - Si vede con la Madre, questi portatosi. È alle angustie tutte dell'esistenza. Del serpente è alla stoltezza per finirla il forte essere in pienezza della Parola in un corpo portatosi.

Isaia 43,22 - Ed al serpente l'Unico inizia ad indicare che il diletto Unigenito finalmente si è in azione versato dentro. Con la rettitudine è a stancarlo, completamente in casa gli è un fuoco in vista del Potente.

Isaia 43,23 - Del potente amore è l'Unigenito il segno che con potenza è sorto al mondo. Dall'alto completamente si è così portato da vittima. È alla prigione un retto da solo alla fine inviato. È dal serpente delle origini al mondo per servire tutti con un'esistenza retta. A casa dei viventi a guidare si porta dal serpente, inizia al mondo a portarsi in cammino. Nel tempo è così dentro il Cuore che reca energia al mondo.

Isaia 43,24 - Al serpente dell'Unigenito i lamenti indicano che dal Potente è stata da dentro il trono la Parola versata. L'energia reca chiusa nel cuore per colpirlo dentro i viventi con la rettitudine. Tutta l'Unigenito al mondo col corpo porta ad esistere finalmente l'energia dell'esistenza che origina la rettitudine. Al mondo in azione dentro la legge divina inviata è, dentro chiusa nel Cuore dall'Unigenito portata completa è, così al mondo recare in cammino si vedrà tutto il frutto. Al peccare inviata tutta è la rettitudine.

Isaia 43,25 - Dell'Unico l'energia retta che era alle origini degli angeli così ad esistere fuori la porta l'Unigenito nel midollo al mondo. La Parola sorta in azione è così dal serpente in vita nella miseria porta racchiuso il Cuore. L'Unigenito lo porta finalmente all'esistenza dalla sposa per iniziare ad originare un puro corpo (che sarà poi quello della Chiesa).

Isaia 43,26 - Esce puro all'esistenza con il corpo il Figlio. Nudo bello al mondo, si è chiuso per aiutare avvolgendosi la Parola col corpo. Inizia la lode che i viventi sentono dagli angeli che indicano il Giusto. (Luca 2.13 - "E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste che lodava Dio...")

Isaia 43,27 - Del Padre è la rettitudine uscita col corpo dalla Donna e l'energia ha chiuso nel Cuore dell'Unigenito che la porta in vita. Dal serpente è scesa ad esistere la rettitudine; la Parola a bruciare il peccare a casa gli è.

Isaia 43,28 - Porta l'Unigenito per indebolire il serpente il fuoco nel corpo che è la santità. E l'Unico finalmente ha inviato in campo al serpente l'anatema. È il calcagno portato ad esistere dal Principe di Dio al serpente. La sorte (finale) gli reca la Parola ad essergli in vita.

APPENDICE B - PROVERBI 20 - TESTO C.E.I. E DECRIPTAZIONE
Testo C.E.I.
Proverbi 20,1 - Il vino è beffardo, il liquore è tumultuoso; chiunque si perde dietro ad esso non è saggio.

Proverbi 20,2 - La collera del re è come ruggito di leone; chiunque lo irrita rischia la vita.

Proverbi 20,3 - È una gloria evitare le contese, attaccar briga è proprio degli stolti.

Proverbi 20,4 - Il pigro non ara d'autunno: alla mietitura cerca, ma non trova nulla.

Proverbi 20,5 - Acque profonde sono i consigli nel cuore umano, l'uomo accorto le sa attingere.

Proverbi 20,6 - Molti proclamano la propria bontà, ma una persona fidata chi la trova?

Proverbi 20,7 - Chi cammina nella sua integrità è giusto; beati i figli che lascia dietro di sé!

Proverbi 20,8 - Il re che siede in tribunale con il suo sguardo dissipa ogni male.

Proverbi 20,9 - Chi può dire: Ho la coscienza pulita, sono puro dal mio peccato?

Proverbi 20,10 - Doppio peso e doppia misura sono due cose che il Signore aborrisce.

Proverbi 20,11 - Già con le sue azioni il fanciullo rivela s'è puro e retto il suo comportamento.

Proverbi 20,12 - L'orecchio che ascolta e l'occhio che vede: l'uno e l'altro li ha fatti il Signore.

Proverbi 20,13 - Non amare il sonno per non diventare povero, tieni gli occhi aperti e avrai pane a sazietà.

Proverbi 20,14 - Robaccia, robaccia dice chi compra, ma quando se ne va allora se ne vanta.

Proverbi 20,15 - C'è possesso di oro e moltitudine di perle, ma la cosa più preziosa sono le labbra sapienti.

Proverbi 20,16 - Prendigli il vestito perché si è fatto garante per un estraneo e tienilo in pegno per uno sconosciuto.

Proverbi 20,17 - È piacevole il pane procurato con frode, ma poi la bocca sarà piena di granelli di sabbia.

Proverbi 20,18 - Pondera bene la tua strategia, consigliati e fa la guerra con molta riflessione.

Proverbi 20,19 - Chi va in giro sparlando svela il segreto; non associarti a chi ha sempre aperte le labbra.

Proverbi 20,20 - Chi maledice il padre e la madre vedrà spegnersi la sua lampada nel cuore delle tenebre.

Proverbi 20,21 - Un'eredità accumulata in fretta all'inizio non sarà benedetta alla fine.

Proverbi 20,22 - Non dire: Renderò male per male; confida nel Signore ed egli ti libererà.

Proverbi 20,23 - Il Signore ha in orrore il doppio peso, la bilancia falsa non è cosa buona.

Proverbi 20,24 - Il Signore rende sicuri i passi dell'uomo: come può l'essere umano conoscere la sua strada?

Proverbi 20,25 - È una trappola esclamare subito: Sacro! e riflettere solo dopo aver fatto il voto.

Proverbi 20,26 - Un re saggio disperde i malvagi e con la ruota li stritola come paglia.

Proverbi 20,27 - Lampada del Signore è lo spirito dell'uomo: essa scruta dentro, fin nell'intimo.

Proverbi 20,28 - Bontà e fedeltà vegliano sul re, sulla giustizia è basato il suo trono.

Proverbi 20,29 - Vanto dei giovani è la loro forza, ornamento dei vecchi è la canizie.

Proverbi 20,30 - Le ferite sanguinanti leniscono il male, le percosse purificano fin nell'intimo.

Decriptazione
Proverbi 20,1 - Dal serpente, che giù al mondo è ad opprimere i viventi, esce alla luce l'agnello per recare alla sposa la risurrezione. La guarigione dentro porterà dal serpente che si è nascosto nel vaso dei viventi.

Proverbi 20,2 - Degli angeli al mondo vive la rettitudine. La rettitudine della Parola è in un corpo, l'Unigenito è un uomo vivente, del serpente anelava la fine dall'aldilà di recare. Nella prigione reca il cuore. Per scontrarsi col superbo si porta.

Proverbi 20,3 - La rettitudine da casa ha recato. In un povero uomo arde dentro la purezza nel corpo. S'è dentro portato; dalla sposa desiderava stare. Dal serpente è alla fine a rivelarsi alla vista.

Proverbi 20,4 - Vive chiuso nel corpo il Verbo. Per agire giù dal potente serpente primogenito è di un carpentiere. Sarà il fuoco di Dio a casa a versargli. Giù è col corpo per recargli l'annullamento.

Proverbi 20,5 - A vivere è stato dalla Madre per agire tra i viventi. Versato è stato del seno giù al mondo. Dentro il cuore dell'Unico è acceso, lo reca un uomo da arca. Reca l'energia al mondo ad esistere; per liberare inviato in campo.

Proverbi 20,6 - Nel corpo dentro di un uomo si è versato alla vista l'Unigenito. Si è alla luce per chiudere in un foro l'impuro portato. Ed agli uomini l'Unico in un vivente reca d'energia un mare. Ai viventi sarà la forza della vita a riportare delle origini.

Proverbi 20,7 - Agli uomini al mondo in cammino da casa la purezza reca con la giustizia. Da una Donna alla lite l'energia è stata portata. Dai fratelli con il corpo s'è portato.

Proverbi 20,8 - Il Re si è portato il settimo (giorno della creazione) dal serpente dal trono, per il giudizio. Il ventilabro dentro in azione è, dagli angeli si portò così dal serpente cattivo.

Proverbi 20,9 - Dalla Madre è l'Essere, l'Unigenito vive col corpo, per colpirlo con la rettitudine è alla fine a stare dal serpente a casa. È stato il Cuore (dell'Unico) partorito dalla prescelta; è dai viventi; il peccato a finire è.

Proverbi 20,10 - L'Unico il Figlio ha recato. Il Padre ha inviato l'Unigenito. Si è il Verbo al mondo portato in un primogenito. È la Parola al mondo, alla fine reca una corda il Signore in cammino per salvarli; con l'energia è al mondo dai viventi.

Proverbi 20,11 - In cammino vive nella casa del misfatto, dal serpente si è portato. È stato per finirlo inviato l'Agnello, in un fanciullo l'Unigenito vive puro portato da primogenito; una Madre retta il Verbo dall'alto ha recato.

Proverbi 20,12 - L'Unico per colpirlo l'anima nel tempo ha portato in azione. È inviata col corpo con l'Unigenito al mondo. Il Signore si vede alla luce uscito in cammino a vivere. Per rinnovare è il mondo dei viventi.

Proverbi 20,13 - Dal serpente venne l'Unigenito al mondo. Da casa, dalla luce degli angeli uscito, il Verbo l'energia alla fine ha recato in un corpo per bruciarlo. Ha aperto gli occhi, è così il settimo giorno (svegliatosi dal riposo) per la battaglia.

Proverbi 20,14 - Col corpo dal nemico le rovine inizierà. L'amarezza in campo gli rovescerà. Gli recherà lamenti e l'Unigenito colpirà il potente serpente, gli porterà per l'Unico colpi, saràè a finire l'essere insolente.

Proverbi 20,15 - Sarà bruciato questi, entrerà in una prigione, dentro di persona sarà inviato, sarà dai viventi a portarvisi il maligno che sarà rovesciato dai corpi risorti. Dal Verbo finito sarà; sbarrato si vedrà completamente.

Proverbi 20,16 - Il Potente rovescerà in prigione il prevaricatore, recherà così ad essere il nemico dentro, lo colpirà per la contesa, per sempre rigettato sarà dai viventi, l'operare scelleratamente fuori porterà.

Proverbi 20,17 - Il nemico distrutto sarà dal fuoco. Guizzerà dal chiuso dei viventi per l'ardere rovesciato nei corpi. Lo recherà l'Unigenito in un caverna, sarà a vivervi il serpente. Con ira sarà la perversità chiusa, giù scenderà.

Proverbi 20,18 - Ai viventi chiusi in schiavitù dentro dal legno uscì dal Crocifisso la rettitudine. Recò l'energia, la recò dentro per finire l'operare scellerato e gli sviati illuminare al mondo. Ai viventi il vigore della vita riaprì.

Proverbi 20,19 - Alla prigione del mondo in segreto uscì portandosi in cammino. Da infiacchito fu dal serpente a recarsi ed il potente Verbo alla fine uscì alla luce. Un semplice portò il 'no' che finirà completamente il nemico a casa.

Proverbi 20,20 - Alla putredine del serpente il "no" a casa fu portato e l'Unigenito dai viventi a recare fu la conoscenza della rettitudine. L'energia per la lite un uomo portò al rettile così.

Proverbi 20,21 - Dagli angeli si chiuse dal serpente al mondo a vivergli a casa per indebolirlo. Alla fine dentro il corpo per originare la risurrezione porterà l'energia. Per Lui dalle tombe i corpi saranno alla fine ad uscire. Dal Potente la potenza riverrà con la benedizione.

Proverbi 20,22 - Dal Potente venne l'Unigenito a vivere col corpo da una Donna. Perché il male rovesciasse portando fuori col serpente la forza della perversità recò in Gesù il Potente con la rettitudine.

Proverbi 20,23 - Alla fine si recò in azione da casa per finirlo il Signore. Il Padre per ricusarlo il Figlio portò a vivere. Ascoltati furono i viventi. Col corpo a vivere uscì dal serpente, din un primogenito nel corpo si recò dentro.

Proverbi 20,24 - A vivere il Signore dai viventi scese. L'Eterno fu in cammino. Il Figlio portò in un uomo a vivere al mondo. Sarà dentro all'esistenza l'impurità dai corpi ad ardere.

Proverbi 20,25 - La Madre ha portato sulla paglia l'uomo che sarà del serpente l'oppressione a sbarrare. Una luce reca fuoco l'Unico sulla grotta con gli angeli. Sbarrato in un corpo è a vivere il Potente in una casa al freddo.

Proverbi 20,26 - Vive da pellegrino al mondo da povero. Si vede stare con la Madre. In un vivente in cammino ha chiuso la rettitudine. Per i viventi l'ha portata a dimorare. Per agire il Potente è entrato in un vivente, ha desiderato portarsi di persona.

Proverbi 20,27 - Da cibo si porta al mondo. Per inviare la resurrezione agli uomini in un uomo l'ha chiusa. La soffierà da fuoco di rettitudine al serpente che in prigione sbarrerà con la lite; dal cuore gliela invierà.

Proverbi 20,28 - Per amore portò l'Unigenito in un uomo. Giù nel corpo lo recò a vivere dal serpente per arderlo. In un buco dall'eternità dentro s'è chiuso; nei ceppi dal trono si portò.

Proverbi 20,29 - Alla fine il Verbo dell'Unico nel corpo da arca dentro una caverna è in vita. Così a chiudersi dai viventi si portò al mondo, per aiutarli in segreto, si versò dagli angeli ove stava. Per liberarli fu dentro al mondo.

Proverbi 20,30 - Da un grembo il corpo portò alla fine per salvare nel tempo dal ribelle, dal sepolcro, del peccare i viventi. La rettitudine reca per finirlo nei recessi dei cuori.

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