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LA VECCHIAIA E LA BIBBIA
di Alessandro Conti Puorger

FACCIO IL PUNTO
Beh, non sono più un ragazzo; nel 2013 ho già vissuto ben 75 primavere!
A questo punto mi è parso doveroso meditare sulla vecchiaia alla luce delle trascorse esperienze e dei collegamenti con le Sacre Scritture giudeo cristiane nelle parti che riguardano tale stato della vita umana.
Oggettivamente l'età misura il passare degli anni e chi resiste in questo mondo, comunque, si troverà a fare i conti con questa condizione.
Vi sono più modi per considerare quel periodo della vita ed il parametro fisico è solo una delle possibili angolature sotto cui guardarla.
C'è una considerazione, infatti, che supera lo stato fisico, ma entra nella sfera psichica e spirituale: "la vecchiaia inizia quando non c'è più niente di meraviglioso dietro l'angolo."
L'uomo, infatti, è un desiderio vivente, ma se le ali della speranza vengono tarpate è purtroppo come se fosse già un poco morto.
È proprio quello dell'aspettare delle novità un indizio sottile, un parametro pragmatico, un modo semplice per riconoscere uno stato dell'essere che rende possibile misurare l'età spirituale di una persona calibrandola in base al suo anelito al futuro, perché vera e totale vecchiaia coglie proprio quando non si hanno più speranze ed allora l'uomo si lascia andare!
E se speranza non si ha manca pure la curiosità e la voglia di ascoltare e di ricercare.
Accade così che la vecchiaia per qualcuno comincia molto presto.
Sotto quest'aspetto ritengo di essere un fortunato per più motivi come poi chiarirò.

Certo, nei tempi della seconda guerra mondiale son stato un bimbetto, e con tutti gli italiani dell'epoca la mia famiglia ha sofferto oltre che per bombardamenti, per le fughe nei rifugi antiaerei, anche la fame con le tessere annonarie, la borsa nera e finalmente poi ecco la ricostruzione, quindi il boom, epoca in cui il lavoro era a disposizione e chi studiava aveva davanti a sé la via aperta: quindi, da allora davanti a me allora ho avuto sempre una speranza dietro l'angolo.
Specie di questi tempi, però, con la grande crisi globale che toglie il lavoro ai giovani e rende difficile la vita ai vecchi, nonché per il crollo delle ideologie e dei valori, con la perdita di fede nelle religioni, frange sempre maggiori di umanità sono relegate a vivere come fossero vecchie nel senso più deleterio della parola, logori, usati, perciò pur contro la propria volontà per mancanza di lavoro paiono risultare non utili, come una buccia di arancia già spremuta.

Dice San Paolo:
  • 1Corinzi 15,32 - "Se i morti non risorgono, mangiamo e beviamo, perché domani moriremo."
  • 2Tessalonicesi 3,10 "chi non vuol lavorare neppure mangi."
Ai suoi tempi, I secolo d.C., é stato valutato che l'intera popolazione del mondo fosse attorno ai 250 milioni di persone, mentre oggi è ormai 28 volte tanto, vale a dire 7.000 milioni.
Accade così che, oggi, in Italia e non solo, ma un poco per tutti i paesi del sud Europa, per molti anche appena cinquantenni lo stesso lavoro ed i mezzi minimi di sostentamento sono divenuti problematici per disoccupazione causata dall'incremento delle tecnologie, degli strumenti informatici e dalla grande disponibilità di mano d'opera a basso costo in paesi emergenti, fattori tutti che riducono la richiesta della mano d'opera nostrana e di operazioni fatte direttamente dall'uomo.
Speranza e curiosità sono proprio i motori della vita e se vengono a mancare non si vive, si vegeta: e ciò è quanto molti sono costretti a fare oggi.
A tale riguardo, afferma il libro del Qoelet: "Meglio un ragazzo povero ma accorto che un re vecchio e stolto che non sa ascoltare i consigli." (Qoelet 4,13)
Occorre oggi molta più fede di ieri per avere speranza, mentre tutto pare procede in senso contrario quasi per distruggere i punti fermi che s'erano formati nei secoli passati.
Pare proprio essere al momento della guerra finale quando il male pare prendere il sopravvento, l'ultimo combattimento, quello contro Gog e Magog di cui parla il libro dell'Apocalisse, quando "...satana verrà liberato dal suo carcere e uscirà per sedurre le nazioni ai quattro punti della terra, Gog e Magòg, per adunarli per la guerra: il loro numero sarà come la sabbia del mare." (Apocalisse 20 7s)
Certo che una vena di pessimismo può cogliere gran parte dell'umanità che viene provata al crogiolo e la speranza è solo che in qualche modo venga a crescere il senso di fratellanza e di collaborazione altrimenti l'egoismo da solo l'ucciderà.

Perché tutta questa premessa e questo argomentare?
Debbo prendere anche io concretamente atto di tutto ciò e della mia condizione, quindi, trarne le debite conseguenze per la mia vita tenendo presente ciò che dice il Salmo 90 sulla vita dell'uomo:

"Gli anni della nostra vita sono settanta,
ottanta per i più robusti..." (Salmo 90,10)

È evidente, così che, presto, dovrò cambiare casa perché, come dicono gli antichi sapienti della Bibbia, la mia tenda d'argilla, cioè la navicella spazio temporale in cui è installato il mio essere, ossia il mio corpo, più o meno rapidamente non sopporterà altre manutenzioni ordinarie o straordinarie, ma occorrerà un completo rifacimento o mutazione.
Inevitabile, per contro altresì è che:

"...un corpo corruttibile appesantisce l'anima
e la tenda d'argilla grava la mente dai molti pensieri." (Sapienza 9,15)

Ogni fatto di cui non si ha esperienza comporta, infatti, preoccupazioni sul buon esito finché non sia avvenuto l'evento che risulta comunque ineluttabile per ogni uomo.
Di certo, poi, con la vecchiaia almeno il pensiero della dipartita si fa più intenso. A questo pensiero poi fanno seguito tensioni per l'attesa della personale prossima rivelazione dei misteri che ne seguono, quelli che nella Chiesa Cattolica sono detti i "nuovissimi", vale a dire, dopo la morte il "giudizio, inferno, paradiso".
La vecchiaia quindi è il tempo più o meno lungo, prima della fine del corpo terreno, quando gli acciacchi divengono progressivamente molteplici e sempre più gravi.
È questa stagione della vita in cui è passato anche Sant Agostino (354-430), che reca con sé, infatti, vari mali fisici, che lui così indica "...porta con sé la tosse, il catarro, la presbitia, la nevrastenia e la cachessia. L'uomo dunque quando invecchia è pieno di guai." (Sant Agostino Tract 31,18 in Matth)
Da quando si nasce, se si superano tutte le malattie possibili in cui si può incappare, per non parlare di guerre ed accidenti od incidenti fortuiti, c'è un processo che non si può evitare e che si esplica con l'età.
Questo è il progressivo degradamento dell'organismo che porta alla morte anche i più robusti.
Chi crede in Dio e ritiene d'essere figlio dell'eternità, non può altro che concludere che sta subendo una malattia genetica, perché coglie tutti gli uomini, ed è quindi come una mutazione perniciosa che deve essere intervenuta sin dai primi tempi della razza umana che non era stata creata per finire nella tomba perché ha in sé il soffio di Dio.
Per la Bibbia, la vecchiaia e la morte, infatti, stando alla Bibbia - Genesi 3 -compaiono sulla scena dell'umanità con il primo uomo, e sono intervenute solo dopo la cacciata dal Paradiso, dopo il volontario tradimento di un patto per diventare autonomi rispetto al Creatore.
Come tende ad insegnare tutta la Sacra Scrittura della Bibbia vista sotto l'angolatura dell'escatologia che ne deduce il cristianesimo, nella sfera divina la morte fisica non è altro che una variazione del modo d'esistere, vale a dire porta ad un altro modus vivendi e non è la fine.
È stata un'astuta invenzione, un "loop", un circuito aggiuntivo da percorrere per ingannare il male ed escluderlo dall'eternità!
Pur se nella gioventù e nella maturità non ce se ne rende conto, perché ancora grande è il vigore e si è magari forti come leoni, pur tuttavia accade che:

"Tacevo e si logoravano le mie ossa,
mentre ruggivo tutto il giorno.
Giorno e notte pesava su di me la tua mano,
come nell'arsura estiva si inaridiva il mio vigore." (Salmo 32,3s)

In modo sintetico, ma molto espressivo, del pari, al riguardo il libro di Giobbe sottolinea:

"Intanto l'uomo si consuma come legno tarlato
o come un vestito corroso da tignola." (Giobbe 13,28)

Si verificherà prima o poi, se non intervengono conclusioni più rapide, ciò che propone con grande poesia e realismo il libro del Qoelet al capitolo 12, quando così descrive il tempo della vecchiaia, l'inverno senza il ritorno di primavera in questa terra.

Il Qoelet scrive:
"Ricordati del tuo Creatore nei giorni della tua giovinezza, prima che vengano i giorni tristi e giungano gli anni di cui dovrai dire: Non ci provo alcun gusto; prima che si oscurino il sole, la luce, la luna e le stelle e tornino ancora le nubi dopo la pioggia; quando tremeranno i custodi della casa e si curveranno i gagliardi e cesseranno di lavorare le donne che macinano, perché rimaste poche, e si offuscheranno quelle che guardano dalle finestre e si chiuderanno i battenti sulla strada; quando si abbasserà il rumore della mola e si attenuerà il cinguettio degli uccelli e si affievoliranno tutti i toni del canto; quando si avrà paura delle alture e terrore si proverà nel cammino; quando fiorirà il mandorlo e la locusta si trascinerà a stento e il cappero non avrà più effetto, poiché l'uomo se ne va nella dimora eterna e i piagnoni si aggirano per la strada; prima che si spezzi il filo d'argento e la lucerna d'oro s'infranga e si rompa l'anfora alla fonte e la carrucola cada nel pozzo, e ritorni la polvere alla terra, com'era prima, e il soffio vitale torni a Dio, che lo ha dato.
Vanità delle vanità, dice Qoèlet, tutto è vanità." (Qoelet 12,1-8)

Quella casa d'argilla, che in definitiva è il corpo dell'uomo, quando va verso la vecchiaia inevitabilmente subirà quel deperimento che così, abbiamo visto, ha descritto il Qoelet:
  • tremeranno i custodi della casa, vale a dire le mani e le braccia;
  • si curveranno i gagliardi, ossia le gambe;
  • cesseranno di lavorare le donne che macinano, rimaste in poche, i denti;
  • si offuscheranno quelle che guardano dalle finestre, gli occhi;
  • e si chiuderanno le porte sulla strada, le orecchie;
  • quando si abbasserà il rumore della mola, la voce;
  • si attenuerà il cinguettio degli uccelli, sonno leggero;
  • si affievoliranno tutti i toni del canto, la sordità;
  • quando si avrà paura delle alture, fiato corto;
  • quando si avrà paura degli spauracchi della strada; difficoltà a camminare;
  • quando fiorirà il mandorlo, i capelli diverranno bianchi;
  • a locusta si trascinerà a stento, pesantezza del corpo;
  • il cappero non avrà più effetto, perdita di appetiti, del cibo e sessuale.
Quando nella vecchiaia, non più autonomi, incerti sul futuro, si sommano solitudine, malattia e prove della vita certo è comprensibile che il vecchio, se non è sostenuto da una solida fede vive triste per quanto ha perduto in quanto è ripiegato su un presente in cui non trova più senso perché la vita diviene senza gusto onde per questi l'unica salvezza attesa è la morte.
Il libro del Siracide propone le seguenti considerazioni sulla morte: "O morte, com'è amaro il tuo pensiero per l'uomo che vive sereno nella sua agiatezza, per l'uomo senza assilli e fortunato in tutto, ancora in grado di gustare il cibo! O morte, è gradita la tua sentenza all'uomo indigente e privo di forze, vecchio decrepito e preoccupato di tutto, al ribelle che ha perduto la pazienza!" (Siracide 41,1s)

LA STORIA DELLA SALVEZZA PASSA PER I VECCHI
C'è il luogo comune che sapienza ed in genere saggezza sono proprie dei vecchi, ma è da distinguere tra sapienza e saggezza.
Sapienza è più connessa al conoscere e la saggezza al ben decidere in base alla conoscenza.
La saggezza viene ai vecchi dall'esperienza passata e in misura maggiore dall'esperienza presente, dalla fermezza e dalla serenità con cui aspettano che arrivi la morte.
Diceva Albert Einstein, "La saggezza non è un prodotto dell'istruzione ma del tentativo di acquisirla, che dura tutta la vita."
Il grande Socrate era "sapiente" perché sapeva di non sapere, ma poi... si uccise.
Fu veramente saggio?
Evidentemente non aveva più nulla da attendere dal futuro e non aveva fede in una vita oltre la morte, quindi la sua sapienza era tutta terrena il cui limite paludato è una sorta di misto di cinismo e di stoicismo.
Sin dall'antichità s'è però consolidata presso i popoli la figura del vecchio saggio da cui l'istituto del "senato", l'assemblea dei vecchi che sono saggi, o che si spera lo siano, per governare gli Stati.
Guai quando si perderà questa buona idea e si esalterà il pragmatismo dei giovani perché s'incrementerà il fuggire dalla saggezza e si andrà incontro a gravi errori, perché non vi saranno sufficienti remore o resipiscenze a compiere atti anche atroci nel nome del ritenuto e spesso condizionato interesse della maggioranza, manipolata dai media, che diventerà sempre più cieca, perché mancheranno giusti maestri.
Basta pensare al riguardo che chi tenta di alterare la propria età cercando di presentarsi più giovane di quanto non sia, dimostra indirettamente un interno disagio nei riguardi di una storia che va mal digerendo e quindi manifesta un'evidente falla nella via della saggezza, perché tenta di propinare un se stesso non vero, il che la dice tutta sulle sue buone intenzioni.
È proprio così, il vecchio che non accetta la propria età, e si colora i capelli o si mette un parrucchino, o peggio ancora si fa fare il lifting e si comporta, o dice di fare, certe cose che di solito i vecchi non fanno più, dimostra d'essere stato sordo ai consigli di saggezza che vengono dal tempo che passa.
Il poeta romano Marziale stigmatizzò così il comportamento di un certo Letino che era un vecchio che non si rassegnava alla vecchiaia:

"Mentiris iuvenem tinctis, Laetine, capillis,
tam subito corvus, qui modo cycnus eras.
Non omnes fallis; scit te Proserpina canum:
personam capiti detrahet illa tuo."
(Ep. III, 43)

Questo pensiero in italiano suona così:

"Letino sei un giovane finto con i tuoi capelli tinti,
tutto ad un tratto sei un corvo quando prima eri un cigno.
Non tutti ingannerai; Proserpina (la dea degli inferi)
sa che sei canuto; sarà lei a strapparti la maschera.
"

Vale a dire, dice Marziale, caro il mio Letino, potrai ingannare qualcuno, ma non la morte.
In definitiva purtroppo non tutti i vecchi sono saggi perché l'egoismo inevitabile se lasciato crescere a dismisura, porta a galla avidità, malignità, inclinazione a mentire e tutti gli altri vizi a cui gli uomini sono soggetti, ma che sono anche chiamati a dominare.

Torno a me.
A tempo debito, ma comunque sempre troppo tardi, a poco più della metà della vita che finora ho vissuto come direbbe Dante, direi a metà della maturità, a 40 anni, ebbi però la grazia di avere l'orecchio aperto e di ascoltare un annuncio che mi ha fatto muovere ed intravedere una meraviglia dietro l'angolo che resta tale per ogni età.
Mi ha fatto interrogare sul dono dell'esistenza che va oltre la vita di questo mondo e sul mio Creatore, e mi ha portato ad iniziare un cammino assieme ad altri, nella Chiesa, per il ritorno a Lui.
Si è verificato in modo positivo proprio quanto esorta quel capitolo 12 del Qoelet all'inizio, onde posso asserire oggi, pur nella terza età, che non è vero che "non ci provo più gusto", anzi si è acceso in me un sano cristiano ottimismo che mi consente di assaporare con curiosità la vecchiaia fisica come dono non offerto a tutti e come periodo nuovo della vita.
È d'altronde il tempo della vecchiaia l'autunno tra le stagioni dell'anno, stagione bellissima per colori e raccolti.
Sono perciò proprio curioso di procedere nel cammino della vita per vedere come se la caverà con me il mio Signore, certo che il Signore in cui credo a tutto provvede e tutto può.
Mentre che il cielo era completamente aperto, senza nubi fisiche e spirituali, nel godere del sole dell'annuncio di Cristo risorto, della luce della rivelazione, della luna della Chiesa che vive del riflesso di Lui, e delle stelle che sono i fratelli della comunità cristiana, allora, per me è stato possibile incamerare fiducia, come fa scorte di cibo la formica per l'inverno, fiducia che torna utile ora e lo sarà sempre di più nei tempi difficili quando si affievolisce tutto ed il pessimismo può farsi avanti.
Bene!
Invece di vivere come un condannato a morte che sente avvicinarsi il giorno del pagamento della pena debbo costatare con sorpresa che la fiducia nel Signore fa svanire la paura come il sole fa con la nebbia.
La condizione dell'uomo è di essere un pellegrino in questo mondo che abita in quella tenda d'argilla, ma la propria traiettoria, lui lo sappia o non, è verso chi l'ha creato.
Questi è come se l'avesse mandato a scuola con gli altri fratelli e lo attende a casa cresciuto e più sapiente, pronto per altri compiti più importanti a seconda del come per le vie di questo mondo ha dato esito il suo comportamento.
Ai cristiani di Corinto San Paolo espresse la propria convinzione, che poi fa parte del credo cristiano della "risurrezione della carne", da cui anch'io prendo forza, con questi termini in cui appunto parla del corpo come di una tenda: "Sappiamo, infatti che, quando sarà distrutta la nostra dimora terrena, che è come, una tenda, riceveremo da Dio un'abitazione, una dimora non costruita da mani d'uomo, eterna, nei cieli. Perciò, in questa condizione, noi gemiamo e desideriamo rivestirci della nostra abitazione celeste purché siamo trovati vestiti, non nudi. In realtà quanti siamo in questa tenda sospiriamo come sotto un peso, perché non vogliamo essere spogliati ma rivestiti, affinché ciò che è mortale venga assorbito dalla vita. E chi ci ha fatti proprio per questo è Dio, che ci ha dato la caparra dello Spirito." (2Corinzi 5,1-5)

Tutto ciò mi ha fornito lo spunto per una rapida rivisitazione dei testi della Bibbia in ebraico ed in italiano, del Nuovo e dell'Antico Testamento, sotto la particolare angolatura dei pensieri che si possono evincere sulla vecchiaia.

Quando di recente, nel rileggere nelle Sacre Scritture, precisamente nel libro della Genesi, sulla chiamata da parte di Dio del nostro padre Abramo nella fede ho riprovato una gran commozione ed ho preso atto che parlava ancora anche a me che avevo quella stessa età.

"Il Signore disse ad Abram: Vattene dal tuo paese,
dalla tua patria e dalla casa di tuo padre,
verso il paese che io ti indicherò" (Genesi 12,1)

Accadde, infatti, che: "Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore, e con lui partì Lot. Abram aveva settantacinque anni..." (Genesi 12,4).

Mi sono così detto che la caparra che ho di certo ricevuta dello Spirito Santo mi sta consolando e mi vuole ricordare che per tutti i giorni della mia vita non mi debbo lasciare andare, anzi debbo proseguire il cammino intrapreso.
Vecchiaia o non vecchiaia, non sono esonerato, anzi devo persistere con tenacia, perché come dice San Paolo "...perché la nostra salvezza è più vicina ora di quando diventammo credenti." (Romani 13,11b)
La meta, la terra promessa e ora più vicina.
È, infatti, come se dicesse proprio a me, non è il momento di sedersi davanti alla tua tenda, ma è ancora tempo di camminare verso il paese che "io ti indicherò", "la Terra Promessa", ove si trova il frutto atteso, l'albero della vita a cui tutti aspirano, Gesù "Ieshua'" , mia salvezza "ieshe'" .
Ecco che allora sono andato a cercare sul tema della vecchiaia nella Bibbia.
Secondo come sono ordinati i vari libri in questa raccolta delle Sacre Scritture la prima volta che si trovano le parole "vecchio", "vecchia" e "vecchi" è nello stesso libro della Genesi, al capitolo 18, riferita proprio alla coppia Abramo e Sara.
Abramo allora aveva 99 anni e 13 anni aveva Ismaele, il figlio avuto da Agar la serva di Sara, ed era accaduto (Genesi 17) che per rispettare l'alleanza, come il Signore aveva chiesto, s'era circonciso con tutti i maschi della casa, servi compresi.
Si era al momento dell'incontro di Abramo col Signore alle Querce di Mamre, infatti, il testo inizia proprio così: "Poi il Signore apparve a lui alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all'ingresso della tenda nell'ora più calda del giorno." (Genesi 18,1)
Gli si manifestò in questo modo: "Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui."
Erano evidentemente tre angeli, in cui la tradizione cristiana ha intravisto una manifestazione della SS. Trinità venuta in terra per punire Sodoma e Gomorra, ma soprattutto per parlare ad Abramo ed annunciargli la nascita del figlio della promessa.

Riporto il testo della traduzione in italiano della C.E.I. del 2008.
Chi parla, in effetti, è al singolare, è uno solo, è il Signore.

Questi si rivolse ad Abramo così:
"Poi gli dissero (disse): Dov'è Sara, tua moglie? Rispose: È là nella tenda. Riprese: Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio. Intanto Sara stava ad ascoltare all'ingresso della tenda, dietro di lui. Abramo e Sara erano vecchi, avanti negli anni; era cessato a Sara ciò che avviene regolarmente alle donne. Allora Sara rise dentro di sé e disse: Avvizzita come sono, dovrei provare il piacere, mentre il mio signore è vecchio! E il Signore disse ad Abramo: Perché Sara ha riso dicendo: Potrò davvero partorire, mentre sono vecchia? C'è forse qualche cosa d'impossibile per il Signore? Al tempo fissato tornerò da te tra un anno e Sara avrà un figlio. Allora Sara negò: Non ho riso! perché aveva paura; ma egli disse: Sì, hai proprio riso." (Genesi 18,9-15)
(In "Gerusalemme la città del gran re" ho, tra l'altro, riportato la decriptazione di Genesi 18,1-15, bellissimo brano in cui si dice della risurrezione e del trasporto a Dio delle anime e dei corpi risorti.)

"Data l'età Sara pensava che un simile miracoloso ringiovanimento sarebbe stato un prodigio grandioso quanto la risurrezione dei morti, che solo Dio stesso può realizzare." (Radak: Sforno)

E così fu, nella vecchiaia, a 100 anni Abramo ebbe un figlio da Sara, Isacco, "Yitzqach" , dal radicale ebraico di "ridere" , il figlio della promessa, figura del Cristo, il Messia, il liberatore, il Redentore che porterà la resurrezione sulla terra, darà un corpo glorioso come il suo e condurrà come su di una navicella spaziale i risorti via con Lui:

"Io sono la via, la verità e la vita." (Giovanni 14,6)

Si pensi che: "La durata della vita di Abramo fu di centosettantacinque anni." (Genesi 25,7), vale a dire Dio gli diede altri 100 anni di vita in questa terra per compiere a pieno la sua volontà e 100 è un numero che indica nei Vangeli la pienezza del raccolto.
In definitiva si può concludere che le religioni a cui si riferisce la metà dell'umanità - ebraismo, cristianesimo e islam - sono nate dall'ascolto prestato a Dio da parte di un vecchio, Abramo, che ha creduto ad una voce e s'è realizzata una sorpresa meravigliosa che l'aspettava oltre ogni logica aldilà dell'angolo della vita che credeva ormai trascorsa.

"Fu così che Abramo ebbe fede in Dio e gli fu accreditato come giustizia. Sappiate dunque che figli di Abramo sono quelli che vengono dalla fede. E la Scrittura, prevedendo che Dio avrebbe giustificato i pagani per la fede, preannunziò ad Abramo questo lieto annunzio: In te saranno benedette tutte le genti. Di conseguenza, quelli che hanno la fede vengono benedetti insieme ad Abramo che credette." (Galati 3,5-9)


I giusti in seno ad Abramo


VECCHIO IN EBRAICO
In ebraico "essere vecchio, diventare vecchio" ha per radicale da cui derivano sostantivi, aggettivi e le altre forme come:
  • "zaqan", "barba e mento barbuto";
  • "zaqen" e "ziqan" "vecchio, anziano", con plurale "ziqenim" e "ziqenei";
  • "zaqanet" "vecchia, anziana", con plurale "zeqenot";
  • "zoqoen", "ziqenah" e "zeqenim" per "vecchiaia e vecchiezza".
Perché tali lettere?
È mia abitudine, infatti, approfondire il perché delle parole ebraiche con i significati grafici delle lettere usate per quella parola.
Prima di far ciò vado a controllare però se il vocabolario può aiutare.
Ecco che vi si trova:
  • "zeq": plurale "ziqqaim" per "catene, ceppi" e anche per "saette", ove le lettere che lo formano possono così interpretarsi, per catene e ceppi "attrezzo che si piega/rovescia " e per saette "colpiscono rovesciandosi ".
  • radicale del verbo "fondere, liquefate" (un metallo), "stillare, colare" (di pioggia), indi "purgare, affinare" (l'oro) ed essere purificato (di vino e metalli), ove le lettere che lo formano possono così interpretarsi, per "stillare, colare", "tra saette/scintille si rovescia " e per "purgare, affinare" "in attrezzo curvo versare ".
Non dobbiamo poi dimenticare il radicale che può anche riferirsi al "formare, creare" onde "versare energia che entra ".
A questo punto pare rilevante il concetto alchemico del "purificare" del portare al color bianco.
I tre stadi fondamentali nell'alchimia, infatti, erano:
  • Nigredo o "opera al nero", in cui la materia si dissolve, putrefacendosi;
  • Albedo o "opera al bianco", ove la sostanza si purifica, sublimandosi;
  • Rubedo o "opera al rosso", stadio in cui si ricompone, fissandosi.
Il vecchio "zaqen", quindi, è stato come sottoposto ad un processo di "Albedo", "colpito da un rovescio di energia " "questo ha versato energie " ed è "questi uno formato ()", cioè è ormai pronto.
Gli effetti della vecchiaia, con tutti i malanni e gli acciacchi conseguenti, sono le offese del tempo, della corruzione che procede a causa della scelta del peccato che ha allontanato l'umanità dal disegno di Dio su di noi che, per evitarci la catastrofe, ha inventato il tempo e la fine del delle vicende negative, onde il vecchio è anche "un colpito dai rovesciamenti dell'angelo ribelle di questo mondo ".

Altro modo per parlare di vecchiaia in ebraico è il radicale (con la lettera di "sin") di "diventare canuto, essere canuto" da cui "sheib" e "sheibah" "canutezza, vecchiezza" e "shab" "vecchio, anziano".
Dal punto di vista fisico "sheibah" si può considerare che è uno che "bruciato/arso è stato dentro al mondo ".
Dal punto di vista morale "sheib" si spera che il canuto di fatto "illuminato sia stato dentro ".

Il pensiero che vecchiaia possa portare sapienza si trova più volte nei libri sapienziali, come in:
  • Proverbi 16,31 - "Corona magnifica è la canizie, ed essa si trova sulla via della giustizia."
  • Siracide 6,18 - "Figlio, sin dalla giovinezza medita la disciplina, conseguirai la sapienza fino alla canizie."
La canizie così può portare a ritenere un intervenuto raggiungimento di sapienza, ma gli stessi scritti sapienziali della Bibbia mettono in guardia che ciò purtroppo non sempre è vero, infatti, il testo seguente, tratto dal libro della Sapienza è esplicito al riguardo: "Vecchiaia veneranda non è la longevità, né si calcola dal numero degli anni; ma la canizie per gli uomini sta nella sapienza; e un'età senile è una vita senza macchia." (Sapienza 4,8s)

Se però s'è cominciato presto ad interrogarsi su Dio, come dice il salmo 71 che poi scruterò attentamente, si può sperare che anche nella vecchiaia si possa essere utili: "Tu mi hai istruito, o Dio, fin dalla giovinezza e ancora oggi proclamo i tuoi prodigi. E ora, nella vecchiaia e nella canizie, Dio, non abbandonarmi, finché io annunzi la tua potenza, a tutte le generazioni le tue meraviglie." (Salmo 71,17s)

Un altro spunto per meditare sul "vecchio" è il radicale (con la lettera di "shin") che è relativo al "condurre in esilio" in quanto contiene in pratica le stesse lettere di essere canuto, ed è verbo che agita anche il pensiero di uno che desidera il ritorno a casa dopo essere stato pellegrino nel mondo.

Ognuno, infatti, in modo più o meno pesante passa attraverso le tribolazioni del mondo vale a dire dolore, malattie e morte dei congiunti ed infine propria.
L'uomo nella vecchiaia, arrivando al color bianco della canizie, passando per l'esilio del mondo viene come bruciato.
Almeno formalmente pare come si stia purificando, come se abbia subito il processo in cui si fanno passare i metalli portandoli al color bianco per far perdere loro tutte le scorie.
Parlando dei giusti, il libro della Sapienza fa pensare proprio a ciò col dire: "Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé: li ha saggiati come oro nel crogiuolo e li ha graditi come un olocausto." (Sapienza 3,5s)
E gli olocausti sono bruciati totalmente sull'altare!
L'altare è il mondo, la vita un fuoco e vivendo secondo la volontà di Dio si è come un sacrificio vivente per Lui che in definitiva ha desiderato la nostra piena esistenza, perché, dice Gesù "chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà." (Matteo 10,39)

Nel cristianesimo, nel Regno tutti i Santi di Dio, peraltro, sono in veste bianca (Apocalisse 7), lavati dal sangue dell'Agnello e sono tutti "anziani" nella fede, "sheibah" in quanto "illuminati sono stati dentro al mondo ", illuminati dal Battesimo, che appunto è nel contempo illuminazione e promessa di risurrezione.
L'Apocalisse, infatti, parla di questo e segnala la presenza dei vegliardi.
Vi sono dei vegliardi in cielo e là da loro arrivano tutti quelli della terra, i vestiti di bianco per il lavacro ricevuto nel corpo di Gesù Cristo.


"Uno dei vegliardi, allora, si rivolse a me e disse: Quelli che sono vestiti di bianco, chi sono e donde vengono? Gli risposi: Signore mio, tu lo sai. E lui: Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell'Agnello. Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo santuario; e Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro." (Apocalisse 7,13-15)

Questi vegliardi, e chi arriva da loro, vedranno Dio così come egli è.
Dice, infatti, la prima lettera di Giovanni: "Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro." (1Giovanni 3,1-3)

Dio, infatti, da sempre nell'iconografia è immaginato con i capelli bianchi, perché nell'eternità.
Questa, infatti, è la visione di Lui riportata nel libro del profeta Daniele: "Io continuavo a guardare, quand'ecco furono collocati troni e un vegliardo si assise. La sua veste era candida come la neve e i capelli del suo capo erano candidi come la lana; il suo trono era come vampe di fuoco con le ruote come fuoco ardente. Un fiume di fuoco scendeva dinanzi a lui, mille migliaia lo servivano e diecimila miriadi lo assistevano. La corte sedette e i libri furono aperti." (Daniele 7,9s)


Cappella Sistina - Dio crea Adamo


I VEGLIARDI O ANZIANI DELL'APOCALISSE
Nelle visioni dell'ultimo libro del così detto Nuovo Testamento, quello dell'Apocalisse che la tradizione attribuisce a San Giovanni apostolo, si trovano, appunto, nominati i "vegliardi" che la traduzione C.E.I. del 2008 propone come "anziani".
Tale libro riprende in pratica le visioni del profeta Daniele in cui Dio stesso è definito il "Vegliardo" come ho riportato nell'ultima citazione del precedente paragrafo.
Nel libro di Daniele, come nell'Apocalisse, dal Vegliardo furono dati i poteri completi a un Figlio d'uomo, il Messia.
"Guardando ancora nelle visioni notturne, ecco venire con le nubi del cielo uno simile a un figlio d'uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui. Gli furono dati potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano: il suo potere è un potere eterno, che non finirà mai..." (Daniele 7,13s)
Tramite quel Figlio d'uomo venne sulla terra il tempo finale del "...vegliardo e fu resa giustizia ai santi dell'Altissimo e giunse il tempo in cui i santi dovevano possedere il regno." (Daniele 7,22)
In greco i vegliardi sono i "presbuterouz" "presbuterous", esseri che essendo diventati vecchi furono certamente uomini, di età avanzata e di aspetto autorevole.
Essendo anche evidentemente giusti esprimono proprio la massima somiglianza ed immagine dell'uomo col Creatore.

Si deve arguire che questi furono riscattati dal sacrificio di Gesù Cristo.
Nella trasfigurazione, infatti, lui Gesù, pur se uomo maturo, ha il volto sfolgorante come il sole, onde anche i capelli hanno cambiato colore e fanno presente la divinità di quel Figlio d'uomo.
Tra quei vegliardi dobbiamo pensare siano inseriti patriarchi, re e profeti come Adamo, Enok, Noè, Abramo, Isacco, Giacobbe... Mosè... David... Elia... Giovanni Battista.
Questi vegliardi o anziani sono indicati in numero di 24 di cui 12 dovrebbero essere gli apostoli perché è detto da Gesù stesso in:
  • Matteo 18,28 - "...In verità vi dico: voi che mi avete seguito, nella nuova creazione, quando il Figlio dell'uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele."
  • Luca 22,28-30 - "Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove; e io preparo per voi un regno, come il Padre l'ha preparato per me, perché possiate mangiare e bere alla mia mensa nel mio regno e siederete in trono a giudicare le dodici tribù di Israele."
Quei vegliardi sono ricordati nell'Apocalisse:
  • Apocalisse 4,4 - "Attorno al trono c'erano ventiquattro seggi e sui seggi stavano seduti ventiquattro anziani avvolti in candide vesti con corone d'oro sul capo."
  • Apocalisse 4,10 - "i ventiquattro anziani si prostrano davanti a Colui che siede sul trono e adorano Colui che vive nei secoli dei secoli."
  • Apocalisse 5 - Nell'episodio dell'apertura del libro sigillato.
  • Apocalisse 11,16-17 - "Allora i ventiquattro anziani, seduti sui loro seggi al cospetto di Dio, si prostrarono faccia a terra e adorarono Dio dicendo: Noi ti rendiamo grazie, Signore Dio onnipotente, che sei e che eri..."
  • Apocalisse 19,4 - "Allora i ventiquattro anziani e i quattro esseri viventi si prostrarono e adorarono Dio, seduto sul trono, dicendo: Amen, alleluia."
  • Interessante anche ai fini della mia ricerca è la testimonianza di questi anziani, almeno di quelli che provenivano dall'antica tradizione ebraica che erano anche loro certamente tra quelli che non riuscivano ad aprire i sigilli delle Sacre Scritture, quindi, in particolare della Torah, perché "sigillata" come si evince dall'episodio al capitolo 5 della stessa Apocalisse.

    Questo è il testo dell'Apocalisse su tale questione:

    "E vidi, nella mano destra di Colui che sedeva sul trono, un libro scritto sul lato interno e su quello esterno, sigillato con sette sigilli. Vidi un angelo forte che proclamava a gran voce: Chi è degno di aprire il libro e scioglierne i sigilli? Ma nessuno né in cielo, né in terra, né sotto terra, era in grado di aprire il libro e di guardarlo. Io piangevo molto... Uno degli anziani mi disse: Non piangere; ha vinto il leone della tribù di Giuda, il Germoglio di Davide, e aprirà il libro e i suoi sette sigilli. Poi vidi, in mezzo al trono, circondato dai quattro esseri viventi e dagli anziani, un Agnello, in piedi, come immolato; aveva sette corna e sette occhi, i quali sono i sette spiriti di Dio mandati su tutta la terra... e prese il libro dalla destra di Colui che sedeva sul trono... i quattro esseri viventi e i ventiquattro anziani si prostrarono davanti all'Agnello, avendo ciascuno una cetra e coppe d'oro colme di profumi, che sono le preghiere dei santi, e cantavano un canto nuovo: Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e hai riscattato per Dio, con il tuo sangue, uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione, e hai fatto di loro, per il nostro Dio, un regno e sacerdoti, e regneranno sopra la terra. E vidi, e udii voci di molti angeli attorno al trono e agli esseri viventi e agli anziani... e dicevano a gran voce: L'Agnello, che è stato immolato, è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione. Tutte le creature nel cielo e sulla terra, sotto terra e nel mare, e tutti gli esseri che vi si trovavano, udii che dicevano: A Colui che siede sul trono e all'Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli. E i quattro esseri viventi dicevano: Amen. E gli anziani si prostrarono in adorazione." (Apocalisse 5,1-14)

    L'anziano che parla e disse: "Non piangere; ha vinto il leone della tribù di Giuda, il Germoglio di Davide" probabilmente è il profeta Isaia che nei suoi scritti disse del germoglio della radice di Iesse (Isaia 11,10) e del libro sigillato (Isaia 19,11).
    Il libro è scritto su due facce ed è sigillato, come del resto risulta proprio quando si affronta col metodo della decriptazione.
    Grazie in particolare al valore anche d'icona delle lettere di quell'alfabeto, tutte le Sacre Scritture in ebraico, di cui porto avanti una proposta di decriptazione, sono suscettibili di altra lettura.
    Peraltro il sette dei sigilli, oltre che essere un numero "biblico", è anche il numero delle regole di decriptazione in "Parlano le lettere" la cui chiave essenziale è appunto rivolgere al Messia, il germoglio di Davide, le profezie che s'ottengono da quella particolare lettura.
    Il testo ebraico della Bibbia ebraica, detta Tenak, in virtù di quelle espressive lettere che ne formano l'alfabeto è permeata in ogni parte dall'epopea del Messia che ne è ordito e trama.
    Questa epopea, peraltro calzante con l'essenza dei Vangeli, può essere estratta se si fa ricorso ai testi originari scritti con quei segni e con una lettura particolare, non solo con le regole della grammatica ebraica, ma anche utilizzando quei segni come immagini.
    Tale, infatti, è il filone principale della mia ricerca iniziata tanti anni or sono, esplosa alla fine degli anni 90 e che presentai in Internet a partire dal 2003-4 con "Decriptare le lettere parlanti delle sacre scritture ebraiche".

    Per comprendere vastità e il significati del tema propongo questi articoli:
    I 70 ANZIANI
    "Settanta" in ebraico è "shibe'im" ed in sé, per le lettere che lo compongono, porta a pensare anche al biletterale "shab" (pur se con la lettera ? di "sin") che, come ho prima detto, definisce il "vecchio o anziano", che secondo il Salmo 90,10 si trova oramai al massimo della propria "funzione" tra i settanta e gli ottanta anni.
    Possiamo subito osservare che le lettere ebraiche di settanta dà luogo a queste idee:
    • = + + = "il vecchio pur tra le rovine vive ", che è un commento sulla sua situazione fisica;
    • = + + = fa "ardenti preghiere al Vivente ", che è un commento sulla sua attitudine al "religioso";
    • = + + + = "i vecchi vedranno colui che è il Vivente ", e questo è tema che si trova nella Torah.
    Nel libro dell'Esodo, al capitolo 3, quando IHWH dal roveto ardente parla a Mosè, l'incarica così: "Va! Riunisci gli anziani d'Israele e dì loro: Il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, mi è apparso per dirmi: Sono venuto a visitarvi e vedere ciò che viene fatto a voi in Egitto... Essi ascolteranno la tua voce, e tu e gli anziani d'Israele andrete dal re d'Egitto e gli direte: Il Signore, Dio degli Ebrei, si è presentato a noi." (Esodo 3,16-18)

    Così avvenne.
    Gli anziani trasmettono, infatti, i ricordi più lontani e costituiscono la memoria delle promesse, onde testimoniano la fedeltà del Signore alle generazioni successive.
    A questi anziani, a cui andrà Mosè, i loro antenati, nonni e bisnonni, avevano certamente raccontato della meravigliosa terra promessa ove aveva risieduto Israele, loro padre, e i loro avi Abramo ed Isacco con le matriarche.
    Molti di loro avevano, infatti, visto la grotta di Macpela dove Giuseppe il vice - faraone, con una grande carovana partita dall'Egitto, fornita dal faraone stesso, portò a seppellire il padre Israele, là, ad Ebron, dove appunto erano stati sepolti Abramo e Sara, Isacco e Rebecca, e dove Giacobbe aveva sepolto la prima moglie, Lia, come è narrato nell'ultimo capitolo del libro della Genesi:

    "Giuseppe andò a seppellire suo padre e con lui andarono tutti i ministri del faraone, gli anziani della sua casa, tutti gli anziani della terra d'Egitto, tutta la casa di Giuseppe, i suoi fratelli e la casa di suo padre. Lasciarono nella regione di Gosen soltanto i loro bambini, le loro greggi e i loro armenti. Andarono con lui anche i carri da guerra e la cavalleria, così da formare una carovana imponente." (Genesi 50,7-9)

    Sono pure, ancora, gli anziani quelli che presiedettero alle incombenze ricevute da Mosè per preparare la prima Pasqua in cui la luna nuova di primavera fu testimone di Dio liberatore.
    All'uscita dall'Egitto, infatti: "Mosè convocò tutti gli anziani d'Israele e disse loro: Andate a procurarvi un capo di bestiame minuto per ogni vostra famiglia e immolate la Pasqua." (Esodo 12,21)
    Quanti poi uscirono con Mosè dall'Egitto, non erano solo giovani e forti, ma anche vecchi, donne e bambini e tutti assieme furono condotti nel deserto per subire le stesse pesanti traversie, ma uniti sotto l'ombra di Dio che li accompagnava.
    Ietro, padre di Zippora, il vecchio e saggio suocero, aveva già consigliato Mosè di farsi aiutare nei suoi gravosi compiti. (Esodo 18)
    Dio stesso però, poi, secondo il libro dei Numeri, gli aveva detto: "Raduna settanta uomini stimati, che tu conosci, tra gli anziani e i responsabili del popolo. Li condurrai alla tenda dell'incontro, e si presenteranno alla mia presenza accanto a te. Io interverrò per parlare con te. Prenderò un pò dello spirito che ti ho dato, per effonderlo su di loro. Così essi potranno aiutarti a portare il peso di questo popolo, e non sarai più solo a farlo". (Esodo 11,16s)
    Accadde, infine, sempre secondo il racconto del libro dell'Esodo che gli anziani furono premiati!
    Avevano anche loro ricevuto lo spirito che aveva investito Mosè.

    Il premio fu che questi Settanta di anziani, a faccia a faccia senza morire:

    "...videro il Dio d'Israele". (Esodo 24,10)

    Questo è quanto dice il libro dell'Esodo al riguardo: "Mosè salì con Aronne, Nadab, Abiu (figli di Aronne) e i settanta anziani d'Israele. Essi videro il Dio d'Israele: sotto i suoi piedi vi era come un pavimento in lastre di zaffìro, limpido come il cielo. Contro i privilegiati degli Israeliti non stese la mano: essi videro Dio e poi mangiarono e bevvero." (Esodo 24,9-11 Vedi: "Ritorno al Sinai" ove tra l'altro ho decriptato Esodo 24 e "Un seme della Torah nella Torah!" ove o decriptato pure Numeri 11.)

    Sotto i piedi del Dio d'Israele c'era un pavimento di zaffiro "saffir" .
    Il Regno dei cieli, prima che fosse aperto per gli uomini grazie al sacrificio ed alla vittoria sulla morte di Cristo risorto "Li strapperò di mano agli inferi, li riscatterò dalla morte?" (Osea 13,14), era, infatti, intravedibile dall'ebraismo solo attraverso le Sacre Scritture ed in particolare dal "Sofer" libro, rotolo, della Torah le cui lettere praticamente sono anche in "Saffir" che viene a costituirne un'immagine poetica.
    Gli anziani d'Israele tanto hanno scrutato quel libro , che poeticamente ricorda lo zaffiro "saffir" , il colore del cielo, e vi hanno intravisto il Messia che rappresenta in modo criptico appunto i piedi "ragelai" del Dio d'Israele; infatti, questi col Messia "col corpo a rivelarsi () sarà ".
    (Vedi: "Alfabeto ebraico, trono di zaffiro del Messia")

    L'annuncio è che ciò che profetizzano le scritture, in modo palese con le profezie esterne ed in modo criptato nel substrato delle lettere, si è portato fuori dal libro ".
    Questi, appunto, è il Messia, Gesù di Nazaret, che disse:
    • Giovanni 5,39 - "Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me."
    • Giovanni 5.46s - "Mosè... ha scritto di me. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?"
    • (Vedi: "Decriptare le lettere parlanti delle sacre scritture ebraiche")
    Quei 70 anziani con a capo il Sommo Sacerdote, quindi 71 in tutto, sono l'anticipo di ciò che poi sarà nell'ebraismo il famoso Sinedrio, il "Sanhedrin", cioè "assemblea o consiglio", l'organo preposto all'emanazione delle leggi ed alla gestione della giustizia in Gerusalemme e che rappresentava il popolo ebreo presso l'autorità romana nel I secolo a.C. e d.C..
    (Fu menzionato per la prima volta, con il nome di "gerousìa" - consiglio degli anziani- al tempo del re Antioco III di Siria 223-187 a.C..)

    Sappiamo, peraltro, che all'epoca di Gesù i membri del Sinedrio erano:
    • i "presbuteroi" o rappresentanti più responsabili del popolo, di stirpe non sacerdotale;
    • gli "arkieréis", sommi sacerdoti retrocessi e membri delle quattro famiglie dalle quali si sceglievano i sommi sacerdoti;
    • i "grammatèis", o scribi, per lo più di tendenza farisaica.
    Ciascun membro in definitiva era o un sadduceo o un fariseo ed in genere era anche stato uno scriba (Atti 5:17; 7,1; 23,1-2.6).

    Funzione basilare nell'ebraismo da parte degli anziani della famiglia è il presiedere al memoriale della Pasqua.
    Ciò si evince dallo stesso antico libro dell'Esodo 12,21-27:

    "Mosè convocò tutti gli anziani d'Israele e disse loro: Andate a procurarvi un capo di bestiame minuto per ogni vostra famiglia e immolate la pasqua. Prenderete un fascio di issopo, lo intingerete nel sangue che sarà nel catino e spruzzerete l'architrave e gli stipiti con il sangue del catino. Nessuno di voi uscirà dalla porta della sua casa fino al mattino. Il Signore passerà per colpire l'Egitto, vedrà il sangue sull'architrave e sugli stipiti: allora il Signore passerà oltre la porta e non permetterà allo sterminatore di entrare nella vostra casa per colpire. Voi osserverete questo comando come un rito fissato per te e per i tuoi figli per sempre. Quando poi sarete entrati nel paese che il Signore vi darà, come ha promesso, osserverete questo rito. Allora i vostri figli vi chiederanno: Che significa questo atto di culto? Voi direte loro: È il sacrificio della pasqua per il Signore, il quale è passato oltre le case degli Israeliti in Egitto, quando colpì l'Egitto e salvò le nostre case".

    Così nelle case degli ebrei, ancor oggi dopo circa XXXIII secoli, secondo il rito dell'Haggadah di Pesach, per tutta la durata di una notte, in una cena, ove si alternano racconti biblici e lodi al Signore, attorno alla mensa, con molti segni stabiliti dal "Seder" o Rituale si fa memoriale e il vecchio della casa presiede ed è basilare per la trasmissione della fede.
    In quella notte, infatti, i più giovani della famiglia si alzano per chiedere al più anziano di fare il proprio memoriale dell'evento storico e personale della Pasqua e questi oltre a ricordare gli eventi biblici racconta la storia anche della famiglia e propria per ringraziare il Signore delle grazie liberatorie che gli sono state concesse.

    LA GIUSTA VECCHIAIA
    Dal profeta Daniele, come abbiamo visto nel libro omonimo, in Daniele 7,9.13.22, Dio è detto "il Vegliardo".
    I vegliardi giusti perciò sono proprio la massima immagine e somiglianza dell'uomo col Creatore.
    I capelli bianchi sono segno di stabilità.
    Divenuti canuti, infatti, il colore di questi permane e non cambia oltre.
    Quel colore dei capelli avverte che l'uomo è un veterano che deve aver superato, comunque, varie traversie.
    Il candore delle chiome richiama, peraltro, quello delle cime innevate dell'Ermon; quindi, pensando al "Vegliardo", la Torah dispone: "Alzati davanti a chi ha i capelli bianchi , onora la persona del vecchio e temi il tuo Dio. Io sono il Signore." (Levitico 19,32)

    Ecco che di fatto: "Vanto dei giovani è la loro forza, ornamento dei vecchi è la canizie." (Proverbi 20,29)
    Ciò, indipendentemente se il soggetto canuto abbia o meno attinto alla sapienza.
    La canizie piace al Signore, perché è il colore della Colomba, lo Spirito Santo.
    Il libro della Sapienza in merito però, come ho già citato, avverte: "Vecchiaia veneranda non è la longevità, né si calcola dal numero degli anni; ma la canizie per gli uomini sta nella sapienza; e un'età senile è una vita senza macchia." (Sapienza 4,8s)
    Il giusto, qualsiasi età terrena abbia, è da considerare come se fosse canuto, perché s'è comportato secondo sapienza, infatti: "Il giusto defunto condanna gli empi ancora in vita; una giovinezza, giunta in breve alla perfezione, condanna la lunga vecchiaia dell'ingiusto." (Sapienza 4,16)

    In "Padre Nostro chiave di volta contro la pena di morte" ho tra l'altro riportato decriptato l'intero capitolo 19 del Levitico e quel versetto che ho sopra citato di Levitico 19 ha fornito la seguente idea sulla risurrezione che riporto in color seppia:

    Levitico 19,32 - "Per i viventi il soffio d'energia sarà un dono, dentro entrerà in tutti per risorgerli e usciranno delle generazioni tutte le persone a riesistere, i vecchi si riporteranno ad essere nei corpi nella pienezza/nella maturità, la forza della rettitudine delle origini inviata sarà stata dal Signore."

    Poco più oltre lo stesso decriptato informa come sarebbero i risorti:

    Levitico 19,32 - "Per la potenza riverranno nell'agire simili a fanciulli, dentro i viventi il fuoco soffiato nei cuori dall'oppressione li ha liberati, ad arrostire ha portato dentro l'insidiatore che uscì."

    In quell'articolo, infatti, tra l'altro mi domandavo: "Visto che col variare dell'età, oltre all'aspetto del corpo, a seconda dei momenti, delle condizioni, delle situazioni, delle occasioni e degli incontri, al variare della conoscenza, muta, intelletto, l'impegno sociale, sentimenti e disposizione dello spirito, quando ci sarà l'attesa resurrezione della carne, quale sarà l'io, cioè il complesso glorioso di carne - anima che sarà risorto nell'eternità?"

    Dopo il giudizio, quanto di negativo, non avrà seguito, Dio l'annullerà e questo è il perdono dei peccati!
    ...
    Certo è che Dio, dell'aspetto di ciascuno nelle varie età - fisico, etico, sociale e spirituale - saprà scegliere, a proprio giudizio, ciò che è stato il meglio o che vi tendeva, per fare poi sviluppare ai maggiori livelli, che Lui vorrà, gli impulsi, la linearità e la spontaneità che nei rapporti l'individuo avrà saputo in libertà solo accennare nelle varie esperienze.
    Ciò che sarà, Lui lo sa; sicuro è che l'uomo si riconoscerà in quel se stesso risorto ed anche gli altri lo riconosceranno e lui li riconoscerà.
    L'uomo, che alla luce del pensiero di Dio avrebbe dovuto essere, ma che lo è stato solo per attimi, perché solo per attimi - e magari lo fosse - ha fatto la volontà di Dio, sarà allora alla luce e s'attuerà senza intralci.
    Questo avverrà nella vita eterna.
    Dio saprà cogliere i migliori attimi personali e dilatarli e creare di ciascuno l'io eterno in un'intima connessione di quanto personale e Suo, senza semi o tracce non voluti e ci riconosceremo in Lui, questa è la comunione dei santi!
    Una nuova giovinezza per sempre; questa è la risurrezione della carne!
    A scuola della Sua santità e questa è la vita eterna!

    Con questo pensiero, la dilatazione della vita terrena col tempo della vecchiaia è da considerare quale atto d'amore di Dio.
    Il soggetto, infatti, viene aiutato dal Signore con un maggior tempo di vita per dargli una maggiore opportunità di riparazione col compiere opere buone di cui era carente e che altrimenti non avrebbe compiuto e nello stesso tempo provarne più a lungo la fede, o per portare a termine qualche compito particolare che gli ha assegnato.

    Si può leggere sotto tale profilo il seguente monito della 2Pietro ove la magnanimità del Signore è dare più tempo per convertirsi:

    "Una cosa però non dovete perdere di vista, carissimi: davanti al Signore un giorno è come mille anni e mille anni come un giorno solo. Il Signore non ritarda nell'adempiere la sua promessa, come certuni credono; ma usa pazienza verso di voi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi. Il giorno del Signore verrà come un ladro; allora i cieli con fragore passeranno, gli elementi consumati dal calore si dissolveranno e la terra con quanto c'è in essa sarà distrutta. Poiché dunque tutte queste cose devono dissolversi così, quali non dovete essere voi, nella santità della condotta e nella pietà, attendendo e affrettando la venuta del giorno di Dio, nel quale i cieli si dissolveranno e gli elementi incendiati si fonderanno! E poi, secondo la sua promessa, noi aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali avrà stabile dimora la giustizia. Perciò, carissimi, nell'attesa di questi eventi, cercate d'essere senza macchia e irreprensibili davanti a Dio, in pace. La magnanimità del Signore nostro giudicatela come salvezza..." (2Pietro 3,8-15)
    Pur se è da considerare che:
    "Se non hai raccolto in gioventù, che cosa vuoi trovare nella vecchiaia? Quanto s'addice il giudicare ai capelli bianchi e agli anziani il saper dare consigli! Quanto s'addice la sapienza agli anziani, il discernimento e il consiglio alle persone onorate! Corona dei vecchi è un'esperienza molteplice, loro vanto è temere il Signore." (Siracide 25,3-6),
    è anche vero che è grande la misericordia di Dio, onde tutto è possibile.

    La vecchiaia invece di essere un tempo di decadimento, può essere, ad opera della parola di Dio, un tempo di grazia, fecondo, pieno di nuovi frutti dal punto di vista spirituale per testimoniare la fede, infatti:

    "Il giusto fiorirà come palma, crescerà come cedro del Libano; piantati nella casa del Signore, fioriranno negli atri del nostro Dio. Nella vecchiaia daranno ancora frutti, saranno vegeti e rigogliosi, per annunziare quanto è retto il Signore: mia roccia, in lui non c'è ingiustizia." (Salmo 92,13-16)

    San Paolo, divenuto anziano nella fede, può così affermare:

    "Perciò non ci scoraggiamo; ma, anche se il nostro uomo esteriore si va disfacendo, il nostro uomo interiore si rinnova di giorno in giorno. Perché la nostra momentanea, leggera afflizione, ci produce un sempre più grande, smisurato, peso eterno di gloria, mentre abbiamo lo sguardo intento non alle cose che si vedono, ma a quelle che non si vedono, poiché le cose che si vedono sono per un tempo, ma quelle che non si vedono sono eterne." (2Corinzi 4,16-18)

    Per il rinnovamento che ci attende con la gloria della risurrezione, di cui abbiamo detto la vecchiaia è così la vigilia che annuncia il ringiovanimento!

    Il patriarca ed il giusto nel morire è "sazio di giorni" "sheba' maim" ( è qui la sin) come:
    • "Poi Abramo spirò e morì in felice canizie, vecchio e sazio (anche di giorni), e si riunì ai suoi antenati." (Genesi 25,8)
    • "Poi Isacco spirò, morì e si riunì ai suoi antenati, vecchio e sazio di giorni. Lo seppellirono i suoi figli Esaù e Giacobbe." (Genesi 35,29)
    • "Davide, ormai vecchio e sazio di giorni, costituì re su Israele suo figlio Salomone. (1 Cronache 23,1)
    • "Poi Giobbe morì, vecchio e sazio di giorni." (Giobbe 42,17)
    • "Ioiadà, divenuto vecchio e sazio di anni, morì a centotrenta anni. Lo seppellirono nella città di Davide con i re, perché aveva agito bene in Israele per il servizio del Signore e per il suo tempio." (2Cronache 24,15s)
    È da notare che per Abramo e per Isacco il testo sottolinea che "spirò e morì", cioè come se avessero emesso lo spirito senza agonia, quindi senza dolore fisico.
    Mosè poi aveva 120 anni quando morì e dice il testo in Deuteronomio 24 "...gli occhi non gli si erano spenti e il vigore non gli era venuto meno".
    (Vedi: "Le benedizioni di Giacobbe e di Mosè" in particolare il paragrafo "Morte di Mosè")

    Pare proprio potersi concludere chi ha agito bene può morire sazio!

    Il desiderio terreno del vecchio giusto è rivolto verso il conservarsi del proprio lascito spirituale.
    Ilibro del Siracide coglie in questo modo quel santo desiderio:

    "Nella loro discendenza dimora
    una preziosa eredità, i loro nipoti.
    La loro discendenza resta fedele alle promesse
    e i loro figli in grazia dei padri." (Siracide 44,11s)

    Sazietà della vita si può trovare solo in Dio, padrone e signore della vita.
    Abbiamo, infatti, visto come quei vari personaggi biblici ebbero la benedizione di una sazietà di vita grazie all'intimo rapporto personale col Creatore.
    Tale comunione è dono grande più dell'onore e del rispetto, più della maturità e della saggezza, ed è in definitiva il sigillo di una vita terrena ben vissuta.
    L'anziano, se gode di tale dono, è testimone alla sua famiglia, alla sua comunità, al popolo di Dio ed al suo mondo che lo circonda che il Dio in cui crede è un Dio fedele che sta portando con lui a buon fine la promessa come dice il profeta Isaia:

    "Fino alla vostra vecchiaia io sarò sempre lo stesso,
    io vi porterò fino alla canizie.
    Come ho già fatto, io vi porterò e vi salverò." (Isaia 46,4)

    Questo della salvezza, infatti, è un sogno che grazie a Dio vivranno anche gli anziani come dice il profeta Gioele: "Io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni." (Giole 3,1) ed i sogni in Dio divengono realtà salvifiche, basta al riguardo ricordare ai sogni di Giuseppe viceré d'Egitto e di Giuseppe lo sposo di Maria e padre vergine di Gesù.
    I vecchi così potranno ancora sognare sogni che si realizzeranno!
    Il cammino verso Dio non termina mai in questa vita e l'anziano è pari agli altri, ad ogni altro discepolo con un itinerario di fede da compiere, e testimone dell'itinerario di fede compiuto.
    Sant Agostino, il grande Vescovo di Ippona che a 72 anni, 4 prima della morte fattosi sostituire nell'episcopato disse riguardo alla propria condizione di vecchio: "In questa vita siamo tutti mortali, ma l'ultimo giorno di questa vita è per ogni individuo sempre incerto. Tuttavia nell'infanzia si spera di giungere all'adolescenza, nell'adolescenza alla giovinezza, nella giovinezza all'età adulta, nell'età adulta all'età matura, nell'età matura alla vecchiaia. Non si è sicuri di giungervi, ma si spera. La vecchiaia, al contrario, non ha davanti a sé alcun altro periodo da poter sperare; la sua stessa durata è incerta... Io per volontà di Dio giunsi in questa città nel vigore della mia vita; ma ora la mia giovinezza è passata e io sono ormai vecchio." (Ep. 213,1) e designò il successore il prete Eraclio.
    In tale occasione indicò che il propositi per il suo futuro era dedicarsi a un più intenso studio delle Sacre Scritture (Ep. 213,6), come peraltro ha fatto in tempi recenti anche il cardinale Martini e lo stesso papa emerito Benedetto XVI.
    Vi furono così per Sant Agostino quattro anni di straordinaria attività ed ultimò ed iniziò opere importanti.

    A conclusione della propria vita, per un uomo che ha seguito il Signore non c'è nulla di più bello di poter dire come San Paolo: "Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione." (2Timoteo 4,7s)

    A conclusione di questo paragrafo riporto alcuni stralci del discorso che fece Benedetto XVI nel corso della visita che fece il 13.11.2012 alla Casa-Famiglia "Viva gli Anziani" della Comunità di Sant'Egidio.

    "...rivolgendomi idealmente a tutti gli anziani, pur nella consapevolezza delle difficoltà che la nostra età comporta, vorrei dirvi con profonda convinzione: è bello essere anziani! In ogni età bisogna saper scoprire la presenza e la benedizione del Signore e le ricchezze che essa contiene. Non bisogna mai farsi imprigionare dalla tristezza! Abbiamo ricevuto il dono di una vita lunga. Vivere è bello anche alla nostra età, nonostante qualche "acciacco" e qualche limitazione. Nel nostro volto ci sia sempre la gioia di sentirci amati da Dio, e non la tristezza... Cari amici, alla nostra età facciamo spesso l'esperienza del bisogno dell'aiuto degli altri; e questo avviene anche per il Papa. Nel Vangelo leggiamo che Gesù disse all'apostolo Pietro: "Quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi." (Giovanni 21,18) ...Il Signore si riferiva al modo in cui l'Apostolo avrebbe testimoniato la sua fede fino al martirio, ma questa frase ci fa riflettere sul fatto che il bisogno di aiuto è una condizione dell'anziano. Vorrei invitarvi a vedere anche in questo un dono del Signore, perché è una grazia essere sostenuti e accompagnati, sentire l'affetto degli altri! Questo è importante in ogni fase della vita: nessuno può vivere solo e senza aiuto; l'essere umano è relazionale. E in questa casa vedo, con piacere, che quanti aiutano e quanti sono aiutati formano un'unica famiglia, che ha come linfa vitale l'amore... E questa fase della vita è un dono anche per approfondire il rapporto con Dio."

    VECCHI NEI VANGELI
    Sovente accade che nella vecchiaia, per l'egoismo che s'esaspera in relazione alla comprovata realtà della prospettiva sempre più prossima della vita che fugge, i vizzi e le concupiscenze giovanili si possono acuire ed incancrenire.
    Quindi di per sé i vecchi in genere, se non li abbandonano le forze fisiche, sono più deboli difronte a certe tentazioni.
    Visto però che un peccato tira l'altro spesso alla lussuria s'accompagnano l'ira, l'ingiustizia, l'avarizia, ecc..
    Ecco così che San Paolo chiede a Tito una particolare attenzione agli anziani: "Tu però insegna quello che è conforme alla sana dottrina. Gli uomini anziani siano sobri, dignitosi, saggi, saldi nella fede, nella carità e nella pazienza. Anche le donne anziane abbiano un comportamento santo: non siano maldicenti né schiave del vino; sappiano piuttosto insegnare il bene, per formare le giovani all'amore del marito e dei figli, a essere prudenti, caste, dedite alla famiglia, buone, sottomesse ai propri mariti, perché la parola di Dio non venga screditata." (Tito 2,1-4)

    Circa la lussuria degli anziani è esemplificativo l'episodio del brano in greco inserito al capitolo XIII del libro del profeta Daniele, detto "di Susanna e i vecchioni".
    A Babilonia, Susanna, donna "di rara bellezza e timorata di Dio", perché "i suoi genitori, che erano giusti, avevano educato la figlia secondo la legge di Mosè" è insidiata da due vecchi da poco nominati giudici che frequentano la casa del marito Ioakim che "era molto ricco e possedeva un giardino vicino a casa".
    Questi che l'hanno veduta mentre fà il bagno nel suo giardino si fanno avanti a lei con proposte piene di lussuria, minacciando di accusarla ingiustamente di averla sorpresa con un fantomatico giovane amante che ovviamente era prontamente fuggito.

    L'inciso che si trova in quel testo a commento di come era trattata la giustizia a Babilonia è il seguente: "In quell'anno erano stati eletti giudici del popolo due anziani: erano di quelli di cui il Signore ha detto: L'iniquità è uscita da Babilonia per opera di anziani e di giudici, che solo in apparenza sono guide del popolo." (Daniele 13,5)

    Questi due, all'insaputa l'uno dell'altro, s'erano invaghiti della casta Susanna.
    Commenta il testo che avevano perso "il lume della ragione" avevano distolto, "gli occhi per non vedere il Cielo e non ricordare i giusti giudizi". (Daniele 13,9)
    Al rifiuto di Susanna di concedersi loro, impavidi ed ottenebrati, l'accusano pubblicamente di adulterio.
    Susanna però aveva ben concluso piangendo: "Meglio però per me cadere innocente nelle vostre mani che peccare davanti al Signore!" (Daniele 13,23)

    In tribunale Susanna per le false testimonianze, ritenuta colpevole, è condannata a morte per lapidazione, ma il giovane profeta Daniele la salva e accusa quei vecchi che furono lapidati al posto di lei.
    Da sottolineare è un inciso che riporta il testo che accosta sapienza e vecchiaia con cui gli anziani del popolo commentano sul giovane Daniele: "...Vieni, siedi in mezzo a noi e facci da maestro, poiché Dio ti ha dato il dono dell'anzianità". (Daniele 13,50)

    Il dono dell'anzianità, che può venire solo da Dio che lo elargisce è la saggezza, merce rara anche nei vecchi in questi tempi.
    Certamente l'episodio di Susanna e i vecchioni è da accostare a quello più celebre dell'adultera che si trova al capitolo 8 del Vangelo di Giovanni ove ove c'é un evidente accostamento con quegli anziani: "...gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici? Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell'interrogarlo, si alzò e disse loro: Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei. E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata? Ed ella rispose: Nessuno, Signore. E Gesù disse: Neanch'io ti condanno; va e d'ora in poi non peccare più." (Giovanni 8,4-11)

    Al riguardo è però fondamentale tener conto che:
    • "...se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove." (2Corinzi 5,17)
    • "Sappiamo bene che il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con lui, perché fosse distrutto il corpo del peccato, e noi non fossimo più schiavi del peccato. Infatti chi è morto, è ormai libero dal peccato." (Romani 6,6s)
    • "Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché siete azzimi. E infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato! Celebriamo dunque la festa non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma con azzimi di sincerità e di verità". (1Corinzi 5,7s)
    D'altronde, Gesù stesso ha detto: "Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo squarcia il vestito e si fa uno strappo peggiore, né si mette vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si rompono gli otri e il vino si versa e gli otri van perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi, e così l'uno e gli altri si conservano". (Matteo 9,16s)

    Accade così che se il Kerigma di Cristo trapassa il cuore dell'ascoltatore, grazie allo Spirito Santo che viene a ricevere, il contenitore della buona notizia, qualunque età abbia, diviene un otre nuovo.
    Non vi sono allora più giovani o vecchi, ma tutti sono uno in Cristo.
    Questi dispensa la propria grazia dando la possibilità all'anziano, in virtù della fede, di poter godere di uno sguardo positivo sulla propria vita e sul proprio futuro per l'attesa in Cristo della rinascita con la stessa risurrezione dai morti che Lui ha conseguito riscattando la vita eterna per l'umanità tutta.
    "La vecchiaia si offre all'uomo come la possibilità straordinaria di vivere non per dovere, ma per grazia" (Karl Barth)
    Tutti se entrati in Cristo, così, indipendentemente dall'età, operano fattivamente, limitati solo dalle proprie condizioni fisiche e non da questioni psicologiche o legate a fatti depressivi che le aggravano.
    Se sotto questa idea si rileggono i Vangeli con occhio attento alle parole anziano e vecchiaia ci si rende conto che non vi s'incontrano discepoli vecchi o anziani, ma questi in genere solo tali prima dell'incontro con Cristo, che provvederà comunque a qualche mutazione in loro.

    NICODEMO
    Racconta il Vangelo di Giovanni che Gesù disse a Nicodemo, uno dei capi dei giudei, quindi ad un anziano: "In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce dall'alto, non può vedere il regno di Dio". (Giovanni 3,3)
    Era ben conscio Nicodemo di com'era strutturato ed indurito, quindi, valutando le proprie forze e le proprie impossibilità, disilluso risponde "Come può nascere un uomo quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?" (Giovanni 3,4)

    Come a dire per me non c'è possibilità, dovrei poter ricominciare da capo, ma come rinascere?
    Aveva fatto evidentemente un esame di coscienza e si era trovato carente, condizione questa che aveva evidentemente comporta un silenzioso grido d'aiuto al Signore che poi l'aveva spinto, pur se di notte, ad andare da Gesù.

    Gli rispose Gesù: "In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito. Non meravigliarti se ti ho detto: dovete nascere dall'alto Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito." (Giovanni 3,5-7)

    Nicodemo sarà poi discepolo di Gesù.
    Lo ritroviamo sotto la croce quando con Giuseppe d'Arimatea provvede alla deposizione del corpo di Gesù nel sepolcro (Giovanni 19,39-42).
    Trattò il corpo di Gesù come quello di un re con "una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre" pari a circa 30 kg.

    Sì, occorre una nuova nascita, quella tramite il battesimo, grazie all'azione dello Spirito Santo, dopo una gestazione nel seno di una nuova madre, la Chiesa, madre del corpo di Cristo.
    Nella Chiesa, così, tutti sono giovani, perché rinati nello spirito e non nella carne.

    Basta pensare alla figura di Giovanni Paolo II che ha incarnato nei tempi moderni e davanti a tutto il mondo l'icona della sofferenza di Cristo sulla croce, in pienezza come sofferenza e debolezza di un corpo fragile, risultando in tal modo una grazia di alta testimonianza di fede confermando che in Cristo "la forza si manifesta pienamente nella debolezza". (2Corinzi 12,9).

    Nella "Christifideles laici" nel 1988 Giovanni Paolo II, scriveva: "Alle persone anziane, spesso ingiustamente ritenute inutili se non addirittura d'insopportabile peso, ricordo che la Chiesa chiede e attende esse abbiano a continuare la loro missione apostolica e missionaria, non solo possibile e doverosa a questa età, ma da questa età resa in qualche modo specifica e originale. La Bibbia ama presentare l'anziano come il simbolo della persona ricca di sapienza e di timore di Dio (Siracide 25,4-6). In questo senso il dono dell'anziano potrebbe qualificarsi come quello di essere, nella Chiesa e nella società, il testimone della tradizione della fede (Salmo 44,2; Esodo 12,26-27), il maestro di vita (Siracide 6,34: 8,11-12), l'operatore di carità."

    Scrisse poi lo stesso Giovanni Paolo II con la Lettera agli anziani il 1 Ottobre 1999: "...Anziano è Mosè, quando Dio gli affida la missione di far uscire il popolo eletto dall'Egitto. Le grandi opere che per mandato del Signore egli compie in favore di Israele non occupano gli anni della giovinezza, ma della vecchiaia. Tra altri esempi offerti da anziani, vorrei citare la vicenda di Tobi, il quale con umiltà e coraggio si impegna ad osservare la legge di Dio, ad aiutare i bisognosi, a sopportare con pazienza la cecità fino a sperimentare l'intervento risolutore dell'angelo di Dio (Tobia 3,16-17); ed ancora quella di Eleazaro, il cui martirio è testimonianza di singolare generosità e fortezza (2Maccabei 6,18-31). ...E che dire dell'anziano Pietro, chiamato a testimoniare la sua fede con il martirio? Gli aveva detto un giorno Gesù: "Quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi " (Giovanni 21,18). Sono parole che, in quanto successore di Pietro, mi toccano da vicino e mi fanno sentire forte il bisogno di tendere le mani verso quelle di Cristo, in obbedienza al suo comando: Seguimi! (Giovanni 21,19)".

    Che Gesù incide profondamente sul concetto di vecchiaia trasformandola in tempo fecondo si evince chiaramente dai Vangeli che presentano alcuni personaggi anziani toccati dalla fede nel Cristo.

    ZACCARIA E ELISABETTA
    Nel Vangelo di Luca s'incontrano subito il sacerdote Zaccaria e sua moglie Elisabetta, cugina di Maria, la madre di Gesù.
    Questi, "ambedue erano giusti davanti a Dio e osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore. Essi non avevano figli, perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli anni." (Luca 1,6s)
    È da sottolineare che pur osservando tutte le prescrizioni del Signore, e pur se meritevoli del termine di giusti, erano vecchi.
    Erano i migliori frutti dell'antica alleanza, ma non ancora creature nuove.
    Da loro, pur se avanti negli anni e lei sterile, nascerà l'ultimo profeta, il precursore, quel Giovanni che battezzerà Gesù al Giordano.
    Disse, infatti, Zaccaria all'angelo Gabriele che gli annunciava la nascita del figlio: "Come potrò mai conoscere questo? Io sono vecchio e mia moglie è avanti negli anni." (Luca 1,18)
    Per contro Gesù nasce dalla giovane Maria e nell'incontro dell'angelo questi la rassicurò dandole una prova: "Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch'essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio." (Luca 1,36s)
    Da ciò viene un concreto aiuto alla fiduciosa attesa: "Nulla è impossibile a Dio", anche che un vecchio partorisca Cristo!

    Ancora due giusti secondo l'antica alleanza riconoscono il Signore quando Gesù da Giuseppe e Maria è presentato al Tempio:
    • Simeone
      "Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d'Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch'egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele. Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione - e anche a te una spada trafiggerà l'anima - affinché siano svelati i pensieri di molti cuori." (Luca 2,25-35)
    • Anna di Fanuele
      "C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme." (Luca 2,36-38)
    LA SUOCERA DI PIETRO
    Agli inizi della predicazione di Gesù, nei Vangeli sinottici è narrato questo episodio: "E, usciti dalla sinagoga, si recarono subito in casa di Simone e di Andrea, in compagnia di Giacomo e di Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli, accostatosi, la sollevò prendendola per mano; la febbre la lasciò ed essa si mise a servirli." (Marco 1,29-31; Matteo 8,14s; Luca 4,38s)
    Secondo Luca, Gesù intimò semplicemente alla febbre di lasciarla, mentre per Matteo Gesù le sfiorò la mano per risanarla.
    Indipendentemente da tale dettaglio se ne ricava l'insegnamento che anche un anziano e malato, sanato dal Signore, serve utilmente come un giovane.


    Guarigione della suocera di Pietro di John Bridges, XIX secolo


    SALMO 71 - TESTO C.E.I. E DECRIPTAZIONE
    Nel libro dei Salmi una preghiera che il salmista, evidentemente avanti negli anni, rivolge a Dio: "Non gettarmi via nel tempo della vecchiaia, non abbandonarmi quando declinano le mie forze" (Salmo 71,9).

    È questo il Salmo 71 che, infatti, è definito "La preghiera di un vecchio", perché la vecchiaia viene ricordata oltre che al versetto 9 nel 18 ed in questo assieme ai capelli bianchi: "Venuta la vecchiaia e i capelli bianchi, o Dio, non abbandonarmi, fino a che io annunci la tua potenza, a tutte le generazioni le tue imprese."
    Recita il versetto: "Sii tu la mia roccia, una dimora sempre accessibile; hai deciso di darmi salvezza: davvero mia rupe e mia fortezza tu sei!" e così commenta Sant Agostino:

    "Non mi raggiungano i dardi del nemico, poiché io non posso proteggermi da me... sii tu il luogo fortificato ove io mi rifugi. Perché mai fuggivi da lui, o Adamo, e ti nascondevi tra gli alberi del paradiso? Perché avevi paura della presenza di colui vicino al quale eri solito allietarti? Te ne eri allontanato ed eri perduto. Da allora sei prigioniero; ed ecco ti si viene a trovare; non sei abbandonato. Sono abbandonate le novantanove pecore sui monti, e si cerca la pecora smarrita; ed ecco, della pecora smarrita si dice: "Era morto, ed è risuscitato; si era smarrito ed è stato". Ecco, Dio stesso è divenuto il luogo del tuo rifugio, egli che prima ti incuteva timore e ti spingeva a fuggire... Non sarò salvo se non in te. Se tu non sarai il mio riposo, la mia malattia non potrà essere guarita. Sollevami dalla terra; fa' che io mi posi in te, in modo che ascenda a un luogo veramente munito. Quale luogo potrà essere più difeso? Quando ti sarai rifugiato in quel luogo, dimmi, quali avversari temerai? Chi potrà tenderti insidie o giungere sino a te?"

    A mio parere poi versetti 20 e 21 fanno trapelare la fede nella risurrezione.
    Nell'ebraismo c'è anche l'idea che il Salmo sia anche un'allegoria della fede e del popolo ebraico che ormai vecchi verranno reintegrati nel proprio antico onore.

    Qui di seguito riporto il testo dell'ultima traduzione C.E.I:

    Salmo 71,1 - In te, Signore, mi sono rifugiato, mai sarò deluso.

    Salmo 71,2 - Per la tua giustizia, liberami e difendimi, tendi a me il tuo orecchio e salvami.

    Salmo 71,3 - Sii tu la mia roccia, una dimora sempre accessibile; hai deciso di darmi salvezza: davvero mia rupe e mia fortezza tu sei!

    Salmo 71,4 - Mio Dio, liberami dalle mani del malvagio, dal pugno dell'uomo violento e perverso.

    Salmo 71,5 - Sei tu, mio Signore, la mia speranza, la mia fiducia, Signore, fin dalla mia giovinezza.

    Salmo 71,6 - Su di te mi appoggiai fin dal grembo materno, dal seno di mia madre sei tu il mio sostegno: a te la mia lode senza fine.

    Salmo 71,7 - Per molti ero un prodigio, ma eri tu il mio rifugio sicuro.

    Salmo 71,8 - Della tua lode è piena la mia bocca: tutto il giorno canto il tuo splendore.

    Salmo 71,9 - Non gettarmi via nel tempo della vecchiaia, non abbandonarmi quando declinano le mie forze.

    Salmo 71,10 - Contro di me parlano i miei nemici, coloro che mi spiano congiurano insieme

    Salmo 71,11 - e dicono: Dio lo ha abbandonato, inseguitelo, prendetelo: nessuno lo libera!

    Salmo 71,12 - O Dio, da me non stare lontano: Dio mio, vieni presto in mio aiuto.

    Salmo 71,13 - Siano svergognati e annientati quanti mi accusano, siano coperti di insulti e d'infamia quanti cercano la mia rovina.

    Salmo 71,14 - Io, invece, continuo a sperare; moltiplicherò le tue lodi.

    Salmo 71,15 - La mia bocca racconterà la tua giustizia, ogni giorno la tua salvezza, che io non so misurare.

    Salmo 71,16 - Verrò a cantare le imprese del Signore Dio: farò memoria della tua giustizia, di te solo.

    Salmo 71,17 - Fin dalla giovinezza, o Dio, mi hai istruito e oggi ancora proclamo le tue meraviglie.

    Salmo 71,18 - Venuta la vecchiaia e i capelli bianchi, o Dio, non abbandonarmi, fino a che io annunci la tua potenza, a tutte le generazioni le tue imprese.

    Salmo 71,19 - La tua giustizia, Dio, è alta come il cielo. Tu hai fatto cose grandi: chi è come te, o Dio?

    Salmo 71,20 - Molte angosce e sventure mi hai fatto vedere: tu mi darai ancora vita, mi farai risalire dagli abissi della terra,

    Salmo 71,21 - accrescerai il mio onore e tornerai a consolarmi.

    Salmo 71,22 - Allora io ti renderò grazie al suono dell'arpa, per la tua fedeltà, o mio Dio, a te canterò sulla cetra, o Santo d'Israele.

    Salmo 71,23 - Cantando le tue lodi esulteranno le mie labbra e la mia vita, che tu hai riscattato.

    Salmo 71,24 - Allora la mia lingua tutto il giorno mediterà la tua giustizia. Sì, saranno svergognati e confusi

    Presento come prova di decriptazione quella del versetto 71,18 secondo criteri, regole e significati delle icone delle lettere di "Parlano le lettere" e poi la decriptazione tutta di seguito dei 24 versetti dell'intero Salmo.

    Salmo 71,18 - Venuta la vecchiaia e i capelli bianchi, o Dio, non abbandonarmi, fino a che io annunci la tua potenza, a tutte le generazioni le tue imprese.




    Salmo 71,18 - Portati anche alla conoscenza del (grande) Vecchio entreranno portati dal Risorto che sarà stato a casa a rientrare . Dio nel mondo era stato un vivente . La divinità nel Crocefisso agiva . In questi il Figlio era . In azione volando () nel cammino furono aiutati . Questi nel corpo li portò . Si vedranno tutte le generazioni dal Potente . Il maligno dentro avrà portato quel primogenito a fuggire in una fossa , finito dalla rettitudine .

    Salmo 71,1 - Dentro la rettitudine del Signore che aveva racchiuso riempiendoli era stata finita essendo il maledetto alle origini con la vergogna entrato da serpente perverso nei viventi.

    Salmo 71,2 - Dentro la giustizia per l'oppressione finì per la discesa stataci di una potente energia che fu a portare a segnare col soffio del serpente i cuori. L'angelo (ribelle) fu ad entrare nei cuori da cui uscì la divinità; fu ad iniziare la prostituzione ad ardere con la perversità. Bruciante fu per i miseri l'esistenza.

    Salmo 71,3 - Per il mondo fu ad uscire la notte. (Dopo il peccato di Adamo dal giorno si passo alla notte). Giù si portò il verme. L'iniquità nei cuori portò. Venne per i viventi ad esistere un impedimento. A scendere portò le forze completamente. Del serpente la perversità che accese a spazzare le energie fu della rettitudine che c'era. Li riempì il serpente di rovine e la vita portò a scendere. Recò la legge divina che c'era dell'Unico a finire nel mondo.

    Salmo 71,4 - Dio ad entrare fu per liberare dall'angelo nei giorni per cercare di agire da vivente retto. Del Verbo in un seno portò la potenza e per l'annuncio dalla madre scese.

    Salmo 71,5 - Così fu a venire nel mondo. L'indicazione a versare portò alla prescelta di cui sarà il primogenito. Alla porta un angelo fu del Signore alla madre nella casa. Nell'utero la vita fu alla madre inviata; una giovinetta era.

    Salmo 71,6 - L'energia a riempire la madre di rettitudine completamente fu. Nella madre abitò nell'utero l'energia. Nella madre in seno ci fu l'Unico. Dai viventi fu a venire in cammino a portarsi. Questa stava in casa con un retto che aveva prescelto nel mondo il Potente. Il prescelto sarà alla prescelta madre di forte d'aiuto.

    Salmo 71,7 - Anelante di portare il Verbo la prescelta nel mondo era. Ci fu dalla prescelta il "sia": il Potente nel corpo l'abitasse! Fu la vita a portarle a venire. Nelle midolla l'amore agì in questa.

    Salmo 71,8 - Fu la pienezza del Verbo a stare nella prescelta. Le entrò del Potente la completa rettitudine. Sposa fu portata da un uomo meraviglioso scelto per la (sua) rettitudine.

    Salmo 71,9 - Dio nella prescelta in una placenta come luogo stette. Il Potente nel tempo da questa si versò per inviare al mondo la rettitudine. Da una sposa portò il segno di una retta vita per del maledetto finire le forze col figlio che ci sarà.

    Salmo 71,10 - La rettitudine fu in un primogenito a rivivere nel corpo per portarla al nemico. Fu dal serpente a stare per portare il fuoco al ribelle angelo orgoglioso che l'opprimere portò dall'albero. Porterà a stare nelle strette (nella tomba) l'essere impuro.

    Salmo 71,11 - Il rifiuto all'essere ribelle da Dio nel mondo ci sarà da un vivente a cui la forza dentro porterà nel corpo. L'onta porterà a finire. Il Verbo ad ardere porterà la perversità. La rettitudine sarà ad annullarla liberandoli.

    Salmo 71,12 - Il maledetto nel mondo sarà dai viventi rifiutato completamente. Dai corpi il nascosto si rovescerà. La vita nei viventi degli angeli ci risarà. La divinità rientrerà a starvi. Del Potente la forza nei corpi di tutti ci sarà. Rivivranno per la risurrezione che entrerà.

    Salmo 71,13 - Sarà dentro la risurrezione a portare che a vincere lo porterà. Per satana, che è l'angelo orgoglioso, da forza per spazzarlo dai cuori si porterà. Dal nascosto dei corpi per il soffio uscirà e tutti i viventi ne usciranno vivi. Da dentro rovesciato dal fuoco sarà stato il cattivo che finito sarà stato.

    Salmo 71,14 - Si riporterà l'originaria energia che era finita nei viventi. Era stata sbarrata agli inizi onde furono ad ammalarsi per la portata perversità che li riempì. Dal Verbo alla fine, essendo stato innalzato, per tutti dalla croce uscirà la potenza del Crocifisso: la rettitudine.

    Salmo 71,15 - Dal Verbo ci fu una forza che (quando) forarono al Verbo il corpo scese. In aiuto versò dalla croce la rettitudine. Per la sposa fu a portarla. Ai morti la risurrezione porterà per l'agire in tutti della rettitudine. Così ci sarà il rifiuto a chi fu a impedir loro col tempo l'esistenza. La Pienezza del Verbo nei corpi si porterà di tutti.
    (Il tempo fu creato da Dio come rimedio per impedire che l'effetto del male potesse durare in eterno; vedi: Genesi 3,22 "Poi il Signore Dio disse: Ecco, l'uomo è diventato come uno di noi quanto alla conoscenza del bene e del male. Che ora egli non stenda la mano e non prenda anche dell'albero della vita, ne mangi e viva per sempre!", rimanendo nel male.)

    Salmo 71,16 - Quel primogenito a casa li porterà dal Padre. Correranno dentro al corpo a portarsi del Crocifisso che sulla nube ad inviarli sarà. Col Signore uniti questi, retti, saranno con i corpi giustificati alla fine tutti per un solo retto.

    Salmo 71,17 - In Dio ad entrare saranno i viventi. Con il Potente vivranno per l'aiuto del Crocifisso che tra gli angeli alla destra vedranno e pur col corpo sanno portati alla conoscenza, vi entreranno da angeli del mondo per proclamarne le meraviglie essendo retti.

    Salmo 71,18 - Portati anche alla conoscenza del (grande) Vecchio entreranno portati dal Risorto che sarà stato a casa a rientrare. Dio nel mondo era stato un vivente. La divinità nel Crocefisso agiva. In questi il Figlio era. In azione volando nel cammino furono aiutati. Questi nel corpo li portò. Si vedranno tutte le generazioni dal Potente. Il maligno dentro avrà portato quel primogenito a fuggire in una fossa, finito dalla rettitudine.

    Salmo 71,19 - E assolti tutti così in Dio entreranno a stare in seno per la similitudine nei corpi riportata nei viventi che beati si vedranno da risorti stare con il Crocifisso che alla gloria porterà tutti. Il maledetto nelle acque bollenti starà. Così i viventi avrà riportato alla rettitudine.

    Salmo 71,20 - La donna che dal corpo partorì quel primogenito sarà con il Crocifisso ad abitare su. Nel corpo avrà portato tutte le moltitudini ed avendo a finire portato il male. Avrà portato alla fine il Crocifisso a tornare tutti alla vita. Sarà stata l'energia riportata e gli uomini fuori si porteranno dalla morte. Usciranno dalla terra tutti risorti e a casa il Crocifisso in alto tra gli angeli li porterà.

    Salmo 71,21 - Alla fine le moltitudini alla gloria tutte sono state portate dal Crocifisso che in un buco dentro il dragone avrà racchiuso a vivere tra i lamenti.

    Salmo 71,22 - Nel cammino i viventi "Io sono" desiderava di aiutarli, di spengere in tutti l'angelo che la consunzione dalle origini gli uomini affliggeva. Il serpente nel mondo sarà dall'Unico colpito che a vivere in un corpo entrò per il serpente spengere con la rettitudine, energia che portò dal corpo. Con la santità fu a bruciare nei corpi il maledetto.
    ("La creazione infatti è stata sottoposta alla caducità - non per sua volontà, ma per volontà di colui che l'ha sottoposta - nella speranza 21che anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio." Romani 8,20)

    Salmo 71,23 - Alla fine, cantando, tra gli angeli entreranno i risorti col Verbo che crocifisso fu. La rettitudine che c'era in quel primogenito ferito, con l'acqua, dal corpo uscì. La potenza della rettitudine recò con l'energia al soffiò (con l'ultimo respiro). A risorgere fu per primo. Con la risurrezione i corpi riscattò.

    Salmo 71,24 - Scorrerà nei viventi la potenza, simili per l'energia gli saranno. Da sposa sarà a portare i viventi tutti del mondo in cui a scorrere entrerà la giustizia. Tutti retti così saranno. A casa i risorti porterà. La rettitudine sarà nelle tombe il soffio che i corpi riporterà in vita. Dentro, versandosi la risurrezione, sarà il male finito dall'esistenza.

    a.contipuorger@gmail.com

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