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POVERI IN SPIRITO
"Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli." (Matteo 5,3)
In italiano il termine beato indica uno felice, pienamente appagato e soddisfatto.
Nel cristianesimo attuale è il defunto che è riconosciuto "Beato" dalla Chiesa che ha valutato d'avere avuto in vita i requisiti necessari per godere della visione divina ed è così elevato agli onori degli altari.
Ovviamente il processo di beatificazione, evoluzione successiva, non era nei pensieri degli ascoltatori di Gesù.
La felicità inoltre è condizione sempre soggettiva.
Ciò premesso, è da tener conto che Gesù avrà parlato in aramaico o in ebraico e in tale ambito "'oeshoer"
sta per felicità e beatitudine.
Questa parola però deriva dal radicale
con quelle stesse tre lettere che significa "camminare", ma non un camminare qualsiasi, ma un camminare dirittamente, speditamente, in modo felice, nello stesso senso come inizia il libro dei Salmi col versetto 1 del Salmo 1 "Beato l'uomo che non entra nel consiglio dei malvagi..." ove per quel beato è usato "'ashoeri"
vale a dire cammina nel giusto chi non segue il cammino degli empi.
Ciò detto, a questo punto, per le "beatitudini" si apre il senso che tutte e nove sono le indicazioni che propone Gesù di come procedere per un giusto cammino.
In questa prima beatitudine è quindi detto che sono nel giusto cammino per arrivare al Regno dei Cieli quelli che sono poveri in spirito.
Attenzione, non confondiamoli con i "poveri di spirito", vale a dire con i sempliciotti e gli sprovveduti.
I "poveri in spirito" sono, invece, avveduti e previdenti e sono quelli che sentono la continua esigenza d'ottenere lo Spirito in maggior misura, coloro che in definitiva si ritengono poveri di quello.
Ecco che è da domandarsi come Gesù avrebbe potuto dire in ebraico povero e povertà, sapendo che Lui è sempre in collegamento col Padre.
Si pensi, peraltro, che nei tre capitoli 5, 6 e 7 di tutto il discorso della montagna Dio Padre è menzionato da Gesù ben 16 volte (3 nel 5; 11 volte nel 6 e 2 nel 7) e la prima volta si verifica proprio al termine delle beatitudini quando il Signore dice: "Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli." (Matteo 5,6)
Il modo per dire in ebraico "povero", a mio parere più efficace in tale contesto, sarebbe stato "'oebion"
e "'ebionah"
è povertà.
Quel secondo termine, infatti, è divisibile in
+
ove "'ab" vuol dire "padre" e porta a ricordare Dio Padre e
"ionah" fa pensare alla colomba e quindi allo Spirito Santo.
Che farà per l'eternità chi perverrà al Regno dei Cieli?
Si nutrirà dello spirito del Signore, del suo amore, dello Spirito Santo!
Allora, è sulla buona strada colui che non si accontenta, ma che ha fame, desidera, cerca e aspira di ricevere continuamente il suo Santo Spirito e di essere in permanente comunione con Dio.
Nel Capitolo 57 di Isaia che ricorda il Servo di IHWH con l'osservazione "Perisce il giusto, nessuno ci bada. I pii sono tolti di mezzo, nessuno ci fa caso. Il giusto è tolto di mezzo a causa del male", c'è il seguente richiamo importante sull'amore del Signore per i poveri e gli umili che si può avvicinare a questa beatitudine: "Poiché così parla l'Alto e l'Eccelso, che ha una sede eterna e il cui nome è santo. In un luogo eccelso e santo io dimoro, ma sono anche con gli oppressi e gli umiliati, per ravvivare lo spirito degli umili e rianimare il cuore degli oppressi." (Isaia 57,15)
In appendice riporto la decriptazione dell'intero capitolo Isaia 57 col mio metodo "Parlano le lettere".
Dei 10 comandamenti, quello che avvicinerei a questa beatitudine è il 2° della tradizione ebraica, ossia "non avrai altri dei".