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di Alessandro Conti Puorger
 
 

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L'EVENTO DI CUI È MEMORIA
La storia degli eventi che portarono al miracolo e poi all'istituzione della festa si trovano raccontati nel primo libro dei Maccabei, libro deuterocanonico in greco non accolto dalla Bibbia ebraica o Tanak.
La narrazione, invece, del miracolo vero e proprio si trova nel Talmud Babilonese (Shabhath 21b e seg.).
Hanno là insegnato i Maestri degli ebrei: "Il 25 del mese di Kislev iniziano gli otto giorni di Hanukhah, giorni in cui non si possono fare manifestazioni di lutto e non si può digiunare. Quando i greci entrarono nel Tempio, resero impuro tutto l'olio, e gli Asmonei, dopo aver sconfitto il nemico greco, cercarono e non trovarono che una sola ampolla d'olio, che era rimasta pura, perché ancora chiusa con il sigillo del Sommo sacerdote. Questa ampolla sarebbe bastata per illuminare il Tempio un solo giorno. Accadde un miracolo con quell'ampolla, e così essi poterono accendere il lume per otto giorni. L'anno seguente stabilirono di rendere quei giorni, giorni di festa e di lode." (Talmud Shabbath 21b)

È da fare un minimo di premessa.
V'è stato un tempo in cui vi fu forte tensione tra le culture greca ed ebraica.
La civiltà greca, anche per ammissione da parte dei Romani che dominavano il loro mondo, era considerata, superiore a quella dei vari popoli del loro grande impero e dei vicini.
I patrizi romani dapprima, e poi i più ricchi borghesi romani e dei popoli soggetti, mandavano i figli a "studiare" in Grecia, oltre perché era snob, per dare loro una buona istruzione e un buon contegno.
Alla cultura greca non s'inchinavano però tutti gli Israeliti ritenendo, per grazia di Dio, d'aver ricevuto una cultura ancora superiore.
Erano certi e orgogliosi di ciò in forza di quanto asserisce il libro del Deuteronomio 26,19 "Egli ti metterà, per gloria, rinomanza e splendore, sopra (e'lyon ) tutte le nazioni che ha fatto e tu sarai un popolo consacrato al Signore, tuo Dio, come egli ha promesso."
La parola "e'lyon" - superiore, elevato - si può anche pronunciare in ebraico "a'l yavan" + , e "yavan" è la Grecia (1Cronache 1,5), ovvero, concludono, anche "superiore a'l yavan" alla Grecia.
D'altronde a Sud-Est dell'odierna Gerusalemme nella Città di Davide avevano l'altura di Sion che li confortava, anche quelle lettere così divise + dicevano loro ancora una volta "sopra la Grecia ".
Del resto pure nei riguardi dell'estetica di cui i greci erano ritenuti maestri, grazie al Dio d'Israele, la Grecia doveva lasciare il passo a Israele, perché "Da Sion, splendore di bellezza, Dio rifulge." (Salmo 50,2)
Nel 333 a.C. Alessandro Magno conquistò anche la Giudea e impose su tutto il territorio leggi e statuti che erano in vigore in Grecia, pur tuttavia permise agli ebrei di mantenere le proprie tradizioni lasciando un'autonomia religiosa e nazionale.
Al proposito, il Talmud in Yoma riporta questo fatto che gli storici greci non riportano, perché secondo l'ebraismo non lo vogliono ammettere:

"Alessandro Magno, allievo di Aristotele, è il capostipite della futura potenza greca. Nella sua campagna militare si stava recando a Gerusalemme quando alcuni ebrei ellenizzati lo raggiunsero per descrivere il Tempio di Gerusalemme come un covo di reazionari. Alessandro Magno vi credette e decise di raderlo al suolo. Shimon Ha-Zaddik, il Cohen Gadol - Sommo Sacerdote - e leader degli ebrei decise di incontrarlo per cercare di placarlo. All'uscita di Gerusalemme, appena Alessandro vide Shimon Ha-Zaddik vestito con l'abito sacerdotale, compì un atto che mai aveva compiuto e mai più avrebbe ripetuto nella sua vita.
Scese dal suo carro imperiale e davanti agli occhi sbigottiti sia dei greci che degli ebrei s'inginocchiò ai piedi del Cohen Gadol. Perché un imperatore come te s'inginocchia davanti ad un semplice ebreo? chiesero i suoi soldati. La notte prima di ogni battaglia mi è sempre apparso in sogno un santo individuo che mi esortava alla vittoria e nel cui merito ho conquistato mezzo mondo. Fino ad oggi non sapevo chi fosse, ma ora lo so: Shimon Ha-Zaddik!
"

L'atteggiamento degli ebrei, non servile rispetto alla loro cultura, nei secoli successivi non piacque ai greci.
I popoli vicini che da secoli erano nemici d'Israele, assoggettati dai greci sobillarono tanto i greci stessi che anziché accettare Israele nel proprio pantheon culturale, come facevano con tanti altri popoli, desiderarono distruggerne la religione vietando l'osservanza dello Shabbat e delle feste, la circoncisione e lo studio della Torah.
Ora è da ricordare che dopo la morte di Alessandro Magno il suo vasto impero si divise e Seleuco, uno dei generali macedoni, si proclamò signore della Siria, dell'Asia Minore e della Mesopotamia e fondò la dinastia dei Seleucidi.
Israele fu invece a entrare nel dominio di Tolomeo, un altro generale di Alessandro che si nominò re d'Egitto e fondò la dinastia dei Tolomei.
La Palestina, com'era accaduto nei secoli precedenti tra i Faraoni e gli Assiro-Babilonesi, divenne territorio conteso tra le due potenze dei Seleucidi e dei Tolomei.
Nel 200 a.C. la Palestina fu conquistata da Antioco III, re seleucide di Siria, anche con l'aiuto degli Ebrei, tanto che garantì agli ebrei dei privilegi fiscali.
I rapporti con gli Ebrei s'incrinarono quando Seleuco IV nel 187 a.C., in difficoltà finanziarie desiderava attingere ai depositi del Tempio di Gerusalemme e 2Maccabei 3 riferisce di un intervento miracoloso che l'avrebbe fatto desistere.
Si arrivò all'aperta rottura col successore Antìoco IV Epifane, figlio di Antìoco III, che nel 175 a.C. poté regnare grazie all'aiuto dei Romani.

  • nel 169 a.C. saccheggiò il tempio e lo profanò;
  • nel 167 ordinò la costruzione nel Tempio di un altare a Zeus.
L'Epifane intendeva ellenizzare gli ebrei e li costringeva a convertirsi alla religione greca. (Epifane sta a significare "manifestazione di Dio", ma lo chiamavano Epimene che significa pazzo.)
Proibì la circoncisione e la celebrazione delle feste ebraiche, incluso il sabato, pena la morte, tanto che se erano sorpresi a studiare la Torah venivano uccisi.
Vietò lo studio dei libri sacri dell'ebraismo e n'ordinò la distruzione; così intendeva introdurre le istituzioni efebiche greche, forte in Palestina dell'appoggio del sommo sacerdote pro tempore e di un partito di rinnegati filo-ellenisti.
Gli Ebrei più ligi opposero resistenza passiva andando incontro al martirio per mantenersi fedeli alle tradizioni dei padri.
In 2Maccabei 7 ad esempio è narrato del supplizio di una madre e dei suoi sette figli.
Antioco, tra l'altro, aveva spento la grande "Menorah", il candelabro a sette braccia del "Bet Hamikdash", ossia del Tempio di Gerusalemme.
A questo punto si accese la rivolta detta dei Maccabei, che scoppiò violenta a Modiìn, un piccolo villaggio montano vicino a Gerusalemme, capeggiata dal sacerdote Mattatia, capo di una famiglia ebrea che guidò poi la ribellione e diede vita alla dinastia che in seguito regnò sulla Giudea con il nome di Asmonei, dal nome di un loro antenato.
L'Epifane aveva inviato i suoi soldati per costringere gli abitanti a partecipare alla celebrazione in onore di Zeus con una festa del maiale, altrimenti avrebbero distrutto villaggi e sinagoghe.
Entrati a Modiìn, riunita la gente nella piazza, su un'ara fatta costruire appositamente, il vecchio sacerdote Mattatia avrebbe dovuto sacrificare un maiale che poi la cittadinanza avrebbe dovuto mangiare.
Al rifiuto di Mattatia, un uomo del villaggio s'offrì di sacrificare la bestia, ma Mattatia uccise quel collaborazionista.
I cinque figli di Mattatia - Giovanni, Simone, Giuda, Eleazaro e Gionata - presero le armi, colpirono i soldati e fuggirono col padre sui monti.
Si unirono a loro molti altri giudei e assieme iniziarono una rivolta contro il potente impero greco-siriano.
Alla morte di Mattatia (166 a.C.) il figlio Giuda che assunse il soprannome di Maccabeo, da "martello', in ebraico "maqqabah" , termine usato i Geremia 10,4, che starebbe ad indicare l'energia di Giuda nel colpire i nemici, guidò i ribelli prima con la guerriglia e poi in campo aperto alla vittoria contro l'esercito seleucide.
Quel martello ha anche un intrinseco valore allegorico: "la putredine/il marcio da dentro uscirà ".
Il gruppo prese il nome dal suo capo il cui nome e fu adottato come acronimo "Mi Camòca Baelìm Hashem" "chi è come te, oh Signore" che pare fosse il motto di Giuda e del suo esercito.
Questi, pur se in netta inferiorità numerica, riuscirono a riportare la libertà in Israele.
Il miracolo dell'olio rimette al giusto posto i fatti.
I Maccabei non hanno vinto per la loro bravura, ma è tutto l'evento che è miracoloso e a sottolinearlo è il miracolo dell'olio.

Nel terzo anniversario della dedicazione a Zeus, i Maccabei ridedicarono il Tempio a IHWH.
In effetti, il testo di 1Maccabei racconta che: "Giuda e i suoi fratelli dissero: Ecco, sono stati sconfitti i nostri nemici: andiamo a purificare il santuario e a riconsacrarlo. Così si radunò tutto l'esercito e salirono al monte Sion. Trovarono il santuario desolato, l'altare profanato, le porte arse e cresciute le erbe nei cortili, come in un luogo selvatico o montuoso, e le celle sacre in rovina. Allora si stracciarono le vesti, fecero grande lamento, si cosparsero di cenere, si prostrarono con la faccia a terra, fecero dare i segnali con le trombe e alzarono grida al Cielo. Giuda ordinò ai suoi uomini di tenere impegnati quelli della Cittadella, finché non avesse purificato il santuario. Poi scelse sacerdoti senza macchia, osservanti della legge, che purificarono il santuario e portarono le pietre profanate in luogo immondo. Tennero consiglio per decidere che cosa fare circa l'altare degli olocausti, che era stato profanato. Vennero nella felice determinazione di demolirlo, perché non fosse loro di vergogna, essendo stato profanato dai pagani. Demolirono dunque l'altare e riposero le pietre sul monte del tempio in luogo conveniente, finché fosse comparso un profeta a decidere di esse. Poi presero pietre grezze, secondo la legge, ed edificarono un altare nuovo, come quello di prima. Restaurarono il santuario e consacrarono l'interno del tempio e i cortili; rifecero gli arredi sacri e collocarono il candelabro e l'altare degli incensi e la tavola nel tempio. Poi bruciarono incenso sull'altare e accesero sul candelabro le lampade che splendettero nel tempio. Posero ancora i pani sulla tavola e stesero le cortine. Così portarono a termine tutte le opere intraprese. Si radunarono il mattino del venticinque del nono mese, cioè il mese di Chisleu, nell'anno centoquarantotto, e offrirono il sacrificio secondo la legge sul nuovo altare degli olocausti che avevano costruito. Nella stessa stagione e nello stesso giorno in cui l'avevano profanato i pagani, fu riconsacrato fra canti e suoni di cetre e arpe e cimbali. Tutto il popolo si prostrò con la faccia a terra, e adorarono e benedissero il Cielo che era stato loro propizio. Celebrarono la dedicazione dell'altare per otto giorni e offrirono olocausti con gioia e sacrificarono vittime di ringraziamento e di lode. Poi ornarono la facciata del tempio con corone d'oro e piccoli scudi. Rifecero i portoni e le celle sacre, munendole di porte. Grandissima fu la gioia del popolo, perché era stata cancellata l'onta dei pagani. Giuda, i suoi fratelli e tutta l'assemblea d'Israele, poi, stabilirono che si celebrassero i giorni della dedicazione dell'altare nella loro ricorrenza, ogni anno, per otto giorni, cominciando dal venticinque del mese di Chisleu, con gioia ed esultanza." (1Maccabei 4,36-59)

Siccome i libri dei Maccabei non sono riconosciuti canonici dall'ebraismo e non sono inseriti nella Tenak o Bibbia ebraica, ma lo sono per le Chiese Cattolica e Ortodossa, l'ebraismo sostiene che anche l'istituzione della festa è fissata dal Talmud Babilonese.
Questo però fu redatto III-IV secoli dopo i libri dei Maccabei, quindi la festa, se non si tiene conto di quei libri, sarebbe stata fissata solo da una tradizione orale.
Come vedremo vi sono evidenti prove che la festa era comunque onorata anche ai tempi di Gesù.
Il Talmud racconta che dopo la riconquista del Tempio, i Maccabei tolsero tutte le statue pagane e lo sistemarono secondo gli usi ebraici con nuovi oggetti rituali, perché gli antichi erano stati profanati.
Per riconsacrare il tempio, doveva essere bruciato per otto giorni, in una Menorah dell'olio di oliva puro o purificato.
Nei recessi del Tempio fu trovata solo una piccola ampolla d'olio, con i sigilli di un sommo sacerdote, il cui contenuto sarebbe potuto bastare per alimentare la "Menorah" del Tempio per un solo giorno.
All'epoca del Tempio per l'accensione delle lampade si usava, infatti, solo olio d'oliva purissimo, la parte iniziale della spremitura, ed era conservato in ampolle col sigillo di accettazione.
La produzione era monitorata dai sacerdoti del Tempio e certamente il frantoio del Getzemani, frequentato poi da Gesù con i suoi discepoli, era un luogo di produzione di quell'olio per il Santuario, vista la vicinanza.
L'olio è una metafora della Torah in quanto non si mischia con altri liquidi, ma mantiene la sua purità, come fa la Torah, che non si contamina con le altre filosofie e si mantiene pura.
L'olio inoltre ha la proprietà di penetrare ogni sostanza, così la Torah tende a diffondersi e a permeare ogni cosa.
L'ebraismo dice di sé che del pari non si mescola fino a farsi assimilare e nel contempo con la diaspora è penetrato in ogni popolo.

Pare che i sacerdoti Asmoniani prepararono una "Menorah" di ferro e stagno e accesero comunque i lumi.
L'accesero con l'olio di quell'ampolla mentre si apprestavano a schiacciare le olive e a purificarne dell'altro.
Non vollero aspettare gli otto giorni necessari per produrre l'olio nuovo per non dare il tempo ai siriani di riorganizzarsi e attaccare e quindi l'accesero subito fiduciosi che, vedendo che la luce di Dio era ancora nel Tempio, la popolazione prendesse coraggio e si unisse alla lotta assieme a loro.
IHWH approvò il gesto e inviò la sua grazia, infatti, l'olio di quell'ampolla per miracolo riuscì a tenere accesa la "menorah" per ben otto giorni, cioè per il tempo necessario per la produzione dell'altro.
In ricordo di questi due miracoli, vittoria ebraica e durata dell'olio, fu istituita la memoria, appunto, dell'inaugurazione o "dedica" del "Bet Hamikdash".

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