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VANGELI E PROTOVANGELI...
PENSIERI DAL E SUL TALMUD
di Alessandro Conti Puorger
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SUL DIO DI ABRAMO, IL DIO D'ISACCO, IL DIO DI GIACOBBE »
TRASCENDENZA E IMMANENZA, ANGELI E ISRAELE DI DIO »
LA "MADRE" DI MOSÈ »
L'UOMO, L'ANIMA E LA PREGHIERA »
L'UOMO LIBERO, IL PECCATO E IL PENTIMENTO »
DONNA, MATRIMONIO E DIVORZIO »
RAPPORTO GENITORI FIGLI
La Torah dice di sé "l'insegnerai anche ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli." (Deuteronomio 4,9) e questo comando in genere era ed è assolto diligentemente dagli appartenenti all'ebraismo.
Al riguardo è da ricordare che "Chi alleva i suoi figli nella Torah è tra coloro che godono il frutto di questo mondo, mentre il capitale rimane per loro per il Mondo Avvenire." (Shab. 127 a)
«Rab Jehuda disse... veramente serbo un buon ricordo di Jhoshua ben Gamala. Se non ci fosse stato lui la Torah in Israele sarebbe caduta in oblio.
Prima chi aveva ancora un padre imparava da questi la Torah; chi non aveva più un padre non imparava la Torah. "La insegnerete ai vostri figli" (Deuteronomio 11,19) s'interpretava così: voi stessi dovete insegnarla. Poi si decise di assumere dei pedagoghi in Gerusalemme, in forza del passo della Bibbia: "da Sion uscirà la legge" (Isaia 2,3)... Infine venne Jhoshua ben Gamala e ordinò l'assunzione di pedagoghi in ogni distretto e in ogni città...» (Baba Batra 21 a)
Si trova su Gesù nel Vangelo di Giovanni "Quando ormai si era a metà della festa (delle Capanne), Gesù salì al tempio e si mise a insegnare. I Giudei ne erano meravigliati e dicevano: Come mai costui conosce le Scritture, senza avere studiato?" (Giovanni 7,14-15) donde s'arguisce che San Giuseppe gli insegnò bene la Torah, oltre che il mestiere di carpentiere.
Riguardo ai mestieri dice il Talmud: "L'uomo è obbligato a insegnare a suo figlio un mestiere; chiunque non insegna a suo figlio un mestiere, gli insegna a diventare un ladro." (Tosefta "Qiddushin", I, 11)
I villaggi più grandi come le città si munirono di scuole per i fanciulli e di insegnanti che dovevano avere alte qualità morali e si esortava: "Il timore del tuo maestro sia come il timore del Cielo." (Aboth IV 15)
L'insegnamento iniziava a sei anni, infatti: "Per allievi non accettiamo bambini inferiori a sei anni: da sei anni in su li accettiamo e li ingrassiamo (con la Torah) come un bove." (B. B. 21 a)
Diceva Maimonide, detto Rambam acronimo di "Rabbi Moshe ben Maymon" filosofo, rabbino e medico spagnolo del XII secolo (1136-1204): "Il mondo si regge sul respiro dei bambini che studiano".
Le scuole generalmente erano adiacenti alle sinagoghe con classi fino a 25 allievi per ogni maestro. (B. B. 21 a)
L'insegnamento base o elementare, lo stesso per maschi e femmine, era la lingua ebraica e la Torah e il metodo era la continua ripetizione e far lavorare continuamente la memoria.
L'esperienza portò a classificare la risposta degli studenti all'apprendimento in quattro tipologie che si trovano in Aboth V 18:
- la spugna che assorbe tutto;
- l'imbuto in cui tutto passa ma non resta nulla;
- il colatoi che lascia passare il vino e trattiene la feccia; e di Hillel;
- il vaglio che trattiene il fior di farina e fa andar via la semola.
Dopo "bar mitzvah" chi voleva proseguire entrava nelle scuole rabbiniche che sappiamo esistere già ai tempi di Gesù come quelle di Scammai e di Hillel.
C'è contrasto di pensiero sull'insegnamento o meno del greco, da alcuni visto come una maledizione (B. K. 82 b) e da altri come un necessario completamento dell'istruzione (p. Peah 15 c).
Più netta è la posizione negativa sull'istruzione superiore alle figlie; si preferiva si dedicassero totalmente alla famiglia d'origine se non ancora sposate o a quella dello sposo, prendendo spunto da motivi diversi, visto quanto accadeva a Roma e in Grecia per timore di dissolutezza per la promiscuità che comportava la frequentazione di quelle scuole, sia per evitare che donne spinte da fervore religioso si votassero al celibato come accadeva per molte nella "criticata" comunità dei cristiani.
In Jeb 6 a è ribadito e sottolineato il comandamento dell'onore per i genitori che si trova nella Torah, sia nelle 10 parole di Esodo 20 e Deuteronomio 5, ove è come compenso e promessa la felicità, sia nel Levitico 19,3 ove è usata la parola "timore"; quindi è dovuto loro un rispetto come a Dio stesso:
- "Onora tuo padre e tua madre..." (Esodo 20,12)
- "Onora tuo padre e tua madre, come il Signore Dio tuo ti ha comandato, perché la tua vita sia lunga e tu sii felice nel paese che il Signore tuo Dio ti dà." (Deuteronomio 5,16)
- "Ognuno rispetti (temi tira'u
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sua madre e suo padre e osservi i miei sabati. Io sono il Signore, vostro Dio." (Levitico 19,3)
"Per timore s'intende che non deve occupare il posto di suo padre, sedersi sulla sua sedia, contraddire le sue parole o decidere contro la sua opinione. Per onore s'intende che deve fornirgli da mangiare, da bere, da vestirsi, da ripararsi, dargli la precedenza nell'entrare e nell'uscire." (Kid. 31 b)
In Peah 15d ponendo in evidenza la precisazione del libro dei Proverbi "Onora il Signore con i tuoi averi..." (Proverbi 3,9) conclude che mentre col Signore se non si hanno averi si non puoi onoralo con questi, per i genitori si deve anche andare a chiedere l'elemosina se occorre onorarli.
L'unica disobbedienza ammessa è a comandi dei genitori che comportassero disobbedienza a un comando divino tenuto conto che Levitico 19,3 precisa l'osservanza dei sabati.
Il figlio può porre l'intenzione delle proprie opere per espiare i peccati del genitore per 12 mesi dopo la sua morte (Kid. 31 b).
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