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VANGELI E PROTOVANGELI...

 
PENSIERI DAL E SUL TALMUD

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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LAVORO E RAPPORTI CON LA COMUNITÀ
Per il fatto che si è inseriti in un complesso di altri uomini a ciascuno nascono doveri e obblighi.
La vita di tutti i giorni comporta di inserirsi bene nel proprio posto.
La comunità ebraica aveva ben compreso quello che dicevano i Padri del Talmud: "Chi è onorato? Chi onora gli altri." (Aboth IV 1) "non separarti dalla comunità." (Aboth II 5)

Vale il principio: "L'uomo deve sempre dare una risposta dolce che allontani la collera, accresca la pace con i suoi fratelli e parenti e con tutti gli uomini, anche col pagano della strada, sì da poter essere caro di sopra, popolare sulla terra e gradito al prossimo." (Ber 17 a)

Prescrive il libro del Levitico, il centrale dei cinque libri della Torah: "Ama il prossimo tuo come te stesso" (Levitico 19,18)
In ebraico amore è anche amicizia, onde ciascuno è da farsi amico il prossimo e del prossimo.
L'amore si deve tradurre in atti pratici, quindi nella regola d'oro della reciprocità.

Al riguardo si trova nel libro deuterocanonico di Tobia al 4,15 "Non fare a nessuno ciò che non piace a te" e tale principio si ritrova nel Talmud come "non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te" (Shab 31 a).

Al proposito è da ricordare il Vangelo di Matteo in cui Gesù dichiara nel discorso detto della montagna: "Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti." (Matteo 7,12)
In definitiva essendo tutti sulla stessa barca è da collaboriamo al meglio evitando in tutti i modi di farci del male a vicenda.

C'è una parabola a commento del versetto "Dio, Dio degli spiriti di ogni essere vivente! Un uomo solo ha peccato e ti vorresti adirare contro tutta la comunità?" (Numeri 16,22) e dice: "È simile al caso di alcune persone che si trovavano a bordo di una nave. Una di esse prese un trapano e cominciò a fare un buco sotto di sé. Gli altri passeggeri gli dissero: Cosa stai facendo? Rispose: che ve ne importa? Non sto forse facendo il buco sotto il mio sedile? Ma l'acqua entrerà e ci annegherà tutti." (Lev. R. IV 6)

L'apologo dello sciopero delle membra di Menenio Agrippa sull'importanza sia del popolo sia della classe dirigente pare riecheggiare nel detto che riguarda la comunità i lavori umili e quelli importanti: "Se è tolto il corpo a che serve la testa?" (Gen. R c 9)

Conclusero i saggi della Accademia di Jabneh: "Io sono creatura di Dio e il mio compagno è anch'egli Sua creatura; il mio lavoro è in città, il suo è nei campi; io mi alzo presto per il mio lavoro, egli si alza presto per il suo. Come egli non può eccellere nel mio lavoro, così io non posso eccellere nel suo. Forse potresti dirmi che io faccio grandi cose ed egli ne fa delle piccole. Abbiamo imparato che non importa se uno fa grandi cose o piccole cose, purché rivolga il suo cuore al Cielo." (Ber. 17 a)
Ci sono due versetti di Isaia il 3,10 e 3,11 che vengono tradotti con: "Beato il giusto, perché avrà bene, mangerà il frutto delle sue opere. Guai all'empio, perché avrà male, secondo l'opera delle sue mani sarà ripagato."

Il testo ebraico però è suscettibile anche di essere tradotto in questo modo:

Dite del giusto, perché è buono...
Guai all'empio, perché è malvagio...

Conclude così una interpretazione nel Talmud: "Allora c'è un giusto che è buono e un giusto che non è buono! Chi è buono verso Dio e verso il prossimo è il giusto che è buono; ma chi è buono verso Dio e cattivo verso il prossimo è il giusto che non è buono. C'è poi un malvagio cattivo e uno che non lo è. Chi è il malvagio verso Dio e malvagio verso il prossimo è il malvagio che è cattivo, ma chi è malvagio verso Dio, ma non verso il prossimo è il malvagio che non è cattivo." (Kid 40 a)

"Ogni autorità viene da Dio" scrive San Paolo nella lettera ai Romani 13,1 e questo pensiero è anche nel Talmud che al riguardo suggerisce al fedele di essere sottomesso ai superiori (Aboth III 16) e chiede di pregare per i governanti (Aboth III 2); vi si arriva anche a dichiarare che "Chiunque si comporta con sfrontatezza verso un re è come se agisse nello stesso modo dinanzi alla Shekinah" (Gen. R. XCIV 9) ...fosse anche a un re pagano.
Unica eccezione: ..."Se il Governo decreta duri decreti, non ti ribellare in alcuna imposizione che ti fa: ma osserva il decreto del re. Se però decreta che tu annulli la Torah e i precetti non obbedire..." (Tanchuma Noach 10)
È anche chiara la posizione che biasima l'ambizione, infatti, rispettali, ma "Ama il lavoro, detesta la potenza e non cercare l'intimità con i governanti" (Aboth I 10), ma non intende di precludere le iniziative.
Poi ogni lavoro per la comunità deve essere compiuto nel nome del Cielo e Dio stesso dirà "...vi ritengo degni di grande ricompensa, come se aveste fatto tutto voi." (Aboth II 2)

Questo pensiero è simile a quello che propone Gesù con la parabola dei talenti quando esclama: "Bene, servo buono e fedele... sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone." (Matteo 25,21 e 23)
Molta importanza è annessa al lavoro e alla dignità che ne deriva all'uomo, infatti: "Grande è il lavoro, perché onora i lavoratori". (Ned. 49 b)
San Paolo in 2Tessalonicesi 3,10 a proposito del lavoro dice "...quando eravamo presso di voi, vi demmo questa regola: chi non vuol lavorare neppure mangi."

Era quello un detto popolare ricordato anche nel Talmud "Chi non ha lavorato non mangerà". (Gen. R XIV 10)

Circolavano, infatti, il seguenti pensieri sul lavoro: «Neppure Adam prese cibo prima di aver lavorato; com'è detto "Il Signore Iddio prese l'uomo e lo mise nel Giardino dell'Eden per coltivarlo e custodirlo" (Genesi 2,1 5) e solo in seguito disse "Di ogni albero del Giardino puoi mangiare" (Genesi 2,16). Anche il Santo che benedetto sia non fece splendere la sua Shekinah su "Israele finché questi non ebbe lavorato"» (ARN XI) per la costruzione del Santuario.
"L'uomo è obbligato a insegnare a suo figlio un mestiere..." (Tosifta Kid I 12)

È nettamente deprecato l'usuraio come se avesse commesso tutte le abominazioni possibili (Esodo R XXXI 13).
In Shabbat 31 è scritto che nell'essere giudicati nel Mondo Avvenire la prima domanda sarà: "Sei stato onesto in affari?"
Importante poi è l'onestà nei rapporti "tra i giusti, il si è si e il no è no" (Ruth R a II 18) che ricorda quanto nei Vangeli "Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno." (Matteo 5,37)

Questo argomento del comportamento negli affari è molto delicato perché vi sono pareri in cui è fatta differenza di comportamento tra ebrei e con gli altri: infatti in Bava Mezia, 6 I a si trova «Non è permesso derubare un fratello, ma è permesso derubare un non ebreo, poiché sta scritto in Levitico 19,13 "Non deruberai il tuo vicino." Ma queste parole, dette dal Signore, non si applicano a un Goy che non è tuo fratello»; in effetti, in Levitico 19,13 è scritto: "Non opprimerai (il tuo compagno), il tuo prossimo, né lo spoglierai di ciò che è suo; il salario del bracciante al tuo servizio non resti la notte presso di te fino al mattino dopo."

È ricercatissima l'unità tra i "fratelli" e chi mette pace tra loro gode i frutti in questo mondo e nel Mondo Avvenire (Peah 1,1), simile a "Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio." (Matteo 5,9)
È inevitabile che sorgano liti tra fratelli, ma è da lodare chi tace prima (Kid 71 b).

Ecco allora che si possono individuare quattro tipi: "

  • Chi è facile ad adirarsi e a placarsi; il suo guadagno compensa la sua perdita;
  • Chi è difficile ad adirarsi e a placarsi; la sua perdita compensa il suo guadagno;
  • Chi è difficile ad adirarsi e facile a placarsi; è un pio;
  • Chi è facile ad adirarsi e difficile a placarsi; è un malvagio." (Aboth V 14)
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