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SAN GIUSEPPE...

 
VEDERE IL SANTO VOLTO

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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IL DIO MISTERIOSO »

CERCARE DI VEDERE GESÙ
Il volto, viso o faccia, è la sede d'importanti organi sensitivi dell'uomo.
Gli occhi, il naso, la bocca e le orecchie sono, infatti, i terminali degli organi visivi, olfattivi, gustativi, uditivi ed anche tattili, grazie alle labbra.
Da tale sede sono promanati sguardi, parola, respiro, lacrime ed espressioni efficaci che esprimono gioia, dolore, indignazione, piacere e altro.
L'insieme è così uno specchio che fa trapelare il vissuto dell'anima.
È questa del viso l'unica parte del corpo dell'uomo che in qualsiasi località e cultura, almeno nel maschio, generalmente è scoperta.
È, infatti, il viso espressione della propria identità e consente il riconoscimento.
Nell'iniziare un rapporto con l'altro, prima di ascoltarlo guardiamo in particolare il suo volto e questo attira il nostro sguardo e accende il desiderio di conoscerlo o lo respinge, poi eventualmente lo custodiamo nella memoria per ricordare la sua presenza.
È il volto dell'altro che accende in noi il sentimento.
Per come siamo stati previsti dal Creatore non riusciamo a pensare a un altro, quando non è presente, se non ripescando i particolari del suo volto nella nostra memoria facendo un rapido interiore identikit.
Spesso la porzione di viso che colpisce di più sono proprio i suoi occhi che, appunto, nell'immaginario comune sono definiti "specchio dell'anima".
Soltanto l'immagine ricevuta direttamente dal suo viso però può attestare il vero, mentre l'immagine fabbricata o ritoccata dal fotografo e dei rotocalchi può dire il falso e solamente un colloquio diretto guardando i suoi occhi e le espressioni del suo viso possono aver valore.
Sappiamo bene anche che dobbiamo pure stare attenti all'immagine che riceviamo dal vivo, perché oggi i ritocchi con la chirurgia plastica possono venir ad aver alterato la forma del naso, delle orecchie delle labbra, delle guance, aver tirato la pelle agli zigomi e sul collo, aver tolto rughe, aver reimpiantato capelli ciglia e sopracciglia e così portare a ingannare chi la riceve, giacché, ciò avendo fatto, la bellezza che appare è in gran parte artificiale.

"Bello" nell'ebraico della Bibbia è "japoeh", dal radicale di "essere bello".
Così si trova ad esempio nel versetto seguente: "Come sei bello , mio diletto, quanto grazioso! Anche il nostro letto è verdeggiante." (Cantico dei Cantici 1,16)

Le lettere di quell'alfabeto, lette come icone, ci dicono che essere bello è "essere con volto aperto " tanto che chi lo guarda "(re)sta a bocca aperta ".

Appena nati, abbiamo aperto gli occhi e abbiamo cercato un volto, quello della madre.
Il bambino cerca il volto dei genitori, l'amante cerca il volto dell'amato, il genitore quello del figlio, il morente cerca il volto di qualcuno che non lo faccia sentire solo nella morte.
Nella ricerca di Dio ecco che allora l'uomo non può non pensare che a cercare di vedere un volto; d'altronde l'uomo è "fatto a immagine e somiglianza di Dio", quindi, (Genesi 1,26) non può pensare a Dio, se non ritenendo che egli abbia come ogni altro un volto.
Di conseguenza l'uomo non può esprimersi, per narrare il suo rapporto con Dio, se non parlando di un Dio che ha un volto luminoso e di benedizione (Numeri 6,24-26), che esprime la sua parola "l'uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore" (Deuteronomio 8,3) e che s'indigna per il male.
Dio lo sa, e desiderando mettersi in relazione con l'uomo si piega alla nostra umanità che d'altronde è fatta secondo la Sua volontà.

Cercare Dio, di conseguenza, è:

  • vivere "...dice il Signore alla casa d'Israele: Cercate me e vivrete!" (Amos 5,4);
  • cercare il suo volto "Cercate il Signore e la sua potenza, ricercate sempre il suo volto." (Salmo 105,4);
  • attendere con fede come grida il salmista: "Quando verrò a contemplare il volto di Dio?" (Salmo 42,3);
  • pregare Dio affinché illumini il proprio volto "Dio abbia pietà di noi e ci benedica, su di noi faccia splendere il suo volto."(Salmo 67,2);
  • pregare che non lo nasconda "Non nascondermi il tuo volto, non respingere con ira il tuo servo" (Salmo 27,9) e "Perché nascondi il tuo volto, dimentichi la nostra miseria e oppressione?"(Salmo 44,25).
Il desiderio di cercare di vedere il Signore e di conoscere dove abita fu già a muovere i primi discepoli le cui salienti esperienze sono sinteticamente riportate nei Vangeli.

Il Vangelo di Giovanni, in particolare, propone al lettore le prime parole di Gesù solo dopo il suo battesimo al Giordano con questo racconto: "Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: Ecco l'agnello di Dio! E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: Che cosa cercate? Gli risposero: Rabbì - che, tradotto, significa Maestro - dove dimori? Disse loro: Venite e vedrete. Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio. Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro." (Giovanni 1,35-40)

Quei discepoli, avevano iniziato un cammino di conversione ed erano andati appositamente al Giordano a farsi battezzare dal Battista come atto intenzionale per invocare la remissione dei peccati in previsione del giorno di giudizio annuale ebraico, del giorno dell'espiazione per ottenere il perdono, lo Jom Kippur.
Sentite le parole del profeta, avevano cominciato a seguire Gesù.
Gesù allora prese l'iniziativa con la domanda "Che cosa cercate?"
Certamente lo avranno guardato in faccia, giacché nell'iniziare un rapporto con l'altro, prima di ascoltarlo, guardiamo il suo volto.
Se ne deduce che quello di Gesù ebbe il potere su quei discepoli di attirare il loro sguardo, di affascinarli e di accendere il desiderio di conoscerlo.
Ne avranno vista la bellezza a trecento sessanta gradi che emanava e avranno intravisto la mitezza dell'Agnello di Dio che confermava le parole sentite dal Battista.
C'è stato un giorno e un'ora precisa, quella del primo incontro.
Il Vangelo informa addirittura anche dell'ora esatta - "le quattro del pomeriggio" - momento basilare, fondante e preciso cui ciascuno deve riandare per attingere al complesso delle emozioni e dei motivi che ebbero il potere incuriosirlo e di porlo in cammino.

Penso proprio, infatti, che nessuno possa dimenticare il giorno e l'ora del primo incontro con l'amore della propria vita, se mai ci sia stato.
"Cosa cercate? ...Venite e vedrete" sono parole profetiche di Gesù che richiamano passi di Sacre Scritture come:
  • "Ascoltatemi, voi che siete in cerca di giustizia, voi che cercate il Signore; guardate alla roccia da cui siete stati tagliati, alla cava da cui siete stati estratti. Guardate ad Abramo vostro padre, a Sara che vi ha partorito; poiché io chiamai lui solo, lo benedissi e lo moltiplicai." (Isaia 51,1s)
  • "Venite e vedete le opere di Dio, mirabile nel suo agire sugli uomini. Egli cambiò il mare in terra ferma, passarono a piedi il fiume; per questo in lui esultiamo di gioia. Con la sua forza domina in eterno." (Salmo 66,5-7)
Per la conoscenza del Signore, sappiamo bene, non basta un movimento intellettuale, ma sono coinvolte tutte le componenti dell'essere della persona, corpo, forza, anima e mente.
Occorre, infatti, mettersi in cammino e poi Lui si fa incontrare come accadde proprio con Abramo.
Prova di ciò è che chi inizia un cammino sincero verso di Lui in genere continua a seguirlo giacché è a verificarsi qualcosa di simile a quanto s'intuisce dal Cantico dei Cantici, quando il "diletto" fugge e si nasconde per provocare il desiderio nell'amata.
La decisione di seguirlo non viene in modo razionale da parte del soggetto, ma è piuttosto un impulso dell'anima; è il non rifiutare una chiamata, è l'attuarsi di una possibilità che è data in un momento favorevole in cui, per grazia, il soggetto non la rifiuta.
Dalla paralisi iniziale il potersi alzare e mettersi in movimento è un quid colto come l'effetto dell'incontro con una persona affascinante sotto tutti gli aspetti, capace di sedurre ed attrarre a sé intravista come attraverso uno specchio, da quello che riflette chi lo annuncia, come nel caso del Battista con i primi discepoli.

A questo seguono i miracoli, i segni, i memoriali che ciascuno riceve, che confermano l'attesa, come evidenza Gesù stesso con: "Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi vengono sanati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunziata la buona novella." (Luca 7,22)

Le prime tappe per cercare il Signore comportano di fare come Abramo e d'entrare in conversione e abbandonare le vie storte prima seguite: "Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino . L'empio abbandoni la sua via e l'uomo iniquo i suoi pensieri; ritorni al Signore che avrà misericordia di lui e al nostro Dio che largamente perdona." (Isaia 55,6s)

Il "venite e vedrete" che ha detto Gesù ai suoi primi discepoli chiede di farne esperienza con tutto se stessi, con tutti i propri sensi, con gli occhi e le orecchie non solo del corpo, ma soprattutto dello spirito.
I sensi sono contingenti e solo temporali, perché vengono solo dalla terra, ma lo spirito viene dal "cielo".
Inizia una nuova creazione nell'uomo che dagli occhi e dalle orecchie fisiche assume come nuovi poteri, occhi veri dell'anima e orecchie del cuore di cui come poi vedremo nell'opera "Apologia ad Autolico" dice Teofilo nel II secolo, il VI vescovo di Antiochia dopo l'apostolo Pietro.
Il Vangelo di Giovanni, infatti, dopo aver iniziato ricordando la pagina della creazione come nel libro della Genesi - primo giorno... secondo giorno... - (Giovanni 1,29; 1,35; 1,43; 2,1), continua nelle prime pagine a scandire il tempo, perché appunto con la venuta di Gesù, il Messia, il Cristo, si entra nella nuova creazione che è un ricominciare per preparare l'uomo nuovo.
Il Vangelo di Matteo al proposito di questo tema riporta queste parole di Gesù: "In verità vi dico: voi che mi avete seguito, nella nuova creazione, quando il Figlio dell'uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele." (Matteo 19,28)

Questa nuova creazione (rigenerazione in latino e palingenesi in greco) comporta di accogliere un invito:
  • Proverbi 9,1-6 - "La Sapienza si è costruita la casa, ha intagliato le sue sette colonne. Ha ucciso gli animali, ha preparato il vino e ha imbandito la tavola. Ha mandato le sue ancelle a proclamare sui punti più alti della città: Chi è inesperto accorra qui! A chi è privo di senno essa dice: Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato. Abbandonate la stoltezza e vivrete, andate diritti per la via dell'intelligenza".
  • Salmo 34,9 - "Gustate e vedete quanto è buono il Signore; beato l'uomo che in lui si rifugia."
La nuova creazione passa attraverso il mistero del cammino pasquale, in cui è nutrimento l'Eucaristia, il cibo dell'uomo nuovo.
Solo man mano crescono i nuovi sensi per vedere, udire, gustare... Dio.
Cristo, infatti, con la sua venuta, non solo si è fatto ascoltare e vedere, ma ci nutre col pane e col vino del sacramento per farci divenire suo corpo e suo sangue e far assumere così il passaggio alla dimensione divina.

Eppure, non tutti i discepoli, pur avendo visto e vissuto con Lui, poi credettero subito al racconto della risurrezione, infatti, "Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dissero allora gli altri discepoli: Abbiamo visto il Signore! Ma egli disse loro: Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò. Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: Pace a voi! Poi disse a Tommaso: Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente! Rispose Tommaso: Mio Signore e mio Dio! Gesù gli disse: Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!" (Giovanni 20,24-29)

Questo del credere è un mistero.
La sua vicinanza, il suo insegnamento e soprattutto la grazia della fede che Lui "autore e perfezionatore della fede" (Ebrei 12,2) dona consentono, però, di far intuire che la Sua realtà è più totalizzante del solo vedere.
Tutto ciò premesso entriamo nel tema del vedere per gradi.

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