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RACCONTI A SFONDO BIBLICO...

 
STORIA E MITO DEGLI EBREI IN EGITTO

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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GIUSEPPE SECONDO CROMBETTE
Lo studioso francese Fernand Crombette ha trovato in papiri egizi "cenni" secondo lui riferibili a Giuseppe figlio di Giacobbe.
Giuseppe era riconosciuto come un profeta cui la divinità parlava in un modo speciale e unico, quindi aveva un buon occhio come aveva un buon occhio, lo "udjat", il dio Horus.
Parlava con Horus faccia a faccia e questo è il geroglifico dell'occhio di Horus.


Il Crombette sostiene tra l'altro che il seguente geroglifico trovato su uno scarabeo, che prevede due occhi fortunati che si guardano, possa rappresentare proprio Giuseppe.


Il nome "YOUSAIPHE" , in ebraico composto dalle lettere - "Yod", "Waw", "Samek", "Phé" - nel geroglifico mi pare rinvenirsi con la lettera ebraica per "Phé" nella parte destra di quel geroglifico, la lettera "samek" col cerchio del sole, la lettera "Waw" , che pare un bastone e in egizio rappresenta servo o parola e la "Yod" è l'Essere, onde "l'Essere gli parla col sole in faccia", ossia parlano faccia a faccia.
Sarebbe addirittura la sua firma che ci parla del potere dei suoi occhi profetici, della sua bellezza e dell'essere amato dal dio sole .
Quando a Giuseppe morì in Egitto il padre Giacobbe (Genesi 49,29) per soddisfare il desiderio di questi d'essere sepolto in Palestina, secondo la Bibbia, organizzò un corteo funebre fino a Ebron alla grotta di Macpela.
Quel geroglifico ricorderebbe anche il pianto di Giuseppe in tale occasione.
Di Giuseppe, viceré d'Egitto, si sa (Genesi 41,45) che "Il faraone chiamò Giuseppe Tzafnat-Paneach e gli diede in moglie Asenat, figlia di Potifera, sacerdote di On."

Zafnat Paneach ha un senso in ebraico: "tzafun" vuol dire nascosto, "paneach" significa svelare e non sarebbe altro che il ricordare che Giuseppe "è colui che svela le cose nascoste".
Asenat significa in egiziano antico "appartenente alla dea Neit", Potifera "Dono di Ra" ed On è Eliopoli, centro del culto solare che era situato a 11 km circa dell'attuale città del Cairo.
Viene sostenuto che in Egizio quelle due parole Tzafnat-Paneach starebbero a significare "Dio dice: è vivente".
Invero, spesso i due occhi, detti "occhi udjat", si trovano su casse contenenti le mummie col compito di proteggere il defunto, permettendogli di osservare il sole che sorge a oriente.


Statuetta di Shemes Medio Regno, XII dinastia davanti a sarcofago a "a cassa"

Nella lingua egizia il geroglifico dell'occhio di Horus "" - "udjat" ha il significato di preservare o protezione.


L'Occhio di Horo per gli egizi ha il valore di prosperità, potere regale e buona salute ed è indiscusso che tutto ciò secondo il racconto biblico venne a quel popolo proprio con Giuseppe.
Il Crombette nell'opera biblico-egittologica "Giuseppe, Maestro del Mondo e delle scienze", associa il mitico uccello "fenicie" che risorge dalle proprie ceneri, il Phenix, il Bennu egizio, a Giuseppe d'Egitto che proveniva tra l'altro non lontano dalla Fenicia.
Viene attribuito a Giuseppe il seme che poi porterà all'iniziativa teologica del monoteismo di Akhenaton.
Riporto la traduzione effettuata dal Crombette col suo metodo - utilizzando il copto e i geroglifici - di due cartigli e/o iscrizioni riguardanti Akhenaton tratti dall'opera di H. Gauthier "Il libro dei re d'Egitto, raccolta di titoli e protocolli reali, volume 2, MIFAO n° 18, Il Cairo 1912":
  • "Adonai è al disopra di Ra e al disopra di quelli che l'hanno seguito: il Phénix (Giuseppe) ha stabilito così la regola".
  • "Fino a questo tempo si faceva un sacrificio alle immagini con grandi grida; una moltitudine di vittime umane (?) era abbattuta con parole antiche negli anniversari. La grande voce che si è addormentata ha stabilito che era sufficiente adorare l'Essere eterno. Questo fondamento posto dal giusto Giuseppe è simile alla nostra volontà: che la grande moltitudine riunita adori Adonai che ha emesso il sole".
Giuseppe risulta anche l'anticipazione del Cristo che muore e risorge.
Messo a morte dai fratelli è re e risorge glorioso. (Vedi: il paragrafo "L'araba fenice e la morte degli animali")

Il numero associato al mito della Fenice è LXXI e 71 indica col 7 il settimo giorno della settimana lo stare di Cristo nel sepolcro e il numero 1 indica l'8° giorno quello della risurrezione.
Gli Egizi furono i primi a parlare di quell'uccello mitologico, un airone cenerino che risorgeva dalle acque che chiamavano Benu o Bennu divinità zoomorfa, consacrato a Ra, raffigurato con la corona Atef la corona più usata dalle divinità simbolo di Osiride o con l'emblema del sole, ma per il mito greco era un uccello colorato che risorgeva dalle fiamme.


In egiziano antico Benu pare derivare da "webwn", verbo egizio che significa "brillare", "sorgere" Benu o Bennu, simbolo della nascita e della risurrezione quindi della vita eterna.
Questo viveva sulla pietra Benben posta nel tempio di Eliopoli che era la cima della collina primigenia che secondo la dottrina eliopolitana emerse dall'oceano primordiale del Nun e sulla quale il dio creatore Atum generò se stesso e la prima coppia divina.
Questa idea della prima pietra è simile a quella di cui dice il Talmud: secondo Joma 54 b la terra fu creata da una prima pietra, la pietra "'eben Shityiah" , ossia la "Shit" di "Iah" , "Il Santo che benedetto sia gettò nel mare primordiale una pietra, da cui il mondo trasse origine" e sempre.
Secondo tale scritto questa pietra si trovava nel Tempio ed era la pietra di volta della terra e del creato, onde il Tempio fu il centro della creazione della terra; quella "Shit" di "Iah" , infatti, "ad accendere Sarà il tutto che c'è nel mondo ".
Questa idea, ritengo che venga da una particolare lettura del primo versetto della Genesi.
A tale riguardo ricordo che gli antichi testi della Torah non avevano la divisione con parole, ma tutte lettere egualmente distanziate e non c'erano le 5 lettere particolari di fine parola.

Il primo versetto: "In principio Dio creò il cielo e la terra", oggi scritto così:



allora, si può anche leggere: Creata la "Shit" , creò Dio l'apertura all'esistenza della vita ; venne dal Cielo Portata , divenne la Terra .

Nei Testi delle Piramidi, insieme di formule rituali aventi lo scopo di assicurare l'immortalità e l'ascesa al cielo ai faraoni, su Atum recitano: "...tu che sorgi, come il benben, nella Dimora del Benu in Eliopoli..." (George Hart, Egyptian Myths, University of Texas Pres)

Il capitolo XVII del Libro dei Morti egizio, secondo S. Mayassis eminente egittologo, Linea 10 recita "Io sono la Legge dell'esistenza e degli esseri. Cos'è questo? Il Benu è Osiris in Heliopolis. La Legge dell'esistenza e degli esseri è il suo corpo; detto in altro modo: è l'infinito corso del tempo ed è l'eternità. L'infinito corso del tempo è il giorno, l'eternità è la notte."

Il libro della Genesi si conclude proprio con la morte di Giuseppe e narra: "Giuseppe con la famiglia di suo padre abitò in Egitto; Giuseppe visse 110. Così Giuseppe vide i figli di Efraim fino alla terza generazione e anche i figli di Machir, figlio di Manasse, nacquero sulle ginocchia di Giuseppe. Poi Giuseppe disse ai fratelli: Io sto per morire, ma Dio verrà certo a visitarvi e vi farà uscire da questo paese verso il paese che egli ha promesso con giuramento ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe. Giuseppe fece giurare ai figli di Israele così: Dio verrà certo a visitarvi e allora voi porterete via di qui le mie ossa. Poi Giuseppe morì all'età di 110 anni; lo imbalsamarono e fu posto in un sarcofago in Egitto." (Genesi 50,22-26)

Mentre Giuseppe era riuscito a portare le ossa del padre con grande onore dall'Egitto fino a Ebron in Palestina, il fatto che non potette chiedere ciò anche per sé indica che pur se riconosciuto per la sua sapienza e i suoi meriti non era più viceré.
Dicono i commentatori ebrei che Giuseppe quando divenne viceré aveva trascorso in Egitto già 12 anni, aveva così 30 anni, era l'epoca della morte di Isacco.
Nel Talmud in Rosh Hashana è detto che Giuseppe fu liberato appunto al Rosh Hashana, il capodanno del 2230 del calendario ebraico che corrispondeva nel 1532 a.C..
Giacobbe, che allora aveva 120 anni d'età, venne poi in Egitto 10 anni dopo, vi risedette per 17 anni e vi morì alla bella età di 147 anni (Genesi 47,28).

Visto che Giuseppe, secondo la Bibbia (Genesi 50,26) visse 110 anni, morì nel 1452 a.C., quindi, sarebbe stato viceré, ricordiamoci solo del Basso Egitto, per 80 anni.
In effetti, però non potette esserlo che fino alla fine del regno di Apophis che si concluse, come vedremo, con la presa di Avaris da parte di Amose della dinastia tebana, quindi non oltre al 1540 -1530 a.C..
In base a quei dati Giuseppe morì durante la XVIII dinastia ai tempi dei Tutmosis e non aveva più potere.

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