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IL PERDONO

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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LA PRIMA RICHIESTA DI PERDONO »
ABRAMO TRATTA CON DIO »
GIUSEPPE PERDONA I FRATELLI »

PERDONO PER L'IDOLATRIA E PER L'ADULTERIO
Mosè sull'Oreb, dopo 40 giorni e notti di colloquio, appena ricevute le tavole dell'alleanza scritte col dito di Dio (Esodo 31,18), da Dio stesso fu avvertito: "Va, scendi, perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d'Egitto, si è pervertito. Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicato! Si sono fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: Ecco il tuo Dio, Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d'Egitto. Il Signore disse inoltre a Mosè: Ho osservato questo popolo: ecco, è un popolo dalla dura cervice. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te invece farò una grande nazione." (Esodo 32,7-10)

Certo è che quella fu una grande tentazione cui Mosè fu sottoposto, poteva lasciar correre tutto e accogliere quell'apertura di credito, ma non fu così, prevalse l'amore per i fratelli e per il prossimo ed ebbe anche fede sufficiente per riuscire a frenare la collera divina e fu così che in tale occasione si meritò in pieno sul campo d'essere considerato un vero leader del popolo.
Pur con tutti i difetti che il popolo poteva avere, in effetti, non l'aveva scelto lui e Mosè non poteva accettare d'essere separato da esso né di guidare un popolo che non trovasse il perdono da parte del Signore.
Era questione radicale ed esistenziale, infatti, se il Signore non avesse usato misericordia tanto valeva nemmeno iniziare ad accogliere l'intera sua Torah.
Mosè subito allora contrasta il Signore precisando che il popolo era uscito grazie al Suo intervento per le piaghe all'Egitto che aveva mandato e che ora non poteva tirarsi indietro senza perdere la faccia.
La missione di Mosè non ha motivo d'essere senza la comunità, che sarà l'avamposto contro il male, quindi vi saranno sempre in prima linea soccombenti da salvare col pentimento e col perdono e non solo con punizioni, altrimenti la missione era da considerare fallita in partenza.

Vincente fu il dire di Mosè quando pronunciò queste parole: "Ricordati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo, e tutta questa terra, di cui ho parlato, la darò ai tuoi discendenti e la possederanno per sempre. Il Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo." (Esodo 3213s)

Mosè, insomma, rifiuta nettamente la provocazione, implorando la misericordia di Dio, e poi attua una specie di ricatto a una nuova minaccia divina.
Grande, in effetti, però fu poi l'ira di Mosè verso il popolo quando scendendo dal monte con le tavole della legge verificò che avevano proprio peccato d'idolatria costruendosi il famoso vitello d'oro.
Frantumò le tavole (Esodo 32,19), che rappresentavano il contratto nunziale tra Dio e il popolo, in quanto, visto quel peccato del vitello quel contratto scritto, la "Chetubah" o atto matrimoniale, non aveva più senso!
La sposa era stata adultera e solo se c'era il perdono dello sposo poteva, eventualmente, rimanere con lui.
Il castigo, risultò di tre tipi (Talmud Yomà, 66b):

  • quelli del popolo, più vicini a Mosè che erano stati avvertiti e che sapevano bene che peccavano, furono passati a fil di spada ed erano soprattutto Leviti che uccisero i fratelli, amici e vicini (26-28);
  • chi del popolo agì, ma poteva sostenere di non essere consapevole, e quindi Mosè non aveva potuto punire, fu punito da Dio con una piaga (35);
  • la massa di popolo indistinta, che non si sapeva quanto colpevole fosse, fu sottoposta a bere le acque inquinate con la polvere dell'idolo (20) alla guisa che poi la Torah imporrà di sottoporre proprio alla moglie sospetta d'adulterio (Numeri 5,11-31).
Ciò compiuto, preso il coraggio a due mani: "Il giorno dopo Mosè disse al popolo: Voi avete commesso un grande peccato; ora salirò verso il Signore: forse otterrò il perdono della vostra colpa. Mosè ritornò dal Signore e disse: Questo popolo ha commesso un grande peccato: si sono fatti un dio d'oro. Ma ora, se tu perdonassi il loro peccato... Altrimenti, cancellami dal tuo libro che hai scritto!" (Esodo 32,30-32)

In questi versetti si trova il concetto di perdono, ma in due modi verbali.
Nel versetto 30 quando Mosè si rivolge al popolo, è tradotto, dal Signore "forse otterrò il perdono della vostra colpa", in effetti, il modo più letterale sarebbe "forse otterrò l'espiazione del vostro peccato" in quanto in ebraico è scritto "'ule 'ekapperah bea'd chatt'atekoem" e il verbo usato ha il radicale del coprire di pece, impeciare, come il turare una falla di una imbarcazione o di una cisterna, atto o opera figurata che poteva fare solo il Signore, ricoprire il peccato con la sua misericordia.
Tra l'altro quel radicale si può dividere in + , ma "kaf" (ove = a fine parola), è il cavo di una mano che copre un corpo , quindi, come il nascondere una indecenza.
Si ha anche che la prima parte di si può accostare al radicale relativo al deprimere, calmare ad esempio l'ira o la collera, come in "Un regalo fatto in segreto calma la collera, un dono di sotto mano placa il furore violento" (Proverbi 21,14)

Nel versetto 32, Mosè si rivolge direttamente al Signore e gioca tutta la potenzialità del proprio potere di mediazione tra Dio stesso e il popolo che è uscito con lui dall'Egitto, presentando il ricatto in forma di un aut aut.
In pratica Gli dice, se perdonerai il loro peccato - "'im tissh'a chatt'atam" - bene, altrimenti cancella anche me dal libro della vita.
Mosè, quindi, con la sua mediazione ha consentito a un nuovo modello di rapporti tra l'uomo e Dio.

Così andarono i fatti: "Il Signore disse a Mosè: Taglia due tavole di pietra come le prime. Io scriverò su queste tavole le parole che erano sulle tavole di prima, che hai spezzato. Tieniti pronto per domani mattina: domani mattina salirai sul monte Sinai e rimarrai lassù per me in cima al monte. Nessuno salga con te e non si veda nessuno su tutto il monte; neppure greggi o armenti vengano a pascolare davanti a questo monte. Mosè tagliò due tavole di pietra come le prime; si alzò di buon mattino e salì sul monte Sinai, come il Signore gli aveva comandato, con le due tavole di pietra in mano. Allora il Signore scese nella nube, si fermò là presso di lui e proclamò il nome del Signore. Il Signore passò davanti a lui, proclamando: Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all'ira e ricco di amore e di fedeltà, che conserva il suo amore per mille generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato, ma non lascia senza punizione, che castiga la colpa dei padri nei figli e nei figli dei figli fino alla terza e alla quarta generazione." (Esodo 34,6s)

Nei versetti 6 e 7, Dio, si dichiara con le parole che ho riportato in grassetto, un Signore misericordioso, pietoso, lento all'ira, di grande bontà e verità, e che perdona o meglio tollera "noss'e" la colpa, "a'von" , ossia i peccati volontari e "posha'" la trasgressione, cioè la ribellione e altre forme di peccato "chatta'ah" .

Per quanto riguarda la punizione, il testo ebraico dice , "naqqeh lo ienaqoeh", cioè quanto ad assolvere non assolve del tutto, ma assolve coloro che si pentono, castiga il peccato dei padri ai figli quando i figli seguono la via dei genitori (Rashi), ma la bontà divina tende ad esaltare di 500 volte il bene (per mille generazioni, rispetto al male fino alla terza generazione).

Mosè ancora Lo incalza e, pur riconoscendo la testardaggine del popolo, avendo considerato che Dio si è dichiarato misericordioso, chiede non solo il perdono, ma che Dio in persona cammini con loro e Gli "Disse: Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo di dura cervice, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa di noi la tua eredità." (Esodo 34,9)

Questo "perdona", chiesto ancora da Mosè, nel testo ebraico è con un altro radicale, il che sta per "perdonare e condonare" da cui "selichah" è il perdono (Daniele 9,9) e Dio è un perdonatore, facile a perdonare, come nel Salmo 86,5 "Tu sei buono, Signore, e perdoni, sei pieno di misericordia con chi ti invoca."

In quel radicale + di certo ha la sua importanza il radicale () relativo al "calpestare, sprezzare, rigettare", onde ne discende "il (Tuo) rigettare () nascondi , racchiudi", come nascondere in un paniere o canestro "sel" e continua ad avvolgerci col tuo vigore "lach" .

Il Signore, allora, propose, un'alleanza in cui, dopo quanto è stato detto da Mosè e commentato dai saggi d'Israele, è implicita, rispetto alle prime tavole, la possibilità di rientrare, se infranta, come nei fatti era avvenuto e raccontato, in caso di comprovato pentimento, possibilità ampliamente poi spiegata nella Torah stessa con il rituale del sacrificale del Tempio, col rito della giovenca rossa (Numeri 19) e col giorno del perdono di Jom Kippur.

A Mosè "Il Signore disse: Ecco, io stabilisco un'alleanza" (Esodo 34,10), In italiano sembra uguale alla prima volta che fu usato il termine "berit" il che fu con Noè, quando Dio disse: "Ma con te io stabilisco la mia alleanza" (Genesi 6,18), alleanza che poi estese ai discendenti di Noè in Genesi 9,9.11.

Questo modo con Noè, come atto unilaterale, "sancisco" "heqimati", però, è diverso da quello che in effetti Dio usò con Mosè in quel versetto Esodo 34,10 e che dalla traduzione C.E.I. in italiano non appare.

Le parole esatte in ebraico in questo caso di Esodo 34,10 sono "Io" "'anoki" "coret" "berit" , ove quel "coret" viene dal verbo "tagliare, dividere", quindi... "condivido" la ebraica "berit" ossia l'alleanza, in greco "diathèke" e in latino "testamentum".

La prima volta che fu usato il termine "coret" fu in Genesi 15,18 quando, su ordine divino, Abramo prese degli animali, li divise squartandoli lasciando un corridoio frammezzo in cui il Signore nel buio fitto della notte come braciere fumante e fiaccola ardente passò come dividendo anche Lui quegli animali, facendo così alleanza, vale a dire, "coret" "berit" con Abramo (Genesi 15,18), alleanza che, di fatto, viene poi rinnovata allargata, in quanto con Mosè resta confermata anche in caso di pentimento di peccati.
Il termine "berit" , molto vicino come lettere a "biriah" che significa cibo, evoca con quel coret il dividere lo stesso pasto, infatti, il radicale comporta "il mangiare" e anche il "decidere"; implica perciò anche che Dio farà preventivamente conoscere le proprie decisioni in modo chiaro al suo popolo.

A conferma di ciò c'è il pensiero esplicitato dal Signore stesso nei riguardi di Abramo e dei suoi discendenti dopo l'alleanza con lui e prima di distruggere Sodoma, infatti: "Il Signore diceva: Devo io tener nascosto ad Abramo quello che sto per fare, mentre Abramo dovrà diventare una nazione grande e potente e in lui si diranno benedette tutte le nazioni della terra? Infatti, io l'ho scelto, perché egli obblighi i suoi figli e la sua famiglia dopo di lui ad osservare la via del Signore e ad agire con giustizia e diritto, perché il Signore realizzi per Abramo quanto gli ha promesso". (Genesi 18,17-19)

In definitiva, l'insieme di questo racconto ci dice che la Torah non era ricevibile senza la certezza di un'alleanza con Dio che la gestisse con misericordia e non solo con la giustizia umana.
La Torah, invero, riporta tante norme con la precisazione che il reo è passibile di morte, morte certa, perché il reo si è escluso da Dio, ma va interpretata nell'applicazione.
Occorre distinguere se la Torah è legge degli uomini o è legge divina in cui il giudice è Dio.

Il problema fu che i re l'adottarono anche come legge dello stato e allora i giudici furono gli uomini.
Da parte degli uomini occorre però che chi la volesse applicare dovrebbe essere un giudice giusto; e chi è veramente giusto?
L'applicazione da parte degli uomini così risultò comunque attivata da parte di giudici integralisti, che non tennero conto della possibilità di pentimento e di redenzione o a difesa in oltranza della comunità.
Tutta la comunità, in effetti, dai profeti fu in più occasioni accusata d'adulterio, il che dimostra che la Torah non era stata applicata integralmente.

Al riguardo, riporto un brano dell'udienza generale del 4 gennaio 1991 di papa San Giovanni Paolo II: «Nell'Antico Testamento si parla di una sorta di sponsalità tra Dio e il suo popolo, cioè Israele. Così leggiamo nella terza parte delle profezie di Isaia: "Poiché il tuo sposo è il tuo creatore, Signore degli eserciti è il suo nome; tuo redentore è il Santo d'Israele, è chiamato Dio di tutta la terra" (Isaia 54,5). La nostra catechesi sulla Chiesa come "sacramento dell'unione con Dio" ci riporta a quell'antico fatto dell'alleanza di Dio con Israele, il popolo eletto, che è stata la preparazione al mistero fondamentale della Chiesa, prolungamento del mistero stesso dell'incarnazione... oltre al testo di Isaia citato all'inizio, ne troviamo anche altri, specialmente nei libri di Osea, di Geremia, di Ezechiele, in cui l'alleanza di Dio con Israele è interpretata in analogia al patto matrimoniale degli sposi. Sempre in forza di questo paragone, questi profeti scagliano contro il popolo eletto l'accusa di essere come una sposa infedele e adultera. Così Osea: "Accusate vostra madre, accusatela perché essa non è più mia moglie e io non sono più suo marito" (Osea 2,4). Ugualmente Geremia: "Come una donna è infedele al suo amante così voi, casa d'Israele, siete stati infedeli a me" (Geremia 3,20). E ancora, avendo davanti agli occhi l'infedeltà di Israele alla legge dell'alleanza, e specialmente i ripetuti peccati di idolatria, Geremia aggiunge la rampogna: "Tu ti sei disonorata con molti amanti e osi tornare da me? Oracolo del Signore" (Geremia 3,1). Infine Ezechiele: "Tu però, infatuata per la tua bellezza e approfittando della tua fama, ti sei prostituita concedendo i tuoi favori a ogni passante" (Ezechiele 16,15.29.32). Tuttavia bisogna dire che le parole dei profeti non contengono un rifiuto assoluto e definitivo della sposa adultera, bensì piuttosto un invito alla conversione e una promessa di riaccettazione della convertita. Così Osea: "Ti farò (nuovamente) mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell'amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore" (Osea 2,21-22). Analogamente Isaia: "Per un breve istante ti ho abbandonata, ma ti riprenderò con immenso amore. In un impeto di collera ti ho nascosto per un poco il mio volto; ma con affetto perenne ho avuto pietà di te, dice il tuo redentore, il Signore" (Isaia 54,7-8).»

La nuova alleanza istituita da Gesù nell'ultima cena, proponendosi come pane e vino, fu proprio un "coret" "berit" in quanto l'agnello crocifisso mangiato () sarà da tutti .
Lo spezzare del pane ricorda proprio il "coret" della nuova alleanza!

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