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DECRIPTAZIONE BIBBIA...

 
LA SACRA SCRITTURA ANNUNCIA L'INCARNAZIONE

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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LA SCRITTURA DI DIO
Nella Bibbia, sia la scrittura, sia gli stessi segni usati all'origine per produrla assumono carattere di sacralità.
Testo e lettere usate, infatti, fanno entrambe parte integrante della rivelazione. Questo pensiero che pare esoterico, in effetti, discende dalla costatazione che la Torah stessa, seme di tutta la Bibbia per ebrei e cristiani, afferma in più riprese:

  • Esodo 31,18 - "Quando il Signore ebbe finito di parlare con Mosè sul monte Sinai, gli diede le due tavole della Testimonianza, tavole di pietra, scritte dal dito di Dio."
  • Esodo 32,15s - "Mosè ritornò e scese dalla montagna con in mano le due tavole della Testimonianza, tavole scritte sui due lati, da una parte e dall'altra. Le tavole erano opera di Dio, la scrittura era la scrittura di Dio, incisa sulle tavole."
  • Deuteronomio 5,22 - "(Il Signore) scrisse su due tavole di pietra e me le diede."
  • Deuteronomio 9,10 - "Il Signore mi diede le due tavole di pietra, scritte dal dito di Dio, sulle quali stavano tutte le parole che il Signore vi aveva detto sul monte, in mezzo al fuoco, il giorno dell'assemblea."
  • Deuteronomio 104s - "Il Signore scrisse su quelle tavole la stessa iscrizione di prima, cioè i dieci comandamenti che il Signore aveva promulgati per voi sul monte, in mezzo al fuoco, il giorno dell'assemblea. Il Signore me li consegnò. Allora mi volsi e scesi dal monte; collocai le tavole nell'arca che avevo fatta e là restarono, come il Signore mi aveva ordinato."
Il Signore, quindi, scrisse direttamente le Tavole.
L'idea che la scrittura fosse un dono degli dei era, peraltro, una costante nell'area geografico/storica di riferimento e precisamente:
  • del dio Nebo a Babilonia;
  • del dio Thot in Egitto;
  • di Cadmo, eroe mitico, fratello d'Europa fondatore di Tebe, per i Greci.
La Bibbia allora intende confutare tale idea, precisando che quella che è la scrittura è dono del Dio Unico e che il modo di scrivere dei vari popoli del mondo sono solo un riflesso fatto avere a suo tempo da Lui per preparare quella vera che poi sarà donata da Dio e che poi ha inciso come vedremo in modo profondo nelle civiltà esistenti.
Le Tavole erano opera di Dio e la scrittura era di Dio, onde quelle Tavole, su cui c'era la "scrittura di Dio", contenevano il codice della scrittura divina.
(Vedi: "Le 22 sacre lettere; appunti di un qabalista cristiano")

Il verbo "scrivere" in ebraico ha il radicale e guardando ai significati grafici delle lettere (Vedi: schede delle lettere ebraiche cliccando su di loro nella colonna a destra della Home di questo mio Sito) si ha:
  • la lettera ebraica "Kaf" sembra proprio una coppa, un vaso e per "Sefer ha-Temunah": "Kaf è l'attributo del Regno... è il recipiente della Shekinah", mentre per "l'Alfa beta de-rabbi 'Aqiva" "Kaf è il palmo della mano del giuramento e quindi è da considerarsi in collegamento con la mano di Dio "e per Marc-Alain Ouaknin la lettera Kaf è il palmo della mano, il cavo della mano aperta e il significato grafico traslato è piano, liscio, perciò retto e rettitudine.
  • la lettera che come commenteremo poi ampiamente, indica segno.
  • la lettera Bet , infine, ha come prototipo d'origine la B egizia che è una gamba o piede e indica il luogo dove si posa il piede, passato poi come segno di luogo di residenza, quindi, casa, tenda, dentro, abitare, abitazione, col segno sinaitico di una piantina di una casa da cui il segno rabbino quadrato di nonché iniziale della parola ebraica "bajt", cioè "casa".
Quel radicale CTB di "scrivere" ebraico con la lettura grafica dei segni si apre a questo predicato: "su un piano segnare dentro ".

Il pensiero del libro della Genesi è che all'origine c'era un'unica lingua, quella con cui Dio parlava con Adamo e che gli insegnò nel giardino dell'Eden, che poi arrivò fino a Noè, e i nati dopo il diluvio avevano una sola lingua, quella che Noè parlava in famiglia con i suoi figli, infatti: "Tutta la terra aveva una sola lingua..." (Genesi 11,1) poi "La generazione che volle erigere la Torre di Babele abusò, in senso magico, di questa lingua santa per imitare... l'azione creatrice di Dio... la lingua santa risulta da allora mescolata con elementi profani..." (Gershom Scholem, "Nome di Dio e la teoria qabalistica del linguaggio", Milano 1998), quindi, quella lingua rimase solo nel ramo dei primogeniti di Sem, di Eber e d'Abramo.

Accompagnati alla lingua dovevano esserci anche i segni, ed erano la lingua e la scrittura di Dio che era denominata dagli ebrei "celeste", il cui codice fu poi ridato al Sinai da Dio, il Dio degli dèi, "'Elohim" il Signore degli angeli.
Era l'origine di tutte le lingue e scritture, ivi compreso poi dell'alfabeto ebraico e degli stessi geroglifici egizi.

Questo pensiero fa dire ad Attanasio Kircher che "...gli alfabeti di tutte le lingue recano in sé le tracce della antiche lettere". (A. Kircher, "Turris Babel", Amsterdam, 1679); infatti, il Kircher, gesuita, scienziato e storico tedesco del XVII secolo, era convinto anche lui, almeno così gli avrebbero detto rabbini del tempo, che i segni delle lettere ebraiche li avessero suggeriti gli angeli.

Nel rinascimento ed anche più tardi si collegarono le lettere ebraiche alle stelle. Certo è che in cielo tra le stelle, si potranno sempre individuare formazioni che ricordino le lettere ebraiche unite anche in modo diverso rispetto alle costellazioni note e... Mosè era stato tante notti a guardare le stelle sul Sinai.

La lettera "'alef", ad esempio, dicono, si possa individuare nella costellazione del Toro che si trova in una delle regioni più ricche di astri, perché vi brillano Castore e Polluce dei Gemelli, Procione del Cane Minore, il gigante Orione, ai piedi del quale c'è la splendente Sirio del Cane maggiore.

Essendo state quelle Tavole consegnate a Mosè, questi secondo la tradizione con i segni di quel codice scrisse poi il primo nucleo della Torah, atto del patto di alleanza tra Dio e Israele in cui c'è la dichiarazione di amore sponsale "Io sono tuo" e "sono geloso".
È poi da presumere che i profeti e gli altri autori successivi imitarono quello stesso codice e scrissero i testi delle Sacre Scritture con segni simili.
La Sacra Scrittura così è dono di Dio, di ciò che possiamo sapere e dire di Lui e gli ebrei sostengono che non possono pensare a Dio e dire qualcosa su di Lui se passando dalle Sacre Scritture.

Aggiungo che, per meglio conoscerlo tramite quelle Scritture, sarebbe proprio utile approcciarle nella loro pienezza quando sono con la scrittura propria originaria, cioè con quella di quel codice.

Per il Talmud, "Sette cose furono create prima della creazione del mondo: la Torah, la conversione, il Giardino dell'Eden, la Geenna, il trono della gloria, il tempio e il nome del Messia" e lettere con cui Dio impresse le Tavole, con cui sarebbe stata poi scritta in terra la Torah, erano segnate sul Trono della gloria.
(Vedi: "Alfabeto ebraico, trono di zaffiro del Messia").

Per il giudaismo oltre alla Torah fu consegnata anche una Torah orale ricevuta da Mosè dalla bocca del Signore nei due periodi di quaranta giorni e quaranta notti sul Sinai per la consegna delle due serie di tavole; infatti, la "Mishnah", che inizia con il trattato Avot (i Padri) al punto 1.1, è scritto: "Mosè ricevette la Torah sul Sinai e la trasmise a Giosuè..." e prosegue "...e Giosuè agli Anziani, e gli Anziani ai Profeti, e i Profeti la trasmisero agli uomini della Grande Congregazione. Questi dicevano tre cose: Siate cauti nei giudizi; educate molti discepoli; fate una siepe intorno alla Torah."

La Grande Congregazione o Grande Sinagoga, l'istituzione religiosa che guidò il giudaismo sulla fine del periodo dei profeti, considerati antenati dai Farisei, era costituita da 120 membri (come poi i 120 discepoli della Chiesa nascente di Atti 1,15) convocati da Esdra e dagli scribi per far fronte ai problemi incontrati al ritorno degli ebrei dall'esilio babilonese, poi si trasformò nel Sinedrio d'evangelica memoria ed ebbe termine nel II secolo a.C..
Molti dei riti e della liturgia del giudaismo rabbinico sono fatti risalire a tale istituzione che stabilì l'autorità d'alcune opere iniziando così a determinare un primo canone biblico.
È da presumere poi che quei segni, scritti sulle due Tavole del Patto, siano stati conservati religiosamente - vennero, infatti, posti nell'Arca dell'Alleanza - e pur se trasformati in aspetti formali, abbiano mantenuto il messaggio grafico originario e avrebbero proprio la stessa valenza dei segni delle 22 lettere "rabbino quadrato" dell'alfabeto ebraico, come sono nei rotoli ritrovati a Qumran, praticamente assai simili a quelli con cui oggi sono scritti i libri della Tenak o Bibbia ebraica.

È importante considerare che il testo ebraico con le relative lettere fu fissato nella forma attuale prima dell'ignoranza dei geroglifici, perdurata per più di XV secoli, dal IV sino alla fine del XIX secolo d.C. e che:
  • le lettere sono soltanto consonanti come in egiziano;
  • nei testi antichi non c'erano i segni delle vocali;
  • le parole non erano separate tra loro;
  • le lettere erano spaziate tutte egualmente tra loro;
  • non c'erano forme particolari per indicare lettere di fine parola;
  • non v'era indicazione di versetti.
Ogni lettura comportava perciò di recidere in qualche modo il testo in parole, e ciò che si otteneva era solo una delle possibili soluzioni.
Ci si può allora domandare se ognuna di quelle lettere non avesse anche un valore specifico come ideogramma o pittogramma, una specie di geroglifico e se di questo significato grafico ne sia rimasta traccia.

Per far comprendere sinteticamente ciò che intendo dire sulle lettere prendo ad esempio la parola ebraica di "tavole" che in ebraico si dice "luhot".
Ecco che allora quella parola "tavole" "luhot" sarebbe stata scritta con lettere tutte spaziate tra loro in questo modo o anche e come pure , e allora osservo che:
  • la , la "lamed", che è la più alta delle 22 lettere di quell'alfabeto, pare proprio parlarci di un potente, infatti, sembra schematizzare il profilo di una testa con un diadema, inoltre appare assai simile al determinativo del geroglifico egizio di un serpente ;
  • la , la "wàw", pare proprio essere un bastone, in egizio il "madu" che sta per parola (se rovesciato il servo), nei geroglifici poi un serpente e un bastone stanno per dire "parla un potente", dopo inizia il discorso del faraone; inoltre il bastone sta anche per portare condurre ed in ebraico è appunto una congiunzione;
  • la , la "chet HeT", come ci fa vedere il segno è un luogo chiuso, come un'assemblea, una scatola, una tomba, quindi, potrebbe contenere qualcosa di nascosto o di stretto, infatti in egizio è una fune intrecciata e HUT che non è molto distante dal nome della lettera HeT indica tempio, cappella funeraria, palazzo, costruzione edile;
  • la lettera , la "taw", è l'ultima lettera dell'alfabeto ebraico, ma siccome gli scritti ebraici si leggono da destra a sinistra, in effetti, è la prima e nel corsivo è una croce , prototipo di tutti i segni, in quanto è la più semplice delle indicazioni per trasmettere un messaggio, perché esprime la volontà di chi lo lascia (una linea da sola, infatti, sarebbe pensabile come una traccia non volontaria) usato da secoli per contrassegnare la proprietà su qualcosa e addirittura avente valore di "firma" attestante la volontà da parte d'analfabeti.
Da quel considerato quanto detto viene fuori allora che le tavole sono descritte come il luogo ove "Il Potente la parola nascosta portò con i segni " e se usiamo come in Esodo 32,16 si ha "il Potente vi racchiuse i segni ".
Gli spazi tra una lettera e l'altra poi non sono da non considerare e si può all'occorrenza sostituirlo con la lettera "he" che indica appunto spazio aperto simile al geroglifico .
(Vedi: "Parlano le lettere")

Con questa idea ecco che in quella parola appaiono due radicali e che in ebraico significano, il primo "accompagnare" e il secondo "annunciare", quindi, ne esce anche il pensiero che Dio, il Potente, "accompagnò () l'annunciare () con i segni ", cioè quello che Dio disse a voce, Torah orale, anche lo scrisse, embrione della Torah scritta!

Dio, allora, con quale forma di scrittura avrebbe scritto le tavole nel XIII secolo a.C. per farla comprendere a Mosè?
Il dono divino passò a Mosè, che la Bibbia indica primo scriba assoluto della scrittura ebraica, XIII secolo a.C., con almeno brani o parti del Pentateuco (Mireille Hadas-Lebel "L'hébreu, troi mille ans d'histoire e Storia della lingua ebraica" ed. Giuntina, 1994) ove riportò quanto ricevuto.
Questi, in sintonia all'ambiente egiziano, che riteneva la scrittura dono del dio Thoth, ma in totale opposizione, sostiene e attribuisce, appunto, la venuta della scrittura stessa dal Dio Unico, creatore del cielo e della terra.

Anche se la critica dei testi dice che la Torah, come c'è pervenuta, fu scritta solo, o meglio coordinata e completata, molto più tardi, lei afferma che è figlia della prima stesura, scritta da Mosè dopo che Dio diede le tavole della legge, nocciolo duro che fu trasmesso da padre in figlio e fu scritta e riscritta da sacerdoti e re con aggiunte e variazioni legate agli usi dei tempi.
Dando valore a quanto dice di sé il sacro testo e ritenendo che un nocciolo di rivelazione fu dato effettivamente nel XIII secolo a.C., sorge spontanea la domanda: quali segni sacri Dio può aver usato ed ha reso comprensibili ad un ebreo - egiziano che visse per 80 anni tra Egitto e penisola Sinaitica, per farli trasmettere poi a gente uscita dall'Egitto?

La gente ebrea che Mosè portò fuori d'Egitto era "una gran massa di gente promiscua" (Esodo12,38), ma gli Israeliti, l'élite dei "seicentomila", considerava d'aver avuto origine fuori dall'Egitto da un popolo di pastori.
Il libro della Genesi, infatti, narra che nel XVII-XVIII secolo a.C. il primo nucleo, le famiglie dei figli di Giacobbe, era venuto da Canaan, ove il progenitore Abramo s'era trasferito dalla Mesopotamia nel XVIII-XIX secolo a.C., in Egitto, alcuni secoli prima dell'esodo, e lì si moltiplicò (Esodo12,41).

La stessa Bibbia afferma che Mosè conosceva bene la scrittura egiziana essendo stato educato come figlio di Faraone, quindi era esperto in tutta la sapienza degli egiziani, come confermano le varie tradizioni:
  • la storia dell'Esodo: "Mosè era un uomo assai considerato nel paese d'Egitto, agli occhi dei ministri del faraone e del popolo." (Esodo 11,3b)
  • la tradizione cristiana con: "Mosè venne istruito in tutta la sapienza degli Egiziani ed era potente nelle parole e nelle opere." (Atti 7,22)
Per dare attendibilità alla tradizione, il modo di scrivere ebraico deve perciò affondare le radici in quello egiziano che è la più antica forma di scrittura affacciatasi sul mediterraneo.
Tenuto conto che la scrittura ebraica non era ancora nata, o per lo meno era in "mens Dei", come avrebbe dovuto essere scritto il decalogo per essere compreso da un ebreo-egiziano?

In effetti, essendo la scrittura dono di Dio, che si era preparato anche a chi rivelarla, i segni sulle tavole dovevano essere comprensibili a Mosè, congruenti con la cultura di quel personaggio, perciò con segni semplificati della cultura egiziana veicolati nel sinaitico.
Non il dio egizio Toth, infatti, aveva provocato i geroglifici, essendo anche gli alfabeti delle scritture umane una scintilla della creazione, come poi vedremo, si può dedurre dal primo versetto del libro della Genesi, perchè "'alef" e "tau" sono anche lettere dell'alfabeto egizio.
La Bibbia stessa attesta perciò che quei segni usati da Dio furono conservati con sacralità, e integro fu lasciato il messaggio grafico, se vi fosse stato, in quanto il prototipo delle lettere, come ho già ricordato, fu conservato con le tavole nell'arca dell'alleanza (Esodo 25,21; 40,20; 1Re 8,9).

Quale scrittura, allora, avrebbe usato Mosè, se ha scritto qualcosa (Gesù, però, conferma almeno il nocciolo della tradizione con... "Se infatti credeste a Mosè, credereste anche a me; perché egli ha scritto di me" in Giovanni 5,46) depositario di cultura ebraica ed egiziana, nel XIII secolo a.C. per scrivere poi la Torah?
La risposta non può altro che essere congruente: usò le lettere consegnategli da Dio con le tavole e credo che la risposta sia da completare pensando a dei pittogrammi, a delle icone comprensibili e accessibili in base alla cultura di Mosè, un ebreo egiziano vissuto anche nei deserti del Sinai XXXIII secoli orsono, aduso, appunto, a leggere i geroglifici e i segni sinaitici.

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