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DECRIPTAZIONE BIBBIA...

 
LA SACRA SCRITTURA ANNUNCIA L'INCARNAZIONE

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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LA TORAH DEL MESSIA
Il Pentateuco secondo gli studi più aggiornati in base alla critica testuale e filologica è ritenuto come scritto in epoca posteriore ai fatti che vi sono narrati e non redatto da Mosè e sarebbe un mosaico di testi e documenti, un composto desunto da varie fonti, adattato da più redattori alla somma di conoscenze al tempo in cui la o le fusioni furono operate, piuttosto che a quelle in cui si svolsero i fatti stessi.

Per i libri del Pentateuco, sostiene Gabriele Mandel, archeologo, già docente del Politecnico di Torino (Salomone; SugarCo Edizioni s.r.l), - "eccezion fatta per il Deuteronomio che in alcuni passi verosimilmente riprende documenti d'epoca - accennano a Mosè in questo senso, escludendo che ne sia l'autore per il fatto stesso che non parla in prima persona né s'identifica come estensore diretto. Trattano Mosè come un personaggio storico del passato, e parlano della terra di Canaan come si sarebbe potuto fare solo dopo la conquista".

Per contro non sono libri di storia, perché questa si propone di stabilire che cosa gli uomini abbiano fatto e in quali rapporti reciproci stiano le loro azioni, senza indagare se esistano delle forze a loro superiori che, sempre o in certi casi, le determinino e le coordino a scopi prefissati.

La Torah, invece, pur attribuendo gran valore e importanza alle azioni umane, al loro concatenamento e conseguenze, vuole educare al sentimento che a queste azioni presiede un potere unico superiore che le dirige a fini determinati, non si propone di narrare i fatti umani, ma di dare di questi un'interpretazione al di fuori e al disopra dell'uomo; ciò vale anche per tutti i libri cosiddetti storici, infatti, il testo tralascia spesso nomi, date e ignora fatti che non abbiano un particolare significato ed in quelli sui cui si sofferma, lo fa per far meditare.

Gli eventi contenuti nel Pentateuco riguardano prevalentemente fatti ebraico egizio - cananei del periodo XIII-fine XII secolo a.C., dilatato poi dalla Genesi, in modo mitico, a tempi protostorici fino alla creazione del mondo.
I libri della Torah di certo comunque contengono anche pagine scritte in tempi antichi a Mosè riferiti e vogliono far credere a tale asserzione, infatti:

  • "Mosè scrisse questa legge" (Deuteronomio 31,9)
  • "Mosè scrisse quel giorno questo canto (di Mosè)." (Deuteronomio 31,22)
  • "Quando Mosè ebbe finito di scrivere su un libro..." (Deuteronomio 31,24-29)
  • "Il Signore disse a Mosè: Scrivi questo per ricordo nel libro..." (Esodo 17,14)
  • "Mosè scrisse tutte le parole del Signore..." (Esodo 24,4)
  • "Quindi (Mosè) prese il libro dell'alleanza e lo lesse..." (Esodo 24,7)
Per assicurare la continuità della legge al dopo Mosè è dichiarato:
  • "Giosuè scrisse una copia della legge."(Giosuè 8,32)
  • "Giosuè scrisse queste cose nel libro della legge." (Giosuè 24,26)
Augusto Segre (Vedi: Mosè nostro maestro - Editrice Esperienze- Fossano 1975, già docente di storia e di pensiero ebraico presso l'Istituto Superiore di studi Ebraici a Roma nell'Università Lateranenze), sull'autenticità di quella storia antica rivendicata dalla Bibbia, osserva: "che pur registrando fatti storici ha evidentemente scopi ben precisi d'informazione e d'educazione. Ciò avviene anche per l'epoca di cui ci occupiamo. Basterebbe pensare ad esempio che nessun'altra storia di popoli comincia con l'illustrare la nascita che avviene nelle peggiori condizioni in cui possa vivere un essere umano. È stato notato che nessun popolo avrebbe inventato un tal capitolo di storia, dove non si esaltano la nobiltà d'origine o addirittura un'origine divina, ma si parla di dolori e di gravi sofferenze, di persecuzione, di schiavitù, della privazione d'ogni dimensione umana".

Ciò non toglie che chi ha scritto i primi testi abbia adottato un doppio criterio e, mentre scriveva i fatti, rendeva possibile anche l'esistenza di un testo interno basato sulle lettere, da decriptare, tale da costituire una profezia continua sugli eventi del Messia e i successivi autori ispirati lo hanno imitato.
Con tale impostazione, anche la decisione di leggere con la separazione attuale delle parole, è una decriptazione del testo.
A metà del III secolo a.C. la traduzione della Torah in greco, fatta per i proseliti di Alessandria, detta dei LXX, che proseguì con gli altri libri della Tenak fino al I secolo d.C., fu ritenuta dagli ebrei d'Israele una iattura, perché si perdeva gran parte del pathos delle profezie.
La tradizione ebraica, infatti, vide quella traduzione quale imprecisa parafrasi per i gentili e limite alla ricchezza della Torah, una tragedia, insomma, tanto che la considerano completata nell'8° giorno di Tevet e il Shulcha 'Aruch - Orach Chayim 580 osserva che "l'oscurità discese nel mondo per tre giorni", infatti il digiuno dell'8° di Tevet (X mese lunare dopo Nisan o IV dopo Rosh ha Shanah) si unisce a quello del 10° giorno a ricordo dell'inizio dell'assedio di Gerusalemme da parte dei Babilonesi, preludio alla distruzione del Tempio.
Grazie ad una lettura per immagini delle lettere l'incarnazione e la risurrezione, sono invasive di tutto il testo sacro che è una continua profezia sulla venuta del Messia e sulla salvezza finale dell'umanità dall'errore.

Nel Sifré su Deuteronomio 32,7: "Rabbì Simai diceva: Non vi è pericope (nella Torah) in cui non ci sia la risurrezione dei morti. Il fatto è che non abbiamo in noi la forza di manifestarlo attraverso il midrash.", cioè con la ricerca.

Pericope da "perikòptein perikoptein" "tagliare intorno", è un ritaglio anche piccolo delle Sacre Scritture, ove, si può trovare l'idea delle risurrezione e se c'era, solo perché è stata persa cognizione non si ha più, ma si può ritrovare!

In ebraico un modo per dire "parola" è "milah" , la cui radice è l'atto del taglio, "la circoncisione", infatti, il suddividere nel testo le lettere in un qualsiasi modo è, di fatto, un circoncidere il testo stesso.
Così come appare il testo della Torah ebraica oggi, nella forma circoncisa in parole è "la Torah degli uomini".

Nel libro "Le Dieci Parole" (di Marc-Alain Ouaknin-Ed. Paoline) si legge che: "Secondo la tradizione, verrà un giorno in cui saremo capaci di leggere le lettere bianche tra quelle nere, ossia le bianche, quelle vuote tra le parole scritte: saremo di fronte alla Torah del Messia".

Pure nello stesso libro è detto: "In ebraico l'assenza di vocali consente una lettura come esplosione quale la traduzione talmudica e noi tentiamo di mettere in opera. L'assenza di vocali impedisce, infatti, di dare un significato unico ed esclusivo alle parole: il significato rimane indeterminato finché la radice - le consonanti della parola - non ha le vocali. In tal modo siamo responsabili del significato che diamo alle parole... Secondo il Talmud, uno degli errori fondamentali degli uomini consiste nella "fuga dal Sinai.", espressione che Rabbi Yosef Rozin spiega così: "Come un bambino che fugge dalla scuola, ossia: non hanno voluto apprendere le lettere della Torah come entità separate, ma hanno preferito leggere e studiare parole intere."

Una lettura come esplosione serve proprio a porvi rimedio.
Per la tradizione talmudica, ogni lettera è un mondo, ogni parola un universo.
Leggere lettera dopo lettera significa percepire lo spazio che esiste tra ciascuna lettera e provare la consistenza del testo, liberandolo dalla pesantezza tipografica. Per far questo Rabbi Yosef Rozin consiglia di distinguere la "lettura delle parole" dalla "lettura delle lettere" e "lasciare alle lettere la possibilità di continuare a essere lette malgrado l'esistenza delle parole."
La lettura talmudica della Bibbia innova le lettere immutabili, le fa vivere nelle interpretazioni date nel corso della storia e il commento continua ancora oggi.
Nell'interpretazione, o "lettura per esplosioni", non c'è un unico significato, il che coincide con il mio pensiero, ma questa lettura con le lettere non è stata fatta a tappeto fino alle sue estreme conseguenze ed è restata alla letture di parole isolate, anche involuta in giochi numerici ed in una lettura esoterica.

In conclusione, molti sono gli indizi che portano a guardare l'idea di un testo nascosto rinvenibile per decriptazione delle lettere.
Il fatto che, nonostante tutte le lettere ebraiche siano solo consonanti e la Sacra Scrittura s'è conservata per secoli senza vocalizzazione lascia adito a pensare che gli antichi sapessero che c'era anche una lettura di forma ideografica e non volevano esautorarne il potenziale con una sola lettura.

Per l'ebraismo odierno ogni brano della Bibbia, in effetti, anche se oggi è scritta con la puntatura di vocalizzazione, è però considerato ammissibile trattarlo come se avesse le sole consonanti e le vocali sono aggiunte da chi legge; ogni parola può così avere anche interpretazioni diverse da quelle convenzionali indicate dalla puntatura.
Se però si pensa che nei primi testi le parole non erano definite, ma le singole lettere erano tra loro separate e non c'erano forme di lettere particolari per la fine parola, le possibilità d'accoppiamento a formarne altre sono veramente tante, in quanto l'inizio e fine parola si possono scegliere in un diverso modo.

Questa, è: Una tecnica esegetica - "al tikrei" non leggere - usata dai rabbini nel Talmud per dare al testo non vocalizzato della Bibbia una diversa vocalizzazione o una diversa forma ortografica rispetto alla forma usuale.
L'uso "al tikrei" non esclude in ogni caso la lettura originaria del testo, e perciò si può più correttamente definire come "non leggere questo passo solo in modo usuale, ma anche in altro modo".

Questo procedimento permette così una nuova interpretazione, perfino quando le leggi della grammatica e della sintassi rendono necessaria la sola lettura tradizionale.
L'uso di questa tecnica trae origine dal verso: "Dio ha detto questo una volta, ma io ho ascoltato questo due volte." (Salmo 62,12) e le parole della Bibbia in tale prospettiva si prestano anche a significati diversi di quello tradizionale.
Se poi ogni lettera può anche leggersi a se stante, in base al disegno che reca,le possibilità di diversi risultati aumentano ancora.

Il Talmud 'Eruvin 13b dice: "La Torah ha settanta volti; queste e quelle sono le parole del Dio vivente"; perciò la Torah per gli ebrei non è un testo fisso, ma è lasciata libera la possibilità di più interpretazioni e circola l'idea che alla fine dei tempi ogni credente scriverà un proprio Sefer Torah.

Il Talmud ('Avodà Zarà 5a) afferma: "Quando verrà il Meshiah? Quando nasceranno tutte la anime che debbono nascere; cioè, ogni anima potrà dare il proprio contributo alla rivelazione dei settanta volti della Torah ed alla ricostruzione del Santuario".

Tutto ciò non esclude la lettura che faccio con il mio metodo.
In questo articolo ne do un sintetico esempio con la lettura della seconda faccia dei 9 versetti della pagina importantissima della chiamata di Abramo al capitolo 12 del libro della Genesi.
A tale scopo riporto il testo C.E.I della traduzione in italiano del 2008, poi il testo in ebraico con le lettere tutte distanziate tra loro senza le puntature delle vocali e senza lettere maiuscole di fine parola, do la dimostrazione della decriptazione del primo versetto.

Genesi 12,1 - Il Signore disse ad Abram: Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò.




A portarsi fu dall'Unico il ribelle , uscì per recarsi nel mondo . Il serpente iniziò dentro i corpi a regnare potente , anelava () dall'origine nei corpi scendere . La rettitudine recò nei viventi a recidere . La legge divina che la rettitudine aveva recato nei viventi , abitandovi fu finita . L'Unico da casa fu così a maledirlo . In terra le donne () si videro () nei corpi afflitte ().


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