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VANGELI E PROTOVANGELI...

 
IL PADRE DI GESÙ CRISTO

di Alessandro Conti Puorger
 
 

L'INTIMO DELLA TORAH
Ebrei e cristiani credono che i libri della Torah, dalla tradizione ritenuti scritti da Mosè, indipendentemente da chi e quando siano stati portati alla redazione definitiva, siano stati in verità ispirati da Dio, l'Unico che, come ha scritto il sommo Dante Alighieri nell'ultimo versetto del Paradiso della sua Divina Commedia, altri non è che:

"L'amor che move il sole e l'altre stelle" (Paradiso XXXIII,145).

L'amore è proprio il numero 1, il motore primo dell'Universo, l'"alef" che ha creato il mondo e tutto ciò che contiene e cui tutto è subordinato.
Ne consegue che in modo misterioso nella Torah circola il suo Santo Spirito.
In senso stretto ne consegue che quello che chiamiamo il Pentateuco, come del resto in tutta la Sacra Scrittura, che a quei cinque libri si intona e da cui è mossa, è stata scritta per Lui e discende da Lui come il n° 2 è strettamente connesso al n° 1 tanto che il 2 senza l'1 non potrebbe esistere e viceversa.
Fa parte intima del mistero del disvelarsi della Sua presenza anche il corpo del testo in cui il suo Spirito circola.
La presenza del divino diviene poi intensa e parla in modo particolarmente espressivo se il testo è scritto nel modo e con la forma dei segni con cui suggerisce la stessa tradizione che furono dati per la prima volta con le famose due Tavole della Testimonianza.

A proposito delle lettere che hanno formato tali Scritture dobbiamo, infatti, non dimenticare quanto dice in Esodo 32,16 la Torah stessa di quelle Tavole: "Le Tavole erano opera di Dio, la scrittura era scrittura di Dio, scolpita sulle tavole."

Per questo motivo la tradizione sostiene che i segni delle 22 lettere dell'alfabeto ebraico, che sono solo consonanti e anche numeri, con cui fu scritta la Torah tutta intera, ispiratrice delle intere Sacre Scritture della Tenak o Bibbia ebraica, scrittura evoluta poi fino alla forma detta Rabbino Quadrata, usata anche ai tempi di Gesù in sinagoga, ha proprio tutte le caratteristiche di quella di allora sulle Tavole, in quanto, almeno nell'essenzialità, conserva gli implicanti messaggi grafici oltre che fonemici e numerici.
Le prime Tavole tagliate da Dio furono rotte e solo quelle poi tagliate da Mosè sono un documento valido, perché Dio desidera l'adesione volontaria dell'uomo.

Ho trovato che "Rav Mordechai Elon, asseriva che se si venisse a sapere, non sia mai che un rotolo della Torà è stato scritto senza l'intenzione che questo fosse un Sefer Torah, anche se ci sono tutte le lettere e non c'è errore alcuno, esso è invalido. Per questo i nostri Saggi hanno imposto agli scribi d'Israele di pronunciare all'inizio della scrittura: Io scrivo questo Sefer per la Santità del Sefer Torah (Sh.Ar. Yorè Deà 474,1) e di ripetere tale affermazione ogni volta che scrivono il Nome di Dio."

Anche le seconde tavole però sono state scritte da Dio: "...il Signore scrisse sulle Tavole le parole dell'Alleanza, le dieci parole." (Esodo 34,28)

È chiaro che il messaggio è legato alla singola lettera e non soltanto alle parole e che Dio che ha scritto le Tavole ha ispirato con le stesse lettere la Torah scritta ed è anche implicito che quelle lettere, ideate da Dio per la creazione tutta intera, come ritiene la tradizione, hanno il potere di rivelare la verità tutta intera e vanno soppesate, ammirate, amate, ed ascoltate in quanto già da sole parlano con la loro grafica.
L'importante però è che chi scrive e chi legge sappia che è un Sofer Torah cioè il soggetto è Dio e il suo Messia altrimenti le lettere non riferendole a Lui danno altri significati!

Al proposito richiamo i tanti articoli in questo mio Sito che portano all'idea e poi al metodo di "Parlano le lettere" per ottenere per decriptazione pagine di secondo livello sul Messia.
Il Messia, infatti, è lo scopo unico e nascosto della Tenak, con i significati delle lettere ebraiche di cui alle schede a destra della Home:
Tornando al Creatore, è da tenere conto che in ebraico il termine "padre" si dice "'ab" e si scrive , ed è costituito dal numerale 1 = cui segue il numerale 2 = , mentre la "madre" è "'am" e il "figlio" è "ben" o anche, soprattutto in aramaico, "ber" .
I segni ebraici delle lettere con le loro intrinseche proprietà grafiche aiutano a dare perifrasi chiarificatrici delle parole che sottendono.
Ecco, che il Padre "'ab" è "l'origine, il primo della casa ", quindi, della famiglia e la madre "am" è "l'origine della vita ", mentre il figlio "ben" ha dei "due (padre e madre) l'energia " e, se è detto "ber" , dai "due (padre e madre) un corpo .
Nonostante l'attenzione che l'ebraismo pone alle lettere, com'è noto, accade che la prima lettera con cui inizia in Genesi 1,1 la Torah, non è la lettera 1 = "'alef", bensì la lettera 2 = , "bet", infatti: "In principio...", "Ber'ashit"...

Questa scelta per l'inizio degli scritti di Mosè pare proprio voluta e molti sono gli interrogativi che ha destato tra i rabbini.
A seguito di tale scelta della lettera "bet" per l'inizio della Torah ne discende la seguente idea, forse non tanto peregrina... a modo di parabola.
Quale è la risposta che può dare un fedele alla tradizione a questo fatto?

Tutta la Torah, e quanto in essa evocato poi nella Tenak o Bibbia ebraica, inizia con la lettera B = , perché... perché è un messaggio del Dio Unico, il numero 1, "l'alef" da cui tutto proviene.
Se dall'1 = esce al il 2 = o si apre al 2 si potrebbe scrivere anche il motivo di questa uscita.

Tenuto conto, infatti, che la lettera "he" = ha in sé l'idea grafica di aperto, di uscire e simili, per 1 che si apre ed esce = al od il 2, si avrebbe la sequenza da destra a sinistra come si legge l'ebraico delle seguenti tre lettere che danno luogo al radicale di un verbo che in quella lingua significa amare, onde "'ahab" è amore e "'oheb" è amico, amante, alleato.

Il motivo di questa apertura dell'1 al 2 è quindi l'amore come del resto abbiamo visto conclude anche la Divina Commedia.
Quindi ciò che circola nelle Sacre Scritture è lo Spirito di Amore per risvegliare l'umanità dal suo sopore e chiamarla a interagire con chi ha voluto che esistesse.
E l'amore vero comporta una stretta intesa di spirito, anima e corpo e di conseguenza un'alleanza sigillata in un patto come nel matrimonio secondo Dio.

Ora, l'idea che tutto ciò che ha un'origine ha una causa che in termini umani è definibile come il "padre" di ciò che è originato, fa pensare che la Torah è un messaggio del Padre, dello "'Ab" celeste, "l'origine in principio del "ber'eshit" ossia del ", ossia " la causa prima" il che, in definitiva sta a dire che in quella Torah "l'Unico vi abita ".
Tutto quello che dirà poi con la Torah lo suggerirà per amore, ma questo messaggio va compreso perché e come la missiva di un amante alla sua amata, solo con l'amore che corre tra i due si può comprendere, senza un vero sentimento di reciproca devozione il colloquio resta chiuso e addirittura sembra incomprensibile o addirittura assurdo.
Occorre insomma che i due entrino in una propria intimità.

Non basta una lettura affrettata e sporadica, ma occorre un venire rapiti e approfondire, certi che se abbiamo ancora vivo un poco di Spirito di Dio in noi questi si orienterà cogliendo volta per volta ciò che in quel momento ci occorre da quelle Scritture che si stanno scrutando.
Questo "Padre" con cui può chiamarsi in realtà l'autore che ispira la Sacra Scrittura è sì un termine molto umano, ma in effetti è l'estrapolazione di un logico ragionamento.
Il Dio Unico nella creazione non si è manifestato solo come Padre, ma l'ha realizzata con la sua "Parola" come ricorda il Salmo 33 e col suo Spirito, quindi come che i cristiani definiscono quale Santissima Trinità, unica sostanza divina in tre persone coeterne chiamate Padre, Figlio e Spirito Santo.

Quel Salmo 33 frutto di meditazione degli eventi della creazione recita infatti: "Dalla Parola del Signore furono fatti i cieli, dal soffio della sua bocca ogni loro schiera. E gli parlò e tutto fu creato." (Salmo 33,6-9)

Nel versetto 6, il primo dei due che ho sopra riportato, come ho evidenziato in grassetto, si trovano presenti le tre Sante Persone:
  • "la Parola" "Debar", il Figlio, infatti, + "per mano del Figlio ";
  • il Signore, IHWH, quindi il "Padre";
  • il "soffio della sua bocca", ove il soffio è il "Ruach" che vuol dire anche spirito, viene dal Signore ed esce dalla bocca della Parola del Figlio, quindi. Lo Spirito, il "Ruach", lo Spirito Santo.
Per questo motivo, in effetti, la Torah è trattata come una persona vivente ed è onorata come un Re tanto che il suo rotolo nell'ebraismo è incoronato ed è vestito con un mantello regale si che nel giorno della "Simchat Torah" o "Gioia della Torah", al termine della festività di "Succot" o delle Capanne, quel rotolo, considerato abitato dal Santo, è portato in processione.
Quanto scritto nella Torah è stato proprio interpretato quale messaggio di "'Ab", ossia del Padre celeste, dallo stesso Rabbi Gesù di Nazaret.

Questi, infatti, ai Giudei del suo tempo, ricordando il Salmo 82,6 ebbe a dire: "Non è forse scritto nella vostra Legge: Io ho detto: voi siete dei? Ora, se essa ha chiamato dei coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio - e la Scrittura non può essere annullata - a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo voi dite: Tu bestemmi, perché ho detto: Sono Figlio di Dio? Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre." (Giovanni 10,34-38)

In un altro passo lo stesso Rabbi Gesù aveva detto: "...le opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato. E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi; infatti, non credete a colui che egli ha mandato. Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me." (Giovanni 5,36-39)

La Torah parla di Lui in modo esplicito e implicito in ogni versetto e ogni parola e, infine, anche con ogni lettera il cui significato grafico si può riferire a Lui.
Come una pur minima parte del corpo umano contiene il DNA con tutta l'informazione genetica del soggetto, anche quei sacri testi scritti con i segni originali ci dicono di Lui che è l'abitatore della Parola di Dio essendo la Parola stessa e sotto tale aspetto il Verbo, Figlio di Dio.

La Parola ha due nature, divina, perché viene da Dio e umana perché deve avere un supporto fisico per essere recepita un rotolo, degli occhi per leggerla, una voce, orecchie, menti e un cuori per riceverla.
Questa Parola per secoli ha nutrito generazioni e generazioni di lettori finché quello Spirito oltre 2000 anni fa si è fatto carne.
Lui, Gesù, pur stando con noi resta pur sempre nella casa del Padre, perché è la Parola che riempie la propria tenda, che è la stessa Torah; infatti, dirà: "Ora lo schiavo non resta per sempre nella casa, ma il figlio vi resta sempre; se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero." (Giovanni 8,35s)

Ed è la verità intrinseca alla Torah che Lui annuncia, vale a dire l'incarnazione di Dio che apre all'umanità il Regno dei Cieli.

In definitiva perché la Torah?
Proprio per annunciare e preparare l'avvento del Messia, scopo ultimo dell'intera creazione, "che geme e soffre fino ad oggi in attesa del parto" (Romani 8,22) con cui si attua il desiderio divino di avere una dimora nel mondo materiale dove rivelarsi, come interpreta un passo del Midrash (Tanchuma su Nasso' 7,1): "Lo scopo della creazione del mondo era che il Santo e Benedetto desiderava una dimora nel mondo inferiore."

L'Unico stava preparando una casa ...per la sposa per il matrimonio del figlio che avrebbe sposato l'intera umanità.

Al capitolo 2 del libro della Genesi, dopo la creazione di "'Adam", la prima coppia, e dopo la celebrazione del primo matrimonio, si legge "Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un'unica carne. Ora tutti e due erano nudi, l'uomo e sua moglie, e non provavano vergogna." (Genesi 2,24s)

In trasparenza si legge un altro evento: il Figlio, la Parola, esce dal Padre, quindi, per amore, e vuole sposarsi con una moglie fedele, la Chiesa, per essere con lei una carne sola, il corpo di Cristo in terra.
Questo era il disegno!
Ma perché quel versetto ci dice che i due ancora nel matrimonio perfetto, infatti, prima della caduta, erano nudi, ma senza vergogna!
In quest'allegoria tra Cristo e la Chiesa, che senso ha tale idea?

Al riguardo, a mio parere è da sondare bene la parola usata nel testo per "nudi", "a'rummim" ed è da confrontare col primo versetto del successivo capitolo che inizia dicendo: "Il serpente era il più astuto...", ove per "astuto" è scritto "a'rum" .
È, quindi, voluto dall'autore tale accostamento di parole simili in ebraico "a'rummim" e "a'rum" .

Il primo "a'rummim" della fine del capitolo 2 del libro della Genesi si riferisce alla coppia ancora Santa ed è da considerare come una profezia di cosa accadrà alla fine della fine, quando finalmente vi sarà la conclusione dell'Apocalisse e la visione della sposa, i due uniti" vedranno - sentiranno Alta la loro esistenza di vita ".
Certo, il rapporto finale pieno di Cristo con la Chiesa in prospettiva prevede la vittoria sulla morte e sul negativo, tutti saranno riconciliati con Dio.

Il secondo "a'rum" , che si trova all'inizio di Genesi 3, il capitolo della caduta, riguarda il serpente tentatore, parla di "un nemico che si porta nel vivere " ove si comprende l'intenzione proditoria di uno scalare la vita per portarsi al primo posto, vale a dire "un agire per innalzarsi ", il contrario di amare, che invece comporta un uscire da se stesso e portarsi all'altro, mentre il secondo comportamento distingue l'egoismo, causa di tutti i peccati.
Nell'ebraismo, in effetti, quel termine "'ab" oltre il significato stretto di "padre" ha anche vari altri:
  • lato di "nonno, antenato, progenitore, avo",
  • aggettivale di "paterno",
  • figurato di colui che da origine, che inizia, il fondatore, l'ideatore, indi il patrono e il protettore.
"Padre", "madre" e "figlio" sono concetti universali dell'ambito delle famiglie umane, termini terreni che in primo luogo riguardano la generazione e la parentela della carne e che sono usati anche in modo allargato quali stereotipi; infatti, la famiglia è una struttura sociale.
È nota però l'attitudine delle Sacre Scritture di cui parliamo d'indicare la divinità con termini antropomorfici.
Dio, quindi, ha mani braccia, un volto, un trono, angeli che lo servono e in quei libri antichi della Bibbia è presente la dizione "figli di Dio".
Questi sono i "beni 'Elohim" , precisamente nei seguenti versetti:
  • Giobbe 1,6; 2,1 - "Un giorno, i figli di Dio andarono a presentarsi davanti al Signore e anche satana andò in mezzo a loro."
  • Giobbe 38,7 - "...mentre gioivano in coro le stelle del mattino e plaudivano tutti i figli di Dio?"
  • Salmo 29,1 - "Date al Signore, figli di Dio, date al Signore gloria e potenza."
  • Sapienza 5,4s - "Ecco colui che noi una volta abbiamo deriso e che stolti abbiam preso a bersaglio del nostro scherno; giudicammo la sua vita una pazzia e la sua morte disonorevole. Perché ora è considerato tra i figli di Dio e condivide la sorte dei santi?"
  • Sapienza 12,7 - "...perché ricevesse una degna colonia di figli di Dio la regione da te stimata più di ogni altra."
In definitiva nel parallelo antropomorfico nell'Antico Testamento sono considerati figli "benim" di Dio gli esseri angelici in cui circola il suo Spirito, ossia in cui "dentro la Sua energia è viva ", in cui circola ancora l'energia dello Spirito Santo, tra cui vi sono anche angeli non ancora scacciati, perché non ancora divenuti espressamente ribelli.
(Circa il brano" difficile" dei figli di Dio e delle figlie degli uomini di Genesi 6,1-4 si veda il paragrafo "La rivolta degli angeli" di "L'arcangelo Michele lotta con basilisco e leviatano")

Si arguisce, infatti, che per il libro di Giobbe lo stesso Satana, di cui ivi palesemente si parla, era ancora un angelo "corretto", insomma compiva l'incarico da parte di Dio di osservatore e non aveva ancora prevaricato, almeno in modo palese, tanto da poter essere accusato con prova incontrovertibile davanti all'assemblea della divinità "'El" , vale a dire di quel "'Elohim" , nome che evoca una pluralità, che la Bibbia pone a presiedere la creazione, l'assemblea di Dio uno e trino e di tutti i suoi angeli. Ma c'è di più.

L'incarnazione, implicando il sorgere della divinità nella carne, comporta in terra la scelta di un padre, di una madre e di un figlio, il "ben" in cui "abita l'energia " dei genitori, ma soprattutto l'energia del Padre celeste che l'ha voluto.
Il prima coppia, l'Adamo della Genesi, nata non da padre e madre terreni, formata da Dio come un vaso d'argilla in cui infuse il Suo Spirito, ebbe a fallire nel proprio compito per l'inganno, a cui i due dettero fede, da parte di chi suggeriva che la loro creazione non era avvenuta per un atto d'amore, ma per essere servi e così divennero schiavi della ribellione.
Occorreva, allora, per proseguire il piano divino, che una nuova coppia desse il proprio "si" incondizionato ad accogliesse lo Spirito di Dio.

Questa coppia, al tempo opportuno, come propongono i Vangeli di Matteo e di Luca, fu scelta nel davidico Giuseppe (Matteo 1,18-25) e in Maria (Luca 1,26-38) che aderirono al progetto di Dio.
(Vedi: "Il primo matrimonio con il Signore")

Dio stesso, il Figlio Unigenito, allora, si fece, figlio di quella coppia.
Il Santo Spirito entrò con tutta la Sua potenza nel seno della vergine Maria che offrì la propria carne e la propria vita per il figlio e Giuseppe offrì il suo nome davidico, il suo aiuto e la sua paternità terrena per inserire ordinatamente il Figlio di Dio nella società come proprio figlio e nella fede ebraica contemporanea.

Il Vangelo di Giovanni, poi, proprio agli inizi, sostiene che anche gli altri uomini di questa terra possono divenire figli di Dio; infatti, recita: "A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi..." (Giovanni 1,12-14)

Secondo il credo cristiano e i Vangeli, Dio, infatti, si è fatto uomo in Gesù di Nazaret "il Figlio Unigenito che è Dio ed è nel seno del Padre, è Lui che lo ha rivelato" (Giovanni 1,18)

A seguito della ribellione e della caduta della prima coppia narrate a modo di "midrash" da Genesi 3, scrive San Paolo nella lettera agli Efesini che "eravamo per natura meritevoli d'ira, come gli altri." (Efesini 2,3)

Quell'uomo venuto da Dio, Gesù di Nazaret, che si sottopose alla morte volontaria sul legno della croce per i nostri peccati, essendo giusto e santo fu risorto per la nostra giustificazione e ha procurato per tutti gli uomini che lo desiderano l'adozione a figli da parte del Padre celeste.

Lui dichiara se stesso fine ultimo della Torah quando nel discorso della montagna dice: "Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto." (Matteo 5,17s)

È il Messia, l'unto di Dio, atteso dall'ebraismo, di cui vi sono palesi profezie nella Torah, infatti, ricordo ancora una volta che ebbe a dire ai giudei del suo tempo: "Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me." (Giovanni 5,39)

Si trova, infatti, scritto nel libro della Genesi che Giacobbe, prima di morire, nelle sue benedizioni disse a Giuda: "Non sarà tolto lo scettro da Giuda né il bastone del comando tra i suoi piedi, finché verrà colui al quale esso appartiene e a cui è dovuta l'obbedienza dei popoli." (Genesi 49,10)

Evidentemente questo scettro di cui parla Giacobbe è eterno, perché è di colui a cui "è dovuta l'obbedienza dei popoli", onde Giuda per la profezia di Giacobbe avrà uno scettro eterno, vale a dire dalla sua discendenza nascerà un re che regnerà per sempre, il Messia.

Quel "colui al quale", "shilòh" per i Rabbini è divenuto un nome per definire il Messia, "Shilòh" : "un fuoco ci sarà del Potente nel mondo " che "a bruciare sarà il serpente nel mondo ."

Il personaggio del Messia e la sua attesa nell'ebraismo si fece così sempre più concreta attraverso la liturgia antica, soprattutto tramite i Salmi, tra cui dieci - 2, 16, 20, 22, 45, 72, 89, 101, 110, 132 e 144 - hanno contenuto messianico.
Questi salmi, infatti, erano recitati in varie occasioni dal popolo anche come preghiere individuali giornaliere, rispetto agli altri testi delle Sacre Scritture che avevano una lettura più sporadica.
(Vedi: "Battesimo al Giordano riconoscimento di paternità")

Nel Talmud vari sono commenti su quella benedizione di Genesi 49,10-12:
  • Targum Onqelos - La trasmissione del dominio non cesserà nella casa di Giuda, e neppure lo scriba dai figli dei suoi figli, per sempre, fino a che non verrà il Messia, a cui appartiene il Regno, e a cui tutte le nazioni obbediscono.
  • Targum Jonathan - I re e i governanti non scompariranno dalla casa di Giuda, e neppure gli scribi che insegnano la Torah dalla sua discendenza, fino a che il Messia Re non verrà, il più giovane dei suoi figli, e a causa di lui le nazioni svaniranno... Come è bello il Re Messia destinato a sorgere dalla casa di Giuda... Come sono belli gli occhi del Re Messia, come vino prelibato!
  • Bereshit Rabbah 98 e Sanhedrin 98b - Lo scettro non si allontanerà da Giuda... fino a che Shiloh ('lui') non verrà, questo è il Re Messia... lo scettro di Giuda rappresenta la Grande Sinagoga, il Sinedrio, che è stato colpito ed è crollato... fino a che Shiloh non verrà.
  • Lamentazioni Rabbah 1:16 - Qual è il nome del Messia-Re?... Il SIGNORE (YHWH) è il suo nome, perché Geremia 23,6 dice: Questo è il nome con cui verrà chiamato: il SIGNORE, nostra Giustizia SHILOH è il suo nome; perché è scritto nella Genesi 49,10, fino a che Shiloh non verrà...
Gesù di Nazaret, un discendente della tribù di Giuda, realizzò questa profezia.
Certamente con riferimento a quella profezia Giovanni Battista, ormai in carcere, mandò i propri discepoli a domandare a Gesù "sei tu Shiloh?" in questo modo: "Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?" (Matteo 11,3)

Gesù rispose dimostrando con i fatti che si stavano attuando le promesse messianiche "Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l'udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella, e beato colui che non si scandalizza di me".(Matteo 11,4s)

Occorre quindi scrutare le sacre scritture della Torah in cui ogni singola espressione e lettera che la formano ci parlano appunto del Messia, fine ultimo di tutta la creazione.

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