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UN SALTO NEL MONDO EGIZIO
Apro una parentesi.
Alcuni anni fa cercai spunti e collegamenti dei primi scritti dell'ebraismo con la cultura egizia convinto, come sono tutt'ora, che attestando la Torah l'uscita del popolo d'Israele dall'Egitto, vi fossero tracce di quella cultura negli scritti, nella lingua e nei pensieri degli autori materiali e comunque in alcune lettere usate come mini geroglifici o icone dell'alfabeto ebraico, di cui ho accennato nelle schede delle lettere ebraiche a destra della home di questo mio Sito.
Ne scaturirono alcuni articoli tra cui:

Ho quindi rinfrescato quel periodo e ho fatto alcune connessioni con quanto sto ora esaminando.
Ciò premesso torno al Vangelo di Giovanni che com'è noto è ritenuto quello dall'aquila che vola in alto ed è il più tardivo dei Vangeli canonici.
Tali Vangeli, in cui comunque soffia un unico Spirito, sono, infatti, detti tetramorfi con riferimento alla teofania di Ezechiele in quanto San Girolamo vi vide esplicitato in ciascuno in modo specifico la storia di Cristo che: "fuit homo nascendo, titulus moriendo, leo resurgendo, aquila ascendendo".

Tra quei Vangeli quello di Giovanni, pur non negando i precedenti, di sovente, aggiunge particolari interessanti e, appunto, volando alto come un'aquila teologicamente, apre finestre nuove rispetto agli altri Vangeli e presenta una lettura ispirata, frutto per certo del contributo dell'elaborazione da parte di una comunità adulta nella fede.
Ciò premesso, essendo quel Vangelo l'unico dei quattro che nel "titulus" inserisce il termine che è tradotto "nazareno", mi viene spontaneo pensare che tale particolare non indifferente potrebbe essere stato evidenziato perché l'evangelista intende sottolineare elementi interessanti che avvaloravano la figura di Gesù ed il suo essere uomo e Dio e un Re particolare come dice la seconda parte del "Titulus" stesso.
Già il sottolineare quelle 4 parole pare essere un invito a pensare, come abbiamo sottolineato, al Tetragramma Sacro, quindi, al Nome di Dio.

A questo punto l'immaginario dell'epoca, specie in Palestina, era pervaso da un'infarinatura della cultura egizia il cui territorio di fatto gli era confinante.
Per gli ebrei, per contro, era un'aberrazione il come veniva trattata dagli egizi la figura del faraone che si faceva dio e nel contempo era ben chiaro come questi in effetti fosse veramente un emblema di potenza allora insuperabile e che solo Dio, quello vero, aveva vinto, liberando gli ebrei giusta narrazione del miracolo del mare.
Quel "Titulus" del Vangelo di Giovanni, su quella tavola di legno con quelle 4 parole, così, mi ha fatto pensare a un cartiglio e ai nomi e ai titoli di un faraone che aveva almeno 4 "grandi nomi".

In primo luogo il faraone d'Egitto era ritenuto l'incarnazione del dio Horo, figlio di Osiride e di Iside, e tra i tanti titoli che aveva c'era il "nome del trono" o "praenomen", in quanto precedeva il vero e proprio nome del re preindicato da un giunco fiorito e un'ape, il "(i)nesut-bity", simboli, rispettivamente, dell'Alto e del Basso Egitto e significa letteralmente "colui che (regna) sul giunco e sull'ape" come a dire "re di tutto l'Egitto".


(i)nesut-bity

Ora, guardiamo a "(i)nesut"; nel suo intimo c'è l'idea del giunco fiorito che è il simbolo della vita che si sviluppa e sorge, oggettivazione dell'esistenza che nasce dalle acque del caos del dio Nun, l'energia N, e nel suo intimo ha il segno del giunco, ancora non fiorito, simbolo dell'essere, che è la "yod" ebraica e dell'alzarsi che appare nella S di sut.
In definitiva sono evocate le consonanti NSY.

Nel mio articolo "Chi ha scritto l'Esodo conosceva i geroglifici", alla cui lettura rimando per l'esame, evidenziai che NSY è il titolo del faraone, come abbiamo la visto onde Mosè fu definito "è appartenete al giunco", cioè appartenente al Re.
NSY da solo, senza l'ape, ma con la Yod invece del giunco, viene a definire non più il basso Egitto, la zona del delta del Nilo dove vivevano gli ebrei prima dell'esodo, ma l'intera esistenza, onde tende a definire "il re dell'esistenza".
Ecco che con i significati ebraici delle lettere NSY+R verrebbe a indicare "Una testa R di quelli appartenenti al giunco NSY" ossia un principe e se lo riferiamo a Gesù, questi è un NSY+R per eccellenza, l'unico principe il figlio di Dio fattosi uomo, "il capo R degli appartenenti al giunco NSY" il capo di quelli che credono a YHWH.
Un altro aggancio è il termine egizio NcR per indicare il "Potente" il dio sovrano, materializzato con il segno geroglifico di una bandiera su un'asta, in ebraico NS vessillo.


Quella lettera č palatale sorda tipo quella di "ciao" nello "alfabeto Egizio" è caratterizzato da un'icona che dicono indicare una pastoia, ma a me pare una molla, traslitterato di solito con t, quindi N t r.
Quelle lettere richiamano il "natron" (carbonato idrato di sodio) derivato dalla parola "Ntry", che significa puro, divino, appunto da "Ntr" che in pratica significa dio.
Il "natron" era alla base del processo di mummificazione e rendeva bianchi, colore della luce pura del sole, immagine della risurrezione che rende puri... "le sue vesti erano candide"... e agli Egizi faceva presente il divino Osiride, il dio del regno dei morti.

Quel segno che a me pare una molla mi ha portato col pensiero alla visione di Isaia "Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall'altare. Egli mi toccò la bocca e disse: Ecco, questo ha toccato le tue labbra, perciò è scomparsa la tua colpa e il tuo peccato è espiato. Poi io udii la voce del Signore che diceva: Chi manderò e chi andrà per noi? E io risposi: Eccomi, manda me!" (Isaia 6,6-8)

Ora, Isaia in ebraico è "Iashia'hu" in cui c'è sia il nome di Gesù e di IHWH (), in croce Gesù è innalzato come una bandiera su un'asta e, chi conosce un minimo di geroglifici se ritenesse che Gesù è Dio penserebbe a "nečer" e a Ntr al "natron", quindi, alla purificazione dai peccati per merito suo in definitiva" avrebbe nella mente una iscrizione del genere:

NčR (Nečer) e anche NSY

Qualcosa si può dire collegato al mondo egizio anche sulle lettere ebraiche N eTs E = .

Si pensi che il bi-letterale "netz" più volte è usato per indicare un uccello, in pratica un falco, uno sparviero, come si trova in Levitico 11,16, in Deuteronomio 14,15 e in Giobbe 39,26 e il pensiero si porta al falco Horus figlio di Osiride di cui il faraone era incarnazione.
La descrizione del falco e dello sparviero è insito in quelle lettere "netz" , pensando alla picchiata di questo uccello sulla preda, infatti, si vede chiaramente che "con energia scende ".
Tutto quanto sinora detto porta a concludere che nel mondo egizio quelle lettere NSY evocano un grande capo, che può volare alto, segno evidente per gli altri da seguire per aggregarsi al carro di un potenziale vincitore.

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