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LETTERE EBRAICHE E CODICE BIBBIA...

 
LE PAROLE EBRAICHE, REBUS PARLANTI,
PORTANO AL MESSIA

di Alessandro Conti Puorger
 

LA PAROLA EBRAICA
Particolarmente intuitivi sono i segni rabbino quadrati che identificano le 22 lettere dell'alfabeto ebraico usate nei testi liturgici della sinagoga.

Alfabeto ebraico

1° riga dalla 1a alla 12a lettera e 2a riga dalla 13a alla 22a.


      senso di lettura

Questi 22 segni, che peraltro sono solo consonanti, sono stati fissati in questa veste nel VI secolo a.C. rivisitando segni molto più antichi.
Con la loro particolare forma paiono volere ostentare una caratteristica, quella di porre in evidenza la propria grafica atta a produrre immagini che mi spinse a verificare se non si potesse fare una lettura degli antichi testi sacri utilizzando anche tale aspetto.
Il completo sistema vocalico fu, peraltro, introdotto solo dopo Cristo e fino al V secolo d.C. gli ebrei, in effetti, scrivevano i testi soltanto con le consonanti mentre le vocali le mettevano a senso.
Molti però nelle sinagoghe non riuscivano più a leggere bene il testo onde fu necessario introdurre le vocali nei testi biblici.
Quelle consonanti, insomma, solo dal V-VI secolo d.C. furono dotate di "niqqud", ossia di segni diacritici per fissare la vocalizzazione più usuale di ciascuna parola, onde è lecito immaginare che all'origine più che fonemi, in effetti, le lettere fossero considerate proprio degli ideogrammi.
Nell'introdurre le vocali fu usato, infatti, il criterio di non toccare le lettere del "sacro" testo biblico e le vocali furono indicate con lineette e puntini, sopra o sotto le consonanti.

Di fatto quelle lettere mi si sono manifestate proprio come delle icone che aiutano a evocare le immagini originarie delle parole cui si riferiscono, onde le parole stesse, lette grazie a quegli ideogrammi, si comportano come dei rebus da risolvere in base alle figure richiamate dalle lettere della parola in esame nel contesto dell'intero discorso.
In questo mio Sito, cliccando sui simbolo delle singole lettere sulla colonna a destra delle pagine, si trovano le 22 schede in cui ho riportato la mia succinta opinione sulla loro origine ed evoluzione assieme ad alcune note ed ai significati grafici che attribuisco alle stesse, onde utilizzando tali caratteristiche, nello spirito di quanto ho scritto in "Decriptare le lettere parlanti delle sacre scritture ebraiche" e con le regole e con i criteri fissati prima di iniziare a tappeto il mio impegno, e mai cambiati, di cui in "Parlano le lettere", pervengo anche alla decriptazione di testi, di cui ho detto in una "Scrutatio cristiana del Testo Masoretico della Bibbia".

La definizione di "parola" in italiano e per le lingue indoeuropee è l'unità linguistica costituita da un insieme di suoni rappresentabili graficamente che, articolati e organizzati secondo le leggi della lingua, rimandano a un significato.
La parola è, quindi, il complesso di suoni convenzionali, per un insieme di persone che si servono di quella stessa convenzione cui corrisponde l'immagine di una nozione o di una azione, la manifestazione o comunicazione di un pensiero o di un sentimento, di una opinione o di un precetto.
In definitiva la parola produce un'immagine nella mente e crea delle idee.

In ebraico "parola" si dice "debar" e si scrive , dal radicale DBR e riguarda non solo l'atto del parlare, ma anche l'enunciato, il messaggio, il discorso, la richiesta, la domanda, la risposta, l'ordine e il suo contenuto, il rapporto, l'informazione, il tema, la ragione e l'argomento, la questione, il caso, ma significa anche condotta, atto, gesto, conversazione, accordo, condizione, indica pure il modo di compierla o di attuarla, il suo contenuto, il compito, la faccenda, un prodigio, la normativa, il problema, il lavoro come pure il fatto, l'evento, la vicenda, l'avvenimento, indi la causa, l'occasione, la condizione e per astrazione passa a essere il generico "cosa o qualcosa" e può essere pronome "ciò" e "lo", mentre con il negativo davanti quel qualcosa risulta essere il "nulla".
Ecco che questa rosa di concetti che chiamano "debar" lo si può vedere come un rebus con tre figure, quante sono le lettere, da interpretare che diano un buon "predicato - immagine" del significato.
È in primo luogo da tener conto che le tre immagini riguardano:
  • la lettera D "dalet" è una porta, infatti, tale è il significato del nome ebraico, un'anta che può essere aperta o chiusa, una mano aperta la quale può essere un aiuto e anche un impedimento come "l'alt" di una guardia e, come vedremo, può avere significati allegorici a questi connessi;
  • la B "bet" fornisce il concetto di abitazione, casa o tenda, e di "dentro";
  • la R "resh" è proprio la forma di una testa di profilo, quindi è "mente e corpo", ed ha la stessa forma della "bet" , ma senza la base, infatti, è la tenda mobile dello spirito dell'uomo che è di più del corpo che abita.
Prima di analizzare il rebus di "debar" mi soffermo sul bi-letterale . Si trova "dob" per "orso" che si scrive sia sia (in 1Samuele 17,24) e come immagine base a sostegno del termine immagino una caverna, una tana, ove non si può entrare, perché occupata da questo animale che "impedisce d'abitarvi " o "impedisce il portarsi dentro ".

Abbiamo poi un altro termine "doboe'" usato per "forza, energia, vigore" come in Deuteronomio 33,25, in cui si può pensare che "impedisce la casa a uno " o "impedisce l'ingresso ()" dato che "bi'ah" , appunto, è ingresso o anche "l'aiuto che da dentro ha origine " o "aiuta l'ingresso ()".

Perché questa disgressione?
Cosa c'entra tutto questo con la "parola" "debar" ?
Serve a far comprendere che lettera "dalet" ha la duplice capacità di parlare sia di aiuto, sia d'impedimento.
Al riguardo, infatti, mentre nella parola "dob" di "orso" è da considerare l'aspetto impedimento, in "doboe'" di vigore possono aver valenza i due valori, in "debar" di "parola", invece, è da dare prevalenza all'aspetto dell'aiuto; infatti, la parola è proprio un aiuto per ricevere dei concetti da un altro.

Si può proprio concludere che l'idea di fondo della parola "debar" è fornire il concetto d'essere "un aiuto dentro la testa ".
Tenuto, inoltre, conto che un altro radicale, molto prossimo che muta per una sola lettera, il , è relativo a "insinuarsi, penetrare", tanto che "dibbah" è anche "maldicenza, calunnia", perché "si insinua" e si può pensare come l'intimo, il "dentro dentro " di una persona.
Si può, allora, anche ritenere che la parola "debar" con le lettere suggerisca "s'insinua () in testa ", come di fatto accade.
Si trova anche, pur se per una sola volta, "doberot" in 1Re 5,23, tradotto come "zattere" per il trasporto degli alberi di cedro che Chiram da Tiro invierà per le costruzioni di Salomone "I miei servi lo caleranno dal Libano al mare; lo avvierò per mare a mo' di zattere al luogo che mi indicherai. Là lo slegherò e tu lo prenderai".

Visto che la lettera "waw" è un bastone, una congiunzione, quindi, collega porta, reca, conduce e "taw" è in corsivo una croce , il finire, il termine, quelle lettere di "doberot" le possiamo vedere come rebus con 5 figure e leggere "aiutano dentro i corpi a portare a termine " e descrivono così un mezzo quale può essere una zattera di tronchi d'albero come vuole il testo.
Con le stesse lettere di "deber" si ha anche "doeboer" per peste, pestilenza, epidemia, morbo ed ecco che anche questa si spiega con "un impedimento dentro al corpo " e con "s'insinua () nel corpo ".
C'è anche una parola che è molto vicina a "deber" ed è "deborah" che è anche il nome di donna (una fu nutrice di Rebecca Genesi 35,8 e una fu giudice in Israele Giudici 4 e 5) e significa di solito ape, forse alcune volte anche vespa (Deuteronomio 1,44 e Isaia 7,18) e con l'aggiunta di "zebub", mosca (salmo 118,12 e Siracide 11,3).
Ciò che si coglie in quel termine è l'idea centrale "bor" che significa pozzo, cisterna e anche "cella" ove "dentro si porta il corpo"; infatti, la cella del Tempio si dice "debir" .
Mi pare di poter concludere che l'immagine del rebus "deborah" che si deduce da quelle cinque lettere è quella di un insetto che "dalla porta di una cella esce ", quindi, un'ape, una vespa od altro.

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