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SENTIMENTI E COMPASSIONE NELL'ANTICO TESTAMENTO
Pilastro dell'insegnamento della Bibbia è l'amore al prossimo il che implica il dare sfogo al sentimento della commozione del proprio spirito nei riguardi del prossimo stesso.
L'Antico Testamento insegnava chiaramente: "Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore." (Levitico 19,18)

Per i più di quel tempo, nella migliore delle ipotesi, il comandamento era interpretato in modo restrittivo in genere limitandone la valenza ai membri del proprio popolo contrariamente a quanto accade nell'episodio del buon samaritano nel Vangelo di Luca 10,25-37.
Tra l'altro tale "obbligo" era ben in mente ai contemporanei di Gesù visti i colloqui e le loro risposte nei Vangeli sinottici in Matteo 22,37-40; Marco 12,29-31 e Luca 10,25-28.
Comandamenti di misericordia erano evidentemente sentiti per il prossimo tenuto presente che si trova nel libro:

  • di Tobia 4,15 - "Non fare a nessuno ciò che non piace a te."
  • dei Proverbi 3,27-29 - "Non negare un bene a chi ne ha il diritto, se hai la possibilità di farlo. Non dire al tuo prossimo: Va, ripassa, te lo darò domani, se tu possiedi ciò che ti chiede. Non tramare il male contro il tuo prossimo, mentre egli dimora fiducioso presso di te."
Si trovano anche solleciti a comportamenti almeno "umani" nei riguardi del nemico personale come:
  • Esodo 23,4s - "Quando incontrerai il bue del tuo nemico o il suo asino dispersi, glieli dovrai ricondurre. Quando vedrai l'asino del tuo nemico accasciarsi sotto il carico, non abbandonarlo a se stesso: mettiti con lui ad aiutarlo";
  • Proverbi 25,21 - "Se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere".
L'insegnamento di Gesù porta a completare tali insegnamenti inglobando tra il prossimo non solo gli stranieri, ma anche i malfattori e i nemici.
Per il sentimento di compassione poi i libri della Tenak usa vari termini come:

Il radicale per "provare commozione, commuoversi, impietosirsi, perdonare, provare compassione" forse nel "nascosto acqua guizza ", o ancora "per le strette (dell'altro) acqua Guizza " ciò che è arido s'inumidisce e s'intenerisce e "choemelah" e "chumelah" è la compassione.
Ad esempio in Esodo 2,6 la principessa che trovò nel Nilo Mosè nella cesta n'ebbe compassione e li il testo usa "takmol" .
Ancora si trova in 1Samuele 15,3: "Va dunque e colpisci Amalek e vota allo sterminio quanto gli appartiene, non lasciarti prendere da compassione ( ) per lui, ma uccidi uomini e donne, bambini e lattanti, buoi e pecore, cammelli e asini".

Il radicale usato spesso al negativo per non perdonare come in Deuteronomio 19,21: "Il tuo occhio non avrà compassione ( ): vita per vita, occhio per occhio, dente per dente, mano per mano, piede per piede" forse "ciò che chiuso prtare a riempire (ossia ad allargare)".

e pentirsi e avere compassione, ad esempio in Deuteronomio 28,50 "una nazione dall'aspetto feroce, che non avrà riguardo al vecchio né avrà compassione del fanciullo..." ossia "ci sarà grazia "chen" " e Deuteronomio 32,35: "Perché il Signore farà giustizia al suo popolo e dei suoi servi avrà compassione" ove usa "itenoekam" ; come "darà calore " si scalderà.

C'è poi un termine molto importante che merita una disgressione.
Gli uomini nascono, in generale, almeno finora, per l'incontro concluso con un rapporto sessuale di un maschio e di una femmina in età feconda, unione che si eleva spesso a un rapporto di dichiarato amore permanente da parte di un marito e di una moglie.
Il bambino si attende di avere un padre e una madre e, comunque, nascerà nel seno di una donna.
Secondo la legge naturale, in un modo o nell'altro, meglio se per amore e non sotto violenza o impeti puramente sessuali, la donna ha donato se stessa e il conseguente frutto è la nascita di una nuova vita.
Tutto ciò che siamo lo ereditiamo da lei e dal padre: nome, geni, gran parte della salute, famiglia, ceto sociale, ecc..
La prima casa per ogni uomo è l'utero della madre che ci fa un posto nella sua vita, rattrappisce il suo ego, allarga il suo amore e per 280 giorni ci da un posto dove stare e dove inizia la nostra esistenza da lei continuamente fisicamente nutrita attraverso il suo sangue che apporta quanto necessario attraverso al filtro della placenta.
Proviamo a cercare le parole sentimento e compassione nel testo della Tanak o Bibbia ebraica.
La prima e più usata espressione che si trova è "rachamim" che indica pietà, misericordia e compassione.
Questo termine è strettamente legato a "roechoem" , che in ebraico definisce le viscere, il grembo, l'utero, quindi proprio specificatamente inerente alla madre.
Le lettere ebraiche che definiscono quella parola la descrivono anche con le proprietà grafiche intrinseche alle lettere stesse in quanto "roechoem" , utero, infatti, è "un corpo che racchiude la vita " o "corpo che racchiude le acque ".

Il radicale è così relativo al verbo ebraico che indica il commuoversi.
Si trova "...lo spirito di Dio aleggiava sulle acque " in Genesi 1,2 ove spirito è femminile, "ruach" e acque "maim" onde le due parole portano a ricordare il termine "rachamim" il che fa intuire il vero motore della creazione un atto di amore, di misericordia, quindi da madre.

Quanto tradotto "aleggiava" è "merachoepoet a'l penei" , ossia il vento "ruach" di Dio si agitava sulla superficie delle acque, che con quelle lettere potrebbe implicitamente suggerire anche l'idea dell'incarnazione in un utero, infatti "la vita chiusa nella mente il Verbo scelse che dall'alto in una persona () Fosse "; sarebbe quindi occorso un utero da cui nascere.

La prima volta che si trova questa parola "rachamim" è in bocca di Giacobbe nei riguardi di Dio in Genesi 43,14: "Dio onnipotente vi faccia trovare misericordia (rachamim ) presso quell'uomo, così che vi rilasci l'altro fratello e Beniamino" e quell'uomo di cui si parla è Giuseppe restato in incognito per i fratelli che lo avevano venduto, ma nel frattempo divenuto viceré d'Egitto.

Si ritrova poi in Genesi 43,30 con Giuseppe che si commosse: "Giuseppe uscì in fretta, perché si era commosso ("rachamaiu" ) nell'intimo alla presenza di suo fratello e sentiva il bisogno di piangere; entrò nella sua camera e pianse."

La commozione, appunto, spesso comporta come effetto il pianto e Dio tante volte è definito misericordioso "'el rachum" come in Esodo 34,6; Deuteronomio 4,31 e Giona 4,2, oltre che nei deuterocanonici Tobia 3,11; 2Maccabei 11,9, quindi, come vedremo, viene attribuito a Dio stesso anche la dote umana del piangere.
È, quindi, come se in Dio vi fosse un utero, infatti, in lui vi è la radice di ogni paternità e di ogni maternità ed al riguardo è rimasta celebre la frase pronunciata da Papa Luciani, Giovanni Paolo I, che durante l'Angelus del 10 settembre 1978, disse: "Noi siamo oggetto, da parte di Dio, di un amore intramontabile: è papà, più ancora è madre".

La parola "rachamim" nel testo ebraico si trova circa 40 volte e si possono gustare tutte le sfumature del suo uso guardando singolarmente i versetti: Deuteronomio 13,18, 2Samuele 24,14, 1Re 3,26 e 8,50, 1Cronache 21,13, 2Cronache 30,9, Neemia 1,11; 9,19.27.28.31, Salmi 25,6; 40,12; 51,3; 69,17; 77,10; 79,8; 103,4; 106,46; 119,77.156; 145,9, Proverbi 12,10, Isaia 47,6; 54,7; 63,7.15, Geremia 16,5 2 42,12, Lamentazioni 3,22, Daniele 1,9; 9,9; 9,18, Osea 2,21, Amos 1,11 e Zaccaria 1,16; 7,9.

Particolarmente da segnalare sono:
  • Isaia 54,6.7 - "Come una donna abbandonata e con l'animo afflitto, ti ha richiamata il Signore. Viene forse ripudiata la donna sposata in gioventù? - dice il tuo Dio. Per un breve istante ti ho abbandonata, ma ti raccoglierò con immenso amore", ove quell'"immenso amore " invero è con grandi viscere di misericordia "rachamim gadolim" .
  • Geremia 42,12 - ove il Signore dice: "Non temete il re di Babilonia, che vi incute timore; non temetelo - dice il Signore - perché io sarò con voi per salvarvi e per liberarvi dalla sua mano. Io gli ispirerò sentimenti di pietà per voi, così egli avrà compassione di voi e vi lascerà dimorare nel vostro paese" ove in effetti quei "sentimenti di pietà" sono "rachamim ve richam".
  • Lamentazioni 3,22 - "Le misericordie del Signore non sono finite, non è esaurita la sua compassione - 'rachamaiu' ".
La compassione è un moto di commozione cui Dio secondo la Bibbia è molto sensibile.
È al riguardo da ricordare l'episodio narrato in Genesi 21 di Agar e il figlio Ismaele cacciati da Abramo su istigazione di Sara, quando Agar sperduta nel deserto "depose il fanciullo sotto un cespuglio e andò a sedersi di fronte, alla distanza di un tiro d'arco, perché diceva: Non voglio veder morire il fanciullo! Sedutasi di fronte, alzò la voce e pianse. Dio udì la voce del fanciullo e un angelo di Dio chiamò Agar dal cielo e le disse: Che hai, Agar? Non temere, perché Dio ha udito la voce del fanciullo là dove si trova. Alzati, prendi il fanciullo e tienilo per mano, perché io ne farò una grande nazione. Dio le aprì gli occhi ed ella vide un pozzo d'acqua. Allora andò a riempire l'otre e diede da bere al fanciullo." (Genesi 21,15-19)

Il pianto di una madre per suo figlio diviene voce del figlio stesso e Dio li ascolta.
Si legge poi in Genesi 35,8 "Allora morì Debora, la nutrice di Rebecca, e fu sepolta al di sotto di Betel, ai piedi della quercia. Così essa prese il nome di Quercia del Pianto", nome dato a quel luogo per il grande sconforto che scese su Giacobbe e il suo seguito.

Evidentemente la causa di quel nome associato al "pianto" porta ad associarvi anche l'evento successivo in Genesi 35,16-20, della morte a Giacobbe della moglie Rachele avvenuta alla nascita di Beniamino.
Proprio tra tali due eventi Dio confortò Giacobbe e addirittura gli cambiò nome.

Il testo, infatti, dice: "Dio apparve un'altra volta a Giacobbe durante il ritorno da Paddan-Aram e lo benedisse. Dio gli disse: Il tuo nome è Giacobbe. Ma non ti chiamerai più Giacobbe: Israele sarà il tuo nome." (Genesi 35,9s)

Il targum Jonathan di Genesi 35,9 inserisce la seguente dossologia posta in bocca a Giacobbe: "O Dio Eterno! Che il tuo nome sia benedetto per sempre e per tutti i secoli dei secoli! La tua bontà, la tua fedeltà, la tua giustizia, la tua potenza e la tua gloria non cesseranno per i secoli dei secoli. Tu ci hai insegnato a benedire lo sposo e la sposa a partire da Adamo e dalla sua compagna. Tu ci hai insegnato ancora a visitare i malati a partire dal nostro padre Abramo, il giusto, quando tu gli sei apparso nella piana della visione, mentre egli soffriva a causa della sua circoncisione. Tu ci hai insegnato anche a consolare coloro che piangono, dopo il nostro padre Giacobbe, il giusto. La morte sorprese Debora, la nutrice di Rebecca, sua madre, e Rachele morì presso di lui durante il suo viaggio. Si sedette allora emettendo lamenti e pianti e grandi grida di dolore, ma tu, nella tua bontà misericordiosa, gli sei apparso e l'hai benedetto, tu l'hai benedetto con le benedizione di coloro che piangono, e l'hai consolato." (S.P. Carbone - G. Rizzi Le Scritture ai tempi di Gesù).

Altri modi esistono per definire in ebraico il sentimento è proprio la stessa parola che definisce respiro e anima "noefoesh" cioè animo, come in 2Re 9,15 ove la C.E.I 2008 traduce "convinzione".
Si trova poi un'istruttiva citazione in una preghiera di Davide al momento in cui offre tutti i preparativi fatti da lui e dal popolo per costruire a Gerusalemme il Tempio al Santo Nome, ove indirettamente è spiegato che quello è il sentimento profondo del popolo e suo.

Questa si trova in 1Cronache 29,18 e dice: "Signore, Dio di Abramo, di Isacco e d'Israele, nostri padri, custodisci per sempre questa disposizione come intimo intento del cuore del tuo popolo. Dirigi i loro cuori verso di te."

Per "intimo intento del cuore" è scritto "macheshebot lebab", e quel "macheshebot" viene dal radicale (nel chiuso si accende dentro ) usato per un'attività del pensiero, si accende un'idea nel chiuso del cervello umano, infatti "leb" e "lebab" sono la mente e il cuore come sede della vita cosciente, indi memoria, immaginazione, attenzione, coscienza, quindi quel radicale è relativo al pensare, progettare ritenere quindi ideare un piano, un disegno intimo da portare a compimento - segno che nel cuore "leb" abita , quasi un qualcosa che nelle midolla "mocha" si accende dentro da portare a termine .

Il Signore ha costruito una casa a Davide e con la profezia di Natan (1Cronache 17) del Regno eterno del Messia gli ha promesso una casa che durerà in eterno; in Davide si sono accesi i neuroni-specchio, ha imparato e vuole imitarlo ringraziandolo a proprio modo.
Tutta la Bibbia e la cultura ebraica è basata sulla trasmissione padre - figlio e poi allievo - insegnante sia della Tenak, sia del Talmud, del loro continuo scrutare e commentare.
Sono questi i pilastri dell'ebraismo.
Con ciò si ricordano e s'insegnano gli esempi della fedeltà a Dio passati da Abramo a Isacco, da questi a Giacobbe-Israele, indi ai 12 figli e ai figli dei figli fino ai tempi di Mosè, quindi col sacerdote Eli e dal suo discepolo Samuele, finché la nazione trovò il suo fondamento e dopo tante e tante traversie non è restata distrutta e fonda la sua esistenza sulla memoria.
Nell'Antico Testamento e poi nel Talmud Dio è rappresentato come genitore e maestro di tutti i suoi figli che li educa con amore lungo i secoli con la storia interpretata dai profeti, letta però attraverso lo studio e alla luce delle Sacre Scritture.
Tale studio forma le persone, le famiglie e la nazione.
La risposta di Rabbi Yochanan ben Zacchai (I secolo d.C.) alla domanda: perché studiare? fu: "Per arricchire coloro che mi amano e riempire i loro scrigni".

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