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IL PIANTO DI UNA MADRE E IL PIANTO DI DIO
Nei testi ebraici delle Sacre Scritture un radicale per dire del "piangere, gemere, venire le lacrime agli occhi, fare lutto" è
da cui vengono i termini "pianto, cordoglio e lutto", "baki"
e "bakut"
.
Per capirne di più, guardando ai segni che compongono tale radicale, è da notare che la lettera "kaf"
,
l'undicesima dell'alfabeto ebraico, pare proprio stare a indicare una coppa, come il palmo concavo di una mano.
Un primo modo di vedere quelle tre lettere è il pensare che di solito chi piange si porta le mani a coprire il viso con le mani a coppa "dentro
le mani a coppa
uscire
",
ma vi sono altre considerazioni.
Evidente diversità del palmo della mano rispetto alle altri parti del corpo è che si presenta liscia, senza peli e fa, quindi, presente l'essere in stato di condizione facile e liscia, onde l'uscire da tale condizione manifesta un peggioramento che può dar luogo afflizione e difficoltà e può ingenerare dolore e pianto; ecco che le lettere ci spiegano quel
in questo modo: "da dentro
del liscio
uscire
".
Si pensi poi che c'è un radicale il
che riguarda "l'indebolire, lo spegnere, il deprimersi", che si spiega similmente al precedente, ossia "dal liscio
uscire
".
Poi il B =
di quel
ci parla di cosa accade dentro di chi piange.
Il piangere quindi con
comporta che c'è stato un qualcosa che ha comportato "dentro
il deprimere
"
e, infine, in sintonia con tali letture si ha come una ferita "makkah"
intima, vale a dire "la vitalità - vita
spegne
".
Congruenti a questi pensieri sono:
- il radicale
di "affliggere, abbattersi, scoraggiare, deprimere" da cui "ka'oe" plurale "ka'im"
in Salmo 10,10, dallo stato "liscio
uno
uscito
";
- "dolore, sofferenza, piaga"
"k'eb" "afflitto
()
dentro
".
Altro radicale usato nell'ebraismo per il piangere è
da cui deriva il termine "lacrime" "dima'h"
.
Questo modo di dire per piangere implica in qualche modo il concetto di "dam"
"sangue"
(
=
),
di un "essere simile"
e di "seno" "ma'h"
,
tutti termini facilmente riconoscibili all'interno di "dima'h"
quindi:
- lacrime a causa di un fatto di sangue
vedo - sento
Uscire
;
- per un impedimento
dal seno
()
esce
;
- per assimilarsi
()
(sottinteso con un altro) al sentire
.
Al proposito è da ricordare il primo fatto di sangue in Genesi 4.
Caino uccide Abele, ma pare restare come indifferente, nasconde il fatto, non fa scorgere rimpianto e pentimento, nemmeno una lacrima.
Il Signore allora gli disse: "Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo!" (Genesi 4,10)
Come se Dio, sorpreso, dicesse a Caino: non piangi?
Io sento le lacrime di Abele, tuo fratello, di sua e tua madre e di suo e tuo padre.
Una lettura di lacrima "dima'h"
,
infatti, è "il sangue
sento
uscito
",
da un mio "somigliante
()
sento
uscire
"
che grida, infatti, "sbarrata
una vita
vedo
nel mondo
".
Come non piangere per un simile che muore?
Anche Dio avrà pianto per "un essere simile
()
Visto
uscire
"
dalla vita.
Una lacrima è come sangue, un chicco d'uva bianca che si vede venire dagli occhi, il frutto di uno stato d'animo interiore, una benedizione per una gioia o per una sofferenza.
Si pensi a Gesù che essuda gocce di sangue al Getzemani, infatti, "Nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio, imparò l'obbedienza da ciò che patì..." (Ebrei 5,7s)
Nella letteratura rabbinica spesso si trova l'idea che Dio si commuove, soffre e piange proprio come un padre o una madre afflitta per la sorte dei figli.
Si trova, infatti, che Dio dice al profeta Geremia di riferire al popolo questo messaggio: "I miei occhi grondano lacrime ("dima'h"
)
notte e giorno, senza cessare, perché da grande calamità è stata colpita la figlia del mio popolo, da una ferita mortale." (Geremia 14,17)
Nel Talmud, si trova che Rab Shemu'el, figlio di Iniya, dice che: "Il Santo, sia Egli benedetto, ha un luogo che gli è riservato chiamato luoghi segreti. È lì che si ritira per piangere senza testimoni sulle sventure del suo popolo."
Pare proprio che ci sia come un'impotenza di Dio di fronte all'uomo: per la libertà che gli ha lasciato non può, infatti, costringerlo ad ascoltarlo e sopporta le conseguenze immediate che non può impedire se non con un piano di salvezza che tesse nel tempo e nella storia individuale e globale.
Grande, infatti, è il suo amore per loro: "Poiché il Signore non respinge per sempre. Ma, se affligge, avrà anche pietà secondo il suo grande amore. Poiché contro il suo desiderio egli umilia e affligge i figli dell'uomo." (Lamentazioni 3,31-33)
Dice al riguardo il profeta Isaia: "Sion ha detto: Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato. Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi (merachem) per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai. Ecco, sulle palme delle mie mani ti ho disegnato, le tue mura sono sempre davanti a me." (Isaia 49,14-16)
La misericordia divina "rachamim" ci fa pensare alla maternità di Dio che per amore ha reso possibile uno spazio in cui possiamo esistere.
Disse di Lui San Paolo nell'aeropago di Atene a "In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo..." (Atti 17,18)
Siamo nel suo seno e Dio è proprio come una madre, ha creato uno spazio per noi dentro di sé ed ha per noi la stessa emotività di una madre.
Le lacrime delle madri ricordano le acque del loro utero in cui è avvenuta la gestazione del figlio e il travaglio del parto.
Hanno vinto l'egoismo, hanno lasciato uno spazio in loro per accogliere il figlio con amore e questo spazio idealmente resta a disposizione come proprio un utero mentale per lui per tutta la vita della madre e le lacrime che versa per il figlio nella vita sono in questa similitudine in parallelo con le acque che lo gestirono nell'utero vero.
Nella stessa parola utero, "rachem"
e misericordia "rachamim"
,
c'è proprio l'idea, riferita alla madre che "nella testa
chiude
l'acqua
"
e "nella testa
chiude
con l'acqua
la forza
Materna
".
Loro, le madri
,
sono proprio immagine, "tsalem"
di Dio, in quanto costituiscono per il figlio l'ombra "tsal"
di Lui.
Queste continuano a seguire il figlio in tutta la loro vita con la stessa intensità, quasi come se lo stesso figlio fosse generato più e più volte.
Così accade per Dio nei riguardi di ciascun uomo.
Lo fa rinascere con le acque del battesimo e gli ha fatto il dono del pianto per rigenerarsi e per chiedere perdono che provoca continue rinascite e risurrezioni.
Nel Salmo 56,9 si legge "I passi del mio vagare tu li hai contati, nel tuo otre raccogli le mie lacrime: non sono forse scritte nel tuo libro?"
Le mie lacrime "dima'ti"
nel tuo otre "beno'doek"
in cui otre è "no'd"
e quel versetto porta ad immaginare che, appunto, in Dio vi sia un luogo, come un utero, dove si raccolgono le lacrime di tutti i viventi che sono da lui contate e a cui darà risposta con la propria misericordia, infatti, "invierà
l'Unigenito
in aiuto
".
Dice, infatti, l'Apocalisse "Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il Dio-con-loro e tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate". (Apocalisse 21,3s)
L'uomo nuovo, come l'Unigenito, partorito da Maria, che accompagnerà ogni uomo, viene partorito dalla madre Chiesa la donna di cui dice l'Apocalisse stessa in 12,4s: "Il drago si pose davanti alla donna che stava per partorire per divorare il bambino appena nato. Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro..."
Al riguardo alla gestazione nei chiamati dalla Chiesa, dice San Paolo, apostolo di Cristo alla comunità dei Galati: "...figlioli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore finché non sia formato Cristo in voi!" (Galati 4,19)
La dakriologia, ossia studio delle lacrime, ha accertato:
- vi sono lacrime emotive e per inumidire gli occhi, ma hanno chimica diversa;
- le emotive aiutano a ridurre lo stress eliminando produzioni chimiche dannose del sistema endocrino, rilasciando rifiuti e tossine in eccesso;
- quelle per inumidire, ad es. per una cipolla tagliata, non hanno ormoni e enzimi;
- le emotive contengono neurotrasmettitori e ormoni, l'adrenocorticotropo l'ACTH con funzione di oppioide e che provoca secrezione di cortisolo detto "ormone dello stress", l'encefalina, sostanza simile alla morfina per alleviare il dolore, il lisozyma con proprietà antibatteriche, la prolattina che stimola la crescita della ghiandola mammaria nelle donne, ma è presente in notevole minore quantità anche nei maschi;
- statisticamente risulta che le donne piangono più di frequente degli uomini (pare 4 a 1) per il più alto livello di prolattina smaltendo meglio gli stress onde sono meno soggette a infarti;
- per la maggior parte dei ricercatori altri esseri viventi oltre l'uomo non produrrebbero lacrime per emozioni, ma solo per inumidire gli occhi.
In testi egizi si trova che dalle lacrime del dio Ra è creata l'intera umanità e tale mito pare legato al gioco di parole egizie tra il verbo "piangere" "rmi", il sostantivo "lacrime" "rmwt" e "uomo" "rmT".
Accade spesso che l'uomo quando sente arrivare il pianto cerca di reprimerlo temendo di perdere la propria dignità ed essere scambiato per una donna.
È sintomo dell'orgoglio che pur se insito nell'uomo e nella donna è mitigato in questa per le diverse doti fisiche connesse alla potenzialità della maternità.
Dio è proprio una madre e il fedele, proclama il Salmo 132, che con Lui è "...quieto e sereno: come un bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è in me l'anima mia", infatti, come un bimbo in braccio alla madre è senza alcun timore.
Le difficoltà e quindi le lacrime però sono di tutti i giorni "Le lacrime sono mio pane, giorno e notte." (Salmo 42,4) e allora come un bambino Lo cerca per:
- essere custodito "Custodiscimi come pupilla degli occhi, proteggimi all'ombra delle tue ali..." (Salmo 17,8)
- per avere la Sua grazia "Quanto è preziosa la tua grazia, o Dio! Si rifugiano gli uomini all'ombra delle tue ali..." (Salmo 36,8)
- trovare in Lui rifugio nel pericolo "Pietà di me, pietà di me, o Dio, in te mi rifugio; mi rifugio all'ombra delle tue ali finché sia passato il pericolo." (Salmo 57,2)
- trovare riparo "Dimorerò nella tua tenda per sempre, all'ombra delle tue ali troverò riparo; "(Salmo 61,5)
- trovare gioia "...a te che sei stato il mio aiuto, esulto di gioia all'ombra delle tue ali." (Salmo 63,8)
- per stare sotto le sue penne, "Chi abita al riparo dell'Altissimo passerà la notte all'ombra dell'Onnipotente... Ti coprirà con le sue penne, sotto le sue ali troverai rifugio; la sua fedeltà ti sarà scudo e corazza." (Salmo 91,1.4)
Ho così raccolto i salmi che parlano de "l'ombra delle sue ali" che richiamano evidentemente la figura di Dio - madre, quindi all'ombra
della madre
che appunto è immagine
di Dio.
Questa ombra ripara nella notte del mondo finché venga "la vera luce", quella di annunciata al versetto 1,9 del prologo dal Vangelo di Giovanni.
Nel Vangelo di Matteo è ricordato di Gesù che, proprio riferendosi a un tale immaginario, disse: "Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono inviati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una gallina raccoglie i pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! voluto raccogliere i tuoi figli, come una gallina raccoglie i pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto!" (Matteo 23,37)
Le lacrime vanno interpretate come un impeto a tornare bambini e a invocare l'aiuto ricevuto da chi ha portato alla vita scaturendo dalla sorgente della vita che ci rende immagine di Dio grazie in noi al suo soffio, ricordo dello Spirito, l'Amore divino che ci abitò.
Il dolore allora, grazie a tale Spirito che spinge chi piange a uscire da se stessi, diventa come meno duro e lo stesso Spirito ci fa commuovere e apre alla comunione con Dio e con gli altri, comincia a ridare un cuore malleabile, di carne e non di pietra.