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L'ACQUA DI MIRIAM

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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UNA TAPPA DELL'ESODO
Per comprendere l'episodio di cui parlo nel presente paragrafo, è da tenere presente che Miriam, secondo la Scrittura, è la figlia più grande della famiglia di Mosè, quindi, dopo la morte dei genitori, era la vestale delle tradizioni familiari.
Lei aveva certamente preso la cura dei figli più piccoli, quindi, si sentiva in dovere di conservare le tradizioni di famiglia e di comportarsi da sorella maggiore con senso di responsabilità nei confronti dei fratelli più giovani anche negli anni di comunione nella peregrinazione nel deserto quando Mosè, ritrovato, ormai era il leader e aveva superato l'età di 80 anni e Aronne di 83.
Insomma Miriam è la sorella che vigila e custodisce, che fa da mamma fin da bambina, infatti, doveva avere poco più di dieci anni, quando nascosta tra i giunchi della riva del Nilo, si curava di Mosè.

Ciò premesso, il libro dei Numeri, il IV della Torah o Pentateuco, al capitolo 33, elenca in ordine le varie tappe dei 40 anni dei fuoriusciti dall'Egitto ai tempi di Mosè prima di trovare un insediamento stabile; infatti, quel libro è detto in ebraico "bemidebar" , cioè "nel deserto".

Il deserto, per le lettere ebraiche che lo formano, ha in se le tre lettere del radicale relativo al verbo "parlare, dire" e simili, onde indipendentemente da ragionamenti che coinvolgono sentimenti, come solitudine, meditazione, opportunità per entrare in contatto profondo con se stessi attribuiti più o meno romanticamente al deserto, per l'ebraico quelle lettere comunque stanno a dire che qualcuno, l'ispiratore di quelle Sacre Scritture, nella fattispecie Dio, nel deserto "bemidebar" "dentro ai viventi parla " o, considerato che BMH indica una altura, ha anche in se il significato che il Creatore "su un'altura () parla ".

In quei 40 anni di peregrinare, dalla città di Ramses al Giordano davanti a Gerico, complessivamente gli accampamenti che gli Israeliti rizzarono risultano essere stati in numero di 42, estremi del viaggio compresi, di cui alcuni restarono impiantati soltanto per alcuni giorni, mentre altri lo furono per anni.

Gli Israeliti, partirono dall'Egitto, da Ramses nuova città costruita dai faraoni Ramseti sul delta del Nilo orientale o terra di Goshen, e "si accamparono a Succot. Partirono da Succot e si accamparono a Etam, che è sull'estremità del deserto. Partirono da Etam e piegarono verso Pi-Achiròt, che è di fronte a Baal-Sefòn, e si accamparono davanti a Migdol. Partirono da Pi-Achiròt, passarono in mezzo al mare in direzione del deserto, fecero tre giornate di marcia nel deserto di Etam e si accamparono a Mara. Partirono da Mara e giunsero a Elìm; a Elìm c'erano dodici sorgenti di acqua e settanta palme: qui si accamparono. Partirono da Elìm e si accamparono presso il Mar Rosso. Partirono dal Mar Rosso e si accamparono nel deserto di Sin. Partirono dal deserto di Sin e si accamparono a Dofka. Partirono da Dofka e si accamparono ad Alus. Partirono da Alus e si accamparono a Refidìm, dove non c'era acqua da bere per il popolo. Partirono da Refidìm e si accamparono nel deserto del Sinai. Partirono dal deserto del Sinai e si accamparono a Kibrot-Taavà. Partirono da Kibrot-Taavà e si accamparono a Caserot." (Numeri 33,5-17)

Caserot è la tappa su cui mi soffermerò.
Fu la 14° tappa contando Ramses e in questa ci fu la mormorazione di Miriam nei riguardi del fratello.
Dopo di questa tappa ci saranno altri 28 accampamenti fino al Giordano.
Tra questi ulteriori accampamenti, come fatali per i familiari di Mosè, sono da segnalare quelli, uno successivo all'altro, di Kades e di Or, infatti nel:

  • 31°, a Kades, morì Maria "Ora tutta la comunità degli Israeliti arrivò al deserto di Sin il primo mese, e il popolo si fermò a Kades. Qui morì e fu sepolta Maria. Mancava l'acqua per la comunità..." (Numeri 20,1-2)
  • 32°, a Or, morì Aronne "da Kades e si accamparono al monte Or, all'estremità della terra di Edom. Il sacerdote Aronne salì sul monte Or per ordine del Signore e in quel luogo morì il 40° anno dopo l'uscita degli Israeliti dalla terra d'Egitto, il quinto mese, il primo giorno del mese. Aronne era in età di 123 anni quando morì sul monte Or." (Numeri 33,37-39 e Numeri 20,22-29)
Poi ci furono altri 8 accampamenti e Mosè salì sul monte Nebo e non tornò più; "Mosè aveva 120 anni quando morì; gli occhi non gli si erano spenti e il vigore non gli era venuto meno..." (Deuteronomio 34,7)

Ricordo poi che nessuno dei tre fratelli - Maria, Aronne e Mosè - in ordine di nascita, poté entrare nella terra promessa, ma soltanto Mosè la vide da lontano dalla cima del monte Nebo.

Dirà, infatti, il Signore a Mosè "Sali su questo monte degli Abarim, sul monte Nebo, che è nel paese di Moab, di fronte a Gèrico, e mira il paese di Canaan, che io dò in possesso agli Israeliti. Tu morirai sul monte sul quale stai per salire e sarai riunito ai tuoi antenati, come Aronne tuo fratello è morto sul monte Or ed è stato riunito ai suoi antenati, perché siete stati infedeli verso di me in mezzo agli Israeliti alle acque di Mèriba di Kades nel deserto di Sin, perché non avete manifestato la mia santità. Tu vedrai il paese davanti a te, ma là, nel paese che io sto per dare agli Israeliti, tu non entrerai!" (Deuteronomio 32,49-52)

I tre fratelli muoiono in luoghi particolari e nel rispetto dell'ordine per età:
  • Maria a "Kades", quindi, in luogo santo;
  • Aronne sul monte "har" di nome Or "hor" , ossia con le stesse lettere di monte, quindi, in qualche modo si realizza il nome di Aronne "L'Unico dal monte l'invia ";
  • Mosè tra i monti "a'barim" in cui vi sono le lettere degli ebrei, , di passare oltre, andare al di la, e precisamente sul monte Nebo , quindi, Dio "con gli angeli a casa lo porta ".
Aronne aveva tre anni più di Mosè, ma Maria ne aveva di più perché, come ricorda il libro dell'Esodo al capitolo 2, era una fanciulla quando Mosè fu abbandonato nel Nilo e fu proprio lei a proporre alla principessa egizia che l'aveva trovato una nutrice che poi altra non era che la madre.
Nelle immediate precedenti tappe, secondo Numeri 11, s'era verificato che il popolo s'era lamentato a Taberà, il nome vuol dire incendio, e un fuoco distrusse una estremità dell'accampamento, poi a Kibrot Taavà, il nome significa "i sepolcri della concupiscenza" o "tombe dell'Ingordigia", ove ancora il popolo si lamentò ricordando il cibo abbondante di cui disponeva in Egitto.
Ancora una volta i nomi stessi dei luoghi, paiono evocare gli eventi che poi vi si verificano, come se i racconti fossero uno sviluppo che viene proprio da quei nomi, infatti:
  • Taberà è scritto e il radicale sta, come ho accennato, per "ardere e incendiare", ma anche per "separare e allontanare" e il popolo si allontanò dal Signore e s'incendiò l'accampamento.
  • Kibrot Taavà che significa "Tombe dell'Ingordigia" e Mosè intercedette e il Signore concesse le quaglie.
  • Caserot nel testo ebraico è ove il radicale è relativo al "dividere e dividersi", da cui "chatzer" "luogo recintato, cortile e anche castello" e li accadde che secondo il racconto ci fu una divisione tra i fratelli Maria e Aronne, uniti contro Mosè.
Se guardiamo più attentamente quel Caserot le lettere ci dicono "in un luogo chiuso il nemico Porta un segno ".
Un luogo chiuso è certamente il rapporto stretto e riservato tra fratelli; infatti, in ebraico fratello è "'ach" e si scrive , "uno stretto ", quindi, Caserot profetizza come se un nemico fosse sceso a dividere i fratelli.
C'è di più questo nemico porta un segno ed ecco che Maria diviene lebbrosa.
(Vedi: "Vittoria sul drago - Sanati nel Giordano")

La lebbra è malattia motivo d'impurità, ma tale morbo è solo uno dei vari aspetti di malattia della pelle e delle superfici che ricade sotto il termine usato per il fenomeno che l'ebraico biblico definisce "tsara't" .

"Tsara'" poi è chi ne è colpito, impropriamente tradotto lebbroso, in effetti è percosso e piagato, quasi ammaccato.

Con i segni delle lettere posso commentare:
  • scesa nel corpo una azione ;
  • un nemico - un avversario , ha agito ;
  • un nemico in vista ;
  • disceso - scende il male .
Ora a Caserot per il racconto in Numeri 12, secondo la traduzione C.E.I. del 2008 accadde che:

Numeri 12,1 - "Maria e Aronne parlarono contro Mosè, a causa della donna etiope che aveva preso. Infatti aveva sposato una donna etiope.

Numeri 12,2 - Dissero: Il Signore ha forse parlato soltanto per mezzo di Mosè? Non ha parlato anche per mezzo nostro? Il Signore udì.

Numeri 12,3 - Ora Mosè era un uomo assai umile, più di qualunque altro sulla faccia della terra.

Numeri 12,4 - Il Signore disse a un tratto a Mosè, ad Aronne e a Maria: Uscite tutti e tre verso la tenda del convegno. Uscirono tutti e tre.

Numeri 12,5 - Il Signore scese in una colonna di nube, si fermò all'ingresso della tenda e chiamò Aronne e Maria. I due si fecero avanti.

Numeri 12,6 - Il Signore disse: Ascoltate le mie parole! Se ci sarà un vostro profeta, io, il Signore, in visione a lui mi rivelerò, in sogno parlerò con lui.

Numeri 12,7 - Non così per il mio servo Mosè: egli è l'uomo di fiducia in tutta la mia casa.

Numeri 12,8 - Bocca a bocca parlo con lui, in visione e non per enigmi, ed egli contempla l'immagine del Signore. Perché non avete temuto di parlare contro il mio servo, contro Mosè?

Numeri 12,9 - L'ira del Signore si accese contro di loro ed egli se ne andò.

Numeri 12,10 - La nube si ritirò di sopra alla tenda ed ecco: Maria era lebbrosa, bianca come la neve. Aronne si volse verso Maria ed ecco: era lebbrosa.

Numeri 12,11 - Aronne disse a Mosè: Ti prego, mio signore, non addossarci il peccato che abbiamo stoltamente commesso!

Numeri 12,12 - Ella non sia come il bambino nato morto, la cui carne è già mezza consumata quando esce dal seno della madre.

Numeri 12,13 - Mosè gridò al Signore dicendo: Dio, ti prego, guariscila!

Numeri 12,14 - Il Signore disse a Mosè: Se suo padre le avesse sputato in viso, non ne porterebbe lei vergogna per sette giorni? Stia dunque isolata fuori dell'accampamento sette giorni; poi vi sarà riammessa.

Numeri 12,15 - Maria dunque rimase isolata, fuori dell'accampamento, sette giorni; il popolo non riprese il cammino, finché Maria non fu riammessa.

Numeri 12,16 - Poi il popolo partì da Caserot e si accampò nel deserto di Paran."

Pur se Eusebio e Girolamo collocano il deserto di "Paran" nel meridione dell'Arabia, forse perché le lettere "p'er" vogliono dire anche turbante, la maggior parte degli studiosi ormai lo considera prendere il nome dal Wadi Paran, corso d'acqua a carattere torrentizio, che l'attraversa, identificabile con una zona del deserto del Neghev ove si trovava anche il Har Karkom nell'area di Kades, da taluni studiosi considerato il vero monte Sinai della Bibbia.
(Vedi: "Attorno al Santuario vicino all'Oreb, la montagna di Dio" e "La Roccia che scaturisce acqua viva")



Il deserto di Paran visto dal monte Karkom

Tra l'altro il radicale sta a indicare ornare, adornare, onorare da cui anche fogliame, fronda "por'ah" e chioma d'albero "pur'ah".
In questa zona per la presenza di quel Wadi qualche cenno di verde come pure qualche polla d'acqua si trova ed è comprensorio più adatto per ospitare persone numerose in viaggio, piuttosto dei deserti arabici.

Quel Kades inoltre, che nasconde la parola Santo = Qadosh fa intuire che c'era una tradizione come antico santuario, quindi "monte di Dio" (Esodo 3,1) almeno per le popolazioni degli Habiru, popoli nomadi, a cui erano associabili le famiglie dei progenitori degli ebrei e anche da parte di alcuni Madianiti.
Qades-Barnea e En-Mispat (Genesi 14,7) sono nomi che definiscono un pozzo, un paese e un deserto (Salmo 29,8); erano vicini al confine meridionale della Terra Promessa (Numeri 34,4).

È località ricordata spesso dalla Bibbia, infatti:
  • Chedorlaomer, re di Elam, capo dell'alleanza dei quattro re che invase la Palestina per 14 anni ai tempi di Abram contro l'alleanza di cinque re della Valle di Sittim, a Qades sconfisse Amalec, ma fu sconfitto da Abram (Genesi 14,1-17).
  • Dio apparve ad Agar presso un pozzo vicino a Qades (Genesi 16,7-14).
  • Abramo si stabilì vicino a Qades (Genesi 20,1).
  • Maria morì a Qades (Numeri 20,1) e li, come commenta il versetto Numeri 20,2 "...morì e fu sepolta Maria. Mancava l'acqua per la comunità..." e qui secondo il racconto di Numeri avvenne il miracolo delle acque di Meriba quando sgorgò dalla roccia battuta da Mosè contro il comando del Signore che aveva ordinato solo di parlare alla roccia.
  • Le vittorie di Giosuè s'estesero fino a Qades (Giosuè 10,41) e questa località entrò nel territorio di Giuda (Giosuè15,23).
  • Ezechiele in 48,28 nella sua visione indica Qades al confine meridionale del futuro nuovo Israele.
Il capitolo Numeri 12 inizia spiegando subito il motivo della lite di Miriam e Aronne con Mosè, la moglie di questi, una straniera, definita la moglie "'isshah" etiope "kushita", ossia della terra di "Kush" .
Sotto la denominazione terra di "Kush" rientrava certamente la Nubia in Egitto, ma studiosi come Michaelis Johann Rosenmüller e altri sostengono che il nome Kush era assegnato anche a zone affacciate su entrambi i lati del Mar Rosso in Arabia (Yemen) e in Africa (Nubia).
A riprova sussiste che la tribù degli Himyarit del sud dell'Arabia fu descritta dagli scrittori siriani come formata Kushiti ed etiopi.
Questa donna Kushita che pare definita come etiope, certamente era la madianita Zippora, considerato che il paese di Madian era parte del paese di "Kusch" , evidentemente più esteso dell'attuale Etiopia.

Il paese di Madian, appunto, era situato nel deserto a est del mar Rosso davanti all'Etiopia e i Madianiti spaziavano tra le due sponde.
Tra l'altro c'è un versetto in Abacuc 3,7 "Ho visto i padiglioni di Cusàn in preda a spavento, sono agitate le tende di Madian" da cui si arguisce che Cusàn era una tribù madianita e i due nomi Madian e Cusàn sono citati parallelamente in quello stesso versetto, in quanto, evidentemente sinonimi.

Il nome Cusan si trova anche per un personaggio ambiguo ed enigmatico di cui parla il libro dei Giudici e di cui dirò nell'ultimo paragrafo.
Tra l'altro quelle lettere di "Kush" si possono separare in + e ricordando che è il radicale di bruciare, ardere e che è la lettera qualificante il fuoco "'esh" e l'iniziale di "Shoemoesh" vale a dire di sole, si può leggere che quel luogo detto "Kush" c'è come un "fuoco che brucia ()" o "il sole vi arde ()"; d'altronde Madian ed Etiopia sono alla stessa latitudine ed hanno stesse pesanti condizioni climatiche.

Era accaduto, infatti, che i fratelli di Mosè, Maria e Aronne, seppero della esistenza di Zippora, con i figli Gerson e Elisier il padre di lei, il suocero Ietro quando l'incontrarono, secondo prima di Refidim, subito dopo lo scontro con gli Amaleciti, infatti: "Ietro, sacerdote di Madian, suocero di Mosè, venne a sapere quanto Dio aveva operato per Mosè e per Israele, suo popolo, cioè come il Signore aveva fatto uscire Israele dall'Egitto. Allora Ietro prese con sé Zippora, moglie di Mosè, che prima egli aveva rimandata, con i due figli di lei, uno dei quali si chiamava Ghersom, perché egli aveva detto: Sono un emigrato in terra straniera, e l'altro si chiamava Elièzer, perché: Il Dio di mio padre è venuto in mio aiuto e mi ha liberato dalla spada del faraone. Ietro dunque, suocero di Mosè, con i figli e la moglie di lui, venne da Mosè nel deserto, dove era accampato, presso la montagna di Dio."(Esodo18,1-5)

Il motivo del litigio era serio.
I fratelli avevano valutato che quel legame di Mosè con quella donna che non poteva inserire i figli nella corretta tradizione ebraica poteva essere una pietra d'inciampo per la missione e di scandalo almeno per la gran parte degli Israeliti al seguito ligi agli usi pervenuti loro dai patriarchi.
Tutti i patriarchi, peraltro, avevano sposato donne tra i parenti lasciati a Carran da cui provenivano Abramo e Sara; infatti, Rebecca, moglie di Isacco, e Lia e Rachele, mogli di Giacobbe, erano della famiglia lasciata in Anatolia.
La mamma di Mosè, Jokebed era figlia di Levi (Esodo 6,20) e Aronne aveva sposato Elisabetta (Esodo 6,23), figlia di Amminadab della tribù di Giuda e sorella di Nakhshon (Numeri 2,3), quindi tutte Israelite pure.

Nel libro di Rut, infatti, si trova "Questa è la discendenza di Perez: Perez generò Chezron; Chezron generò Ram; Ram generò Amminadab; Amminadab generò Nacson; Nacson generò Salmon; Salmon generò Booz; Booz generò Obed; Obed generò Iesse e Iesse generò Davide." (Rut 4,18-22) e Perez nacque da Giuda e Tamar come si legge in Genesi 38,29s.

Mosè, invece, aveva sposato una straniera.
L'antenato Abramo, che aveva avuto un figlio dall'egiziana Agar, serva della moglie, aveva dovuto non concedergli la primogenitura che era passata a Isacco, e ora secondo le regole della Torah che lo stesso Mosè, secondo la tradizione doveva scrivere, non avrebbe dovuto prendere moglie straniera.

Dice, infatti, il libro del Deuteronomio: "Quando il Signore, tuo Dio, ti avrà introdotto nella terra in cui stai per entrare per prenderne possesso e avrà scacciato davanti a te molte nazioni: gli Ittiti, i Gergesei, gli Amorrei, i Cananei, i Perizziti, gli Evei e i Gebusei, sette nazioni più grandi e più potenti di te, quando il Signore, tuo Dio, le avrà messe in tuo potere e tu le avrai sconfitte, tu le voterai allo sterminio. Con esse non stringerai alcuna alleanza e nei loro confronti non avrai pietà. Non costituirai legami di parentela con loro, non darai le tue figlie ai loro figli e non prenderai le loro figlie per i tuoi figli, perché allontanerebbero la tua discendenza dal seguire me, per farli servire a dèi stranieri, e l'ira del Signore si accenderebbe contro di voi e ben presto vi distruggerebbe." (Deuteronomio 7,1-4)

Rashi commenta, possiamo distinguere due casi, se "tua figlia" sposa "il figlio loro", lui condurrà i tuoi nipoti fuori dalla strada della Torah, allora i loro figli saranno considerati ancora ebrei, ma inevitabilmente si allontaneranno dal cammino dell'ebraismo e se tuo figlio sposa la loro figlia non ebrea, i loro figli non sono più considerati figli tuoi, ma figli suoi: ossia, non sono più ebrei, e così vedremo è da considerare che di siano comportati almeno alcuni discendenti di Zippora.

Unica attenuante era che il matrimonio di Mosè in Madian era avvenuto prima dell'esistenza della legge, ma tra gli Israeliti, da quanto pare c'era già questa usanza rispettata da tutti i patriarchi; è da ricordare, infatti, che "Isacco chiamò Giacobbe, lo benedisse e gli diede questo comando: Tu non devi prender moglie tra le figlie di Canaan." (Genesi 28,1)

Entrando nel merito del racconto del litigio è da considerare che l'ira di Dio contro i fratelli di Mosè non fu, invero, a suscitarsi per la sostanza della questione, cioè per il matrimonio con una straniera, tant'è che come vedremo ben poca rilevanza ebbero nella storia successiva i discendenti del leader, e Dio è padrone della storia, ma proprio perché s'erano permessi di contestare il rappresentante di Dio stesso cui Dio dava fiducia e per la dis-comunione che avrebbe avuto ricadute sul popolo che guardava e prendeva esempio dalla classe dirigente.

In definitiva Dio aveva dato piena fiducia a Mosè per la missione di cui l'aveva incaricato pur se aveva sposato quella straniera, e lo conferma quando dice loro "è l'uomo di fiducia in tutta la mia casa" (Numeri 12,7), quindi, come si permettevano i due fratelli di contestarlo.

In definitiva stavano contestando Dio stesso, infatti, poi, nel racconto il Signore sostiene che con Mosè parla "bocca a bocca" (Numeri 12,8).

D'altronde dirà Gesù: "Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non può reggersi; se se una casa è divisa in se stessa, quella casa non può reggersi." (Marco 3,24s).

Male, quindi, facevano i congiunti di Mosè a essere in lite tra di loro. Se si guarda il testo ebraico del versetto Numeri 12,1 "Maria e Aronne parlarono contro Mosè..." , ci si rende conto che in verità è solo Miriam che parla per tutti e due, infatti, per il verbo è usata la forma singolare, onde se ne deve dedurre che Aronne si nascondeva dietro a Miriam.

Questo fatto spiega il perché, poi, solo Miriam risultò punita, divenendo "lebbrosa come neve" mentre Aronne ne rimase indenne.

C'è anche la tesi che, essendo Aronne sacerdote, per esercitare il suo compito non poteva diventare lebbroso, onde la sua vera punizione sarebbe stata di guardare Maria e condannarla lui stesso come lebbrosa facendola uscire dall'accampamento come da regola.

Quel versetto poi non dice parlarono a Mosè, ma contro Mosè, il che fa intuire che non fu un colloquio faccia a faccia tra fratelli, ma una lite che ebbe altri testimoni e ciò penso sia il motivo della reazione del Signore, in quanto infrangeva l'unità del cerchio di comando davanti al popolo, già soggetto a tanti dubbi e propri tentennamenti.

A questo punto Aronne si rivolse al fratello, intendendo attraverso di lui parlare col Signore, visto che ne era la bocca, e riconobbe e confessò il proprio peccato: "Aronne disse a Mosè: Ti prego, mio signore, non addossarci il peccato che abbiamo stoltamente commesso!" (Numeri 12,11) e chiese al fratello d'intercedere verso Dio affinché la guarisse.

Il confrontarsi tra fratelli non è peccato, ma lo è il mettere in cattiva luce con gli altri un fratello e Aronne con quel dire confessa il suo peccato.
Mosè provvide immediatamente all'intercessione e qui, ecco, una risposta strana del Signore Dio: "Se suo padre le avesse sputato in viso, non ne porterebbe lei vergogna per sette giorni?" (Numeri 12,14)

In ebraico queste parole sono:



La lebbra nell'immaginario biblico è sempre collegabile a un avviso da parte di Dio, infatti, dice il Talmud: "Un lebbroso o sospettato di lebbra perciò ha un avviso revocabile o no e la comunità ne deve tener conto, fa dei riti e sa bene che 'Quanto è vero che voi vivete, non è il morto che contamina e non è l'acqua con la cenere della vacca rossa che purifica, ma Colui che parlò e il mondo fu" (Midrash Rabbah, Chukkat)

È da ricordare che la lebbra "tsara't" può pensarsi, dando voce alle lettere che formano quella parola ebraica, anche come "scende sul corpo un'azione da segno ".

Ecco che qui il biancore a chiazza della lebbra dal testo biblico viene paragonato in modo immaginifico a schizzi di saliva della divinità scesa, appunto, sul corpo di Miriam.

In quel versetto c'è, infatti, "iaroq iaraq" che ho messo in evidenza, che corrisponde a "sputare uno sputo".
Sempre con riferimento alle lettere è da pensare che "è dalla testa (in questo caso del padre) versato " indi "è sul corpo (della figlia) a rovesciarsi ".

Nel caso specifico c'è una chiara connessione tra una punizione, sia pure momentanea da parte di Dio, con un ammonimento paterno, quindi una questione che resta in famiglia, il che rafforza l'idea che in tali termini il Signore voleva fosse contenuta la questione.
Maria rimase dunque isolata, fuori dell'accampamento, per sette giorni.
Il popolo però non riprese il cammino finché Maria non fu riammessa nell'accampamento il che fa trapelare che per lei, da parte della sua gente rispetto e ammirazione rimasero integri.

Al riguardo, osservano i rabbini, che Miriam ha meritato di essere "aspettata" quale ricompensa per avere aspettato sulle rive del Nilo, finché la vita di Mosè non fosse in salvo, infatti "Miriam attese un'ora... e Dio fece attendere a causa di lei, nel deserto, l'arca e la Shekinah (la Presenza divina), i sacerdoti, i leviti e tutto Israele, con la nube della gloria per sette giorni".

L'episodio di Miriam colpita dalla lebbra momentanea ricorda ciò che capitò a Mosè in occasione della rivelazione al roveto ardente, quando il Signore gli disse: "Introduci la mano nel seno! Egli si mise in seno la mano e poi la ritirò: ecco, la sua mano era diventata lebbrosa, bianca come la neve. Egli disse: Rimetti la mano nel seno! Rimise in seno la mano e la tirò fuori: ecco, era tornata come il resto della sua carne. Dunque se non ti credono e non danno retta alla voce del primo segno, crederanno alla voce del secondo! Se non crederanno neppure a questi due segni e non daranno ascolto alla tua voce, prenderai acqua del Nilo e la verserai sulla terra asciutta: l'acqua che avrai preso dal Nilo diventerà sangue sulla terra asciutta." (Esodo 4,6-9)

Il primo segno di cui questi versetti parlano è quello del bastone divenuto un serpente, onde il segno della lebbra su Maria, per analogia, porta a concludere che era proprio a sottolineare che era stato messo in dubbio il primo segno, cioè che attraverso Mosè effettivamente parlasse il Potente.

Un bastone, in egiziano MeDU, sta per "parola" e diventando serpente questo indica un Potente, cioè il primo segno che Dio diede a Mosè da presentare al Faraone era inteso a far capire che il latore parlava per un Potente e il secondo, quello della mano momentaneamente lebbrosa, era come una credenziale per dire che il latore era mandato dal cielo.

Nella famiglia di Mosè, però, in quella occasione trovò applicazione il classico "Nemo propheta in patria" ossia "nessuno è profeta nella propria patria" che sottolinea la difficoltà d'emergere nell'ambiente familiare, ricordato in tutti i Vangeli:
  • Matteo 13,57 - "E si scandalizzavano per causa sua. Ma Gesù disse loro: Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua."
  • Marco 6,4 - "Ma Gesù disse loro: Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua."
  • Luca 4,24 - "Poi aggiunse: Nessun profeta è bene accetto in patria."
  • Giovanni 4,44 - "Ma Gesù stesso aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella sua patria."
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